di Gianni Petrosillo
Fonte:
Conflitti e strategie
L’avanzata
dell’esercito novorusso è inarrestabile, le linee nemiche vengono
penetrate come il burro, la resistenza opposta dalle truppe di Kiev è
ormai inesistente. Donetsk e Lugansk hanno rotto l’assedio, le
infrastrutture strategiche cadono una dopo l’altra in mano ai miliziani.
Mariupol, importante città portuale a sud-ovest di Donetsk, è stata
circondata. Ieri una motovedetta ucraina è stata affondata nel mar di
Azov. L’intento di unire le province separatiste con un corridoio alla
Crimea, per rafforzare il fronte ed assicurarsi il transito di uomini e
rifornimenti, sta funzionando. Con questa mossa viene puntellata una
determinante fascia territoriale costiera che, a breve, consentirà di
estendere il conflitto in quelle zone sul fiume Dnepr ancora sotto il
controllo di Kiev, come Dnepropetrovsk e Zaporozhye. Tanto più che anche
qui crescono i malumori per la gestione della situazione da parte del
governo centrale. Pare che le autorità locali abbiano smesso di
rispondere agli ordini di Kolomoisky e si preparino a passare con la
Nuovorossija. Lo stesso accade a Kharkov dove i sentimenti antirussi non
hanno mai attecchito e la propaganda russofoba degli oligarchi sortisce
oramai effetti contrari. Il NYT, con un editoriale disperato e
delirante, ha invocato l’ingresso nel Paese delle forze speciali di Usa e
Inghilterra per evitare una disfatta certa (ancora due giorni fa la
stampa mondiale ripeteva, al di là di ogni fatto concreto, che Kiev
stava per spazzare via i filorussi). Senza l’occupazione degli aeroporti
di Kiev e di Odessa la guerra sarà irrimediabilmente persa da
Poroshenko e soci. Ed ecco il vero obiettivo della Nato dall’inizio
delle ostilità, l’invasione di Odessa per impiantare una propria base e
neutralizzare quella russa in Crimea. Scrive il quotidiano statunitense:
“Non possiamo permettere che questo accada. Se crediamo che l’Ucraina
possa un giorno diventare un membro dell’Unione Europea e della NATO,
allora dovremmo essere pronti ad armarla. Dobbiamo affrontare il fatto
che i costi senza limiti dell’Unione europea e l’espansione della NATO
hanno prodotto la guerra per procura con la Russia – e quindi dobbiamo
combattere la guerra. Dopo aver riacceso i momenti più caldi della
guerra fredda, dobbiamo affrontare le conseguenze dell’incoraggiamento
della democratizzazione in Europa orientale. Questa logica richiede che
inviamo consiglieri militari occidentali a Kiev, e dobbiamo fornire agli
ucraini pieno supporto d’intelligence e satellitare. E dobbiamo spedire
cannoni, carri armati, droni e kit medici a tonnellate. Dobbiamo anche
essere pronti a schierare le truppe NATO se i carri armati russi
avanzano dalla Crimea, come molti temono, dobbiamo costruire un ponte di
terraferma a sud della Russia. Nessuna domanda, questo percorso
comporta dei rischi enormi. La Russia impiegherà la sua potenza in
Ucraina. Forze speciali americane e britanniche dovrebbero essere
spedite a piantare la nostra bandiera e proteggere gli aeroporti di Kiev
e Odessa”. Parole chiare e sconvolgenti, minacce bellicose che mettono
in pericolo la sicurezza e la stabilità del continente europeo. Si
soffia sul fuoco per costringere la Russia all’irreparabile, in una fase
storica in cui essa sta ancora cercando di trovare una sua completa
identità dopo il crollo dell’Urss e le conseguenti devastazioni sociali.
Ma proprio per questo motivo la reazione russa potrebbe essere da
ultima spiaggia. Sarebbe un danno enorme per l’Europa e per le sue
possibilità di affrancamento dalla dipendenza Usa. L’Europa, non quella
dei banchieri e dei burocrati, dalla quale non può nascere alcuna
speranza, ma quella dei nuovi partiti (purtroppo ancora piuttosto
deboli) che si stanno affacciando sul panorama politico con idee
autonomiste e sovraniste, ha bisogno di poter contare su una Russia
salda ed equilibrata per staccarsi da Washington. L’Europa dei popoli
deve trovare una sponda ad est per conseguire i suoi obiettivi in quanto
individualmente non ha le energie necessarie a rintuzzare le pretese
egemoniche statunitensi. La reciproca convenienza russa ed europea a
liberarsi del giogo Usa è la chiave per dialogare e riconvertire
relazioni spesso sul filo del rasoio in vere e proprie alleanze
strategiche. Ci vorrà ancora molto per toccare quest’apice di necessità
storiche ma proprio per questo bisogna giocare sul tempo al fine di
dilatare e diluire gli attriti che hanno resistito al trapasso dalla
precedente epoca a quella in corso. Non c’è altra via per uscire da
un’orbita occidentale sempre più causa di guai e scarna di vantaggi per
noi europei. Chi si oppone a queste tendenze spalanca le porte
all’irreparabile e ad un’era di sottomissione atroce per i cittadini
dell’Unione. La scelta è tra un abisso di sottomissione e la libertà di
esistere con una propria visioneindipendente ed incondizionata.
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