"L'Europa ha scelto di aprire una crisi gravissima, non considerando la storia"
di Alessandro Bianchi
(con la preziosa collaborazione del Prof. Paolo Becchi)
(con la preziosa collaborazione del Prof. Paolo Becchi)
Fonte: L'antidiplomatico
Giulietto Chiesa. Ex inviato a Mosca per l'Unità e La Stampa, oltre che per il TG5, il TG1 e il TG3. Fondatore nel 2010 del movimento politico-culturale Alternativa. Autore di Invece della catastrofe: Perché costruire un'alternativa è ormai indispensabile
- La visita del presidente ucraino Yanukovich a Mosca è l'ultimo
atto di una crisi che rischia di destabilizzare un paese strategicamente
fondamentale. Come cambia ora la situazione?
Cambia completamente, vi è stata una svolta radicale. La Russia di
Putin ha offerto al presidente ucraino un prestito da 15 miliardi di
euro, per affrontare l'emergenza attuale, e la firma di un'intesa
preliminare per diminuire il prezzo del gas a 280 dollari per mille
metri cubi – circa 150-180 dollari in meno di quello che pagano gli
altri paesi europei – per un risparmio complessivo di Kiev da due
miliardi di dollari l'anno. Si tratta di un regalo immenso e vorrei che
si misurasse la portata del gesto in modo appropriato, perché
semplicemente non esiste un atto di questa portata nell'economia
contemporanea. Può essere chiaramente spiegato solo come atto politico,
di fratellanza, e capito a fondo solo se si comprende che Kiev è una
componente essenziale della cultura e della storia russa. Con quest'offerta Vladimir Putin sta salvando la pace internazionale. La
Russia è nata in Ucraina, che è stata anche il suo baluardo difensivo
durante la seconda guerra mondiale. Come si può immaginare che i russi
non considerino questo un valore? L'Europa occidentale ha scelto
consapevolmente, o per stupidità, di aprire una crisi gravissima, che
non tiene conto della storia degli uomini.
I russi stanno difendendo sé stessi, una parte della storia, oltre ad una parte dei loro ex cittadini.
Occorre non dimenticare che la maggioranza dei 48 milioni di ucraini è
composta da persone di lingua e cultura russa. Persone niente affatto
nostalgiche, ma che guardano al mondo con attenzione e stanno vedendo
come, dopo il collasso dell'Unione Sovietica, i russi sono stati
ampiamente discriminati in Lituania, Estonia e Lettonia. In Ucraina si
immaginano di dover subire la stessa sorte una volta entrati in Europa.
- Perché secondo Lei i dirigenti dell'Unione Europea hanno voluto
forzare la situazione in Ucraina in questo modo e qual è, pertanto,
l'obiettivo di fondo della strategia scelta dall'occidente?
La mossa occidentale punta a spaccare il paese: in
una situazione in cui la maggioranza delle persone è russa e vota
Yanukovich, non si poteva non sapere che si sarebbe aperta una frattura
in un paese centrale per molte ragioni, in primo luogo per la sua
posizione strategica. Ora è bene che l'opinione pubblica comprenda che l'obiettivo finale di questa mossa non è l'ingresso in Europa, ma chiaramente è quello di portare l'Ucraina nella Nato.
Nessuno ne parla e proprio per questo è il punto centrale. La storia,
del resto, la conosciamo bene: le tre Repubbliche baltiche, oltre alla
Romania e la Bulgaria, prima di entrare nell'Ue sono state inglobate
nell'Alleanza atlantica. Si tratta della continuazione della politica di
espansione occidentale e di accerchiamento della Russia. E’ una
politica che procede da vent’anni, cominciata con Boris Yeltsin e
proseguita in parte da Putin. Per vent’anni l’Occidente si è trovato di
fronte una Russia cedevole, quasi del tutto colonizzata. Ha offerto in
cambio protezione agli oligarchi e possibilità di ospitare nelle banche
occidentali i capitali che costoro trafugavano dalla Russia dopo averla
derubata. Ma la situazione è cambiata. Ora a Mosca c’è un leader che
non accetta più questa situazione. Nelle nuove condizioni
pensare di continuare l’accerchiamento, e anzi renderlo più soffocante,
non è più un’ipotesi realistica. Qualcuno dovrebbe spiegarlo a Berlino e
a Bruxelles.
Se in Europa ci fossero dirigenti amanti della pace e lungimiranti
l'avrebbero capito ma, dato che là abbiamo perlopiù minus habentes che
pensano di essere ancora i dominatori del pianeta, i guai diventano
potenzialmente enormi.
- Fino a che punto il presidente russo saprà spingersi per impedire il passaggio dell'Ucraina all'altro campo?
Questa politica occidentale verso l'Ucraina non può essere tollerata
da una Russia che si considera ora, di nuovo sovrana ed indipendente.
Non abbiamo avuto un'aggressione della Russia contro l’Ucraina, ma una
dell'Europa contro la Russia. Putin vuole dimostrare di avere la
forza necessaria per impedire una scelta che modificherebbe 40 anni di
sicurezza strategica comune, quella che prese avvio dagli
accordi di Helsinki e di Parigi. L'ingresso della Nato in Ucraina
modificherebbe di fatto, in modo drastico, tutti rapporti di forza e i
parametri della sicurezza comune. L’Alleanza occidentali si troverebbe a
un passo dalla capitale della Russia.
Quello che i dirigenti europei devono capire è che semplicemente non
si può fare: è una scelta non ragionevole, che azionerebbe una pericolosissima guerra fredda, in cui, tra l’altro, al contrario del passato, l'occidente non sarebbe più il dominatore.
Putin ha fatto la sua mossa ed ha chiarito che non permetterà di
superare questo limite. La “grande novità” dei missili spostati a
Kaliningrad è solo mistificazione: i centri militari della Nato sapevano
della loro presenza da almeno uno-due anni – da quando gli Stati Uniti
avevano deciso di comprare prima la Repubblica ceca e poi la Romania per
far mettere nuovi sistemi radar ai confini con l'Ucraina - ed il finto
stupore di adesso vorrebbe far credere a una nuova minaccia russa
maturata in questa crisi. La spiegazione è che i russi hanno da tempo
cominciato a prendere le loro misure.
Sono stato una decina di giorni fa in Russia nel pieno della crisi di Piazza Maidan e ho visto Putin per tre giorni di seguito in
televisione per annunciare nuove misure di riarmo dunque, a partire
dagli otto sommergibili atomici strategici pronti per il 2020. Si sta
dunque preparando una serie di misure che puntano a preparare il
“passaggio di campo”. L’Occidente che dovuto arretrare in Siria e in
Iran, ma riapre l’offensiva in Europa. Ma chi è che attacca? Sempre
l'Occidente. La propaganda ripete il mantra della “minaccia russa”. Ma,
guarda caso, non si ricorda mai che la Russia non è impegnata su
nessun fronte ormai da 20 anni ed è presente all'estero solo nella base
militare siriana. Tutto questo mentre l'Occidente - soprattutto gli
Stati Uniti - è impegnato in guerre in tutto il mondo. Come si può continuare a dire che è la Russia che minaccia, quando è esattamente l'opposto? La crisi dell'Ucraina va ripensata proprio nel quadro complessivo dell'offensiva dell'Occidente.
- Come giudica le visite frequenti di dirigenti europei in Ucraina
a sostegno delle manifestazioni e, inoltre, cosa pensa del fatto che il
senatore americano McCain da una piazza di Kiev abbia incitato
apertamente alla ribellione?
Per descrivere la gravità di ciò ch’è avvenuto basti pensare, come
ipotesi scolastica, ad un semplice esempio. Immaginiamo che la Lega Nord
in Italia raggiungesse il 40% dei voti e fosse il principale partito
dell'opposizione. Potremmo noi accettare tranquillamente, senza
protestare, che Francia, gran Bretagna, Stati Uniti, Bangladesh e altri
inviassero a Milano decine di alti rappresentanti politici, diplomatici
per incitare il Nord alla secessione? Ovvio che considereremmo un tale
atteggiamento una patente provocazione e una violazione di ogni norma di
correttezza internazionale. Evidente ingerenza dall’esterno negli
affari interni del nostro paese. Eppure l’Europa ha fatto esattamente questo con l’Ucraina. E il senatore americano McCain
- Come uscirà l'Europa dalla crisi ucraina?
Ad un forum russo-europeo a cui ho partecipato recentemente a
Bruxelles, una ricercatrice dell'Istituto degli affari internazionali di
Mosca ha fatto un intervento illuminante per comprendere le
implicazioni possibili della crisi ucraina. All'inizio pensavo fosse
quasi una battuta, ma diceva cose molto serie quando ha invitato
pubblicamente il presidente Putin ad assecondare le richieste di
Polonia e dei paesi baltici, ripudiando finalmente il trattato
Ribbentropp-Molotov, che precedette la seconda guerra mondiale.
Le frontiere dell'Ucraina tornerebbero alla fase precedente, la Galizia
tornerebbe in Polonia entrando in Europa, come chiede, legittimamente
di poter fare. Tuttavia si creerebbe un problemino tra due paesi
europei: infatti anche un terzo della Lituania, compresa la capitale
Vilnius, tornerebbe in Polonia. Ci rendiamo conto della posta in gioco
nel voler forzare la mano in questa questione? Da questa crisi l'Europa subirà inevitabilmente una grave sconfitta ed un peggioramento dei rapporti con la Russia.
E' inevitabile se si continua a pagirare su questi tasti. E la colpa
sarà di politici come il presidente della Lituania e di Angela Merkel
che hanno voluto forzare la rivolta.
- Riuscirà, secondo Lei, il presidente Yanukovich nel brevissimo
periodo a destreggiarsi tra i due fuochi del progetto di Unione doganale
di Putin e quello dell'Unione Europea, evitando un peggioramento della
crisi?
Non lo so. Credo che la situazione sia ancora estremamente tesa e
pericolosa. Yanukovich punterà a vincere le prossime elezioni attraverso
il sostegno dei russofoni. Se dall'Europa si deciderà di
soffiare sul fuoco, la crisi è ad un livello tale che può preludere
all'inizio di un conflitto interno all’Ucraina. Mi auguro di no, chiaramente, ma è il quadro che si delinea attraverso una forzatura prolungata della situazione.
Il presidente ucraino se ne torna a Kiev da Mosca con un pacchetto di
risultati considerevoli. Però, non bisogna dimenticare che – come ha
reso noto Putin - durante i colloqui non è stata affrontata la
questione dell’ingresso dell’Ucraina nell'Unione doganale con Russia,
Bielorussia e Kazakistan. Il negoziato è servito solo a fronteggiare l'emergenza e dare respiro al paese. Non
è escluso che Putin abbia offerto a Yanukovich la possibilità di
prendere tempo, senza forzare una decisione immediata. Si tratterebbe di
una posizione ragionevole, che permetterebbe al presidente ucraino di
presentarsi alle elezioni con una posizione neutrale tra i due blocchi.
Una posizione accettabile sia per gli ucraini di lingua russa sia per
gli altri che si sentono più vicini all'Europa.
Sono stato più volte in Ucraina lo scorso anno ed ho sostenuto, in una
serie di incontri ed interviste, come il paese dovrebbe prendere due
provvedimenti immediati: in primo luogo, Kiev dovrebbe dichiarare che non entrerà in ogni caso nella Nato.
Sarebbe un gesto molto forte. In secondo luogo, dovrebbe affermare che
intende mantenere buoni rapporti con la Russia e con l'Europa. In
seguito, dovrebbe stipulare accordi favorevoli con entrambe le due
realtà doganali. Ne trarrebbe solo vantaggi, economici e politici.
Perché non pensare ad un'Ucraina che per il suo passato, la sua storia,
cultura e posizione, resti un paese neutrale, con un rapporto di buon
vicinato con entrambi i grandi vicini? Sarebbe il tipo di politica
estera che una Unione Europea ragionevole dovrebbe perseguire ed una
soluzione che a Putin non dispiacerebbe.
- Qual è la peggiore ipotesi di escalation del conflitto possibile?
Lo scrive oggi (mercoledì, ndr) anche il New York Times: se l'Ucraina dovesse entrare nel blocco occidentale, Mosca prenderà misure di ritorsione sia militari che economiche.
Ho letto una parte delle oltre 900 pagine del documento che si sarebbe
dovuto firmare a Vilnius. Prevedevano scelte molto drastiche, con le
imprese ucraine costrette a rompere qualsiasi legame con quelle russe.
Tutte le esportazioni alimentari ucraine verso la Russia avrebbero avuto
seri ostacoli, in quanto l’Ucraina avrebbe dovuto cambiare il regime
di tassazione, di controlli sanitari, di parametri tecnici di verifica
delle merci: tutte modifiche costose a carico di ucraini e russi. Il
cambio di campo dell’Ucraina modificherebbe completamente i rapporti
economici e commerciali con la Russia, che sono oggi assolutamente
prevalenti. Proviamo a metterci nei panni della Russia. Qualunque paese,
in una tale situazione, sarebbe perfino costretto a prendere
contromisure.
- La scelta occidentale di forzare
la situazione in Ucraina può essere letta come il tentativo degli Stati
Uniti di mandare un messaggio chiaro alla Russia su altri fronti,
soprattutto per quel che riguarda il Medio Oriente?
Le strategie delle grandi potenze non sono mai monodimensionali. Ci
sono tanti fronti che sono aperti simultaneamente e si influenzano
vicendevolmente. Magari c'è stata una certa autonomia europea in
Ucraina, ma una parte della sua azione dipende da obiettivi strategici e geopolitici che gli Stati Uniti stanno perseguendo:
non c'è il minimo dubbio a proposito. La teoria di Brzezinski
sull'accerchiamento progressivo della Russia non è mai stata
abbandonata: gli europei sono soggetti che seguono ed eseguono queste direttive. La crisi dell'Ucraina è un grande gioco sporco. Non
c'era alcun bisogno in questo momento di accelerare sulla questione
dell’accesso all’Unione Europea, ed esiste il rischio che anche in
Georgia (che invece ha firmato) le tensioni si possano a breve
accentuare.
- L'amicizia personale di Silvio Berlusconi con Putin è stata una
assoluta peculiarità nei rapporti del presidente russo con un leader
europeo. Si può dire a distanza di qualche anno che i progetti
energetici dell'ex premier italiano possano aver dato fastidio a
qualcuno?
Non è certo un grande statista, ma Berlusconi aveva capito che
tutta la politica americana verso la Russia non era in linea con il
perseguimento dei suoi obiettivi. La sua politica estera è così
entrata in collisione con Washington. Come la Germania era riuscita a
bypassare Polonia e le repubbliche baltiche, facendo arrivare il gas
russo in modo diretto attraverso il North Stream, il progetto di
Berlusconi con il South Stream era quello di collegare il sud
dell'Europa al gas russo aggirando l'Ucraina. “Un giorno l'Europa mi
sarà grata perché l'energia arriverà attraverso le vie che ho aiutato ad
aprire”, aveva dichiarato Berlusconi, che si candidava a divenire un
partner privilegiato di lungo periodo con la Russia. Questo ha dato
fastidio. Se si vuole una contrapposizione tra Russia ed Europa, si deve
trovare il modo di impedire che i russi vendano il gas all'Europa. In
tal modo non solo si allenta la cooperazione tra Europa e Russia, ma si
costringe l’Europa a comprare l’energia che arriverà dagli Stati Uniti,
nel frattempo divenuti nuovamente esportatori di gas. Gas molto
più economico di quello russo, ma proveniente dagli scisti bituminosi,
che sono devastanti per il riscaldamento climatico e per gli equilibri
ecologici. Più energia ai danni dell’ecosistema. E un’Europa sempre più incatenata al carro americano. Poveretti gli ucraini.
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