“Viene
da domandarsi se ci sia qualcuno che verifica i palinsesti della Rai”,
hanno dichiarato tre membri del Pd della Commissione parlamentare di
vigilanza sulla Rai dopo la replica, in prima serata su Rai Uno (il 5
settembre), di un concerto moscovita che vedeva protagonisti Al Bano ed altri ‘mostri sacri’ della canzone italiana degli anni Settanta-Ottanta.
Leggere
per credere dove possa arrivare lo zelo e la cortigianeria di questi
“democratici”, ma soprattutto la motivazione addotta: il mancato “rispetto dei morti” in Ucraina (ovviamente tutti sul conto del Cremlino) e lo smaccato carattere “filo-russo” della kermesse canora, conclusasi con un indigeribile (per costoro) “viva la Russia!”.
A
proposito di palinsesti, chissà quante volte mi sono posto lo stesso
amletico quesito quando ho constatato che vengono replicate
ininterrottamente, da decenni, alcune serie televisive americane, ad
ogni ora del giorno. Non parliamo poi dei film, tanto che uno potrebbe
pensare che esista al mondo solo il cinema americano.
Le trasmissioni cosiddette d’intrattenimento, che in massima parte sono la versione per italioti di “format”
americani, sono poi intrise di stili ed atteggiamenti provenienti
d’Oltreoceano (si pensi ai “giochi a premi”, fin dai tempi di Mike
Bongiorno, che mica a caso era arrivato coi “liberatori”), mentre per
quanto riguarda la “cultura” e la “storia” stendiamo un velo pietoso:
tutto trova una giustificazione da parte di conduttori e “autorevoli
studiosi”, comprese le bombe atomiche su città densamente abitate!
Nell’Italia
degli eterni “sciuscià”, ogni cosa col bollino a stelle e strisce
diventa “mito” e “leggenda”: da Roosevelt a Kennedy, dal Far West allo
sbarco dei Marines.
Se
muore Robin Williams è un nostro dramma nazionale su cui piangere a
dirotto, incessantemente riproposto da notiziari i cui contenuti
filo-americani al 100% non fanno insorgere mai alcun dubbio ai suddetti
“vigilanti”.
Ma
anche Marylin e Audrey Hepburn con le “Vacanze romane”, George Clooney
“divo di Stato” assegnato all’Italia, l’orrenda ed inquietante Statua
della libertà, i “ranger” e il parco di Yellowstone di Yoghi e
Bubu, “New York New York” e Liza Minnelli, ripropinata milioni di volte
nei “varietà” come se si trattasse d’un mantra catartico. Un
bombardamento etico-comportamentale che non ha risparmiato da
settant’anni nessuna classe d’età, dai fruitori di Topolino e Popeye
agli attuali spettatori dell’animazione tridimensionale, la quale –
notiamo di passata – è sempre più caratterizzata da scene a dir poco
inquietanti per la psiche dei più piccoli.
Girando
la frittata coi film e gli opinionisti cortigiani, la gente non pensa
mai all’America come la drammatica destinazione di milioni di neri
africani sfruttati senza pietà, ma come a quel “faro di civiltà” che ha
abolito la schiavitù (quando non faceva più comodo alla sua classe
dirigente, sia chiaro).
Dei
cosiddetti nativi americani manco a parlarne: stavano a far da comparsa
nei film di John Wayne tanto amati dai nostri nonni, e lì sono rimasti.
Riescono
addirittura a far circolare come “interessanti” fenomeni essenzialmente
negativi e rivelatori del clima che si respira da quelle parti: si
pensi al gangsterismo, primo fenomeno di delinquenza organizzata di tipo
moderno, che al pubblico boccalone – specialmente italiano a causa
dell’origine di alcuni famosi capibanda - è stato presentato come una
sorta di “epopea” su cui ricamare storie appassionanti.
Idem
per quanto riguarda il sistema carcerario statunitense, “mitizzato”
anch’esso da una serie di pellicole in qualche modo “a lieto fine”,
mentre un sacco di gente langue per anni nei “bracci della morte” e la
popolazione carceraria americana è una delle più numerose –
proporzionalmente parlando – al mondo.
Da
“Via col vento” a “Salvate il soldato Ryan”, da “Ben-Hur” a “Attacco al
potere” (regolarmente ritrasmesso perché prefigurava di fatto “l’11
settembre”), fino ai concerti di Madonna e delle altre vedette dello “star system”,
nessun “vigilante” s’è mai posto l’opportunità di veder diffusi dalla
Rai dei contenuti filo-americani mentre emissari della Cia erano
impegnati da qualche parte a torturare patrioti e sovvertire governi,
oppure lo Us Army ammazzava e distruggeva tutto per poi “ricostruire”.
In fondo basta vendersi bene, in regime di monopolio (alla faccia della “libera concorrenza” predicata), ed il gioco è fatto.
Per
“Israele” vale lo stesso discorso. Appena il glorioso esercito di Tel
Aviv si diletta con la sua occupazione principale, che è quella di
macellare migliaia di palestinesi tra morti e feriti, i canali della tv
pubblica italiana moltiplicano le trasmissioni nelle quali gronda sangue
ebraico per mano del “Male assoluto nazista”. Chi si ricorderà più di
quegli sventurati che in quel momento muoiono sotto le bombe? In un modo
o nell’altro, qualche ragione questi “israeliani” dovranno pur
avercela, se non altro per tutto il male che tutti quanti, da sempre,
gli han sempre fatto!
Nessuno, in certi frangenti a dir poco imbarazzanti, si chiede “chi verifica i palinsesti”… Non è vero, cari signori del Pd?
Non
siete forse voi gli eredi di quella “tradizione comunista” che
sbandierava un “anticomunismo” rivelatosi alla prova del tempo
completamente inconsistente?
Peggio: gli eredi delle “marce per la pace” ora si accalorano per chissà cosa potrà pensare di noi la Nato...
Che vergogna! Che servilismo! Che congrega di lecchini!
Bene
ha fatto Berlusconi in questi giorni a ricordare che è stato rovinato
tutto il lavoro che egli e la sua squadra di governo avevano saputo
intessere con la Russia (anche nell’interesse suo, forse, ma certamente
dell’Italia nel suo complesso, il che non balena manco per sogno nella
mente del piddino medio). Il risultato dello sciagurato appiattimento
sui diktat della Nato è sotto gli occhi di tutti, eppure stando alla carta stampata pare che solo “Il Giornale” si stia accorgendo del danno esagerato che la piega presa dall’Italia da che il Cavaliere è stato ‘disarcionato’ sta provocando a numerose aziende italiane.
E bene ha fatto Al Bano a ribadire in un’intervista, senza recedere d’un passo, la sua posizione in merito, precisata anche da altri cantanti che, come Riccardo Fogli,
hanno un folto pubblico in Russia e che per questo vengono infastiditi
da giornalisti untuosi ed insinuanti i quali stanno a sindacare pure sui
loro compensi (questione mai sollevata prima per nessun altro artista
italiano celebre all’estero).
Gli
stessi pennivendoli che si esaltano per le uscite di Madonna e Lady
Gaga sulla Russia e il suo presidente, si stracciano le vesti per le
Pussy Riot, ma trovano solo da criticare nel fatto che una pattuglia di
italiani riscuota un notevole successo in un grande ed importante Paese.
Per
una volta tanto, qualcuno del mondo dello spettacolo, visto che quello
della politica latita alquanto e non brilla per coraggio, ha comunque
avuto l’ardire di affermare la verità dei fatti senza farsi mettere
sotto da questo clima intimidatorio che vorrebbe ridurre tutto e tutti a
scodinzolanti leccapiedi dell’America e della Nato.
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