sabato 13 settembre 2014

Uranio impoverito Nato continua a uccidere in Serbia

Fonte: Radio Italia
 
BELGRADO - L'uranio impoverito contenuto nelle bombe sganciate dalla Nato durante i raid aerei contro la Serbia della primavera 1999 è sott'accusa per l'impennata delle morti per cancro registrata nel sud del Paese ex jugoslavo.
Il quotidiano Vecernje Novosti riferisce oggi che, negli ultimi tre mesi, nella regione meridionale serba di Leskovac, non lontana dal Kosovo, sono morti più di cento veterani delle guerre degli anni novanta nella ex Jugoslavia, in massima parte ex combattenti del conflitto armato in Kosovo. Le vittime sono uomini di età fra i 37 e i 50 anni, morti al 95% di cancro. "Non passa giorno che la nostra organizzazione non perda uno dei suoi componenti", ha detto al giornale il presidente dell'Associazione dei veterani di guerra Dusan Nikolic. Ai primi posti fra le cause di morte, ha precisato, figurano il cancro all'intestino, all'esofago, ai polmoni, pochi i casi di infarto. Il quotidiano belgradese cita anche le ricerche effettuate al riguardo dall'autorevole Istituto specialistico sanitario 'Batut', secondo cui nei bombardamenti Nato sulla Serbia (dal 23 marzo al 10 giugno 1999) furono lanciate 15 tonnellate di uranio impoverito, e come conseguenza di ciò sarebbero morte finora 40'000 persone. La Nato intervenne nella primavera del 1999 per indurre l'allora leader serbo Slobodan Milosevic a porre fine alla politica di repressione e di pulizia etnica nel Kosovo a maggioranza albanese. Dopo 78 giorni di pesanti bombardamenti, con migliaia di vittime e profughi e pesanti distruzioni, Milosevic accettò di ritirare le sue truppe dal Kosovo, che fu posto sotto il controllo internazionale. Il 17 febbraio 2008 Pristina si autoproclamò infine indipendente dalla Serbia, con un atto sostenuto dalla maggioranza dei Paesi occidentali che Belgrado rifiuta invece di riconoscere come legittimo.

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