domenica 21 settembre 2014

Diego Fusaro, il marxista anti-euro: “La sinistra ha abbandonato il diritto sociale per Berlusconi”

di Riccardo Ghezzi

Fonte: Qelsi



OLYMPUS DIGITAL CAMERA 

Diego Fusaro può essere considerato un filosofo marxista, essendosi laureato in filosofia e storia delle idee presso l’Università di Torino presentando una tesi proprio su Karl Marx. Oggi è un ricercatore universitario, saggista e fondatore del sito filosofico.net. Le sue opere mirano principalmente ad una rivalutazione ed attualizzazione del pensiero di Marx, ma se dal punto di vista ideologico può essere considerato lontano da quella che è l’abituale linea editoriale di Quotidiano Qelsi, alcune sue posizioni su Ue, euro e soprattutto sull’attuale sinistra hanno attirato la nostra curiosità. Gli abbiamo chiesto un’intervista, cercando di approfondire proprio questi temi. Diego Fusaro, gentilmente, ha accettato.
Diego Fusaro, recentemente Lei ha detto che con euro ed Ue sono stati cancellati 150 anni di diritti sociali. Può spiegare meglio?
Quello che penso è semplicemente che l’euro è servito a portare avanti un progetto e un processo di quello che io chiamo assolutismo dell’economia, che dal 1989 (caduta del muro di Berlino n.d.r.) domina incontrastato. Un progetto che di fatto disarticola la forza sovrana della politica tramite la dissoluzione stati nazionali, contribuendo ad avviare i processi di privatizzazione selvaggia. Basti pensare che nel Trattato di Lisbona c’è scritto nero su bianco che se un’ azienda decide di delocalizzare, i lavoratori non hanno diritto a scioperare. Si va verso la privatizzazione delle esistenze.
Ci sono colpe anche dell’Italia, oltre che dell’euro?
Anche in Italia abbiamo assistito ad un processo lento, che è partito con Mani Pulite, un colpo di Stato giudiziario. La Prima Repubblica aveva dei valori politici, pur con tutti i difetti. Senz’altro c’era corruzione. Ma spazzata via la Prima Repubblica c’è stato un cedimento totale all’ideologia neoliberale, con Berlusconi, con i governi di sinistra e poi con il governo Monti, il primo governo composto interamente da economisti e non da politici.
Uscire dall’euro cosa comporterebbe?
Dal mio punto di vista uscire dall’euro non significa esaltare il nazionalismo selvaggio del ‘900 che ben conosciamo. Ma se non altro poter conquistare quella sovranità nazionale sufficiente a garantire i diritti sociali, che con euro e austerità dell’Ue sono stati cancellati. Oggi la politica italiana non decide nulla. L’Europa decide, l’Italia esegue, ed essendo l’Ue un club di burocrati, significa che la politica italiana è stabilita dai burocrati.
Un Suo recente contributo molto condiviso in rete ha come titolo “L’idiotismo dell’antiberlusconismo”. Cosa significa questa espressione?
Non sono chiaramente un berlusconiano. Ma non sono neppure un anti-berlusconiano. Ciò che penso è che berlusconismo e anti-berlusconismo sono stati due facce di un teatrino che ha tenuto bloccata l’Italia per 20 anni. Ma ciò che è più grave è che la sinistra ha cambiato la sua identità per l’antiberlusconismo. Il problema della sinistra era Berlusconi, di conseguenza i temi più cari alla sinistra sono diventati legalità e questione morale, anziché la questione sociale, i diritti dei lavoratori, la difesa delle classi sociali più deboli economicamente, lavoratori ed operai. Il problema della sinistra quindi non era più l’attuale sistema economico e sociale, che anzi viene accettato integralmente, ma solo Berlusconi. L’antiberlusconismo quindi ha permesso alla sinistra di abbandonare il diritto sociale a favore di altri temi come diritti civili e legalità, che possono essere lodevoli finché si vuole, ma sicuramente sono meno importanti e anche meno impellenti vista la situazione attuale. Ecco perché l’antiberlusconismo, a mio parere, è un idiotismo totale.
Lei è stato critico anche nei confronti del presidente della repubblica, Giorgio Napolitano. Conferma?
A Napolitano bisogna tributare rispetto, evitando il vilipendio che considero orribile. Quest’estate ho semplicemente dissentito su una sua affermazione. Napolitano ha sostenuto che non si possa non essere liberali, io ho replicato che, se liberalismo significa tragedie sociali, si può eccome non essere liberali. Altrimenti significa essere d’accordo con le tragedie sociali. Attenzione, non essere liberali non significa non amare la libertà, ma proprio perché si ama la libertà significa non amare quella visione distorta del liberalismo.

Nessun commento:

Posta un commento