di Riccardo Ghezzi
Fonte: Qelsi
Diego
Fusaro può essere considerato un filosofo marxista, essendosi laureato
in filosofia e storia delle idee presso l’Università di Torino
presentando una tesi proprio su Karl Marx. Oggi è un ricercatore
universitario, saggista e fondatore del sito filosofico.net. Le sue
opere mirano principalmente ad una rivalutazione ed attualizzazione del
pensiero di Marx, ma se dal punto di vista ideologico può essere
considerato lontano da quella che è l’abituale linea editoriale di
Quotidiano Qelsi, alcune sue posizioni su Ue, euro e soprattutto
sull’attuale sinistra hanno attirato la nostra curiosità. Gli abbiamo
chiesto un’intervista, cercando di approfondire proprio questi temi.
Diego Fusaro, gentilmente, ha accettato.
Diego Fusaro, recentemente Lei ha detto che con euro ed
Ue sono stati cancellati 150 anni di diritti sociali. Può spiegare
meglio?
Quello che penso è semplicemente che l’euro è servito a portare avanti
un progetto e un processo di quello che io chiamo assolutismo
dell’economia, che dal 1989 (caduta del muro di Berlino n.d.r.) domina
incontrastato. Un progetto che di fatto disarticola la forza sovrana
della politica tramite la dissoluzione stati nazionali, contribuendo ad
avviare i processi di privatizzazione selvaggia. Basti pensare che nel
Trattato di Lisbona c’è scritto nero su bianco che se un’ azienda decide
di delocalizzare, i lavoratori non hanno diritto a scioperare. Si va
verso la privatizzazione delle esistenze.
Ci sono colpe anche dell’Italia, oltre che dell’euro?
Anche in Italia abbiamo assistito ad un processo lento, che è partito
con Mani Pulite, un colpo di Stato giudiziario. La Prima Repubblica
aveva dei valori politici, pur con tutti i difetti. Senz’altro c’era
corruzione. Ma spazzata via la Prima Repubblica c’è stato un cedimento
totale all’ideologia neoliberale, con Berlusconi, con i governi di
sinistra e poi con il governo Monti, il primo governo composto
interamente da economisti e non da politici.
Uscire dall’euro cosa comporterebbe?
Dal mio punto di vista uscire dall’euro non significa esaltare il
nazionalismo selvaggio del ‘900 che ben conosciamo. Ma se non altro
poter conquistare quella sovranità nazionale sufficiente a garantire i
diritti sociali, che con euro e austerità dell’Ue sono stati cancellati.
Oggi la politica italiana non decide nulla. L’Europa decide, l’Italia
esegue, ed essendo l’Ue un club di burocrati, significa che la politica
italiana è stabilita dai burocrati.
Un Suo recente contributo molto condiviso in rete ha come titolo
“L’idiotismo dell’antiberlusconismo”. Cosa significa questa
espressione?
Non sono chiaramente un berlusconiano. Ma non sono neppure un
anti-berlusconiano. Ciò che penso è che berlusconismo e
anti-berlusconismo sono stati due facce di un teatrino che ha tenuto
bloccata l’Italia per 20 anni. Ma ciò che è più grave è che la sinistra
ha cambiato la sua identità per l’antiberlusconismo. Il problema della
sinistra era Berlusconi, di conseguenza i temi più cari alla sinistra
sono diventati legalità e questione morale, anziché la questione
sociale, i diritti dei lavoratori, la difesa delle classi sociali più
deboli economicamente, lavoratori ed operai. Il problema della sinistra
quindi non era più l’attuale sistema economico e sociale, che anzi viene
accettato integralmente, ma solo Berlusconi. L’antiberlusconismo quindi
ha permesso alla sinistra di abbandonare il diritto sociale a favore di
altri temi come diritti civili e legalità, che possono essere lodevoli
finché si vuole, ma sicuramente sono meno importanti e anche meno
impellenti vista la situazione attuale. Ecco perché l’antiberlusconismo,
a mio parere, è un idiotismo totale.
Lei è stato critico anche nei confronti del presidente della repubblica, Giorgio Napolitano. Conferma?
A Napolitano bisogna tributare rispetto, evitando il vilipendio che
considero orribile. Quest’estate ho semplicemente dissentito su una sua
affermazione. Napolitano ha sostenuto che non si possa non essere
liberali, io ho replicato che, se liberalismo significa tragedie
sociali, si può eccome non essere liberali. Altrimenti significa essere
d’accordo con le tragedie sociali. Attenzione, non essere liberali non
significa non amare la libertà, ma proprio perché si ama la libertà
significa non amare quella visione distorta del liberalismo.
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