Fonte Aurora sito
Il 22 dicembre dello scorso anno, Fight Back! News,
che spesso riflette le opinioni di Freedom Road Socialist Organization
(FRSO), ha pubblicato un articolo straordinario sulla Corea del Nord e
l’imperialismo degli Stati Uniti nella penisola coreana, dal titolo “Korea Stands Strong: Kim Jong-Il in Context“.
Il brano ha svolto un tremendo lavoro delineando i progressi compiuti
dal socialismo coreano e i problemi derivanti dalla continua occupazione
occidentale della metà meridionale della nazione coreana. In risposta
all’analisi approfondita di Fight Back!, insieme a due altri articoli del Partito per il Socialismo e la Liberazione (PSL) e del Workers World Party
(WWP), David Whitehouse dell’Organizzazione Internazionale Socialista
(ISO) ha pubblicato un pezzo contro Kim Jong-Il rispolverando le tipiche
argomentazioni cliffite-trotzkiste contro il socialismo realmente
esistente. ‘Socialism in One Dynasty’ pubblicato il 12 gennaio ha
rimaneggiato le stesse linee anti-comuniste dell’ISO che caratterizzano
il trotskismo.
La morte di Kim Jong-Il ha di nuovo stimolato la discussione nella sinistra sulla Corea Democratica con un elevato volume di propaganda anti-RPDC generata dall’occidente, ed è importante per i marxisti-leninisti registrare accuratamente i successi e le sfide della rivoluzione coreana. Il semplice fatto che la Corea del Nord sia sopravvissuta all’ondata della contro-rivoluzione che ha spazzato la maggior parte dei paesi socialisti, dimostra la forza e la resistenza delle masse coreane e la perseveranza della Corea Democratica di fronte alla schiacciante aggressione occidentale, richiede uno studio approfondito dai marxisti-leninisti del 21° secolo.
La morte di Kim Jong-Il ha di nuovo stimolato la discussione nella sinistra sulla Corea Democratica con un elevato volume di propaganda anti-RPDC generata dall’occidente, ed è importante per i marxisti-leninisti registrare accuratamente i successi e le sfide della rivoluzione coreana. Il semplice fatto che la Corea del Nord sia sopravvissuta all’ondata della contro-rivoluzione che ha spazzato la maggior parte dei paesi socialisti, dimostra la forza e la resistenza delle masse coreane e la perseveranza della Corea Democratica di fronte alla schiacciante aggressione occidentale, richiede uno studio approfondito dai marxisti-leninisti del 21° secolo.
Corea divisa
Come l’articolo di Back Fight! News sottolinea, “La Corea è la sola nazione che sia stata forzatamente divisa dagli Stati Uniti subito dopo la seconda guerra mondiale.” (1) La Corea del Nord e la Repubblica di Corea esistono come due paesi distinti, ma il popolo coreano soddisfa tutte le caratteristiche di una nazione, “una comunità stabile di persone storicamente costituita, formata sulla base di una lingua comune, del territorio, della vita economica e psicologica che si manifesta in una cultura comune.” (2) Capire che la Corea non è due nazioni separate, è indispensabile per collocare le azioni della Corea del Nord nel loro contesto appropriato.
Temendo una popolarità diffusa della rivoluzione coreana nel nord e nel sud, gli Stati Uniti hanno continuato ad occupare militarmente la Repubblica di Corea dopo la Seconda Guerra Mondiale. I coreani furono esclusi dalla decisione di dividere il loro paese, e nonostante le promesse di eque elezioni nazionali volte alla riunificazione, gli Stati Uniti sono intervenuti in occasione delle elezioni della Corea del Sud, a favore del filo-occidentale e nazionalista di destra Syngman Rhee.
Molti studiosi e critici borghesi della Corea del Nord sostengono che l’Esercito Popolare di Corea (KPA), centrato nel nord, abbia avviato la guerra di Corea attraversando il 38° parallelo; l’atto viene spesso citato come l’inizio alla guerra di Corea. Se il KPA aveva mandato truppe in Corea del Sud il 25 giugno 1950, chiamarlo atto d’aggressione da parte di uno Stato sovrano nei confronti di un altro, legittima implicitamente la divisione imperialista della Corea alla conferenza di Potsdam nel 1945. Richard Stokes, ministro del lavoro britannico, si espresse così in un rapporto del 1950 sulle origini della guerra di Corea:
“Nella guerra civile americana, gli americani non avrebbero mai tollerato per un solo momento la creazione di una linea immaginaria tra le forze del Nord e del Sud, e non vi può essere alcun dubbio quale sarebbe stata la loro reazione se gli inglesi fossero intervenuti in forze a favore del sud. Questo parallelo è pertinente, perché in America il conflitto non era solo tra due gruppi di americani, ma era tra due sistemi economici, come avviene in Corea.”(3)
Proprio come la guerra civile americana, qualsiasi cosiddetta aggressione da parte del Nord, era in realtà un tentativo di riunire una nazione divisa da una potenza straniera imperialista. Le critiche delle azioni della Repubblica Democratica della Corea in occasione dell’avvio del conflitto, dovrebbero condannare anche il presidente degli Stati Uniti Abraham Lincoln e l’esercito dell’Unione, per l’invio di rifornimenti per Fort Sumter alla vigilia dell’esplosione della guerra civile americana, la scintilla che de facto ha avviato il conflitto.
Naturalmente, i marxisti-leninisti sostengono gli sforzi di riunificazione del Nord, sia nella guerra civile americana che nella guerra di Corea, perché erano storicamente progressisti e rivoluzionari. La Corea fu occupata da un governo straniero imperialista, al momento dell’incursione del KPA nel sud, come i colonizzatori giapponesi avevano occupato il paese nei precedenti 35 anni. Come tale, l”invasione’ del KPA della Corea del sud è stata una campagna di una più grande lunga lotta per la liberazione nazionale, che era iniziata come lotta anticoloniale contro il Giappone imperiale.
L’occupazione straniera della Corea continua ancora oggi, e i marxisti-leninisti devono valutare le azioni della Corea del Nord nel quadro della lotta in corso per la liberazione nazionale. Le 28.000 truppe statunitensi di stanza in modo permanente nella Repubblica di Corea, attestano che il dominio imperialista continua sulla metà meridionale della nazione coreana.
Come l’articolo di Back Fight! News sottolinea, “La Corea è la sola nazione che sia stata forzatamente divisa dagli Stati Uniti subito dopo la seconda guerra mondiale.” (1) La Corea del Nord e la Repubblica di Corea esistono come due paesi distinti, ma il popolo coreano soddisfa tutte le caratteristiche di una nazione, “una comunità stabile di persone storicamente costituita, formata sulla base di una lingua comune, del territorio, della vita economica e psicologica che si manifesta in una cultura comune.” (2) Capire che la Corea non è due nazioni separate, è indispensabile per collocare le azioni della Corea del Nord nel loro contesto appropriato.
Temendo una popolarità diffusa della rivoluzione coreana nel nord e nel sud, gli Stati Uniti hanno continuato ad occupare militarmente la Repubblica di Corea dopo la Seconda Guerra Mondiale. I coreani furono esclusi dalla decisione di dividere il loro paese, e nonostante le promesse di eque elezioni nazionali volte alla riunificazione, gli Stati Uniti sono intervenuti in occasione delle elezioni della Corea del Sud, a favore del filo-occidentale e nazionalista di destra Syngman Rhee.
Molti studiosi e critici borghesi della Corea del Nord sostengono che l’Esercito Popolare di Corea (KPA), centrato nel nord, abbia avviato la guerra di Corea attraversando il 38° parallelo; l’atto viene spesso citato come l’inizio alla guerra di Corea. Se il KPA aveva mandato truppe in Corea del Sud il 25 giugno 1950, chiamarlo atto d’aggressione da parte di uno Stato sovrano nei confronti di un altro, legittima implicitamente la divisione imperialista della Corea alla conferenza di Potsdam nel 1945. Richard Stokes, ministro del lavoro britannico, si espresse così in un rapporto del 1950 sulle origini della guerra di Corea:
“Nella guerra civile americana, gli americani non avrebbero mai tollerato per un solo momento la creazione di una linea immaginaria tra le forze del Nord e del Sud, e non vi può essere alcun dubbio quale sarebbe stata la loro reazione se gli inglesi fossero intervenuti in forze a favore del sud. Questo parallelo è pertinente, perché in America il conflitto non era solo tra due gruppi di americani, ma era tra due sistemi economici, come avviene in Corea.”(3)
Proprio come la guerra civile americana, qualsiasi cosiddetta aggressione da parte del Nord, era in realtà un tentativo di riunire una nazione divisa da una potenza straniera imperialista. Le critiche delle azioni della Repubblica Democratica della Corea in occasione dell’avvio del conflitto, dovrebbero condannare anche il presidente degli Stati Uniti Abraham Lincoln e l’esercito dell’Unione, per l’invio di rifornimenti per Fort Sumter alla vigilia dell’esplosione della guerra civile americana, la scintilla che de facto ha avviato il conflitto.
Naturalmente, i marxisti-leninisti sostengono gli sforzi di riunificazione del Nord, sia nella guerra civile americana che nella guerra di Corea, perché erano storicamente progressisti e rivoluzionari. La Corea fu occupata da un governo straniero imperialista, al momento dell’incursione del KPA nel sud, come i colonizzatori giapponesi avevano occupato il paese nei precedenti 35 anni. Come tale, l”invasione’ del KPA della Corea del sud è stata una campagna di una più grande lunga lotta per la liberazione nazionale, che era iniziata come lotta anticoloniale contro il Giappone imperiale.
L’occupazione straniera della Corea continua ancora oggi, e i marxisti-leninisti devono valutare le azioni della Corea del Nord nel quadro della lotta in corso per la liberazione nazionale. Le 28.000 truppe statunitensi di stanza in modo permanente nella Repubblica di Corea, attestano che il dominio imperialista continua sulla metà meridionale della nazione coreana.
Le vergognose calunnie sul socialismo coreano
Sebbene l’articolo dell’ISO fosse pieno di attacchi contro i marxisti-leninisti e la loro posizione sulla Corea del Nord, non aveva presentato nessuna confutazione all’articolo di Back Fight! News, un’omissione di per sé molto eloquente. La cosa più vicina a una confutazione di Whitehouse a tale articolo, era il seguente passaggio:
“FRSO, per esempio, si sofferma su un sistema di servizi sociali che comprende la copertura sanitaria universale e l’istruzione, così come l’alloggio gratuito. Questo dato è notevole per un paese dalle limitate risorse come la Corea del Nord. Non è sorprendente, tuttavia, per un paese dove lo Stato controlla tutto. Lo Stato fornisce assistenza sanitaria, istruzione e alloggio, perché non ci sono istituzioni al di fuori dello Stato, a meno che non si conti il Partito dei Lavoratori di Kim, che è legato allo Stato e permea tutti gli aspetti della vita della Corea del Nord.” (4)
Si noti che Whitehouse non contesta le affermazioni dell’articolo su Fight Back! relative al socialismo coreano. Whitehouse sostiene la scomoda posizione di ammettere che il dato dei servizi sociali della RPDC è ‘straordinario’, una sbalorditiva ammissione per un’organizzazione la cui dichiarazione di principi sostiene che, in realtà, i paesi socialisti già esistenti, come la Corea Democratica, “non hanno nulla a che fare con il socialismo.” (5) Al contrario, l’ISO tenta di minimizzare questi notevoli risultati, notando che lo Stato è l’unica entità organizzata nella società coreana in grado di fornire questi servizi.
Naturalmente questo pone una serie di domande: quale altro ente organizzato secondo l’ISO dovrebbe fornire questi servizi sociali essenziali nella Repubblica Democratica del Corea? Ritornando alla fonte, insieme con la Freedom Road Socialist Organization e altri marxisti-leninisti di tutto il mondo, sostiene la decisione dei governi socialisti di utilizzare il socialismo di mercato fortemente regolamentato per sviluppare le forze produttive, fornendo beni e servizi al popolo. Tuttavia, l’ISO rifiuta esplicitamente la strategia intrapresa da Cina e Cuba lo scorso anno, come prova ulteriore del ‘capitalismo di stato’ dei paesi. (6) Cosa dunque, in termini concreti, l’ISO piacerebbe vedere fuori dallo stato democratico coreano, se è già d’accordo sul fatto che i suoi servizi sono ‘notevoli’, lamentandosi che non esistano soggetti privati nel fornire questi servizi altrimenti, se allo stesso tempo rifiuta l’applicazione dei mercati fortemente regolamentati nei paesi socialisti?
C’è una risposta a queste domande, ma la verità non favorisce l’ISO. Le fazioni trotzkiste – i materialisti non dovrebbero mai fare riferimento a queste piccole organizzazioni come a dei partiti in senso marxista-leninista – non hanno mai guidato le masse verso la rivoluzione, proprio perché capiscono il socialismo e la rivoluzione solo in termini utopici. L’ISO non crede che la Corea democratica sia un paese socialista perché il PLC non è all’altezza del suo astratto, e spesso dogmatico, catechismo di Marx che usa nei suoi appelli ai comunisti per ‘vincere la battaglia per la democrazia’. (4) Ripetono fino alla nausea che il socialismo è una società in cui i lavoratori controllano i mezzi di produzione, ma il loro idealismo gli impedisce di riconoscere che una società rivoluzionaria come la Corea del Nord, sebbene imperfetta, ha già raggiunto tale scopo.
Nell’esaminare la Corea Democratica, dobbiamo valutare criticamente i suoi successi, ma solo nel contesto dell’aggressione imperialista insopportabile che si trova ad affrontare da parte degli Stati Uniti e della Repubblica di Corea. La Corea del Nord continua ad incontrare difficoltà nella costruzione socialista, ma la maggior parte di questi problemi derivano dalle sfavorevoli condizioni esterne e dall’aggressione imperialista. Dal momento della cessione delle ostilità nel 1953, gli Stati Uniti hanno “mantenuto sanzioni economiche globali contro la Corea del Nord.” (7) L’accesso ai beni essenziali e al cibo è fortemente limitato dagli Stati Uniti e dal Giappone, che hanno interrotto l’invio di riso in Corea del Nord nel 2003.
Mentre l’articolo di Whitehouse concede qualche parola alle sanzioni imposte alla Corea Democratica, insieme con l’eredità continua della distruzione causata dalla guerra di Corea, ha respinto queste condizioni avverse come un modo “per giustificare il comportamento del regime nazionale, agitando l’accusa che si tratta di una dittatura oppressiva.”(4) In effetti, il fatto che qualsiasi menzione della guerra di Corea sia limitata a quattro punti nell’articolo di 46 paragrafi, dimostra che l’ISO è più interessata a calunniare la RPDC e a supportare la loro falsa linea sul capitalismo di Stato, piuttosto che applicare una rigorosa analisi dialettica materialista del socialismo coreano.
Come l’articolo di Back Fight! News ha opportunamente sottolineato, non si può capire la Corea del Nord senza un comprensione marxista-leninista della questione nazionale, che porta alla conclusione innegabile che la Corea è una nazione unica, occupata da una forza imperialista dalla fine delle ostilità nel 1953. La spesso fraintesa ‘segretezza’ del governo coreano, ha perfettamente senso alla luce della minaccia di distruzione imminente che si trova ad affrontare in tutta la zona di confine smilitarizzata.
Sebbene l’articolo dell’ISO fosse pieno di attacchi contro i marxisti-leninisti e la loro posizione sulla Corea del Nord, non aveva presentato nessuna confutazione all’articolo di Back Fight! News, un’omissione di per sé molto eloquente. La cosa più vicina a una confutazione di Whitehouse a tale articolo, era il seguente passaggio:
“FRSO, per esempio, si sofferma su un sistema di servizi sociali che comprende la copertura sanitaria universale e l’istruzione, così come l’alloggio gratuito. Questo dato è notevole per un paese dalle limitate risorse come la Corea del Nord. Non è sorprendente, tuttavia, per un paese dove lo Stato controlla tutto. Lo Stato fornisce assistenza sanitaria, istruzione e alloggio, perché non ci sono istituzioni al di fuori dello Stato, a meno che non si conti il Partito dei Lavoratori di Kim, che è legato allo Stato e permea tutti gli aspetti della vita della Corea del Nord.” (4)
Si noti che Whitehouse non contesta le affermazioni dell’articolo su Fight Back! relative al socialismo coreano. Whitehouse sostiene la scomoda posizione di ammettere che il dato dei servizi sociali della RPDC è ‘straordinario’, una sbalorditiva ammissione per un’organizzazione la cui dichiarazione di principi sostiene che, in realtà, i paesi socialisti già esistenti, come la Corea Democratica, “non hanno nulla a che fare con il socialismo.” (5) Al contrario, l’ISO tenta di minimizzare questi notevoli risultati, notando che lo Stato è l’unica entità organizzata nella società coreana in grado di fornire questi servizi.
Naturalmente questo pone una serie di domande: quale altro ente organizzato secondo l’ISO dovrebbe fornire questi servizi sociali essenziali nella Repubblica Democratica del Corea? Ritornando alla fonte, insieme con la Freedom Road Socialist Organization e altri marxisti-leninisti di tutto il mondo, sostiene la decisione dei governi socialisti di utilizzare il socialismo di mercato fortemente regolamentato per sviluppare le forze produttive, fornendo beni e servizi al popolo. Tuttavia, l’ISO rifiuta esplicitamente la strategia intrapresa da Cina e Cuba lo scorso anno, come prova ulteriore del ‘capitalismo di stato’ dei paesi. (6) Cosa dunque, in termini concreti, l’ISO piacerebbe vedere fuori dallo stato democratico coreano, se è già d’accordo sul fatto che i suoi servizi sono ‘notevoli’, lamentandosi che non esistano soggetti privati nel fornire questi servizi altrimenti, se allo stesso tempo rifiuta l’applicazione dei mercati fortemente regolamentati nei paesi socialisti?
C’è una risposta a queste domande, ma la verità non favorisce l’ISO. Le fazioni trotzkiste – i materialisti non dovrebbero mai fare riferimento a queste piccole organizzazioni come a dei partiti in senso marxista-leninista – non hanno mai guidato le masse verso la rivoluzione, proprio perché capiscono il socialismo e la rivoluzione solo in termini utopici. L’ISO non crede che la Corea democratica sia un paese socialista perché il PLC non è all’altezza del suo astratto, e spesso dogmatico, catechismo di Marx che usa nei suoi appelli ai comunisti per ‘vincere la battaglia per la democrazia’. (4) Ripetono fino alla nausea che il socialismo è una società in cui i lavoratori controllano i mezzi di produzione, ma il loro idealismo gli impedisce di riconoscere che una società rivoluzionaria come la Corea del Nord, sebbene imperfetta, ha già raggiunto tale scopo.
Nell’esaminare la Corea Democratica, dobbiamo valutare criticamente i suoi successi, ma solo nel contesto dell’aggressione imperialista insopportabile che si trova ad affrontare da parte degli Stati Uniti e della Repubblica di Corea. La Corea del Nord continua ad incontrare difficoltà nella costruzione socialista, ma la maggior parte di questi problemi derivano dalle sfavorevoli condizioni esterne e dall’aggressione imperialista. Dal momento della cessione delle ostilità nel 1953, gli Stati Uniti hanno “mantenuto sanzioni economiche globali contro la Corea del Nord.” (7) L’accesso ai beni essenziali e al cibo è fortemente limitato dagli Stati Uniti e dal Giappone, che hanno interrotto l’invio di riso in Corea del Nord nel 2003.
Mentre l’articolo di Whitehouse concede qualche parola alle sanzioni imposte alla Corea Democratica, insieme con l’eredità continua della distruzione causata dalla guerra di Corea, ha respinto queste condizioni avverse come un modo “per giustificare il comportamento del regime nazionale, agitando l’accusa che si tratta di una dittatura oppressiva.”(4) In effetti, il fatto che qualsiasi menzione della guerra di Corea sia limitata a quattro punti nell’articolo di 46 paragrafi, dimostra che l’ISO è più interessata a calunniare la RPDC e a supportare la loro falsa linea sul capitalismo di Stato, piuttosto che applicare una rigorosa analisi dialettica materialista del socialismo coreano.
Come l’articolo di Back Fight! News ha opportunamente sottolineato, non si può capire la Corea del Nord senza un comprensione marxista-leninista della questione nazionale, che porta alla conclusione innegabile che la Corea è una nazione unica, occupata da una forza imperialista dalla fine delle ostilità nel 1953. La spesso fraintesa ‘segretezza’ del governo coreano, ha perfettamente senso alla luce della minaccia di distruzione imminente che si trova ad affrontare in tutta la zona di confine smilitarizzata.
Il socialismo coreano in azione
I marxisti-leninisti devono studiare le carenze della Repubblica Democratica della Corea, ma devono anche lodare con entusiasmo i successi eccezionali compiuti dalla rivoluzione coreana. Come Bruce Cumings, professore di storia coreana presso l’Università di Chicago, sottolinea nel suo libro del 2003, North Korea: Another Country, “La Corea moderna è emersa da una società grandemente divisa in classi e la più stratificata sulla faccia della terra, quasi arroccata nella sua gerarchia ereditaria.”(3) Cumings osserva che la schiavitù riguardava sempre il 60-90 percento della società, fino alla sua abolizione nel 1894, quando la maggior parte degli schiavi furono trasformati in contadini feudali governati dai feudatari coreani, e alla fine giapponesi. (3)
L’espulsione del colonialismo giapponese nella seconda guerra mondiale e l’instaurazione del socialismo nel nord, hanno messo fine a queste enormi disparità di classe e abusi da parte delle classi sfruttatrici. Cumings cita i rapporti di sicurezza statunitensi sulla situazione rivoluzionaria in Corea, per dimostrare che “per coloro definiti come contadini poveri e medi, non solo la loro vita era migliorata, ma erano diventati una classe privilegiata.” (3) L’impegno del PLC nel supportare la rivoluzione socialista, si è riflesso nella sua composizione di classe al momento della sua fondazione, in cui “i lavoratori costituivano il 20 per cento degli aderenti, i contadini poveri il 50 per cento, e i samuwon [colletti bianchi] il 14 per cento.” (3)
La rivoluzione coreana ha dato ai lavoratori e contadini poveri senza terra delle opportunità che erano impensabili nelle passate condizioni oppressive. Cumings scrive ancora: “In qualsiasi momento prima del 1945, era praticamente inconcepibile per dei contadini poveri ignoranti diventare funzionari statali o ufficiali dell’esercito. Ma in Corea del Nord, tale carriera è diventata normale.“(3) Rileva inoltre che matrimoni inter-classisti sono diventati normali, comuni e diffusi con la costituzione della Repubblica Democratica di Corea, e l’accesso educativo aperto a tutti i settori della società.
Sulla questione vitale della riforma agraria, il PLC ha avviato un processo graduale ma costante di conversione delle terre di proprietà privata in organizzazioni cooperative. A partire dal processo di ricostruzione post-bellica nel 1953, solo l’1,2% delle famiglie contadine erano organizzate come cooperative, che coprivano solo lo 0,6% della superficie totale. (13) Nell’agosto del 1958, il 100% delle famiglie contadine era stato convertito in cooperative, coprendo il 100% della superficie totale. (13) Ellen Brun, un’economista il cui studio del 1976 sulla Corea socialista rimane il più completo fino ad oggi, scrive che “Nonostante la mancanza di moderni mezzi di produzione, le cooperative – con l’assistenza efficace dello stato – molto presto dimostrarono la loro superiorità ai singoli agricoltori, convincendo alla fine i contadini in passato riluttanti a partecipare al movimento.”(13)
Spesso causa di critiche dei comunisti di sinistra, dei trotskisti e degli anticomunisti, la collettivizzazione in Corea del Nord non ha prodotto alcuna carestia o fame di massa. Infatti, “in nessun momento della cooperativizzazione si ebbe una diminuzione del prodotto agricolo. Al contrario, il processo è stato accompagnato da un costante aumento della produzione” (13) Citando le statistiche della produzione alimentare, Brun mostra un forte aumento da circa 2,9 milioni di tonnellate, nel 1956, a 3,8 milioni di tonnellate nel 1960. (13) A causa della spinta della Corea democratica all’autosufficienza, il PLC mise il paese sul percorso per aumentare la propria produzione alimentare in modo costante, nutrendo l’intero paese.
I comitati popolari locali, dove ogni lavoratore coreano può partecipare, eleggono la leadership per orientare la produzione agricola e collaborano con le autorità nazionali per coordinare l’efficienza nazionale. (13) Questi comitati popolari sono il mezzo principale con cui “il Partito rimane in contatto con le masse nelle varie fattorie collettive, consentendogli di sondare l’opinione pubblica sulle questioni che riguardano le politiche del Comitato del popolo verso il paese.” (13) Nel 1966, il PLC ha introdotto il “sistema di gestione di gruppo“, dove “gruppi da dieci a venticinque agricoltori, organizzano unità di produzione, ognuna responsabile definitivamente di una certa area di terreno, con un determinato compito o un certo strumento di produzione.”(13) Questo rappresenta un altro strumento di democrazia popolare attuato nella produzione socialista coreana.
Nessun antagonismo grave tra la campagna e i centri industriali si è sviluppato nel processo di costruzione del socialismo nella Repubblica Democratica del Corea. Osserva Brun che “decine di migliaia di uomini smobilitati e molti laureati e diplomati, nonché alunni delle scuole medie, vanno in campagna nelle stagioni di raccolto, e prestano aiuto per milioni di giornate di lavoro“, tutto volontariamente e senza costrizione da parte dello Stato. (13)
La cosa più importante, la costruzione del socialismo coreano ha riorganizzato la produzione industriale con e nell’interesse del proletariato coreano precedentemente espropriato. Sulla base della linea di massa – il metodo marxista-leninista di organizzazione, “sia causa che effetto della politicizzazione e del coinvolgimento delle masse nel processo di sviluppo economico e della costruzione socialista” – il PLC ha implementato il sistema di lavoro Daean, nel dicembre 1961. (13) In contrasto al sistema passato, in cui i manager venivano nominati unilateralmente a dirigere un luogo di lavoro da un membro del partito unico, “Il comitato di fabbrica del partito assume la massima autorità, a livello di impresa” nel sistema di lavoro Daean. (13) Brun descrive ulteriormente questo sistema, che citiamo estesamente:
“Modi di risolvere le questioni che incidono sulla produzione e le attività dei lavoratori, nonché le modalità di esecuzione delle decisioni, si ottengono attraverso discussioni collettive in seno al comitato di fabbrica, i cui membri sono eletti dai membri del partito nella fabbrica. Per essere efficace questa commissione deve essere relativamente piccola, dal numero adeguato a seconda della dimensione dell’impresa. Nello stabilimento elettrico di Daean, con una forza lavoro di 5.000, il comitato di fabbrica del partito è composto da 35 membri che si riuniscono una o due volte al mese, mentre i 9 membri del comitato esecutivo si tengono in contatto continuo. Il sessanta per cento dei suoi membri sono addetti alla produzione, mentre il resto rappresenta una sezione trasversale di tutte le attività di fabbrica, compresi funzionari, dirigenti, vice dirigenti, ingegneri, tecnici, rappresentanti della lega delle donne, membri della Lega della gioventù, membri del sindacato e impiegati dell’ufficio. La sua composizione dà così accesso a tutti gli aspetti socio-economici dell’impresa e alla vita dei suoi lavoratori. Questo comitato è diventato quello che viene chiamato il ‘volante’ del gruppo industriale, avviando attività di sensibilizzazione ideologica e mobilitando i lavoratori nell’attuare le decisioni collettive e raggiungere l’obiettivo di produzione. Attraverso il suo collegamento con il partito che ha un quadro chiaro delle politiche globali e degli obiettivi, nonché dell’esatta funzione dell’impresa individuale nel contesto nazionale. In altre parole, questa configurazione garantisce che la politica abbia la priorità.”(13)
Lontano dalle caratterizzazioni semplicistiche e farsesche di Whitehouse e dell’ISO sulla Corea del Nord come “paese dove un uomo detiene il potere dittatoriale e la stragrande maggioranza della popolazione vive in povertà“, questo modello di organizzazione socialista rappresenta il massimo impegno per la democrazia operaia. (4) I lavoratori hanno la direzione e la supremazia nella produzione e interagiscono dialetticamente con lo stato progettando e realizzando la produzione collettivista in nome di tutto il popolo coreano.
Il posto di lavoro nella Repubblica Democratica del Corea non è semplicemente un luogo per la produzione, ma come sottolineato dal metodo dell’organizzazione Daean, un centro di educazione e di arricchimento. Dopo il 1950, “scuole di lavoro” organizzate iniziarono ad emergere nei luoghi di lavoro specifici, dove i lavoratori parteciparono ai programmi scolastici medi e superiori, mentre lavoravano nel settore industriale, al fine di prepararsi a proseguire gli studi superiori. (13)
Il socialismo coreano ha raggiunto un livello impressionante di vita per il popolo coreano, prima del crollo del suo principale partner commerciale, l’Unione Sovietica, nel 1991. Come lo studioso indipendente Stephen Gowans sottolinea nel suo articolo del 2006, “Capire la Corea del Nord“, la Corea Democratica ha goduto di un tenore di vita comparabile ai suoi vicini del sud fino agli anni ’80. (14) Vivendo con uno stile di vita spartano, il popolo coreano fin dal 1967 era quasi autosufficiente in termini di industria leggera e beni di consumo, con merci come tessuti, biancheria intima, calze, scarpe e bevande alcoliche che divenivano sempre più disponibili a ogni cittadino. (13)
L’industria pesante, tuttavia, è rimasta “la spina dorsale dell’economia“, secondo Brun. Nota che “nonostante l’aiuto dei paesi del blocco socialista potesse essere stato notevole, all’inizio del periodo di riabilitazione, pochi anni più tardi – dopo l’anno record del 1954 – questo aiuto estero era cominciato a diminuire, e la Corea del Nord a poco a poco diventava autosufficiente”. (13) A causa della politica commerciale provocata dalla crisi cino-sovietica, la Corea del Nord a poco a poco perse una parte dell’aiuto ricevuto dall’Unione Sovietica. Tuttavia, è riuscita a sviluppare sostanzialmente la propria industria pesante, progredendo del 51,7% nella produzione industriale dal 1953-1955. (13)
Il socialismo coreano ha subito una battuta d’arresto tremenda nel 1991, con il crollo dell’Unione Sovietica e della maggior parte del blocco socialista. Resistente come sempre, la nazione ha perseverato in questi anni difficili, nonostante affrontasse carestie, condizioni meteo atroci e l’accesso al commercio internazionale bloccato dalle potenze imperialiste occidentali. (14) Stabilizzatasi la Corea Democratica, il suo impegno a una genuina democrazia operaia continua a rimanere più fermo che mai.
I marxisti-leninisti devono studiare le carenze della Repubblica Democratica della Corea, ma devono anche lodare con entusiasmo i successi eccezionali compiuti dalla rivoluzione coreana. Come Bruce Cumings, professore di storia coreana presso l’Università di Chicago, sottolinea nel suo libro del 2003, North Korea: Another Country, “La Corea moderna è emersa da una società grandemente divisa in classi e la più stratificata sulla faccia della terra, quasi arroccata nella sua gerarchia ereditaria.”(3) Cumings osserva che la schiavitù riguardava sempre il 60-90 percento della società, fino alla sua abolizione nel 1894, quando la maggior parte degli schiavi furono trasformati in contadini feudali governati dai feudatari coreani, e alla fine giapponesi. (3)
L’espulsione del colonialismo giapponese nella seconda guerra mondiale e l’instaurazione del socialismo nel nord, hanno messo fine a queste enormi disparità di classe e abusi da parte delle classi sfruttatrici. Cumings cita i rapporti di sicurezza statunitensi sulla situazione rivoluzionaria in Corea, per dimostrare che “per coloro definiti come contadini poveri e medi, non solo la loro vita era migliorata, ma erano diventati una classe privilegiata.” (3) L’impegno del PLC nel supportare la rivoluzione socialista, si è riflesso nella sua composizione di classe al momento della sua fondazione, in cui “i lavoratori costituivano il 20 per cento degli aderenti, i contadini poveri il 50 per cento, e i samuwon [colletti bianchi] il 14 per cento.” (3)
La rivoluzione coreana ha dato ai lavoratori e contadini poveri senza terra delle opportunità che erano impensabili nelle passate condizioni oppressive. Cumings scrive ancora: “In qualsiasi momento prima del 1945, era praticamente inconcepibile per dei contadini poveri ignoranti diventare funzionari statali o ufficiali dell’esercito. Ma in Corea del Nord, tale carriera è diventata normale.“(3) Rileva inoltre che matrimoni inter-classisti sono diventati normali, comuni e diffusi con la costituzione della Repubblica Democratica di Corea, e l’accesso educativo aperto a tutti i settori della società.
Sulla questione vitale della riforma agraria, il PLC ha avviato un processo graduale ma costante di conversione delle terre di proprietà privata in organizzazioni cooperative. A partire dal processo di ricostruzione post-bellica nel 1953, solo l’1,2% delle famiglie contadine erano organizzate come cooperative, che coprivano solo lo 0,6% della superficie totale. (13) Nell’agosto del 1958, il 100% delle famiglie contadine era stato convertito in cooperative, coprendo il 100% della superficie totale. (13) Ellen Brun, un’economista il cui studio del 1976 sulla Corea socialista rimane il più completo fino ad oggi, scrive che “Nonostante la mancanza di moderni mezzi di produzione, le cooperative – con l’assistenza efficace dello stato – molto presto dimostrarono la loro superiorità ai singoli agricoltori, convincendo alla fine i contadini in passato riluttanti a partecipare al movimento.”(13)
Spesso causa di critiche dei comunisti di sinistra, dei trotskisti e degli anticomunisti, la collettivizzazione in Corea del Nord non ha prodotto alcuna carestia o fame di massa. Infatti, “in nessun momento della cooperativizzazione si ebbe una diminuzione del prodotto agricolo. Al contrario, il processo è stato accompagnato da un costante aumento della produzione” (13) Citando le statistiche della produzione alimentare, Brun mostra un forte aumento da circa 2,9 milioni di tonnellate, nel 1956, a 3,8 milioni di tonnellate nel 1960. (13) A causa della spinta della Corea democratica all’autosufficienza, il PLC mise il paese sul percorso per aumentare la propria produzione alimentare in modo costante, nutrendo l’intero paese.
I comitati popolari locali, dove ogni lavoratore coreano può partecipare, eleggono la leadership per orientare la produzione agricola e collaborano con le autorità nazionali per coordinare l’efficienza nazionale. (13) Questi comitati popolari sono il mezzo principale con cui “il Partito rimane in contatto con le masse nelle varie fattorie collettive, consentendogli di sondare l’opinione pubblica sulle questioni che riguardano le politiche del Comitato del popolo verso il paese.” (13) Nel 1966, il PLC ha introdotto il “sistema di gestione di gruppo“, dove “gruppi da dieci a venticinque agricoltori, organizzano unità di produzione, ognuna responsabile definitivamente di una certa area di terreno, con un determinato compito o un certo strumento di produzione.”(13) Questo rappresenta un altro strumento di democrazia popolare attuato nella produzione socialista coreana.
Nessun antagonismo grave tra la campagna e i centri industriali si è sviluppato nel processo di costruzione del socialismo nella Repubblica Democratica del Corea. Osserva Brun che “decine di migliaia di uomini smobilitati e molti laureati e diplomati, nonché alunni delle scuole medie, vanno in campagna nelle stagioni di raccolto, e prestano aiuto per milioni di giornate di lavoro“, tutto volontariamente e senza costrizione da parte dello Stato. (13)
La cosa più importante, la costruzione del socialismo coreano ha riorganizzato la produzione industriale con e nell’interesse del proletariato coreano precedentemente espropriato. Sulla base della linea di massa – il metodo marxista-leninista di organizzazione, “sia causa che effetto della politicizzazione e del coinvolgimento delle masse nel processo di sviluppo economico e della costruzione socialista” – il PLC ha implementato il sistema di lavoro Daean, nel dicembre 1961. (13) In contrasto al sistema passato, in cui i manager venivano nominati unilateralmente a dirigere un luogo di lavoro da un membro del partito unico, “Il comitato di fabbrica del partito assume la massima autorità, a livello di impresa” nel sistema di lavoro Daean. (13) Brun descrive ulteriormente questo sistema, che citiamo estesamente:
“Modi di risolvere le questioni che incidono sulla produzione e le attività dei lavoratori, nonché le modalità di esecuzione delle decisioni, si ottengono attraverso discussioni collettive in seno al comitato di fabbrica, i cui membri sono eletti dai membri del partito nella fabbrica. Per essere efficace questa commissione deve essere relativamente piccola, dal numero adeguato a seconda della dimensione dell’impresa. Nello stabilimento elettrico di Daean, con una forza lavoro di 5.000, il comitato di fabbrica del partito è composto da 35 membri che si riuniscono una o due volte al mese, mentre i 9 membri del comitato esecutivo si tengono in contatto continuo. Il sessanta per cento dei suoi membri sono addetti alla produzione, mentre il resto rappresenta una sezione trasversale di tutte le attività di fabbrica, compresi funzionari, dirigenti, vice dirigenti, ingegneri, tecnici, rappresentanti della lega delle donne, membri della Lega della gioventù, membri del sindacato e impiegati dell’ufficio. La sua composizione dà così accesso a tutti gli aspetti socio-economici dell’impresa e alla vita dei suoi lavoratori. Questo comitato è diventato quello che viene chiamato il ‘volante’ del gruppo industriale, avviando attività di sensibilizzazione ideologica e mobilitando i lavoratori nell’attuare le decisioni collettive e raggiungere l’obiettivo di produzione. Attraverso il suo collegamento con il partito che ha un quadro chiaro delle politiche globali e degli obiettivi, nonché dell’esatta funzione dell’impresa individuale nel contesto nazionale. In altre parole, questa configurazione garantisce che la politica abbia la priorità.”(13)
Lontano dalle caratterizzazioni semplicistiche e farsesche di Whitehouse e dell’ISO sulla Corea del Nord come “paese dove un uomo detiene il potere dittatoriale e la stragrande maggioranza della popolazione vive in povertà“, questo modello di organizzazione socialista rappresenta il massimo impegno per la democrazia operaia. (4) I lavoratori hanno la direzione e la supremazia nella produzione e interagiscono dialetticamente con lo stato progettando e realizzando la produzione collettivista in nome di tutto il popolo coreano.
Il posto di lavoro nella Repubblica Democratica del Corea non è semplicemente un luogo per la produzione, ma come sottolineato dal metodo dell’organizzazione Daean, un centro di educazione e di arricchimento. Dopo il 1950, “scuole di lavoro” organizzate iniziarono ad emergere nei luoghi di lavoro specifici, dove i lavoratori parteciparono ai programmi scolastici medi e superiori, mentre lavoravano nel settore industriale, al fine di prepararsi a proseguire gli studi superiori. (13)
Il socialismo coreano ha raggiunto un livello impressionante di vita per il popolo coreano, prima del crollo del suo principale partner commerciale, l’Unione Sovietica, nel 1991. Come lo studioso indipendente Stephen Gowans sottolinea nel suo articolo del 2006, “Capire la Corea del Nord“, la Corea Democratica ha goduto di un tenore di vita comparabile ai suoi vicini del sud fino agli anni ’80. (14) Vivendo con uno stile di vita spartano, il popolo coreano fin dal 1967 era quasi autosufficiente in termini di industria leggera e beni di consumo, con merci come tessuti, biancheria intima, calze, scarpe e bevande alcoliche che divenivano sempre più disponibili a ogni cittadino. (13)
L’industria pesante, tuttavia, è rimasta “la spina dorsale dell’economia“, secondo Brun. Nota che “nonostante l’aiuto dei paesi del blocco socialista potesse essere stato notevole, all’inizio del periodo di riabilitazione, pochi anni più tardi – dopo l’anno record del 1954 – questo aiuto estero era cominciato a diminuire, e la Corea del Nord a poco a poco diventava autosufficiente”. (13) A causa della politica commerciale provocata dalla crisi cino-sovietica, la Corea del Nord a poco a poco perse una parte dell’aiuto ricevuto dall’Unione Sovietica. Tuttavia, è riuscita a sviluppare sostanzialmente la propria industria pesante, progredendo del 51,7% nella produzione industriale dal 1953-1955. (13)
Il socialismo coreano ha subito una battuta d’arresto tremenda nel 1991, con il crollo dell’Unione Sovietica e della maggior parte del blocco socialista. Resistente come sempre, la nazione ha perseverato in questi anni difficili, nonostante affrontasse carestie, condizioni meteo atroci e l’accesso al commercio internazionale bloccato dalle potenze imperialiste occidentali. (14) Stabilizzatasi la Corea Democratica, il suo impegno a una genuina democrazia operaia continua a rimanere più fermo che mai.
Kim Jong-Il e la grande importanza di una Corea nucleare
Ciò che ci dice molto è la scelta dell’ISO di non attaccare la tesi secondo cui la Corea Democratica, acquisendo armi nucleari, apporti uno sviluppo essenziale e positivo nella sicurezza a lungo termine della costruzione del socialismo coreano. Dato che le capacità nucleari sono un aspetto importante dell’articolo di Back Fight! News, la scelta di Whitehouse nel non impegnarsi in questa linea di ragionamento è stata deliberata e consapevole, causata dalle scomode carenze della linea politica contro-rivoluzionaria dell’ISO. Dall’aritcolo di Fight Back! News:
“L’importanza dell’acquisizione di armi nucleari da parte della Corea Democratica non può essere sopravvalutata. Nel 2005, gli Stati Uniti avevano presentato un ultimatum alla Libia e alla Corea del Nord, chiedendo di cedere i loro programmi di armi nucleari e di cooperare con l’imperialismo occidentale nella ‘guerra al terrore’. Il capo dello Stato libico Muammar Gheddafi rispose positivamente. Kim Jong-Il ha mostrato agli Stati Uniti il dito medio. Mentre ci avviciniamo alla fine del 2011, dopo aver assistito alla brutale invasione NATO della Libia e al rovesciamento del governo di Gheddafi, è dolorosamente chiaro che ha fatto la scelta giusta.”(1)
Perfino giornalisti borghesi come Tad Daley del Christian Science Monitor, sono d’accordo con questa valutazione di Fight Back! News. In un pezzo del 13 ottobre 2011, dal titolo “Lezione nucleare dalla Libia: non siate come Gheddafi, ma come Kim“, Daley scrive:
“Se la Libia avesse posseduto la capacità, oh, di cancellare una grande base militare statunitense in Italia, o di vaporizzare un intero “Gruppo Portaerei” degli USA al largo della costa meridionale della Francia, quasi certamente avrebbe dissuaso Washington (per non parlare di Roma e Parigi) da un’azione militare. Se il regime libico avesse voluto garantire la propria sopravvivenza, quindi proprio come la Corea del Nord, avrebbe dovuto sviluppare un deterrente nucleare piccolo, resistente e abbastanza letale da infliggere danni inaccettabili per qualsiasi aggressore“. (8)
Il fatto che entrambi i leader, Gheddafi della Jamahiriya libica e Kim della Repubblica democratica della Corea, siano morti nello stesso anno in modi radicalmente diversi, fornisce un interessante contrasto. Gheddafi è stato estromesso dopo che dei ribelli sostenuti dagli imperialisti hanno lanciato una campagna razzista per rovesciare il governo rivoluzionario del Nord Africa, riuscendoci proprio a causa degli interventi della NATO. È morto linciato, ferito, sodomizzato, torturato e giustiziato in un canale di depurazione fangoso, senza processo.
Kim, d’altra parte, è morto pacificamente per un attacco di cuore sul treno, andando ad un’ispezione di una fabbrica e in un incontro pubblico con i lavoratori coreani. Mentre la sua morte ha addolorato il popolo coreano, da Pyongyang a Pechino e oltre, la rivoluzione coreana continua e non mostra segni di esitazione. La vicinanza della Cina alla Corea è un fattore di sicurezza continua per la Corea Democratica, ma nulla trattiene i militari statunitensi da una vera e propria guerra per rovesciare il PLC, più della minaccia di una bomba nucleare, potendo distruggere una delle loro molte basi militari nella Repubblica di Corea. Il fatto che gli imperialisti non possono trasformare una operazione false-flag, come il cosiddetto ‘incidente Cheonan’ dell’anno scorso, in un incidente stile Golfo del Tonchino, causando una seconda guerra coreana, è dovuto alla deterrenza nucleare che la leadership di Kim Jong-Il ha reso possibile. (9)
L’ISO non può impegnarsi su questo argomento. E’ oggettivamente vero e offre forse la migliore prova dei contributi rivoluzionari di Kim Jong-Il al socialismo coreano. Criticando duramente il PLC per aver aggressivamente e segretamente perseguito un programma nucleare militare, invitano a criticare ancor più duramente la loro ridicola linea sul conflitto libico, che ha messo al centro gli appelli a rovesciare Gheddafi, piuttosto che condannare l’invasione della NATO.
Nutrita dall’ideologia cliffita-trotzkista, l’ISO ha una lunga storia di sostegno al rovesciamento dei governi rivoluzionari, che raggiunse il culmine nel 1991 quando la loro setta chiamò la caduta dell’Unione Sovietica un evento che “dovrebbe dare gioia ad ogni socialista autentico.”(10) Più di recente, l’ISO ha trascorso le fasi iniziali del conflitto libico ignorando la direzione palesemente filo-occidentale della contro-rivoluzione, che era iniziata a Bengasi, e minimizzando il terrorismo sistematico e razzista praticato dai “ribelli”. (11) Dopo che la NATO l’ha invasa, questa setta cliffita-trotzkista ha continuato a sostenere la linea ‘cacciare Gheddafi’ come suo centro focale, dimostrando ancora una volta e di nuovo, in pratica di funzionare de facto come una copertura a sinistra dell’imperialismo.
Imbarazzante, il gruppo non si è mai ritirato da questa linea e in modo scorretto ha riassunto la contro-rivoluzione libica come un movimento progressista co-optato dalla NATO. Anche dopo la morte di Gheddafi e la prova inevitabile che questi ribelli contro-rivoluzionari erano sostenuti dall’Occidente fin dall’inizio, il leader dell’ISO Alan Maass, ancora eseguiva una ginnastica logica per provare a spacciare la loro linea fasulla in qualcosa che assomiglia all’anti-imperialismo, sostenendo che, pur essendo vittima di una invasione imperialista per rovesciare il suo governo, Gheddafi era in realtà un fantoccio dell’Occidente. (12)
Chiunque legga il pezzo di Whitehouse riguardo Kim Jong-Il, dovrebbe riassumere questo come un’ammissione della sconfitta dell’ISO, sia per la sua linea sulla Libia che per la linea verso la Corea Democratica. I marxisti-leninisti possono avanzare una critica al governo di Gheddafi per aver ceduto il suo programma per le armi nucleari, di fronte alle enormi pressioni dell’Occidente, ma ciò significa che la scelta di Kim Jong-Il nel continuare a perseguire le armi nucleari è stato, senza dubbio, il percorso corretto. Daley si esprime così:
“Ma invece, Gheddafi è stato sedotto dalle lusinghe dell’Occidente. Abbandona le armi di distruzione di massa, hanno detto, e sarai il benvenuto nella comunità internazionale. La Libia lo fece alla fine del 2003. E in retrospettiva, ha detto la Corea del Nord, era ormai chiaro che questo era stato null’altro che “una tattica per disarmare il paese” da parte dell’Occidente. Perché non appena il defunto Gheddafi compi delle azioni che erano dispiaciute ai padroni occidentali della Libia, il martello del più potente esercito del mondo sviluppato l’ha colpito.” (8)
Il fallimento dell’ISO nell’avanzare qualsiasi tipo di rifiuto – o qualsiasi menzione sulla questione nucleare – dimostra ancora una volta la comprensione non-materialista del socialismo da parte dell’ISO, sia nella teoria che nella pratica.
Ciò che ci dice molto è la scelta dell’ISO di non attaccare la tesi secondo cui la Corea Democratica, acquisendo armi nucleari, apporti uno sviluppo essenziale e positivo nella sicurezza a lungo termine della costruzione del socialismo coreano. Dato che le capacità nucleari sono un aspetto importante dell’articolo di Back Fight! News, la scelta di Whitehouse nel non impegnarsi in questa linea di ragionamento è stata deliberata e consapevole, causata dalle scomode carenze della linea politica contro-rivoluzionaria dell’ISO. Dall’aritcolo di Fight Back! News:
“L’importanza dell’acquisizione di armi nucleari da parte della Corea Democratica non può essere sopravvalutata. Nel 2005, gli Stati Uniti avevano presentato un ultimatum alla Libia e alla Corea del Nord, chiedendo di cedere i loro programmi di armi nucleari e di cooperare con l’imperialismo occidentale nella ‘guerra al terrore’. Il capo dello Stato libico Muammar Gheddafi rispose positivamente. Kim Jong-Il ha mostrato agli Stati Uniti il dito medio. Mentre ci avviciniamo alla fine del 2011, dopo aver assistito alla brutale invasione NATO della Libia e al rovesciamento del governo di Gheddafi, è dolorosamente chiaro che ha fatto la scelta giusta.”(1)
Perfino giornalisti borghesi come Tad Daley del Christian Science Monitor, sono d’accordo con questa valutazione di Fight Back! News. In un pezzo del 13 ottobre 2011, dal titolo “Lezione nucleare dalla Libia: non siate come Gheddafi, ma come Kim“, Daley scrive:
“Se la Libia avesse posseduto la capacità, oh, di cancellare una grande base militare statunitense in Italia, o di vaporizzare un intero “Gruppo Portaerei” degli USA al largo della costa meridionale della Francia, quasi certamente avrebbe dissuaso Washington (per non parlare di Roma e Parigi) da un’azione militare. Se il regime libico avesse voluto garantire la propria sopravvivenza, quindi proprio come la Corea del Nord, avrebbe dovuto sviluppare un deterrente nucleare piccolo, resistente e abbastanza letale da infliggere danni inaccettabili per qualsiasi aggressore“. (8)
Il fatto che entrambi i leader, Gheddafi della Jamahiriya libica e Kim della Repubblica democratica della Corea, siano morti nello stesso anno in modi radicalmente diversi, fornisce un interessante contrasto. Gheddafi è stato estromesso dopo che dei ribelli sostenuti dagli imperialisti hanno lanciato una campagna razzista per rovesciare il governo rivoluzionario del Nord Africa, riuscendoci proprio a causa degli interventi della NATO. È morto linciato, ferito, sodomizzato, torturato e giustiziato in un canale di depurazione fangoso, senza processo.
Kim, d’altra parte, è morto pacificamente per un attacco di cuore sul treno, andando ad un’ispezione di una fabbrica e in un incontro pubblico con i lavoratori coreani. Mentre la sua morte ha addolorato il popolo coreano, da Pyongyang a Pechino e oltre, la rivoluzione coreana continua e non mostra segni di esitazione. La vicinanza della Cina alla Corea è un fattore di sicurezza continua per la Corea Democratica, ma nulla trattiene i militari statunitensi da una vera e propria guerra per rovesciare il PLC, più della minaccia di una bomba nucleare, potendo distruggere una delle loro molte basi militari nella Repubblica di Corea. Il fatto che gli imperialisti non possono trasformare una operazione false-flag, come il cosiddetto ‘incidente Cheonan’ dell’anno scorso, in un incidente stile Golfo del Tonchino, causando una seconda guerra coreana, è dovuto alla deterrenza nucleare che la leadership di Kim Jong-Il ha reso possibile. (9)
L’ISO non può impegnarsi su questo argomento. E’ oggettivamente vero e offre forse la migliore prova dei contributi rivoluzionari di Kim Jong-Il al socialismo coreano. Criticando duramente il PLC per aver aggressivamente e segretamente perseguito un programma nucleare militare, invitano a criticare ancor più duramente la loro ridicola linea sul conflitto libico, che ha messo al centro gli appelli a rovesciare Gheddafi, piuttosto che condannare l’invasione della NATO.
Nutrita dall’ideologia cliffita-trotzkista, l’ISO ha una lunga storia di sostegno al rovesciamento dei governi rivoluzionari, che raggiunse il culmine nel 1991 quando la loro setta chiamò la caduta dell’Unione Sovietica un evento che “dovrebbe dare gioia ad ogni socialista autentico.”(10) Più di recente, l’ISO ha trascorso le fasi iniziali del conflitto libico ignorando la direzione palesemente filo-occidentale della contro-rivoluzione, che era iniziata a Bengasi, e minimizzando il terrorismo sistematico e razzista praticato dai “ribelli”. (11) Dopo che la NATO l’ha invasa, questa setta cliffita-trotzkista ha continuato a sostenere la linea ‘cacciare Gheddafi’ come suo centro focale, dimostrando ancora una volta e di nuovo, in pratica di funzionare de facto come una copertura a sinistra dell’imperialismo.
Imbarazzante, il gruppo non si è mai ritirato da questa linea e in modo scorretto ha riassunto la contro-rivoluzione libica come un movimento progressista co-optato dalla NATO. Anche dopo la morte di Gheddafi e la prova inevitabile che questi ribelli contro-rivoluzionari erano sostenuti dall’Occidente fin dall’inizio, il leader dell’ISO Alan Maass, ancora eseguiva una ginnastica logica per provare a spacciare la loro linea fasulla in qualcosa che assomiglia all’anti-imperialismo, sostenendo che, pur essendo vittima di una invasione imperialista per rovesciare il suo governo, Gheddafi era in realtà un fantoccio dell’Occidente. (12)
Chiunque legga il pezzo di Whitehouse riguardo Kim Jong-Il, dovrebbe riassumere questo come un’ammissione della sconfitta dell’ISO, sia per la sua linea sulla Libia che per la linea verso la Corea Democratica. I marxisti-leninisti possono avanzare una critica al governo di Gheddafi per aver ceduto il suo programma per le armi nucleari, di fronte alle enormi pressioni dell’Occidente, ma ciò significa che la scelta di Kim Jong-Il nel continuare a perseguire le armi nucleari è stato, senza dubbio, il percorso corretto. Daley si esprime così:
“Ma invece, Gheddafi è stato sedotto dalle lusinghe dell’Occidente. Abbandona le armi di distruzione di massa, hanno detto, e sarai il benvenuto nella comunità internazionale. La Libia lo fece alla fine del 2003. E in retrospettiva, ha detto la Corea del Nord, era ormai chiaro che questo era stato null’altro che “una tattica per disarmare il paese” da parte dell’Occidente. Perché non appena il defunto Gheddafi compi delle azioni che erano dispiaciute ai padroni occidentali della Libia, il martello del più potente esercito del mondo sviluppato l’ha colpito.” (8)
Il fallimento dell’ISO nell’avanzare qualsiasi tipo di rifiuto – o qualsiasi menzione sulla questione nucleare – dimostra ancora una volta la comprensione non-materialista del socialismo da parte dell’ISO, sia nella teoria che nella pratica.
Il dolore delle masse in Corea del Nord
Centrale nell’attacco dell’ISO alla posizione marxista-leninista della Corea democratica, è la critica del sovente propagandato ‘culto della personalità’ che circonda Kim Jong-Il. Whitehouse la mette così:
“E’ vero che i rituali coreani, e la vita quotidiana dei coreani del resto, sono emotivamente espressivi, più di quelli cinesi o giapponesi. Ma è un’altra cosa dire che era semplicemente “tradizionale” radunare centinaia di migliaia di persone al freddo per piangere la morte dei capi di Stato, all’ombra dei monumenti e delle foto che li ritraggono dieci o 100 volte la loro dimensione in vita. Ciò sembra “orchestrato”. E per quanto riguarda i soldati che marciano in formazione con le loro armi in imponenti colonne, non hanno dovuto esercitarsi?” (4)
Naturalmente, l’esclusione di una qualsiasi seria confutazione all’articolo di Back Fight! News dice ai marxisti-leninisti molto sulla natura artificiosa della linea politica dell’ISO. Affrontando le accuse che le dimostrazioni di dolore di massa sono una ‘messa in scena’ dell’Esercito Popolare di Corea (KPA), l’articolo di Fight Back! inizia con un aneddoto in un ristorante coreano a Pechino, lontano dagli occhi del KPA. Qui mi limiterò a citare estesamente l’articolo per illustrare il contrasto:
“La mattina del 19 dicembre è iniziata come un normale Lunedì per il personale coreano del ristorante Dang Hae Hwa di Pechino. Il personale ha dato il benvenuto ai clienti affamati davanti alla porta, gli chef durante la preparazione hanno iniziato la loro raffinata selezione di kimchi e altri piatti coreani, e le cameriere e camerieri hanno cominciato a prendere le ordinazioni per i loro ospiti. Tutto questo è cambiato quando un reporter di un quotidiano cinese aveva citato, in una conversazione con una cameriera, che Kim Jong-Il, il capo di Stato della Repubblica democratica popolare di Corea (DPRK), era morto quella mattina per un attacco di cuore. In pochi minuti, l’intero staff coreano – dai camerieri ai cuochi in cucina – scoppiarono in lacrime e, dopo essersi scusati con i clienti, hanno chiuso il ristorante subito, così che potessero piangere insieme per la tragedia nazionale. A diverse migliaia di chilometri di distanza, a Pyongyang, la tristezza di massa come quella avutasi in questo ristorante di Pechino, ha spazzato la capitale mentre uomini, donne e bambini – dal funzionario di partito più apprezzato al lavoratore d’acciaio – sono scesi in piazza per piangere la morte di Kim.” (1)
Questo è tremendamente scomodo per l’immagine che l’ISO vuole dipingere. Da un lato, non ha senso che un esercito possa costringere un’intera nazione a piangere all’unanimità e a mostrare pubblicamente dolore. Tuttavia, l’aneddoto del ristorante a Pechino, inficia enormemente le rivendicazioni di Whitehouse, dal momento che questi dipendenti del ristorante – sopraffatti dal dolore al punto di chiudere subito la cucina – si troverebbero a non dover affrontare alcuna ripercussione per non aver mostrato dolore.
Whitehouse attacca il FRSO utilizzando una riconfigurazione patetica delle argomentazioni proposte nell’articolo di Back Fight! News, che si possono classificare solo come quelle di un disonesto uomo di paglia. Piuttosto che impegnarsi nelle argomentazioni di Fight Back!, ri-scrive le loro argomentazioni per mostrare l’aneddoto citato quale prova “per certificare delle credenziali democratiche a un regime che a tutti gli altri sembra una autocrazia.” (4)
Mentre l’articolo di Fight Back! News così come questo autore, concordano sul fatto che il socialismo coreano è estremamente democratico, l’ultimo paragrafo esprime l’argomento centrale di questo pezzo:
“Perché i coreani piangono la morte di Kim Jong-Il? E’ a causa della sua coraggiosa sfida al dominio degli Stati Uniti, il suo impegno per la riunificazione e le realizzazioni del socialismo reale. Di fronte a coloro che supportano la guerra per lo sfruttamento e l’oppressione, le decisioni di Kim rappresentato le aspirazioni di lavoratori, contadini, donne e bambini coreani – della Nazione Unita coreana – alla libertà. Anche se Kim Jong-Il è morto, il popolo coreano continua a marciare in avanti alzando la bandiera della riunificazione nazionale, dell’autodeterminazione e della rivoluzione.”(1)
Lungi dall’essere semplicemente la certificazione delle credenziali democratiche della Corea del Nord, la dimostrazione di massa del dolore da parte del popolo coreano, dimostra la diffusa comprensione delle conquiste del socialismo coreano e la lotta instancabile per la riunificazione nazionale.
Centrale nell’attacco dell’ISO alla posizione marxista-leninista della Corea democratica, è la critica del sovente propagandato ‘culto della personalità’ che circonda Kim Jong-Il. Whitehouse la mette così:
“E’ vero che i rituali coreani, e la vita quotidiana dei coreani del resto, sono emotivamente espressivi, più di quelli cinesi o giapponesi. Ma è un’altra cosa dire che era semplicemente “tradizionale” radunare centinaia di migliaia di persone al freddo per piangere la morte dei capi di Stato, all’ombra dei monumenti e delle foto che li ritraggono dieci o 100 volte la loro dimensione in vita. Ciò sembra “orchestrato”. E per quanto riguarda i soldati che marciano in formazione con le loro armi in imponenti colonne, non hanno dovuto esercitarsi?” (4)
Naturalmente, l’esclusione di una qualsiasi seria confutazione all’articolo di Back Fight! News dice ai marxisti-leninisti molto sulla natura artificiosa della linea politica dell’ISO. Affrontando le accuse che le dimostrazioni di dolore di massa sono una ‘messa in scena’ dell’Esercito Popolare di Corea (KPA), l’articolo di Fight Back! inizia con un aneddoto in un ristorante coreano a Pechino, lontano dagli occhi del KPA. Qui mi limiterò a citare estesamente l’articolo per illustrare il contrasto:
“La mattina del 19 dicembre è iniziata come un normale Lunedì per il personale coreano del ristorante Dang Hae Hwa di Pechino. Il personale ha dato il benvenuto ai clienti affamati davanti alla porta, gli chef durante la preparazione hanno iniziato la loro raffinata selezione di kimchi e altri piatti coreani, e le cameriere e camerieri hanno cominciato a prendere le ordinazioni per i loro ospiti. Tutto questo è cambiato quando un reporter di un quotidiano cinese aveva citato, in una conversazione con una cameriera, che Kim Jong-Il, il capo di Stato della Repubblica democratica popolare di Corea (DPRK), era morto quella mattina per un attacco di cuore. In pochi minuti, l’intero staff coreano – dai camerieri ai cuochi in cucina – scoppiarono in lacrime e, dopo essersi scusati con i clienti, hanno chiuso il ristorante subito, così che potessero piangere insieme per la tragedia nazionale. A diverse migliaia di chilometri di distanza, a Pyongyang, la tristezza di massa come quella avutasi in questo ristorante di Pechino, ha spazzato la capitale mentre uomini, donne e bambini – dal funzionario di partito più apprezzato al lavoratore d’acciaio – sono scesi in piazza per piangere la morte di Kim.” (1)
Questo è tremendamente scomodo per l’immagine che l’ISO vuole dipingere. Da un lato, non ha senso che un esercito possa costringere un’intera nazione a piangere all’unanimità e a mostrare pubblicamente dolore. Tuttavia, l’aneddoto del ristorante a Pechino, inficia enormemente le rivendicazioni di Whitehouse, dal momento che questi dipendenti del ristorante – sopraffatti dal dolore al punto di chiudere subito la cucina – si troverebbero a non dover affrontare alcuna ripercussione per non aver mostrato dolore.
Whitehouse attacca il FRSO utilizzando una riconfigurazione patetica delle argomentazioni proposte nell’articolo di Back Fight! News, che si possono classificare solo come quelle di un disonesto uomo di paglia. Piuttosto che impegnarsi nelle argomentazioni di Fight Back!, ri-scrive le loro argomentazioni per mostrare l’aneddoto citato quale prova “per certificare delle credenziali democratiche a un regime che a tutti gli altri sembra una autocrazia.” (4)
Mentre l’articolo di Fight Back! News così come questo autore, concordano sul fatto che il socialismo coreano è estremamente democratico, l’ultimo paragrafo esprime l’argomento centrale di questo pezzo:
“Perché i coreani piangono la morte di Kim Jong-Il? E’ a causa della sua coraggiosa sfida al dominio degli Stati Uniti, il suo impegno per la riunificazione e le realizzazioni del socialismo reale. Di fronte a coloro che supportano la guerra per lo sfruttamento e l’oppressione, le decisioni di Kim rappresentato le aspirazioni di lavoratori, contadini, donne e bambini coreani – della Nazione Unita coreana – alla libertà. Anche se Kim Jong-Il è morto, il popolo coreano continua a marciare in avanti alzando la bandiera della riunificazione nazionale, dell’autodeterminazione e della rivoluzione.”(1)
Lungi dall’essere semplicemente la certificazione delle credenziali democratiche della Corea del Nord, la dimostrazione di massa del dolore da parte del popolo coreano, dimostra la diffusa comprensione delle conquiste del socialismo coreano e la lotta instancabile per la riunificazione nazionale.
Gulag nordcoreani?
Al centro dell’anticomunismo dell’ISO vi è una forte dipendenza dalle fonti borghesi, che si sono dimostrate incapaci di sopportare l’esame materialista più semplice. Per esempio, Whitehouse attacca l’articolo di Fight Back! News dicendo che il titolo, “La Corea resta forte“, si riferisce alla forza dello Stato. “Quello stesso stato che mantiene 200.000 prigionieri politici, secondo Amnesty International. Quello stesso stato che ha ucciso tre cittadini nordcoreani che tentavano di attraversare il confine con la Cina, a fine dicembre.”(4)
Un esame più attento del sistema carcerario in Corea del nord, indicato come un ‘gulag’ dalla borghesia e dall’ISO – viene ironicamente dallo storico borghese Bruce Cumings. Nel suo libro del 2004, North Korea: Another Country, osserva che la maggior parte delle affermazioni sul sistema penale coreano sono grossolanamente esagerate. Ad esempio, osserva che “i criminali comuni che commettono reati minori e di minutaglia [sic] che per una incomprensione del loro posto nella famiglia dello stato, hanno commesso reati politici di basso livello, vanno nei campi di lavoro o nelle miniere per lavorare duro con vari periodi di detenzione, l’obiettivo è rieducarli.”(3) Questo riflette una visione materialista delle radici della criminalità, derivanti in gran parte dalle condizioni materiali di una persona e dalle idee errate, che possono cambiare attraverso il mutamento delle condizioni di una persona. E’ importante notare che la stragrande maggioranza dei criminali nel sistema penale coreano, ricadono in questa categoria, e quindi l’obiettivo è riabilitare e rieducare, in contrasto con le finalità punitive del sistema penale statunitense.
Cumings rileva il contrasto tra il sistema della giustizia penale della Corea Democratica e quello degli Stati Uniti, soprattutto in termini di contatto con un prigioniero e di sostegno della famiglia. Scrive:
“Gli Acquari di Pyongyang sono una storia interessante e credibile, proprio perché, nel complesso, non fornisce quel resoconto terribile della repressione totalitaria che i suoi editori francesi volevano dare, e invece suggeriscono che dopo un decennio di carcere, ma con la famiglia vicina, è stato in grado di sopravvivere e senza necessariamente che ciò ne ostacolasse l’adozione dello status d’élite derivante dalla residenza a Pyongyang e dall’ingresso all’università. Nel frattempo abbiamo un infinito e sterminato gulag pieno di neri nelle nostre prigioni, incarcerando più del 25 per cento di tutti i giovani neri.“(3)
Il fatto che la permanenza nel sistema coreano penale non si traduca in castigo sociale, come avviene nei paesi capitalisti, riflette un forte contrasto con i sistemi penali capitalistici. Utilizzando la propria famiglia come una rete di sostegno, lo Stato incoraggia la rieducazione politica e apre l’opportunità ai detenuti riabilitati di rientrare nella società coreana, come cittadini a pieno titolo.
In sé e per sé, lo scritto di Whitehouse sul socialismo coreano non vale lo spazio che occupa, perché non ha argomenti seri contro il pezzo di Fight Back! News a cui doveva rispondere. Tuttavia, resta importante per i marxisti-leninisti confrontarsi con la miscela unica ed inquietante dell’anticomunismo di sinistra dell’ISO, quando si attivano per difendere le conquiste del popolo coreano.
Nonostante le sue sfide e carenze, la Corea Democratica è uno degli ultimi paesi rimasti in cui i lavoratori sono in grado di controllare la società collettivamente come una classe. Essendo uno dei paesi socialisti sopravvissuti alla caduta dell’URSS, i marxisti-leninisti devono studiare e imparare dalla resistenza del popolo coreano.
Al centro dell’anticomunismo dell’ISO vi è una forte dipendenza dalle fonti borghesi, che si sono dimostrate incapaci di sopportare l’esame materialista più semplice. Per esempio, Whitehouse attacca l’articolo di Fight Back! News dicendo che il titolo, “La Corea resta forte“, si riferisce alla forza dello Stato. “Quello stesso stato che mantiene 200.000 prigionieri politici, secondo Amnesty International. Quello stesso stato che ha ucciso tre cittadini nordcoreani che tentavano di attraversare il confine con la Cina, a fine dicembre.”(4)
Un esame più attento del sistema carcerario in Corea del nord, indicato come un ‘gulag’ dalla borghesia e dall’ISO – viene ironicamente dallo storico borghese Bruce Cumings. Nel suo libro del 2004, North Korea: Another Country, osserva che la maggior parte delle affermazioni sul sistema penale coreano sono grossolanamente esagerate. Ad esempio, osserva che “i criminali comuni che commettono reati minori e di minutaglia [sic] che per una incomprensione del loro posto nella famiglia dello stato, hanno commesso reati politici di basso livello, vanno nei campi di lavoro o nelle miniere per lavorare duro con vari periodi di detenzione, l’obiettivo è rieducarli.”(3) Questo riflette una visione materialista delle radici della criminalità, derivanti in gran parte dalle condizioni materiali di una persona e dalle idee errate, che possono cambiare attraverso il mutamento delle condizioni di una persona. E’ importante notare che la stragrande maggioranza dei criminali nel sistema penale coreano, ricadono in questa categoria, e quindi l’obiettivo è riabilitare e rieducare, in contrasto con le finalità punitive del sistema penale statunitense.
Cumings rileva il contrasto tra il sistema della giustizia penale della Corea Democratica e quello degli Stati Uniti, soprattutto in termini di contatto con un prigioniero e di sostegno della famiglia. Scrive:
“Gli Acquari di Pyongyang sono una storia interessante e credibile, proprio perché, nel complesso, non fornisce quel resoconto terribile della repressione totalitaria che i suoi editori francesi volevano dare, e invece suggeriscono che dopo un decennio di carcere, ma con la famiglia vicina, è stato in grado di sopravvivere e senza necessariamente che ciò ne ostacolasse l’adozione dello status d’élite derivante dalla residenza a Pyongyang e dall’ingresso all’università. Nel frattempo abbiamo un infinito e sterminato gulag pieno di neri nelle nostre prigioni, incarcerando più del 25 per cento di tutti i giovani neri.“(3)
Il fatto che la permanenza nel sistema coreano penale non si traduca in castigo sociale, come avviene nei paesi capitalisti, riflette un forte contrasto con i sistemi penali capitalistici. Utilizzando la propria famiglia come una rete di sostegno, lo Stato incoraggia la rieducazione politica e apre l’opportunità ai detenuti riabilitati di rientrare nella società coreana, come cittadini a pieno titolo.
In sé e per sé, lo scritto di Whitehouse sul socialismo coreano non vale lo spazio che occupa, perché non ha argomenti seri contro il pezzo di Fight Back! News a cui doveva rispondere. Tuttavia, resta importante per i marxisti-leninisti confrontarsi con la miscela unica ed inquietante dell’anticomunismo di sinistra dell’ISO, quando si attivano per difendere le conquiste del popolo coreano.
Nonostante le sue sfide e carenze, la Corea Democratica è uno degli ultimi paesi rimasti in cui i lavoratori sono in grado di controllare la società collettivamente come una classe. Essendo uno dei paesi socialisti sopravvissuti alla caduta dell’URSS, i marxisti-leninisti devono studiare e imparare dalla resistenza del popolo coreano.
Viva la rivoluzione coreana!
Giù le mani dalla Corea del Nord!
Una sola Corea!
(1) “Korea stands strong: Kim Jong-Il in context,” Fight Back! News, 21 dicembre 2011
(2) Josef Stalin, Marxism & the National Question, “1. The Nation,” 1913
(3) Bruce Cumings, North Korea: Another Country , The New Press, New York, 2004.
(4) David Whitehouse, “Socialism in one dynasty,” Socialist Worker, 12 gennaio 2011
(5) “Where We Stand,” The International Socialist Organization, Socialist Worker
(6) Ahmed Shawki, “China: Deng’s Legacy,” International Socialist Review, Issue 2, Fall 1997
(7) Dianne E. Rennack, “North Korea: Economic Sanctions,” Congressional Research Service, 24 gennaio 2003
(8) Tad Daley, “Nuclear lesson from Libya: Don’t be like Qaddafi. Be like Kim,” The Christian Science Monitor, 13 ottobre 2011
(9) Stephen Gowans, “US Ultimately to Blame for Korean Skirmishes in the Yellow Sea,” what’s left, 5 dicembre 2010
(10) Socialist Worker , September 1991; Quoted by Workers Vanguard, No. 866, 17 Marzo 2006, “Parliamentary Cretinism ISO Goes All the Way with Capitalist Greens”.
(11) Socialist Worker , editorial, March 9, 2011, “The US is no friend to the Libyan uprising”
(12) Alan Maass, Lance Selfa, “Washington celebrates Qaddafi’s death,” Socialist Worker, 24 ottobre 2011
(13) Ellen Brun, Jacques Hersh, Socialist Korea: A Case Study in the Strategy of Economic Development, 1976, Monthly Review Press, New York e London
(14) Stephen Gowans, “Understanding North Korea,” what’s left, 5 novembre 2006
(2) Josef Stalin, Marxism & the National Question, “1. The Nation,” 1913
(3) Bruce Cumings, North Korea: Another Country , The New Press, New York, 2004.
(4) David Whitehouse, “Socialism in one dynasty,” Socialist Worker, 12 gennaio 2011
(5) “Where We Stand,” The International Socialist Organization, Socialist Worker
(6) Ahmed Shawki, “China: Deng’s Legacy,” International Socialist Review, Issue 2, Fall 1997
(7) Dianne E. Rennack, “North Korea: Economic Sanctions,” Congressional Research Service, 24 gennaio 2003
(8) Tad Daley, “Nuclear lesson from Libya: Don’t be like Qaddafi. Be like Kim,” The Christian Science Monitor, 13 ottobre 2011
(9) Stephen Gowans, “US Ultimately to Blame for Korean Skirmishes in the Yellow Sea,” what’s left, 5 dicembre 2010
(10) Socialist Worker , September 1991; Quoted by Workers Vanguard, No. 866, 17 Marzo 2006, “Parliamentary Cretinism ISO Goes All the Way with Capitalist Greens”.
(11) Socialist Worker , editorial, March 9, 2011, “The US is no friend to the Libyan uprising”
(12) Alan Maass, Lance Selfa, “Washington celebrates Qaddafi’s death,” Socialist Worker, 24 ottobre 2011
(13) Ellen Brun, Jacques Hersh, Socialist Korea: A Case Study in the Strategy of Economic Development, 1976, Monthly Review Press, New York e London
(14) Stephen Gowans, “Understanding North Korea,” what’s left, 5 novembre 2006
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
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