mercoledì 17 settembre 2014

La NATO: una anomalia destabilizzante

 La NATO: una anomalia destabilizzante
di  Alberto Hutschenreuter*
Una delle principali conseguenze che ha avuto l’attuale crisi dell’Ucraina è stata quella di aver rimesso al centro dell’attenzione alcune questioni che si consideravano scomparse e superate nelle relazioni internazionali, ad esempio le questioni di geopolitica. Per quanto prima di questa crisi si erano manifestate altre situazioni importanti che avevano presentato l’attualità di questa disciplina, l’Ucraina è categorica quanto a esposizione di interessi politici di poteri sovrapposti prioritariamente su un’area  geografica con l’obiettivo di ottenere posizioni favorevoli al proprio dominio.
Poche situazioni sono tanto decisive come questa crisi per corroborare una impostazione realistica che stabilisce come la geopolitica si riferisca alle intenzioni “non innocenti” degli (o fra) gli Stati, il che significa, per esprimerlo con le parole di Kissinger, ” la geopolitica tratta da vicino gli interessi degli Stati, non quelli delle loro buone intenzioni”.

In questi termini, quello che avviene in Ucraina ha messo in chiaro che,   l’epilogo della    Guerra Fredda, ha determinato a tutti gli effetti  la fine del confronto tra gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica, benchè questa fine non abbia significato un inizio di nuove relazioni  basate sulla fiducia e sulla cooperazione. Detto in altri termini, la fine del bipolarismo non ha implicato che gli USA smettessero di esercitare una politica di dominio di fronte allo Stato “prosecutore” di quella (la ex URSS), la Federazione Russa, una politica che si è vista facilitata da una visione esteriore della natura “emotiva” che ha caratterizzato da allora una Russia inedita, una Russia che in pratica aveva  subordinato l’interesse nazionale alla preservazione di una “associazione strategica” con l’ex rivale.
Una politica di dominio di quelle che avevano l’obiettivo di mantenere debole la Russia ed impedire qualsiasi emergenza che, una volta di più, avrebbe potuto significare una sfida internazionale, aveva giustificato il mantenimento inalterato della NATO, nonostante fosse mutato il contesto internazionale che aveva reso necessaria la sua creazione e  che la controparte antagonista (l’URSS)  si era dissolta.
La preservazione dello strumento politico e militare occidentale ha implicato una anomalia internazionale, visto che l’esperienza storica praticamente non registrava casi simili; al contrario, è stato un fatto normale in passato che le formazioni o alleanze fra gli Stati con finalità militari dovessero cessare una volta che venisse meno l’esistenza della situazione internazionale per cui erano state create.
Forse non tutti ricordano che,  già a metà del secolo XIX, l’alleanza tra Francia Gran Bretagna e Turchia si formò per frenare la possibile espansione della Russia (impero zarista) e preservare l’equilibrio nel sud est dell’ Europa; tuttavia, dopo la guerra di Crimea, l’alleanza non si propose di mantenere le politiche di potere che avevano debilitato la Russia sconfitta: La coalizione sorta nella seconda metà di quel secolo, per esempio la Lega dei Tre Imperatori del 1873 o l’alleanza franco Russa del 1893 risposero a differenti situazioni (solidarietà monarchica in un caso, impegno di aiuto mutuo nel caso di confronto militare con la Germania, nell’altro caso), ma non furono legami divenuti “perpetui”.
Esistono altri casi che forse possono considerarsi più analoghi in relazione alla continuità della NATO dopo la fine del contesto o della condizione internazionale che gli diede origine: la Santa Alleanza a partire dal 1815 o il sistema francese di alleanze tra il 1935 ed i 1939.
Tuttavia si tratta di analogie molto relative, visto che , per esempio, a partire dal 1818 la” Quadruplice alleanza” (uno dei trattati in cui si basava la Santa Alleanza) lasciò escludere l’attore principale che aveva perturbato l’ordine europeo, la Francia di Napoleone, e la incluse nel suo sistema di potere; in quanto alle alleanze che portò avanti la Francia, quelle furono il riflesso di una politica che dal 1919 perseguì l’obiettivo di mantenere prostrata la Germania perché non tornasse a sfidare la Francia.
In breve, la teoria rispetto  alla Storia delle alleanze politico militari ci dice che queste furono formazioni che tese a mantenere un bilancio di potere o a restaurarlo.
Nel caso della NATO, la sua continuità dopo il disfacimento dell’Unione Sovietica,  così come  delle sue ondate di espansione, per prima cosa verso l’Est dell’Europa (Polonia, Rep. Ceka, Ungheria), poi nel Nord Est e Sud Est (Lituania, Lettonia, Estonia, Slovenia, Bulgaria, Slovacchia, Romania, Croazia, Albania)e, eventualmente all’Est dell’Est Europa ed anche più in là (Ucraina e Georgia, ecc.), non è entrata  nella ricerca o nel riposizionamento di alcun equilibrio ma piuttosto si è trattato di una strategia o tecnica di potere utilizzata non già per mantenere la Russia “fuori dall’Europa”, oltre che fossilizzarla in una condizione di marginalità  e di inferiorità nel sistema strategico globale e della vulnerabilità sul piano regionale e locale.
In questi termini (non soltanto in Russia) viene così considerato il processo di espansione  della NATO, visto che, in una recente pubblicazione nella rivista Foreign Affairs ,lo ttaunitense John Mearsheimer, per citare un consolidato specialista insospettabile di alcun idealismo, afferma che “la ragione principale del problema in Ucraina si trova nell’ampliamento della NATO”.
Possiamo concludere che la politica di dominio che ha sostenuto l’Occidente attraverso l’Alleanza Atlantica è andata molto più in là dell’ammissibile creando una situazione compromessa per la propria stabilità e per l’equilibrio fra gli Stati.
L’esperienza insegna che lo stato di debolezza di una nazione di condizione preminente per l’ordine interstatale non dura per sempre, soprattutto se questa condizione si deve in buona misura all’applicazione di politiche decise da un altro attore o da altri. Nel corso degli ultimi quindici anni la Russia ha ricostituito un potere e, tuttavia l’Occidente ha continuato sviluppando politiche di dominio con il fine di ridimensionare le sue capacità (della Russia), sottovalutando quello che ci indica l’esperienza: l’equilibrio come meta e” vantaggio per tutti”.
D’altra parte, le istanze che dalla stessa NATO sono state create per includere la Russia nell’ordine  geostrategico  del dopo “guerra fredda”, come il “Consiglio Congiunto Permanente NATO+Russia”, la “Associazione per la Pace”, ecc., non hanno funzionato come spazi di autentica consultazione tra Est ed Ovest di fronte alle crisi più importanti, per esempio quella della Jugoslavia, ma piuttosto  vi sono state occasionali consultazioni nelle quali le osservazioni fatte da Mosca hanno ricevuto appena un interesse formale.
In breve, davanti all’attuale situazione di tensione, forse sarebbe pertinente ricordare che, secondo l’ambasciatore statunitense a Mosca, Jack Matlock, nel 1990 la allora Unione Sovietica non pose questioni sul fatto che una Germania riunificata sarebbe avrebbe fatto parte della NATO (fatto che può essere considerato il primo passo di espansione dell’alleanza) ricevendo in cambio di quello garanzie (non scritte) che la NATO non avrebbe ampliato la sua giurisdizione verso l’Est “neppure di un solo pollice”.
All’inizio degli anni novanta, l’allora primo ministro britannico John Major affermò che non esistevano condizioni allora e nel futuro perché i paesi dell’Est dovessero entrare nella NATO; da parte sua, il ministro delle Relazioni Esterne, Douglas Hurd, comunicò al suo pari sovietico che la NATO non aveva piani per includere detti paesi nell’organizzazione.
Perché allora la NATO successivamente ha proceduto ad espandersi verso est ed oggi è arrivata ai confini della Russia e mostra maggiori ambizioni? Basicamente questo si spiega per ragioni di “prevenzione geopolitica; il che significa, prima che una rinsaldata Russia torni a costituire una minaccia, l’Occidente dovrebbe ottenere un posizionamento territoriale vantaggioso che ridurrebbe al minimo le possibilità di “una nuova sfida”, che in effetti non era considerata allora imminente ma si irrimediabile.
Non è discutibile che la preservazione della NATO ha avuto motivo di essere più in là della sfida internazionale. L’Alleanza Atlantica provvedeva ad assicurare all’Occidente le capacità necessarie per affrontare nuove sfide nello scenario della post-guerra fredda. Quello che si può obiettare è che la sua continuità ha obbedito quasi unicamente ad una percezione del nemico prossimo venturo, una Russia revanscista ed ideologica. Questo ha fatto dell’Alleanza una anomalia in relazione all’esperienza ed un fattore di inevitabile squilibrio internazionale.
*Analista Internazionale – Docente universitario. Autore  del libro “Política Estera della Rusia – Umiliazione e Riparazione”
Tratto da La Espia Digital
Traduzione: Luciano Lago
Tratto da: Controinformazione

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