Una generazione di liberali che si professano socialdemocratici, “rottamatori”, progressisti, anti-conservatori: europeisti di sinistra 2.0. I volti della sinistra liberista, della sinistra con l'elmetto della NATO. Se la prima generazione fu quella di Berlinguer e Spinelli, dell'idea del comunismo sotto l'ombrello della NATO, questa è la seconda: ma se qualcosa nasce storto non può morire dritto.
Questa generazione di pseudo-socialisti funge da
ponte tra il passato socialdemocratico e il futuro completamente
liberale: parlano di crescita, di democrazia, di solidarietà, di
accettare i piani di Bruxelles, di femminismo, ma d’altra parte ancora
si evincono retaggi culturali da post-sessantottini come un timidissimo
saluto a pugno chiuso, il riferirsi alla folla con “compagni e
compagne”, chiudere il discorso con “venceremos”. Proprio quel pugno
chiuso che è simbolo da più di un secolo dell’ideologia comunista,
dell’avanzata della classe lavoratrice, della sua progressiva presa di
coscienza. Quel “venceremos” pregno di America Latina, di lotta contro
l’imperialismo, inno del socialista filo-castrista Salvador Allende
assassinato durante il colpo di stato di Pinochet manovrato dagli Stati
Uniti, quel venceremos scritto su tutti i muri di Cuba dopo la riuscita
della rivoluzione (“Patria o muerte, venceremos!”), proprio quella Cuba
che oggi colpiamo di embargo per compiacere gli Stati Uniti.
Una generazione di liberali che si professano
socialdemocratici, “rottamatori”, progressisti, anti-conservatori:
europeisti di sinistra 2.0. I volti della sinistra liberista, della
sinistra con l’elmetto della NATO. Se la prima generazione fu quella di
Berlinguer e Spinelli, dell’idea del comunismo sotto l’ombrello della
NATO, questa è la seconda: ma se qualcosa nasce storto non può morire
dritto. Non se la prendano gli ammiratori di Berlinguer, ma volere il
comunismo sotto la NATO è come andare a troie per farsi coccolare. Il
serpentone metamorfico PCI-PDS-DS-PD, per ricordare Costanzo Preve, è
iniziato proprio con questa malsana idea di Eurocomunismo. Almeno
avevano a cuore la classe operaia, ciò non è discutibile, oggi neanche
più quello.
Questa nuova generazione di volti nuovi, parole
nuove, professa addirittura un cambio di cultura, di mentalità: un
liberalismo non più solo economico ma anche sociale. E nel vederli tutti
abbracciati con camicie bianche sbottonate ci mette su un piatto
d’argento il paragone con le camicie nere. Oggi la violenza non è più il
manganello e l’olio di ricino ma è economica, è praticata da spread,
cessioni di sovranità, debito pubblico, MES. Il nemico politico non
viene picchiato, la sede del suo partito non viene bruciata, ma gli
oppositori (che ovviamente non sono i partiti di destra, ormai stretti
collaboratori) vengono infamati su tutti i media schierati, gli si
tagliano le gambe: o sei con noi o sei fuori. E poi l’immancabile culto
del capo: certo non siamo ai livelli dei busti e delle statue di Hitler o
Stalin nelle piazza, ma il giovane, bello, nuovo, fresco e vivace
Matteo Renzi viene visto in Italia e in Europa come un leader, il suo
operato viene elogiato da tutti i telegiornali e tutti i quotidiani, sia
da quelli che si professavano di sinistra sia da quelli di destra.
Ma arriverà un giorno in cui dovranno fare i conti
per aver tradito quell’ideale di cambiamento sociale che tempo fa la
sinistra professava, quando era una vera alternativa al modello
capitalista, per aver illuso migliaia di persone incapaci di
attualizzare il proprio pensiero che oggi sono iscritti al PD perché
trent’anni fa lo erano al PCI, per aver legittimato l’imperterrita
avanzata del liberismo e missioni di pace. Il vento implacabile della
storia spazzerà via decenni di calunnie, trasformismi, tradimenti e
compromessi. O almeno così ci piace pensare.
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