di David Harvey
Fonte: blog di Maurizio Acerbo
MERCOLEDI 11 SETTEMBRE RICORDEREMO A PESCARA IL “COMPAGNO PRESIDENTE” SALVADOR ALLENDE E TUTTE LE VITTIME DEL COLPO DI STATO E DELLA DITTATURA DI PINOCHET. DALLE ORE 20,30 NELL’AULA CONSILIARE DEL COMUNE PROIEZIONE DEL FILM DI PATRICIO GUZMAN E ALTRI MATERIALI VIDEO, INTERVENTI E LETTURE
Il primo esperimento di creazione di uno stato neoliberista, vale la pena ricordarlo, si verificò in Cile dopo il golpe di Pinochet, avvenuto l’1l settembre 1973 (quasi trent’anni esatti prima che Bremer chiarisse quale regime doveva essere instaurato in Iraq). Il colpo di stato contro il governo democraticamente eletto di Salvador Allende fu organizzato dalle élite economiche nazionali – che si sentivano minacciate dalla politica socialista promossa dal presidente – con l’appoggio delle grandi società americane, della CIA e del segretario di Stato Henry Kissinger. Il golpe represse con la violenza tutti i movimenti sociali e le organizzazioni politiche della sinistra e smantellò qualsiasi forma di organizzazione popolare (come i centri sanitari di comunità nei quartieri più poveri), mentre il mercato del lavoro veniva «liberato» dalle restrizioni derivanti da regolamenti e istituzioni (come i sindacati).
Ma come si poteva ridare vigore a un’economia in stallo? Le politiche di sostituzione delle importazioni (attuate finanziando le industrie nazionali e imponendo dazi protezionistici) che avevano dominato i tentativi dei paesi latinoamericani di sostenere lo sviluppo economico erano cadute in discredito, in particolare in Cile, dove non avevano mai dato i risultati sperati. Ora che tutto il mondo era in recessione economica, il problema andava affrontato in modo nuovo.
Per contribuire alla ricostruzione dell’economia cilena fu convocato un gruppo di economisti
(…)
Ma, al di là di questo, stava divenendo palpabile la minaccia economica alla posizione delle classi dominanti. In quasi tutti i paesi una delle condizioni previste dall’assetto del dopoguerra era che si ponessero dei freni al potere economico delle classi più alte e si concedesse alla forza lavoro una fetta assai maggiore della torta economica. Negli Stati Uniti, per esempio, la percentuale del reddito nazionale percepita dall’I per cento che si trovava in testa alla scala delle entrate precipitò dal 16 per cento dell’anteguerra all’8 per cento scarso della fine della Seconda guerra mondiale, e si assestò più o meno su quel livello per quasi trent’anni. Finché la crescita era forte, questa limitazione sembrava accettabile. Ricevere una percentuale fissa di una quantità complessiva crescente è una cosa, ma quando negli anni settanta la crescita si interruppe, i tassi di crescita reali divennero negativi e dividendi e profitti divennero generalmente irrisori, allora le classi alte si sentirono ovunque minacciate. Negli Stati Uniti la ricchezza (distinta dal reddito) controllata dall’I per cento più facoltoso della popolazione era rimasta relativamente stabile per tutto il XX secolo, ma negli anni settanta subì una caduta precipitosa, mentre il valore dei patrimoni (azioni, proprietà, risparmi) crollava. Le classi più alte dovevano muoversi con decisione, se volevano evitare di essere annientate politicamente ed economicamente. Il colpo di stato in Cile e la presa del potere da parte dell’esercito in Argentina, promossi da settori dei ceti dominanti con l’appoggio degli Stati Uniti, rappresentarono un tipo di soluzione. Il successivo esperimento neoliberista in Cile dimostrò che i vantaggi derivanti da una ripresa dell’accumulazione di capitale, in condizioni di privatizzazione forzata, risultavano notevolmente distorti.
Il paese e le sue élite dominanti, come pure gli investitori stranieri, trassero enormi vantaggi nelle fasi iniziali. Gli effetti sul la redistribuzione e la crescita della disuguaglianza sociale si sono dimostrati così persistenti nell’ambito dei processi di neoliberalizzazione da poter essere considerati elementi strutturali di tali processi.
Gerard Duménil e Dominique Lévy, dopo un’attenta ricostruzione dei dati, hanno concluso che la neoliberalizzazione è stata fin dall’inizio un progetto mirante alla restaurazione del potere di classe. Dopo l’attuazione delle politiche neoliberiste alla fine degli anni settanta, la percentuale del reddito nazionale percepita dall’1 per cento più ricco della popolazione americana è cresciuta vertiginosamente, fino a raggiungere, alla fine del secolo, il 15 per cento (avvicinandosi molto al livello dell’epoca precedente la Seconda guerra mondiale). Lo 0,1 per cento della popolazione statunitense che percepisce i redditi più alti ha visto crescere la propria fetta del reddito nazionale dal 2 per cento del 1978 a oltre il 6 per cento del 1999, mentre il rapporto tra i salari medi dei lavoratori e gli stipendi dei massimi dirigenti d’azienda è passato dal 30 a 1 del 1970 al quasi 500 a 1 del 2000.
da David Harvey “Breve storia del neoliberismo“, il Saggiatore
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