di Marxist-Leninist - 19 gennaio 2012
Fonte Aurora sito
Il 22 dicembre dello scorso anno, Fight Back! News,
che spesso riflette le opinioni di Freedom Road Socialist Organization
(FRSO), ha pubblicato un articolo straordinario sulla Corea del Nord e
l’imperialismo degli Stati Uniti nella penisola coreana, dal titolo “Korea Stands Strong: Kim Jong-Il in Context“.
Il brano ha svolto un tremendo lavoro delineando i progressi compiuti
dal socialismo coreano e i problemi derivanti dalla continua occupazione
occidentale della metà meridionale della nazione coreana. In risposta
all’analisi approfondita di Fight Back!, insieme a due altri articoli del Partito per il Socialismo e la Liberazione (PSL) e del Workers World Party
(WWP), David Whitehouse dell’Organizzazione Internazionale Socialista
(ISO) ha pubblicato un pezzo contro Kim Jong-Il rispolverando le tipiche
argomentazioni cliffite-trotzkiste contro il socialismo realmente
esistente. ‘Socialism in One Dynasty’ pubblicato il 12 gennaio ha
rimaneggiato le stesse linee anti-comuniste dell’ISO che caratterizzano
il trotskismo.
La morte di Kim Jong-Il ha di nuovo stimolato la discussione nella
sinistra sulla Corea Democratica con un elevato volume di propaganda
anti-RPDC generata dall’occidente, ed è importante per i
marxisti-leninisti registrare accuratamente i successi e le sfide della
rivoluzione coreana. Il semplice fatto che la Corea del Nord sia
sopravvissuta all’ondata della contro-rivoluzione che ha spazzato la
maggior parte dei paesi socialisti, dimostra la forza e la resistenza
delle masse coreane e la perseveranza della Corea Democratica di fronte
alla schiacciante aggressione occidentale, richiede uno studio
approfondito dai marxisti-leninisti del 21° secolo.
Corea divisa
Come l’articolo di Back Fight! News sottolinea, “La Corea è la sola nazione che sia stata forzatamente divisa dagli Stati Uniti subito dopo la seconda guerra mondiale.”
(1) La Corea del Nord e la Repubblica di Corea esistono come due paesi
distinti, ma il popolo coreano soddisfa tutte le caratteristiche di una
nazione, “una comunità stabile di persone storicamente costituita,
formata sulla base di una lingua comune, del territorio, della vita
economica e psicologica che si manifesta in una cultura comune.”
(2) Capire che la Corea non è due nazioni separate, è indispensabile per
collocare le azioni della Corea del Nord nel loro contesto appropriato.
Temendo una popolarità diffusa della rivoluzione coreana nel nord e nel
sud, gli Stati Uniti hanno continuato ad occupare militarmente la
Repubblica di Corea dopo la Seconda Guerra Mondiale. I coreani furono
esclusi dalla decisione di dividere il loro paese, e nonostante le
promesse di eque elezioni nazionali volte alla riunificazione, gli Stati
Uniti sono intervenuti in occasione delle elezioni della Corea del Sud,
a favore del filo-occidentale e nazionalista di destra Syngman Rhee.
Molti studiosi e critici borghesi della Corea del Nord sostengono che
l’Esercito Popolare di Corea (KPA), centrato nel nord, abbia avviato la
guerra di Corea attraversando il 38° parallelo; l’atto viene spesso
citato come l’inizio alla guerra di Corea. Se il KPA aveva mandato
truppe in Corea del Sud il 25 giugno 1950, chiamarlo atto d’aggressione
da parte di uno Stato sovrano nei confronti di un altro, legittima
implicitamente la divisione imperialista della Corea alla conferenza di
Potsdam nel 1945. Richard Stokes, ministro del lavoro britannico, si
espresse così in un rapporto del 1950 sulle origini della guerra di
Corea:
“Nella guerra civile americana, gli americani non avrebbero mai
tollerato per un solo momento la creazione di una linea immaginaria tra
le forze del Nord e del Sud, e non vi può essere alcun dubbio quale
sarebbe stata la loro reazione se gli inglesi fossero intervenuti in
forze a favore del sud. Questo parallelo è pertinente, perché in America
il conflitto non era solo tra due gruppi di americani, ma era tra due
sistemi economici, come avviene in Corea.”(3)
Proprio come la guerra civile americana, qualsiasi cosiddetta
aggressione da parte del Nord, era in realtà un tentativo di riunire una
nazione divisa da una potenza straniera imperialista. Le critiche delle
azioni della Repubblica Democratica della Corea in occasione dell’avvio
del conflitto, dovrebbero condannare anche il presidente degli Stati
Uniti Abraham Lincoln e l’esercito dell’Unione, per l’invio di
rifornimenti per Fort Sumter alla vigilia dell’esplosione della guerra
civile americana, la scintilla che de facto ha avviato il conflitto.
Naturalmente, i marxisti-leninisti sostengono gli sforzi di
riunificazione del Nord, sia nella guerra civile americana che nella
guerra di Corea, perché erano storicamente progressisti e rivoluzionari.
La Corea fu occupata da un governo straniero imperialista, al momento
dell’incursione del KPA nel sud, come i colonizzatori giapponesi avevano
occupato il paese nei precedenti 35 anni. Come tale, l”invasione’ del
KPA della Corea del sud è stata una campagna di una più grande lunga
lotta per la liberazione nazionale, che era iniziata come lotta
anticoloniale contro il Giappone imperiale.
L’occupazione straniera della Corea continua ancora oggi, e i
marxisti-leninisti devono valutare le azioni della Corea del Nord nel
quadro della lotta in corso per la liberazione nazionale. Le 28.000
truppe statunitensi di stanza in modo permanente nella Repubblica di
Corea, attestano che il dominio imperialista continua sulla metà
meridionale della nazione coreana.
Le vergognose calunnie sul socialismo coreano
Sebbene l’articolo dell’ISO fosse pieno di attacchi contro i
marxisti-leninisti e la loro posizione sulla Corea del Nord, non aveva
presentato nessuna confutazione all’articolo di Back Fight! News,
un’omissione di per sé molto eloquente. La cosa più vicina a una
confutazione di Whitehouse a tale articolo, era il seguente passaggio:
“FRSO, per esempio, si sofferma su un sistema di servizi sociali che
comprende la copertura sanitaria universale e l’istruzione, così come
l’alloggio gratuito. Questo dato è notevole per un paese dalle limitate
risorse come la Corea del Nord. Non è sorprendente, tuttavia, per un
paese dove lo Stato controlla tutto. Lo Stato fornisce assistenza
sanitaria, istruzione e alloggio, perché non ci sono istituzioni al di
fuori dello Stato, a meno che non si conti il Partito dei Lavoratori di
Kim, che è legato allo Stato e permea tutti gli aspetti della vita della
Corea del Nord.” (4)
Si noti che Whitehouse non contesta le affermazioni dell’articolo su
Fight Back! relative al socialismo coreano. Whitehouse sostiene la
scomoda posizione di ammettere che il dato dei servizi sociali della
RPDC è ‘straordinario’, una sbalorditiva ammissione per
un’organizzazione la cui dichiarazione di principi sostiene che, in
realtà, i paesi socialisti già esistenti, come la Corea Democratica, “non hanno nulla a che fare con il socialismo.”
(5) Al contrario, l’ISO tenta di minimizzare questi notevoli risultati,
notando che lo Stato è l’unica entità organizzata nella società coreana
in grado di fornire questi servizi.
Naturalmente questo pone una serie di domande: quale altro ente
organizzato secondo l’ISO dovrebbe fornire questi servizi sociali
essenziali nella Repubblica Democratica del Corea? Ritornando alla
fonte, insieme con la Freedom Road Socialist Organization e altri
marxisti-leninisti di tutto il mondo, sostiene la decisione dei governi
socialisti di utilizzare il socialismo di mercato fortemente
regolamentato per sviluppare le forze produttive, fornendo beni e
servizi al popolo. Tuttavia, l’ISO rifiuta esplicitamente la strategia
intrapresa da Cina e Cuba lo scorso anno, come prova ulteriore del
‘capitalismo di stato’ dei paesi. (6) Cosa dunque, in termini concreti,
l’ISO piacerebbe vedere fuori dallo stato democratico coreano, se è già
d’accordo sul fatto che i suoi servizi sono ‘notevoli’, lamentandosi che
non esistano soggetti privati nel fornire questi servizi altrimenti, se
allo stesso tempo rifiuta l’applicazione dei mercati fortemente
regolamentati nei paesi socialisti?
C’è una risposta a queste domande, ma la verità non favorisce l’ISO. Le
fazioni trotzkiste – i materialisti non dovrebbero mai fare riferimento a
queste piccole organizzazioni come a dei partiti in senso
marxista-leninista – non hanno mai guidato le masse verso la
rivoluzione, proprio perché capiscono il socialismo e la rivoluzione
solo in termini utopici. L’ISO non crede che la Corea democratica sia un
paese socialista perché il PLC non è all’altezza del suo astratto, e
spesso dogmatico, catechismo di Marx che usa nei suoi appelli ai
comunisti per ‘vincere la battaglia per la democrazia’. (4) Ripetono
fino alla nausea che il socialismo è una società in cui i lavoratori
controllano i mezzi di produzione, ma il loro idealismo gli impedisce di
riconoscere che una società rivoluzionaria come la Corea del Nord,
sebbene imperfetta, ha già raggiunto tale scopo.
Nell’esaminare la Corea Democratica, dobbiamo valutare criticamente i
suoi successi, ma solo nel contesto dell’aggressione imperialista
insopportabile che si trova ad affrontare da parte degli Stati Uniti e
della Repubblica di Corea. La Corea del Nord continua ad incontrare
difficoltà nella costruzione socialista, ma la maggior parte di questi
problemi derivano dalle sfavorevoli condizioni esterne e
dall’aggressione imperialista. Dal momento della cessione delle ostilità
nel 1953, gli Stati Uniti hanno “mantenuto sanzioni economiche globali contro la Corea del Nord.”
(7) L’accesso ai beni essenziali e al cibo è fortemente limitato dagli
Stati Uniti e dal Giappone, che hanno interrotto l’invio di riso in
Corea del Nord nel 2003.
Mentre l’articolo di Whitehouse concede qualche parola alle sanzioni
imposte alla Corea Democratica, insieme con l’eredità continua della
distruzione causata dalla guerra di Corea, ha respinto queste condizioni
avverse come un modo “per giustificare il comportamento del regime nazionale, agitando l’accusa che si tratta di una dittatura oppressiva.”(4)
In effetti, il fatto che qualsiasi menzione della guerra di Corea sia
limitata a quattro punti nell’articolo di 46 paragrafi, dimostra che
l’ISO è più interessata a calunniare la RPDC e a supportare la loro
falsa linea sul capitalismo di Stato, piuttosto che applicare una
rigorosa analisi dialettica materialista del socialismo coreano.
Come l’articolo di Back Fight! News ha opportunamente sottolineato, non
si può capire la Corea del Nord senza un comprensione marxista-leninista
della questione nazionale, che porta alla conclusione innegabile che la
Corea è una nazione unica, occupata da una forza imperialista dalla
fine delle ostilità nel 1953. La spesso fraintesa ‘segretezza’ del
governo coreano, ha perfettamente senso alla luce della minaccia di
distruzione imminente che si trova ad affrontare in tutta la zona di
confine smilitarizzata.
Il socialismo coreano in azione
I marxisti-leninisti devono studiare le carenze della Repubblica
Democratica della Corea, ma devono anche lodare con entusiasmo i
successi eccezionali compiuti dalla rivoluzione coreana. Come Bruce
Cumings, professore di storia coreana presso l’Università di Chicago,
sottolinea nel suo libro del 2003, North Korea: Another Country, “La
Corea moderna è emersa da una società grandemente divisa in classi e la
più stratificata sulla faccia della terra, quasi arroccata nella sua
gerarchia ereditaria.”(3) Cumings osserva che la schiavitù
riguardava sempre il 60-90 percento della società, fino alla sua
abolizione nel 1894, quando la maggior parte degli schiavi furono
trasformati in contadini feudali governati dai feudatari coreani, e alla
fine giapponesi. (3)
L’espulsione del colonialismo giapponese nella seconda guerra mondiale e
l’instaurazione del socialismo nel nord, hanno messo fine a queste
enormi disparità di classe e abusi da parte delle classi sfruttatrici.
Cumings cita i rapporti di sicurezza statunitensi sulla situazione
rivoluzionaria in Corea, per dimostrare che “per coloro definiti
come contadini poveri e medi, non solo la loro vita era migliorata, ma
erano diventati una classe privilegiata.” (3) L’impegno del PLC nel
supportare la rivoluzione socialista, si è riflesso nella sua
composizione di classe al momento della sua fondazione, in cui “i
lavoratori costituivano il 20 per cento degli aderenti, i contadini
poveri il 50 per cento, e i samuwon [colletti bianchi] il 14 per cento.” (3)
La rivoluzione coreana ha dato ai lavoratori e contadini poveri senza
terra delle opportunità che erano impensabili nelle passate condizioni
oppressive. Cumings scrive ancora: “In qualsiasi momento prima del
1945, era praticamente inconcepibile per dei contadini poveri ignoranti
diventare funzionari statali o ufficiali dell’esercito. Ma in Corea del
Nord, tale carriera è diventata normale.“(3) Rileva inoltre che
matrimoni inter-classisti sono diventati normali, comuni e diffusi con
la costituzione della Repubblica Democratica di Corea, e l’accesso
educativo aperto a tutti i settori della società.
Sulla questione vitale della riforma agraria, il PLC ha avviato un
processo graduale ma costante di conversione delle terre di proprietà
privata in organizzazioni cooperative. A partire dal processo di
ricostruzione post-bellica nel 1953, solo l’1,2% delle famiglie
contadine erano organizzate come cooperative, che coprivano solo lo 0,6%
della superficie totale. (13) Nell’agosto del 1958, il 100% delle
famiglie contadine era stato convertito in cooperative, coprendo il 100%
della superficie totale. (13) Ellen Brun, un’economista il cui studio
del 1976 sulla Corea socialista rimane il più completo fino ad oggi,
scrive che “Nonostante la mancanza di moderni mezzi di produzione,
le cooperative – con l’assistenza efficace dello stato – molto presto
dimostrarono la loro superiorità ai singoli agricoltori, convincendo
alla fine i contadini in passato riluttanti a partecipare al movimento.”(13)
Spesso causa di critiche dei comunisti di sinistra, dei trotskisti e
degli anticomunisti, la collettivizzazione in Corea del Nord non ha
prodotto alcuna carestia o fame di massa. Infatti, “in nessun
momento della cooperativizzazione si ebbe una diminuzione del prodotto
agricolo. Al contrario, il processo è stato accompagnato da un costante
aumento della produzione” (13) Citando le statistiche della
produzione alimentare, Brun mostra un forte aumento da circa 2,9 milioni
di tonnellate, nel 1956, a 3,8 milioni di tonnellate nel 1960. (13) A
causa della spinta della Corea democratica all’autosufficienza, il PLC
mise il paese sul percorso per aumentare la propria produzione
alimentare in modo costante, nutrendo l’intero paese.
I comitati popolari locali, dove ogni lavoratore coreano può
partecipare, eleggono la leadership per orientare la produzione agricola
e collaborano con le autorità nazionali per coordinare l’efficienza
nazionale. (13) Questi comitati popolari sono il mezzo principale con
cui “il Partito rimane in contatto con le masse nelle varie fattorie
collettive, consentendogli di sondare l’opinione pubblica sulle
questioni che riguardano le politiche del Comitato del popolo verso il
paese.” (13) Nel 1966, il PLC ha introdotto il “sistema di gestione di gruppo“, dove “gruppi
da dieci a venticinque agricoltori, organizzano unità di produzione,
ognuna responsabile definitivamente di una certa area di terreno, con un
determinato compito o un certo strumento di produzione.”(13) Questo rappresenta un altro strumento di democrazia popolare attuato nella produzione socialista coreana.
Nessun antagonismo grave tra la campagna e i centri industriali si è
sviluppato nel processo di costruzione del socialismo nella Repubblica
Democratica del Corea. Osserva Brun che “decine di migliaia di
uomini smobilitati e molti laureati e diplomati, nonché alunni delle
scuole medie, vanno in campagna nelle stagioni di raccolto, e prestano
aiuto per milioni di giornate di lavoro“, tutto volontariamente e senza costrizione da parte dello Stato. (13)
La cosa più importante, la costruzione del socialismo coreano ha
riorganizzato la produzione industriale con e nell’interesse del
proletariato coreano precedentemente espropriato. Sulla base della linea
di massa – il metodo marxista-leninista di organizzazione, “sia
causa che effetto della politicizzazione e del coinvolgimento delle
masse nel processo di sviluppo economico e della costruzione socialista”
– il PLC ha implementato il sistema di lavoro Daean, nel dicembre 1961.
(13) In contrasto al sistema passato, in cui i manager venivano
nominati unilateralmente a dirigere un luogo di lavoro da un membro del
partito unico, “Il comitato di fabbrica del partito assume la massima autorità, a livello di impresa” nel sistema di lavoro Daean. (13) Brun descrive ulteriormente questo sistema, che citiamo estesamente:
“Modi di risolvere le questioni che incidono sulla produzione e le
attività dei lavoratori, nonché le modalità di esecuzione delle
decisioni, si ottengono attraverso discussioni collettive in seno al
comitato di fabbrica, i cui membri sono eletti dai membri del partito
nella fabbrica. Per essere efficace questa commissione deve essere
relativamente piccola, dal numero adeguato a seconda della dimensione
dell’impresa. Nello stabilimento elettrico di Daean, con una forza
lavoro di 5.000, il comitato di fabbrica del partito è composto da 35
membri che si riuniscono una o due volte al mese, mentre i 9 membri del
comitato esecutivo si tengono in contatto continuo. Il sessanta per
cento dei suoi membri sono addetti alla produzione, mentre il resto
rappresenta una sezione trasversale di tutte le attività di fabbrica,
compresi funzionari, dirigenti, vice dirigenti, ingegneri, tecnici,
rappresentanti della lega delle donne, membri della Lega della
gioventù, membri del sindacato e impiegati dell’ufficio. La sua
composizione dà così accesso a tutti gli aspetti socio-economici
dell’impresa e alla vita dei suoi lavoratori.
Questo comitato è diventato quello che viene chiamato il ‘volante’
del gruppo industriale, avviando attività di sensibilizzazione
ideologica e mobilitando i lavoratori nell’attuare le decisioni
collettive e raggiungere l’obiettivo di produzione. Attraverso il suo
collegamento con il partito che ha un quadro chiaro delle politiche
globali e degli obiettivi, nonché dell’esatta funzione dell’impresa
individuale nel contesto nazionale. In altre parole, questa
configurazione garantisce che la politica abbia la priorità.”(13)
Lontano dalle caratterizzazioni semplicistiche e farsesche di Whitehouse e dell’ISO sulla Corea del Nord come “paese dove un uomo detiene il potere dittatoriale e la stragrande maggioranza della popolazione vive in povertà“,
questo modello di organizzazione socialista rappresenta il massimo
impegno per la democrazia operaia. (4) I lavoratori hanno la direzione e
la supremazia nella produzione e interagiscono dialetticamente con lo
stato progettando e realizzando la produzione collettivista in nome di
tutto il popolo coreano.
Il posto di lavoro nella Repubblica Democratica del Corea non è
semplicemente un luogo per la produzione, ma come sottolineato dal
metodo dell’organizzazione Daean, un centro di educazione e di
arricchimento. Dopo il 1950, “scuole di lavoro” organizzate
iniziarono ad emergere nei luoghi di lavoro specifici, dove i lavoratori
parteciparono ai programmi scolastici medi e superiori, mentre
lavoravano nel settore industriale, al fine di prepararsi a proseguire
gli studi superiori. (13)
Il socialismo coreano ha raggiunto un livello impressionante di vita per
il popolo coreano, prima del crollo del suo principale partner
commerciale, l’Unione Sovietica, nel 1991. Come lo studioso indipendente
Stephen Gowans sottolinea nel suo articolo del 2006, “Capire la Corea del Nord“,
la Corea Democratica ha goduto di un tenore di vita comparabile ai suoi
vicini del sud fino agli anni ’80. (14) Vivendo con uno stile di vita
spartano, il popolo coreano fin dal 1967 era quasi autosufficiente in
termini di industria leggera e beni di consumo, con merci come tessuti,
biancheria intima, calze, scarpe e bevande alcoliche che divenivano
sempre più disponibili a ogni cittadino. (13)
L’industria pesante, tuttavia, è rimasta “la spina dorsale dell’economia“, secondo Brun. Nota che “nonostante
l’aiuto dei paesi del blocco socialista potesse essere stato notevole,
all’inizio del periodo di riabilitazione, pochi anni più tardi – dopo
l’anno record del 1954 – questo aiuto estero era cominciato a diminuire,
e la Corea del Nord a poco a poco diventava autosufficiente”. (13)
A causa della politica commerciale provocata dalla crisi
cino-sovietica, la Corea del Nord a poco a poco perse una parte
dell’aiuto ricevuto dall’Unione Sovietica. Tuttavia, è riuscita a
sviluppare sostanzialmente la propria industria pesante, progredendo del
51,7% nella produzione industriale dal 1953-1955. (13)
Il socialismo coreano ha subito una battuta d’arresto tremenda nel 1991,
con il crollo dell’Unione Sovietica e della maggior parte del blocco
socialista. Resistente come sempre, la nazione ha perseverato in questi
anni difficili, nonostante affrontasse carestie, condizioni meteo
atroci e l’accesso al commercio internazionale bloccato dalle potenze
imperialiste occidentali. (14) Stabilizzatasi la Corea Democratica, il
suo impegno a una genuina democrazia operaia continua a rimanere più
fermo che mai.
Kim Jong-Il e la grande importanza di una Corea nucleare
Ciò che ci dice molto è la scelta dell’ISO di non attaccare la tesi
secondo cui la Corea Democratica, acquisendo armi nucleari, apporti uno
sviluppo essenziale e positivo nella sicurezza a lungo termine della
costruzione del socialismo coreano. Dato che le capacità nucleari sono
un aspetto importante dell’articolo di Back Fight! News, la scelta di
Whitehouse nel non impegnarsi in questa linea di ragionamento è stata
deliberata e consapevole, causata dalle scomode carenze della linea
politica contro-rivoluzionaria dell’ISO. Dall’aritcolo di Fight Back! News:
“L’importanza dell’acquisizione di armi nucleari da parte della
Corea Democratica non può essere sopravvalutata. Nel 2005, gli Stati
Uniti avevano presentato un ultimatum alla Libia e alla Corea del Nord,
chiedendo di cedere i loro programmi di armi nucleari e di cooperare con
l’imperialismo occidentale nella ‘guerra al terrore’. Il capo dello
Stato libico Muammar Gheddafi rispose positivamente. Kim Jong-Il ha
mostrato agli Stati Uniti il dito medio. Mentre ci avviciniamo alla fine
del 2011, dopo aver assistito alla brutale invasione NATO della Libia e
al rovesciamento del governo di Gheddafi, è dolorosamente chiaro che ha
fatto la scelta giusta.”(1)
Perfino giornalisti borghesi come Tad Daley del Christian Science Monitor, sono d’accordo con questa valutazione di Fight Back! News. In un pezzo del 13 ottobre 2011, dal titolo “Lezione nucleare dalla Libia: non siate come Gheddafi, ma come Kim“, Daley scrive:
“Se la Libia avesse posseduto la capacità, oh, di cancellare una
grande base militare statunitense in Italia, o di vaporizzare un intero
“Gruppo Portaerei” degli USA al largo della costa meridionale della
Francia, quasi certamente avrebbe dissuaso Washington (per non parlare
di Roma e Parigi) da un’azione militare. Se il regime libico avesse
voluto garantire la propria sopravvivenza, quindi proprio come la Corea
del Nord, avrebbe dovuto sviluppare un deterrente nucleare piccolo,
resistente e abbastanza letale da infliggere danni inaccettabili per
qualsiasi aggressore“. (8)
Il fatto che entrambi i leader, Gheddafi della Jamahiriya libica e Kim
della Repubblica democratica della Corea, siano morti nello stesso anno
in modi radicalmente diversi, fornisce un interessante contrasto.
Gheddafi è stato estromesso dopo che dei ribelli sostenuti dagli
imperialisti hanno lanciato una campagna razzista per rovesciare il
governo rivoluzionario del Nord Africa, riuscendoci proprio a causa
degli interventi della NATO. È morto linciato, ferito, sodomizzato,
torturato e giustiziato in un canale di depurazione fangoso, senza
processo.
Kim, d’altra parte, è morto pacificamente per un attacco di cuore sul
treno, andando ad un’ispezione di una fabbrica e in un incontro
pubblico con i lavoratori coreani. Mentre la sua morte ha addolorato il
popolo coreano, da Pyongyang a Pechino e oltre, la rivoluzione coreana
continua e non mostra segni di esitazione. La vicinanza della Cina alla
Corea è un fattore di sicurezza continua per la Corea Democratica, ma
nulla trattiene i militari statunitensi da una vera e propria guerra per
rovesciare il PLC, più della minaccia di una bomba nucleare, potendo
distruggere una delle loro molte basi militari nella Repubblica di
Corea. Il fatto che gli imperialisti non possono trasformare una
operazione false-flag, come il cosiddetto ‘incidente Cheonan’ dell’anno
scorso, in un incidente stile Golfo del Tonchino, causando una seconda
guerra coreana, è dovuto alla deterrenza nucleare che la leadership di
Kim Jong-Il ha reso possibile. (9)
L’ISO non può impegnarsi su questo argomento. E’ oggettivamente vero e
offre forse la migliore prova dei contributi rivoluzionari di Kim
Jong-Il al socialismo coreano. Criticando duramente il PLC per aver
aggressivamente e segretamente perseguito un programma nucleare
militare, invitano a criticare ancor più duramente la loro ridicola
linea sul conflitto libico, che ha messo al centro gli appelli a
rovesciare Gheddafi, piuttosto che condannare l’invasione della NATO.
Nutrita dall’ideologia cliffita-trotzkista, l’ISO ha una lunga storia di
sostegno al rovesciamento dei governi rivoluzionari, che raggiunse il
culmine nel 1991 quando la loro setta chiamò la caduta dell’Unione
Sovietica un evento che “dovrebbe dare gioia ad ogni socialista autentico.”(10)
Più di recente, l’ISO ha trascorso le fasi iniziali del conflitto
libico ignorando la direzione palesemente filo-occidentale della
contro-rivoluzione, che era iniziata a Bengasi, e minimizzando il
terrorismo sistematico e razzista praticato dai “ribelli”. (11) Dopo che
la NATO l’ha invasa, questa setta cliffita-trotzkista ha continuato a
sostenere la linea ‘cacciare Gheddafi’ come suo centro focale,
dimostrando ancora una volta e di nuovo, in pratica di funzionare de
facto come una copertura a sinistra dell’imperialismo.
Imbarazzante, il gruppo non si è mai ritirato da questa linea e in modo
scorretto ha riassunto la contro-rivoluzione libica come un movimento
progressista co-optato dalla NATO. Anche dopo la morte di Gheddafi e la
prova inevitabile che questi ribelli contro-rivoluzionari erano
sostenuti dall’Occidente fin dall’inizio, il leader dell’ISO Alan Maass,
ancora eseguiva una ginnastica logica per provare a spacciare la loro
linea fasulla in qualcosa che assomiglia all’anti-imperialismo,
sostenendo che, pur essendo vittima di una invasione imperialista per
rovesciare il suo governo, Gheddafi era in realtà un fantoccio
dell’Occidente. (12)
Chiunque legga il pezzo di Whitehouse riguardo Kim Jong-Il, dovrebbe
riassumere questo come un’ammissione della sconfitta dell’ISO, sia per
la sua linea sulla Libia che per la linea verso la Corea Democratica. I
marxisti-leninisti possono avanzare una critica al governo di Gheddafi
per aver ceduto il suo programma per le armi nucleari, di fronte alle
enormi pressioni dell’Occidente, ma ciò significa che la scelta di Kim
Jong-Il nel continuare a perseguire le armi nucleari è stato, senza
dubbio, il percorso corretto. Daley si esprime così:
“Ma invece, Gheddafi è stato sedotto dalle lusinghe dell’Occidente.
Abbandona le armi di distruzione di massa, hanno detto, e sarai il
benvenuto nella comunità internazionale. La Libia lo fece alla fine del
2003. E in retrospettiva, ha detto la Corea del Nord, era ormai chiaro
che questo era stato null’altro che “una tattica per disarmare il paese”
da parte dell’Occidente. Perché non appena il defunto Gheddafi compi
delle azioni che erano dispiaciute ai padroni occidentali della Libia,
il martello del più potente esercito del mondo sviluppato l’ha colpito.” (8)
Il fallimento dell’ISO nell’avanzare qualsiasi tipo di rifiuto – o
qualsiasi menzione sulla questione nucleare – dimostra ancora una volta
la comprensione non-materialista del socialismo da parte dell’ISO, sia
nella teoria che nella pratica.
Il dolore delle masse in Corea del Nord
Centrale nell’attacco dell’ISO alla posizione marxista-leninista della
Corea democratica, è la critica del sovente propagandato ‘culto della
personalità’ che circonda Kim Jong-Il. Whitehouse la mette così:
“E’ vero che i rituali coreani, e la vita quotidiana dei coreani del
resto, sono emotivamente espressivi, più di quelli cinesi o giapponesi.
Ma è un’altra cosa dire che era semplicemente “tradizionale” radunare
centinaia di migliaia di persone al freddo per piangere la morte dei
capi di Stato, all’ombra dei monumenti e delle foto che li ritraggono
dieci o 100 volte la loro dimensione in vita. Ciò sembra “orchestrato”. E
per quanto riguarda i soldati che marciano in formazione con le loro
armi in imponenti colonne, non hanno dovuto esercitarsi?” (4)
Naturalmente, l’esclusione di una qualsiasi seria confutazione
all’articolo di Back Fight! News dice ai marxisti-leninisti molto sulla
natura artificiosa della linea politica dell’ISO. Affrontando le accuse
che le dimostrazioni di dolore di massa sono una ‘messa in scena’
dell’Esercito Popolare di Corea (KPA), l’articolo di Fight Back! inizia
con un aneddoto in un ristorante coreano a Pechino, lontano dagli occhi
del KPA. Qui mi limiterò a citare estesamente l’articolo per illustrare
il contrasto:
“La mattina del 19 dicembre è iniziata come un normale Lunedì per il
personale coreano del ristorante Dang Hae Hwa di Pechino. Il personale
ha dato il benvenuto ai clienti affamati davanti alla porta, gli chef
durante la preparazione hanno iniziato la loro raffinata selezione di
kimchi e altri piatti coreani, e le cameriere e camerieri hanno
cominciato a prendere le ordinazioni per i loro ospiti. Tutto questo è
cambiato quando un reporter di un quotidiano cinese aveva citato, in una
conversazione con una cameriera, che Kim Jong-Il, il capo di Stato
della Repubblica democratica popolare di Corea (DPRK), era morto quella
mattina per un attacco di cuore. In pochi minuti, l’intero staff coreano
– dai camerieri ai cuochi in cucina – scoppiarono in lacrime e, dopo
essersi scusati con i clienti, hanno chiuso il ristorante subito, così
che potessero piangere insieme per la tragedia nazionale.
A diverse migliaia di chilometri di distanza, a Pyongyang, la
tristezza di massa come quella avutasi in questo ristorante di Pechino,
ha spazzato la capitale mentre uomini, donne e bambini – dal funzionario
di partito più apprezzato al lavoratore d’acciaio – sono scesi in
piazza per piangere la morte di Kim.” (1)
Questo è tremendamente scomodo per l’immagine che l’ISO vuole dipingere.
Da un lato, non ha senso che un esercito possa costringere un’intera
nazione a piangere all’unanimità e a mostrare pubblicamente dolore.
Tuttavia, l’aneddoto del ristorante a Pechino, inficia enormemente le
rivendicazioni di Whitehouse, dal momento che questi dipendenti del
ristorante – sopraffatti dal dolore al punto di chiudere subito la
cucina – si troverebbero a non dover affrontare alcuna ripercussione per
non aver mostrato dolore.
Whitehouse attacca il FRSO utilizzando una riconfigurazione patetica
delle argomentazioni proposte nell’articolo di Back Fight! News, che si
possono classificare solo come quelle di un disonesto uomo di paglia.
Piuttosto che impegnarsi nelle argomentazioni di Fight Back!, ri-scrive
le loro argomentazioni per mostrare l’aneddoto citato quale prova “per certificare delle credenziali democratiche a un regime che a tutti gli altri sembra una autocrazia.” (4)
Mentre l’articolo di Fight Back! News così come questo autore,
concordano sul fatto che il socialismo coreano è estremamente
democratico, l’ultimo paragrafo esprime l’argomento centrale di questo
pezzo:
“Perché i coreani piangono la morte di Kim Jong-Il? E’ a causa della
sua coraggiosa sfida al dominio degli Stati Uniti, il suo impegno per
la riunificazione e le realizzazioni del socialismo reale. Di fronte a
coloro che supportano la guerra per lo sfruttamento e l’oppressione, le
decisioni di Kim rappresentato le aspirazioni di lavoratori, contadini,
donne e bambini coreani – della Nazione Unita coreana – alla libertà.
Anche se Kim Jong-Il è morto, il popolo coreano continua a marciare in
avanti alzando la bandiera della riunificazione nazionale,
dell’autodeterminazione e della rivoluzione.”(1)
Lungi dall’essere semplicemente la certificazione delle credenziali
democratiche della Corea del Nord, la dimostrazione di massa del dolore
da parte del popolo coreano, dimostra la diffusa comprensione delle
conquiste del socialismo coreano e la lotta instancabile per la
riunificazione nazionale.
Gulag nordcoreani?
Al centro dell’anticomunismo dell’ISO vi è una forte dipendenza dalle
fonti borghesi, che si sono dimostrate incapaci di sopportare l’esame
materialista più semplice. Per esempio, Whitehouse attacca l’articolo di
Fight Back! News dicendo che il titolo, “La Corea resta forte“, si riferisce alla forza dello Stato. “Quello
stesso stato che mantiene 200.000 prigionieri politici, secondo Amnesty
International. Quello stesso stato che ha ucciso tre cittadini
nordcoreani che tentavano di attraversare il confine con la Cina, a
fine dicembre.”(4)
Un esame più attento del sistema carcerario in Corea del nord, indicato
come un ‘gulag’ dalla borghesia e dall’ISO – viene ironicamente dallo
storico borghese Bruce Cumings. Nel suo libro del 2004, North Korea:
Another Country, osserva che la maggior parte delle affermazioni sul
sistema penale coreano sono grossolanamente esagerate. Ad esempio,
osserva che “i criminali comuni che commettono reati minori e di
minutaglia [sic] che per una incomprensione del loro posto nella
famiglia dello stato, hanno commesso reati politici di basso livello,
vanno nei campi di lavoro o nelle miniere per lavorare duro con vari
periodi di detenzione, l’obiettivo è rieducarli.”(3) Questo
riflette una visione materialista delle radici della criminalità,
derivanti in gran parte dalle condizioni materiali di una persona e
dalle idee errate, che possono cambiare attraverso il mutamento delle
condizioni di una persona. E’ importante notare che la stragrande
maggioranza dei criminali nel sistema penale coreano, ricadono in questa
categoria, e quindi l’obiettivo è riabilitare e rieducare, in contrasto
con le finalità punitive del sistema penale statunitense.
Cumings rileva il contrasto tra il sistema della giustizia penale della
Corea Democratica e quello degli Stati Uniti, soprattutto in termini di
contatto con un prigioniero e di sostegno della famiglia. Scrive:
“Gli Acquari di Pyongyang sono una storia interessante e credibile,
proprio perché, nel complesso, non fornisce quel resoconto terribile
della repressione totalitaria che i suoi editori francesi volevano dare,
e invece suggeriscono che dopo un decennio di carcere, ma con la
famiglia vicina, è stato in grado di sopravvivere e senza
necessariamente che ciò ne ostacolasse l’adozione dello status d’élite
derivante dalla residenza a Pyongyang e dall’ingresso all’università.
Nel frattempo abbiamo un infinito e sterminato gulag pieno di neri nelle
nostre prigioni, incarcerando più del 25 per cento di tutti i giovani
neri.“(3)
Il fatto che la permanenza nel sistema coreano penale non si traduca in
castigo sociale, come avviene nei paesi capitalisti, riflette un forte
contrasto con i sistemi penali capitalistici. Utilizzando la propria
famiglia come una rete di sostegno, lo Stato incoraggia la rieducazione
politica e apre l’opportunità ai detenuti riabilitati di rientrare nella
società coreana, come cittadini a pieno titolo.
In sé e per sé, lo scritto di Whitehouse sul socialismo coreano non vale
lo spazio che occupa, perché non ha argomenti seri contro il pezzo di
Fight Back! News a cui doveva rispondere. Tuttavia, resta importante per
i marxisti-leninisti confrontarsi con la miscela unica ed inquietante
dell’anticomunismo di sinistra dell’ISO, quando si attivano per
difendere le conquiste del popolo coreano.
Nonostante le sue sfide e carenze, la Corea Democratica è uno degli
ultimi paesi rimasti in cui i lavoratori sono in grado di controllare la
società collettivamente come una classe. Essendo uno dei paesi
socialisti sopravvissuti alla caduta dell’URSS, i marxisti-leninisti
devono studiare e imparare dalla resistenza del popolo coreano.
Viva la rivoluzione coreana!
Giù le mani dalla Corea del Nord!
Una sola Corea!
(1) “Korea stands strong: Kim Jong-Il in context,” Fight Back! News, 21 dicembre 2011
(2) Josef Stalin, Marxism & the National Question, “1. The Nation,” 1913
(3) Bruce Cumings, North Korea: Another Country , The New Press, New York, 2004.
(4) David Whitehouse, “Socialism in one dynasty,” Socialist Worker, 12 gennaio 2011
(5) “Where We Stand,” The International Socialist Organization, Socialist Worker
(6) Ahmed Shawki, “China: Deng’s Legacy,” International Socialist Review, Issue 2, Fall 1997
(7) Dianne E. Rennack, “North Korea: Economic Sanctions,” Congressional Research Service, 24 gennaio 2003
(8) Tad Daley, “Nuclear lesson from Libya: Don’t be like Qaddafi. Be like Kim,” The Christian Science Monitor, 13 ottobre 2011
(9) Stephen Gowans, “US Ultimately to Blame for Korean Skirmishes in the Yellow Sea,” what’s left, 5 dicembre 2010
(10) Socialist Worker , September 1991; Quoted by Workers Vanguard, No. 866, 17 Marzo 2006, “Parliamentary Cretinism ISO Goes All the Way with Capitalist Greens”.
(11) Socialist Worker , editorial, March 9, 2011, “The US is no friend to the Libyan uprising”
(12) Alan Maass, Lance Selfa, “Washington celebrates Qaddafi’s death,” Socialist Worker, 24 ottobre 2011
(13) Ellen Brun, Jacques Hersh, Socialist Korea: A Case Study in the
Strategy of Economic Development, 1976, Monthly Review Press, New York e
London
(14) Stephen Gowans, “Understanding North Korea,” what’s left, 5 novembre 2006