Sono pochi gli avvenimenti capaci, con il loro intenso significato, di segnare in profondità il corso della storia. La Rivoluzione d’Ottobre è sicuramente uno di questi, e il suo eco, che ha lasciato un solco indelebile in tutto il XX secolo, non ha ancora cessato di esercitare influenza e attrazione in un mondo, quello del XXI secolo, che sembra aver perso la bussola. E’ un episodio paradigmatico, al pari della precedente rivoluzione, quella francese, che infatti è entrata a buon diritto nel novero degli episodi cardine della storia dell’uomo. E’ un episodio straordinario sia per il modo con il quale si è configurato, sia per le conseguenze che ha originato, ma anche per il significato che ha assunto, ispirando intere generazioni di rivoluzionari. Un episodio forse irripetibile ma che si staglia sulla storia mostrando che sì, un’altro sbocco per gli eventi è possibile. Tutto accadde la sera del 6 novembre, che poi in Russia era il 24 ottobre dal momento che l’Impero russo utilizzava il calendario giuliano. La sera di quel 24 ottobre i bolscevichi di Vladimir Lenin occuparono prima tutte le tipografie di Pietrogrado, mentre il giorno dopo, il 7 novembre, avrebbero occupato i punti più importanti e strategici della città tra cui poste, banche, telegrafi, stazioni ferroviarie e ministeri. A quel punto al governo provvisorio non restò altra scelta che barricarsi all’interno del Palazzo d’Inverno, mentre Kerenskij, da cui dipendeva il governo, fuggì verso il fronte. Nelle ore successive proprio il Palazzo d’Inverno sarebbe stato preso d’assalto e conquistato nel cuore della notte dell’8 novembre, segnando la fine dell’Impero Russo e il compimento della Rivoluzione d’Ottobre. Impossibile però celebrare e analizzare quanto successo a Pietrogrado senza però inserirlo all’interno del contesto più ampio di quello che era successo in Europa con il massacro inusitato della Prima Guerra Mondiale. Milioni di uomini erano stati mandati al macello al fronte, milioni di uomini erano stati obbligati a combattere tra di loro per i beceri calcoli dell’imperialismo, operai contro operai, lavoratori contro lavoratori. Lenin e i bolscevichi furono i primi a promettere Pace, Pane e Terra a qualsiasi costo ai cittadini russi impoveriti e immesiriti dalla guerra e dall’autoritarismo zarista. Senza la figura del rivoluzionario russo probabilmente non ci sarebbe stata nessuna Rivoluzione, fu Lenin ad avere il coraggio di tentare il colpo di mano, e fu ancora più abile a capire che i tempi erano ormai maturi. Nei giorni successivi sarebbe stato creato il primo governo sovietico con il nome di “Soviet dei commissari del popolo”, con Lenin presidente, Trotsky agli Esteri e Stalin alle questioni delle nazionalità. A raccontarci cosa successe in quei giorni convulsi che avrebbero modificato per sempre la percezione della storia ci ha pensato, tra gli altri, il giornalista americano John Reed, che con la sua opera “I dieci giorni che sconvolsero il mondo” ne ha fornito un quadro avvincente. Ma ricordare la Rivoluzione d’Ottobre non è un semplice e mero esercizio mnemonico, è anche un diverso punto di vista da cui osservare la storia e la contemporaneità, e un evento che dovrebbe servire a tenere accesa la speranza e anche lo spirito critico di coloro i quali non riescono a rassegnarsi all’inevitabilità di un sistema, quello economico dominante, che spesso ci accade come l’unico possibile. L’esempio di Lenin ci mostra che invece cambiare il corso della storia e dell’umanità è possibile se si riesce davvero a intercettare i bisogni e le aspirazioni profonde di un popolo, e soprattutto serve a indicarci che nulla è per sempre e che ci si può provare a sottrarre a un futuro che ci sembra inevitabilmente già scritto. L’eco del 1917 resisterà quindi all’avanzare della storia e anche agli assalti dei suoi detrattori, spaventati da questo evento catartico la cui stessa esistenza ha un significato troppo profondo per essere ignorato, al punto che ormai fa parte, a pieno titolo, della “nostra storia”.
di Gracchus Babeuf
Fonte: Tribuno del popolo
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