sabato 22 novembre 2014

Novorossia: come i ribelli hanno sconfitto le superiori forze di Kiev?

L’anonimo autore di questi tre articoli è un blogger statunitense (pseudonimo Shellback), che si presenta come esperto militare del disarmo della NATO nell’era Brezhnev. Non crede che la guerra fredda sia stata divertente al punto da riavviarla. Risponde a tre domande su questo conflitto.

Fonte: Aurora sito

0_93276_57f86ef3_XXLI. Dove sono le armi?
Quando l’entità delle perdite ucraine è diventata nota, quando Poroshenko ammise che l’Ucraina ha perso tre quarti degli equipaggiamenti militari, gli occidentali ingannati dalla propria propaganda, immaginavano che la Russia rifornisse di armi e munizioni i separatisti. E’ probabile che materiale sia passato, ma c’è un’altra fonte ignota alla maggior parte degli occidentali. Ciò che la maggior parte dei commentatori non vuole capire in occidente è che l’URSS si preparava a ricominciare la seconda guerra mondiale con enormi eserciti composti da milioni di coscritti e riservisti. Ora, milioni di soldati hanno bisogno di enormi quantità di armi e munizioni. Queste dovrebbero già essere pronte al momento di mobilitazione. Pertanto, vi erano depositi di armi nella parte occidentale dell’URSS. La maggior parte di questi siti erano presentati come sedi di scheletriche divisioni in tempo di pace, pronti a ricevere il flusso di riservisti che avrebbero trovato, al momento, tutto il necessario per andare in combattimento. Le unità militari sovietiche erano suddivise in tre categorie. Per quanto possa ricordarne dopo trent’anni, la categoria I corrispondeva ad unità completamente attrezzate e pronte al combattimento; la categoria II ad unità con parte del personale ma con tutto l’equipaggiamento; e la categoria III aveva il minimo. L’idea era che le unità cat. I fossero pronte ad attivarsi immediatamente (alla caduta del Muro, mi fu detto che le unità in Germania est erano pronte a partire entro 48 ore che, per inciso, dimostra che non avevano intenzione di attaccare. Diversamente dalla NATO, il che probabilmente spiega il motivo per cui siamo ancora qui!). Le unità cat. II entro una settimana, e le ultime entro un mese.
Le tattiche militari sovietiche si basavano su ondate di attacchi successivi, ricercando i punti deboli per “costruire il successo”. Così ad esempio le unità del cat. I della Germania orientale e Polonia, ricevevano il supporto delle unità cat. II, posizionate nelle retrovie in Bielorussia e Ucraina, e così via. Le loro unità di supporto erano posizionate a loro volta nella Repubblica Sovietica di Russia, e così via. Quando tutto finì, l’intero sistema andò in rovina. La Russia si riprese il materiale nei Paesi del Patto di Varsavia, e in Ucraina, per esempio, fu nazionalizzato ciò che era nel suo territorio. A proposito delle unità cat. I della prima linea, la Russia era responsabile degli equipaggiamenti e del trasferimento in Russia. Il personale e i militari di leva delle varie nazionalità tornarono a casa. In breve, all’improvviso, una divisione corazzata pronta al combattimento diveniva una massa di equipaggiamenti subito rimpatriati in Russia con poco personale. Non credo che ci fossero unità cat. I in Bielorussia e Ucraina. Mi sembra di ricordare che ci fossero solo unità cat. II. Questi trasferimenti furono effettuati in tempi relativamente brevi, e il sistema ben curato fu distrutto. Di solito spiego ciò che è successo con tale analogia: i russi avevano il ferro di lancia e l’Ucraina e la Bielorussia l’asta. Divisi, non funzionavano. Ma gli enormi depositi di armamenti necessari per trasformare le unità cat. II in cat. I erano in Ucraina (e Bielorussia). Per anni, la Russia sostenne che i siti sul proprio territorio ospitassero divisioni. All’epoca ero in costante contatto con le nostre forze in Europa e gli ispettori con il compito di applicare il Trattato di Vienna, ma l’unica cosa che tali ispettori trovavano sul luogo di una presunta divisione di fucilieri meccanizzata o divisione corazzata era campi di carri armati con scarsi manutenzione, ufficiali e truppe. Immaginavamo al momento che i russi cercassero di mantenere il segreto che non c’erano soldati, “Sì, in realtà, sono sul campo, si addestrano!” “Questo è tutto! Niente ufficiali e niente blindati?” Ma il trattato si applicava solo agli equipaggiamenti e i russi cooperarono pienamente senza problemi. Tra parentesi, l’addestramento era impossibile. Mi ricordo di una donna russa che mi disse che il fratello comandava una compagnia di due soldati! Il termine tecnico utilizzato era “unità vuote”. E poi, all’improvviso, un’estate (non ricordo l’anno, negli anni tra le due guerre in Cecenia) ricevemmo una valanga di notifiche (secondo il trattato) che dicevano, “eliminate dall’elenco la divisione meccanizzata X, e sostituitela con la base rifornimenti Y, nello stesso sito”. Quando fu fatto, c’erano assai meno divisioni (a poco a poco divenute brigate indipendenti) e molte basi di rifornimento. Riflettendoci, pensammo che l’idea della base di approvvigionamento fosse un tentativo di creare dei posti di lavoro piuttosto che pagare pensioni ad ufficiali superflui. Negli incontri, all’epoca l’esercito russo ci disse sempre che non poteva pagare pensioni e abitazioni a centinaia di migliaia di ufficiali ridondanti. I vertici erano più facili da ridurre, ovviamente. I militari di leva, venivano spesso mandati a casa prima. Tali cambiamenti erano la prova che il vecchio sistema sovietico era scomparso per sempre. Le cose cominciarono a cambiare, allora. Ricordo vividamente un ispettore assai eccitato dall’ispezione a una brigata a Bujnask nel ’98 o ’99. Infine trovammo un’unità completa di tutti gli equipaggiamenti e uomini necessari, e soprattutto un ufficiale che controllava il tutto. Nessuno sostenne che un pugno di ufficiali stanchi e una base con le attrezzature, con una bacchetta magica, in un giorno trasformasse dei coscritti in una vera e propria divisione. Questo processo iniziò nel Caucaso del Nord, ed è uno dei tanti motivi dei migliori spettacoli russi nella seconda guerra cecena.
Al termine del processo, l’esercito russo: 1) aveva avvito una struttura razionale; 2) aveva abbandonato l’utopia di un enorme esercito composto da molte divisioni, con problemi momentanei di effettivi; 3) le pseudo-divisioni, con scorte di armi scarsamente sorvegliate da soldati demotivati divennero qualcosa di più sicuro e appropriato, e il processo di eliminazione delle armi obsolete e pericolose iniziò. Con un governo stabile e denaro furono compiuti molti miglioramenti dal 2000. Niente di tutto ciò si è verificato nelle forze armate ucraine (UAF). Non è difficile immaginare che il territorio ucraino fosse coperto di depositi di armi mal custoditi e “formazioni vuote”. Un ufficiale russo l’ha recentemente confermato dicendo: “Quando l’Unione Sovietica crollò, il territorio ucraino fu inondato di milioni di fucili, mine, artiglieria e altre armi. La zona in cui si svolgono i combattimenti, dove Kiev oggi effettua le sue spedizioni punitive, non è un’eccezione. C’erano depositi sequestrati dalle milizie“. Si dice che a Slavjansk, in particolare, ce ne fosse uno particolarmente grande in una vecchia miniera. In breve, le UAF erano nello stato in cui lo erano le forze russe negli anni ’90, più altri quindici anni di abbandono. La maggior parte dei materiali non è più efficiente. Ma cannibalizzare 100 carri armati per ottenere 10 funzionanti è meglio di niente. Qui dobbiamo ricordare che il Donbas è un Paese di ingegneri, tecnici, artificieri, ecc., per non parlare che molti hanno prestato servizio in Afghanistan. La maggior parte delle armi usate in Ucraina risale alla guerra in Afghanistan. I lanciarazzi multipli BM-21 “Grad“, la più potente delle armi dei ribelli, responsabili di distruzioni spaventose, ad esempio opera dagli anni ’60. Le due caratteristiche degli equipaggiamenti sovietici sono la facilità d’usare e molta, molta ruggine. Abbiamo anche visto riavviare un T-34 dopo 50 anni su un piedistallo di cemento sotto pioggia e neve, tutte caratteristiche illustrate in un sol colpo! [1]
L’altro dettaglio che apprendemmo al momento del collasso è che, a differenza dell’occidente, dove gli arsenali sono ben illuminati, con recinzioni di filo spinato e sorveglianza di pattuglie armate, ecc., che li rendono molto visibili, ma assai protetti, lo stile sovietico era avere più siti distinti in luoghi distanti e affidarsi al silenzio per proteggerli. Una vecchia miniera, e molte ce ne sono nel Donbas, è l’ideale. Poiché il quartier generale dell’esercito sovietico era a Mosca, è molto probabile che il governo ucraino non fosse nemmeno a conoscenza della posizione di molti di questi depositi. Uno dei servizi forniti ai ribelli da Mosca potrebbe essere stato dirgli dove andare a cercare. Da lì, non ho difficoltà ad immaginare i ribelli saccheggiare un deposito sequestrando armi e munizioni. Hanno il personale per rigenerarle e molti veterani dell’esercito sovietico per usarle. A ciò possiamo aggiungere l’equipaggiamento catturato nei siti dopo la fuga dei coscritti ucraini, o acquistato ufficialmente o di nascosto. Infine, tutto ciò che serviva da Mosca era una qualche forma di comando, sistemi di controllo e intelligence. Il problema di oggi è che l’Ucraina dispone di ferraglia che, dopo due decenni, è ciò che originariamente doveva essere la linea di supporto alla prima linea, ma pur sempre una forza non di prima linea. E in questi anni, Kiev ha venduto il meglio all’estero (alla Georgia) ed è rimasta con ferraglia arrugginita. Così i ribelli sono meglio attrezzati delle forze di Kiev in ciò che normalmente sarebbe una rivolta della periferia contro il centro. Ognuno conosce il terreno ma i ribelli sono più motivati mentre Kiev avrebbe molte più armi. Ma i ribelli si sono organizzati assai più velocemente del previsto, e hanno una buona scorta di armi e munizioni. Questo è uno dei motivi per cui molti in occidente immaginano che siano aiutati dai russi.
10373955II. I ribelli hanno armi segrete?
Le due armi decisive nella guerra, che hanno dato la vittoria ai separatisti, sono i missili antiaerei portatili e i lanciarazzi multipli Grad (“grandine”). All’inizio del conflitto, Kiev aveva la superiorità aerea totale. Pochi elicotteri e aerei erano disponibili. Invece i ribelli avevano scorte di lanciamissili portatili SAM SA-7. Come molte armi sovietiche operative dagli anni ’70, sono stati modificati, aggiornati e prodotti in grandi quantità. Sono a guida ad infrarossi e lanciabili a spalla. Sono più efficaci contro gli aerei che attaccano dritto sul lanciatore, cioè quando l’aeromobile è in fase di puntamento. Secondo il Kyiv Post, Kiev ha perso dieci elicotteri e aerei. La cifra è probabilmente più alta, ma la chiave è che questo sistema d’arma ha distrutto la superiorità aerea del regime di Kiev. L’ha distrutta o costretta a volare a quote e velocità superiori e quindi ad essere meno efficace. Tali armi hanno trasformato la guerra in un combattimento terrestre. Ma la vera distruzione delle forze di Kiev è dovuta ai lanciarazzi Grad. Altro vecchio sistema d’arma, il Grad è un camion la cui piattaforma supporta 40 tubi di lancio per razzi da 122 millimetri. L’arma non è molto precisa, si chiama ‘”arma d’area”, ma il fatto che una quarantina di razzi può essere lanciata in venti secondi significa che, con poche mosse, può scagliare una spaventosa quantità di esplosivi in pochi secondi. Ci sono numerosi video sui lanci di Grad su internet che dimostrano l’efficacia dei tiri, specialmente nelle “sacche”. La maggior parte dei ribelli, come ho già detto, conosce il terreno: strade secondarie, sentieri nella foresta, colline e come arrivarci senza essere visti. Le forze di Kiev non conoscono la zona, hanno carte notoriamente inutili (alcuni rapporti parlano di mappe di 20 anni) e non hanno informazioni. Poiché usano equipaggiamenti pesanti, rimangono confinati alle rotabili principali. Comando incompetente e truppe composte da militari di leva demotivati, male addestrati o “volontari” pieni di entusiasmo gonfiato dai videogiochi, seguono le autostrade in cui vengono intrappolati. In tutti i casi, le forze ribelli leggere individuano facilmente loro posizioni e obiettivi. Quindi pochi attacchi con un centinaio o più di razzi… Questo è successo in numerose occasioni. Tutti eseguiti da piccole unità (come il famoso gruppo “Motorol“) e da alcuni Grad posizionati a venti chilometri.
1623597III. Perché tale drammatico rovesciamento?
Molti in occidente si chiedono come i ribelli del Donbas abbiano battuto le forze ucraine senza una considerevole assistenza dalla Russia. Ma dimenticano che la cosa è già accaduta molte volte. Il “piccoletto” spesso batte il “grosso forzuto”. I vietnamiti sconfissero gli statunitensi, gli israeliani gli arabi nel 1948. Ma l’esempio più importante sono i finlandesi che combatterono i sovietici nella “Guerra d’Inverno”. Nel 1939, i sovietici invasero la Finlandia. Le forze finlandesi, ridotte e poco meccanizzate, erano determinate e conoscevano il terreno su cui combattevano. Erano a casa dopo tutto. L’Armata Rossa era grande, assai meccanizzata per gli standard del tempo, ma scarsamente diretta. Stalin aveva eliminato o imprigionato i migliori ufficiali nelle grandi purghe. Che fecero i finlandesi? Potevano arrendersi; ma erano finlandesi e non vollero, combatterono su due fronti. Il primo nel sud della Carelia. Si resero conto che non potevano ritirarsi. Costruirono la “linea Mannerheim” e vi piazzarono tutte le armi pesanti che avevano. In finlandese la tattica fu definita “Sisu“, che può essere tradotto come “catturare”, “resistere” o “mai arrendersi”. Un film illustra questo atteggiamento, Talvisota (1989). Ma i sovietici attraversarono anche il confine settentrionale. Dicono che ricevettero dizionari russo-svedesi pensando di arrivare dall’altra parte del Paese. Lì i finlandesi non poterono concentrare armi pesanti e truppe, ma non potevano permettersi di essere battuti. In Finlandia, la parola “motti” significa “inscatolare”. La tattica finlandese era “frammentare” gli invasori. Il terreno era pieno di foreste e laghi ghiacciati, terrificante per i coscritti russi [2], ucraini e bielorussi, ma un gioco per i finlandesi. Seguivano le piste da sci parallele alle strade utilizzate dai sovietici. “Troncarono” le colonne sovietiche con alberi abbattuti sulle strade, formando ostacoli insormontabili. Gruppi isolati di soldati furono intrappolati nell’incubo ostile e gelido, con uniche risorse cibo, carburante e munizioni che portavano. Se due soldati che si avvicinavano per accendere una sigaretta: uno veniva ucciso da un cecchino invisibile. Se una cucina mobile era illuminata per distribuire cibo caldo: un cecchino invisibile sparava al cuoco, e un altro distruggeva la cucina. Se le truppe sovietiche conducevano la ricognizione nella foresta, non vedevano nulla. In cambio, un cecchino invisibile sparava all’ufficiale. Le divisioni sovietiche scomparivano. Rimasero soltanto veicoli distrutti e cadaveri congelati. La tattica funzionava con una ridotta forza di fanteria leggera che, conoscendo il terreno, trionfava su forze molto più potenti. Il compito non fu facile, la battaglia fu feroce in alcuni punti, ma nel complesso, cinque o sei divisioni sovietiche semplicemente scomparvero (vedasi Un inferno ghiacciato di William R. Trotter). Al momento, naturalmente, la maggior parte degli “esperti militari” puntava sui sovietici avendo più carri armati, aerei, truppe, ecc. Come oggi la maggior parte degli “esperti militari” probabilmente ha predetto la vittoria di Kiev sui ribelli.
Oggi è successa quasi la stessa cosa in Ucraina orientale. La parola usata è “calderone”. La differenza principale è che non è possibile creare “motti” in pianura, ma solo “calderoni”, ma la tecnica è la stessa. Incollate alle strade, le unità meccanizzate pesanti e scarsamente dirette avanzano troppo e finiscono isolate dalle loro basi. A volte possono rompere l’accerchiamento, ma la situazione peggiora se rimangono: con il passare dei giorni hanno meno cibo, carburante, munizioni ed acqua. La scelta è semplice: morte o resa. In Ucraina è successo in estate. Almeno gli ucraini non sono congelati come migliaia di sovietici nei “motti“. Ed è così che il “piccoletto” (ma terribilmente coraggioso e determinato) ha battuto il “grande e grosso”. Abbiamo visto la stessa cosa in Iraq e in Afghanistan. La differenza è che gli insorti afghani e iracheni non potevano formare “motti” o “calderoni” per via del controllo aereo degli statunitensi. Un’altra somiglianza importante tra Ucraina, Finlandia, Vietnam, Afghanistan e Israele nel 1948, dice James Clapper, direttore della NIA (USA) è che gli aggressori non previdero “la volontà di combattere” del nemico. A giugno Poroshenko disse che la questione sarebbe stata risolta in fretta: “In ore, non settimane!” Muhammad Ali, grande stratega militare, disse che: “Quando non si ha la forza di attaccare frontalmente, volate come una farfalla e pungete come una vespa“. E create “motti” se ne avete la possibilità!
0_9326b_878d1836_XXLNote:
[1] Basta guardare qualche video per vedere la robustezza e l’età degli equipaggiamenti utilizzati: poco o nulla elettronica e blindati degli anni sessanta o cinquanta; tutto alla portata di un meccanico o un veterano.
[2] Spesso dal sud dell’URSS, poiché Stalin dubitava della fedeltà dei soldati di leva della zona di confine.

10629777Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

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