di Roberto Massari
Fonte: Utopia rossa
L’11 aprile 2012 è
morto ad Algeri Ahmed Ben Bella. Era nato a Maghnia nel dicembre 1918. Con lui
scompare uno degli ultimi grandi rivoluzionari del dopoguerra, uno dei pochi
che abbiano diretto una lotta di liberazione contro l’imperialismo senza cadere
nel campo stalinista o in altre forme di dipendenza dall’Urss, ma soprattutto
senza rinnegare i valori originari per i quali la rivoluzione algerina era
stata condotta sino alla vittoria sul colonialismo francese.
Formatosi nel
movimento nazionalista di Messali Hadj, il giovane Ben Bella aveva partecipato
alla fondazione del Fronte di liberazione
nazionale, iniziando la lotta armata nel 1952-54. Imprigionato nel 1955, fu
liberato dopo la vittoria del Fln (accordi di Evian del 1962), divenendo
presidente dell’Algeria indipendente. Alla guida del Paese, contrariamente alla
prassi usuale in tutte le altre rivoluzioni politiche vittoriose in paesi
coloniali e neocoloniali, Ben Bella realizzò
una riforma agraria molto avanzata, non rinunciando al programma di
trasformazione sociale in cui credeva e in cui aveva dimostrato di credere (per
es. avviando processi embrionali, ma pionieristici, di liberazione della donna
algerina). Durante la lotta armata aveva accettato - lui islamico e
non-marxista - la collaborazione con Michel Pablo, all’epoca dirigente della
Quarta internazionale, imprigionato a sua volta per una fornitura di armi ai
combattenti algerini, continuando ad avvalersi in seguito della sua consulenza.
Ben Bella non
dichiarò mai apertamente un vero e proprio programma socialista per la
Rivoluzione algerina, ma nella veste di Presidente cominciò a realizzare delle
riforme che andavano in una direzione socialista. Per realizzare tale
programma, Ben Bella dovette rompere con i comunisti prosovietici algerini (per
non parlare della rottura storica con lo sciovinismo degli staliniani del Pcf
che avevano addirittura osteggiato in alcune fasi la lotta di liberazione). Fra
destra e sinistra, fra nazionalismo e socialismo, Ben Bella tentò di mantenere
un difficile equilibrio di centro nettamente orientato a sinistra e in parte vi
riuscì per la grande popolarità di cui godeva tra le masse algerine e più in
generale nel movimento di emancipazione panarabo.
Nei tre anni alla
guida del governo, Ben Bella stabilì rapporti molto stretti di collaborazione
con la Rivoluzione cubana e in modo particolare con Che Guevara. Ormai sappiamo
- per varie sue dichiarazioni e altre testimonianze - che l’entroterra di Algeri fu per un certo
periodo il luogo principale di addestramento dei guerriglieri che Cuba inviava
a combattere in America latina. Questo raro esempio di internazionalismo
concreto e operativo fu rivelato per la prima volta dallo stesso Ben Bella in
una memoria su Guevara (scritta nel ventennale della morte - 1987 - per una
commemorazione ad Atene, e da noi pubblicata in italiano in due diverse
antologie sul Che) e in tempi più recenti nell’intervista a Silvia Cattori (a
Ginevra, 16 aprile 2006 http://www.silviacattori.net/article3085.html).
Ad ennesima dimostrazione che un programma ardito di riforme sociali non può essere realizzato dalla borghesia nazionale nemmeno nei paesi ex coloniali senza una rottura del quadro delle compatibilità capitalistiche e a causa del suo radicalismo, il governo di Ben Bella fu rovesciato a giugno 1965 da un colpo di stato che portò al potere il ministro della Difesa, Houari Boumedienne. Il golpe troncò definitivamente qualsiasi evoluzione in senso socialista dell’Algeria, istituendo col tempo una forma specifica di capitalismo burocratico di stato, in difficile equilibrio tra il nazionalismo algerino e gli interessi petroliferi delle compagnie imperialistiche. Per molti anni Boumedienne (sino alla morte nel 1978) incarnò falsamente gli ideali di liberazione e socialismo dell’Algeria (per es. nel Movimento dei paesi cosiddetti “non-allineati”), mentre Ben Bella finiva agli arresti domiciliari sino al 1980, quando fu esiliato in Svizzera, da dove poté tornare nel 1990, sempre guardato a vista e con sospetto.
Ben Bella non ha
mai rinnegato la propria visione radicale del processo di liberazione delle
masse arabe. Valorizzò la propria adesione alla fede islamica, ma non volle mai
confondersi con le correnti integralistiche, cresciute nel frattempo per
influenza popolare nella stessa Algeria. Dal 2007 fece parte della Commissione
dei Saggi in seno all’Unione africana, continuando a rivendicare la necessità
di un ampio coinvolgimento delle masse arabe nel processo di liberazione
dall’imperialismo.
A gennaio del 2001
Ben Bella partecipò attivamente al primo Forum mondiale di Porto Alegre,
ponendo per primo la firma su un appello
antimperialistico proposto dal suo vecchio compagno d’armi Douglas Bravo
(testo redatto insieme a chi scrive) e diffuso tra i partecipanti al Social
forum. Quella dichiarazione [che riportiamo in appendice] doveva servire a
differenziare le componenti più radicalmente antimperialistiche dalle posizioni
più ingenuamente pacifistiche e in ultima analisi filocapitalistiche che dominavano
già allora l’orientamento dei primi Social forum. Sappiamo che quel tentativo
non ha dato i risultati che si sarebbero potuti sperare, ma resta il fatto
molto significativo che Ben Bella abbia fornito un proprio contributo in tale direzione. Con lo
stesso spirito egli partecipò ai lavori del Primo Incontro mondiale in difesa
dell’umanità (Caracas, dicembre 2004),
in un periodo di massima radicalizzazione della rivoluzione bolivariana
chavista.
A questo punto va
data un’ultima informazione riguardo alla volontà di Ben Bella di proseguire
sino alla fine l’itinerario rivoluzionario cominciato da giovane nella lotta
contro il colonialismo. Nella primavera del 2011, in occasione di una sua
visita in Italia, l’ex comandante guerrigliero e dirigente di Tercer Camino,
Douglas Bravo - esponente di Utopia Rossa a livello internazionale - ci informò
che Ben Bella avrebbe potuto aderire a sua volta a Utopia rossa e che glielo
avrebbe proposto personalmente in occasione di un loro prossimo incontro. Ma
per i problemi che Douglas ha poi avuto con la polizia venezuelana (ivi
compresa la proibizione di prendere l’aereo per il suo nuovo viaggio in Italia
a ottobre del 2011), quell’ultimo incontro tra i due combattenti rivoluzionari
non si è verificato e quindi non si è potuta formalizzare la richiesta a Ben
Bella di aderire ufficialmente al progetto rivoluzionario di Utopia rossa.
Ma anche se l’atto
formale di adesione non si è potuto realizzare in tempo prima della sua morte,
dobbiamo e possiamo sentirci moralmente autorizzati a considerare questo
inflessibile combattente della causa di liberazione dei popoli come il primo grande utopista rosso del mondo
arabo e quindi come uno dei nostri.
Hasta siempre,
compagno Ahmed Ben Bella…
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