mercoledì 26 novembre 2014

Parla Maduro: «L’unica primavera è quella bolivariana»


Venezuela. Il presidente Maduro risponde alle domande del manifesto
Manifestanti anti governativi in Venezuela
«I gol­pi­sti hanno cer­cato di pre­sen­tare una falsa pri­ma­vera vene­zue­lana, ma i loro fiori sono sec­chi: per­ché la pri­ma­vera del popolo vene­zue­lano è comin­ciata con il governo socia­li­sta, ed è stata capace di pas­sare dalla pro­te­sta alla pro­po­sta». A Mira­flo­res, il pre­si­dente Nico­las Maduro risponde ai gior­na­li­sti. Il mani­fe­sto ha potuto rivol­ger­gli domande dirette.
Sullo schermo, scorre un video delle vio­lenze che, dal 12 feb­braio, hanno pro­vo­cato 28 morti. Si scorge un gior­na­li­sta della Cnn fra­ter­niz­zare con gli oltran­zi­sti, e agenti delle poli­zie locali faci­li­tare le deva­sta­zioni. Il pre­si­dente illu­stra i dati del mini­stro degli Interni Miguel Rodri­guez Tor­res, pre­sente al tavolo insieme a quello degli Esteri, Elias Jaua: «Solo il 36% dei 1.529 fer­mati (105 dei quali dete­nuto), risulta essere stu­dente». Su 350 feriti, 250 sono civili, 109 fun­zio­nari di poli­zia o mili­tari. Come hanno pre­ci­sato a Gine­vra — durante il XXV Con­si­glio per i diritti umani dell’Onu – sia la Pro­cu­ra­trice gene­rale Luisa Ortega Diaz che la Difen­sora per i diritti umani, Gabriela Rami­rez, molti dei feriti o dei morti sono stati rag­giunti da colpi di arma da fuoco: «il che dimo­stra che la natura delle pro­te­ste è tutt’altro che pacifica».
A Gine­vra, l’Onu ha lodato il Vene­zuela per aver rispet­tato i diritti umani, 29 paesi dell’Organizzazione degli stati ame­ri­cani (Osa) hanno riget­tato la pro­po­sta di inge­renza negli affari interni di Cara­cas pro­po­sta da Usa e Panama. E i mini­stri degli Esteri della Una­sur invie­ranno una mis­sione per soste­nere le Con­fe­renze per la pace e la vita messe in atto dal governo in tutto il paese. «Se l’opposizione avesse accet­tato il dia­logo fin dall’inizio – dice Maduro – non saremo arri­vati a que­sto punto. Invece sono codardi e lasciano che un gruppo di gol­pi­sti fomen­tati da Washing­ton alzino la ten­sione nel paese. Desta­bi­liz­zare il Vene­zuela, signi­fica però incen­diare tutta la regione, per­ché l’epoca dei golpe è finita. Non è più come ai tempi di Allende, e non siamo soli. Que­sto popolo è dispo­sto a difen­dere la rivo­lu­zione con la vita, pas­se­rebbe alla resi­stenza armata».
Le san­zioni pronte negli Usa con­tro il Vene­zuela? Maduro iro­nizza: «Se vogliono bloc­carci i visti, fac­ciano, ci sarà meno gente che corre a Miami. Vuol dire che mi toc­cherà andare a piedi per par­te­ci­pare alla pros­sima con­fe­renza sul clima a cui mi ha invi­tato Ban Ki-moon».
Poi si rivolge a Obama: «Lo stanno spin­gendo verso l’abisso. Voglia il cielo che il primo pre­si­dente nero degli Stati uniti non debba pas­sare alla sto­ria come assas­sino del Vene­zuela». Maria Corina Machado, parte dei trio di oltran­zi­sti che ha pro­mosso la cam­pa­gna per «la salida» (l’uscita) di Maduro dal governo, è stata rice­vuta dal pre­si­dente del Panama, Ricardo Mar­ti­nelli, in prima fila con­tro il Vene­zuela. Maduro ha inter­rotto le rela­zioni poli­ti­che e ha con­ge­lato il debito con­tratto dagli impren­di­tori vene­zue­lani col Panama. Un debito gon­fiato «per aiu­tare gli indu­striali vene­zue­lani a sfug­gire al con­trollo dei cambi e otte­nere più dol­lari», hanno ammesso per­so­naggi del governo pana­mense. Chie­diamo al pre­si­dente quanto pesi que­sta vicenda sul dia­logo in corso tra il suo governo e i grandi impren­di­tori: «Paghe­remo tutto, fino all’ultimo boli­var – risponde Maduro – il Vene­zuela non ha debiti con nes­suno, ma paghe­remo il giu­sto, e senza ingerenze«.
Ma le nuove misure eco­no­mi­che, che vanno incon­tro alla costante richie­sta di dol­lari degli impren­di­tori e age­vo­lano l’impresa pri­vata, non saranno scon­tate dai lavo­ra­tori? Non ci sarà un aumento dei prezzi e un cedi­mento al modello neo­li­be­ri­sta? La parte avversa non finirà per zavor­rare il socia­li­smo boli­va­riano? Maduro risponde ancora al mani­fe­sto: «Per avere più risorse da distri­buire al popolo, abbiamo biso­gno di svi­luppo indu­striale, di sovra­nità ali­men­tare, ma il nostro sistema sociale non corre rischi: se i prezzi sal­gono, aumen­te­remo di più i salari e i bene­fici, come abbiamo sem­pre fatto. Lo abbiamo pre­vi­sto. E pre­sto sot­to­por­remo al paese la richie­sta di aumen­tare un poco il prezzo della ben­zina. Con quel che voi pagate in Ita­lia un litro di ben­zina, qui rifor­niamo 6 fuo­ri­strada, si deve pagare un poco».
Chie­diamo ancora: la notte delle ele­zioni pre­si­den­ziali, il 14 aprile, lei ha detto che il lea­der scon­fitto dell’opposizione, Hen­ri­que Capri­les, aveva chia­mato per pro­por­gli di spar­tirsi il potere, alla maniera tipica della IV repub­blica. Ora che Capri­les sem­bra volersi smar­care dalla via gol­pi­sta e che una parte della Mesa de la uni­dad demo­cra­tica (Mud) avanza pro­po­ste per dia­lo­gare, quei mec­ca­ni­smi tor­ne­ranno in gioco? «Con l’opposizione ci sono molti con­tatti – risponde il pre­si­dente – ma il dia­logo non è fra strut­ture, non è fra il Psuv e la Mud. Per que­sto, se occorre, ci sarà una riu­nione spe­ci­fica. Il nostro invito riguarda tutta la società. La demo­cra­zia par­te­ci­pa­tiva e pro­ta­go­ni­sta ha supe­rato i mec­ca­ni­smi di con­cer­ta­zione dall’alto. Oltre­tutto, la Mud ha un dop­pio discorso: parla di dia­logo e copre i «gua­rim­be­ros». E chiede a noi di cri­mi­na­liz­zare i col­let­tivi ter­ri­to­riali, che sono stati un argine durante la IV repub­blica e ora sono una risorsa pre­ziosa e matura del pro­ceso boli­va­riano».
Un paese in assem­blea per­ma­nente, dalle piazze a Mira­fiori. l livello di matu­rità poli­tica esi­stente nel paese a tutti i livelli sociali è impres­sio­nante. Nei governi della IV repub­blica, oltre il 50% della popo­la­zione diser­tava le urne, com’è acca­duto giorni fa alle legi­sla­tive in Colom­bia. Qui, invece, la «demo­cra­zia par­te­ci­pa­tiva e pro­ta­go­ni­sta» non è uno slo­gan per addetti ai lavori. La parola cul­tura assume senso pieno, come si è visto dalla par­te­ci­pa­zione alla Fiera inter­na­zio­nale del libro, che si è aperta venerdì. Una forza che si riflette nei pro­fili delle tante donne gio­va­nis­sime e pre­pa­rate che pro­ven­gono dai col­let­tivi di quar­tiere e dalle orga­niz­za­zioni popo­lari, pre­senti nel governo ai più alti livelli.

I grandi media pri­vati, parte in causa nel con­flitto (di classe), cer­cano di intor­pi­dire l’immaginario pre­sen­tando lo «scio­pero dei ric­chi» come rivolta gio­va­nile con­tro «la dit­ta­tura». Ma baste­rebbe tra­scor­rere una set­ti­mana in que­sto calei­do­sco­pico bazar di idee e pro­spet­tive per com­pren­dere l’assurdità della definizione.
Gio­vedì, nella capi­tale hanno sfi­lato ope­rai di tutte le cate­go­rie. Ieri si è svolta una mar­cia mol­ti­tu­di­na­ria «per il rispetto delle Forze armate e per la pace». Maduro ha con­se­gnato 40 case popo­lari com­ple­ta­mente ammo­bi­liate agli ope­rai del quar­tiere di Santa Cruz (nello stato di Miranda), e ha annun­ciato fondi per 100 milioni di boli­var per lo svi­luppo locale. Durante il mese di pro­te­ste, sono state con­se­gnate oltre 15.000 case popo­lari. Per il 2014, i fondi desti­nati all’edilizia pub­blica ammon­tano a 56mila milioni di boli­var, che si aggiun­gono ai 15.600 milioni stan­ziati que­sta set­ti­mana per la via­bi­lità e le infra­strut­ture. Frut­te­ranno oltre 70.000 posti di lavoro.
Diversi pro­getti riguar­dano la tutela dei moto­taxi. I «moto­ri­za­dos» sono circa 2 milioni, orga­niz­zati in coo­pe­ra­tive e impe­gnate al con­tempo nei col­let­tivi di quar­tiere. Un set­tore infor­male a cui il socia­li­smo boli­va­riano ha dato fisio­no­mia e diritti. Il governo li ha incon­trati gio­vedì all’Hotel Alba, dove si è svolto un capi­tolo della Con­fe­renza nazio­nale per la pace. C’erano anche i col­let­tivi di «moto­ri­za­dos con disca­pa­ci­dad», venuti all’incontro sulle loro sedie a rotelle. Prima della vit­to­ria di Chá­vez (1998), il Vene­zuela con­tava 700.000 uni­ver­si­tari, ora ha 2 milioni e 600.000 stu­denti uni­ver­si­tari (il II posto in Ame­rica latina e il V nel mondo) e un sistema total­mente gra­tuito. Gli stu­denti, in Vene­zuela come in altre parti del mondo, sono stati l’innesco per altri movi­menti popo­lari, come nel ’68 in Ita­lia o in Fran­cia. Qui, solo una parte degli uni­ver­si­tari di destra si è fatta abbin­do­lare dalle «gua­rim­bas», gli altri se ne sono distan­ziati e hanno ripreso i corsi. Pur con­sa­pe­vole delle dif­fi­coltà esi­stenti, la mag­gio­ranza degli strati popo­lari ha impa­rato da che parte stare.

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