Jacques Pauwels Global Research 6 dicembre 2011
Fonte: Aurora sito
La
seconda guerra mondiale iniziò, almeno per quanto riguarda il “Teatro
Europeo”, con l’esercito tedesco che spianava la Polonia nel settembre
1939. Circa sei mesi dopo, altre vittorie spettacolari seguirono, questa
volta sul Benelux e la Francia. Entro l’estate 1940, la Germania
sembrava invincibile e destinata a governare il continente europeo a
tempo indeterminato. (La Gran Bretagna si rifiutò di gettare la spugna,
ma non poteva sperare di vincere la guerra da sola, e dovette temere che
Hitler avrebbe presto rivolto la sua attenzione su Gibilterra, Egitto e
altri gioielli della corona imperiale inglese). Cinque anni più tardi,
la Germania subì il dolore e l’umiliazione della sconfitta totale. Il
20 aprile 1945 Hitler si suicidava a Berlino mentre l’Armata Rossa si
spianava la strada verso la città ridotta a un cumulo di macerie
fumanti, e l’8/9 maggio i tedeschi si arresero incondizionatamente.
Chiaramente, tra la fine del 1940 e il 1944 vi fu una svolta piuttosto
drammatica. Ma quando e dove? In Normandia nel 1944, secondo alcuni, a
Stalingrado, nell’inverno del 1942-43 secondo altri. In realtà, la
svolta avvenne nel dicembre 1941 in Unione Sovietica, più precisamente
nell’arida pianura davanti Mosca. Come uno storico tedesco, esperto
della guerra contro l’Unione Sovietica, disse: “Quella vittoria dell’Armata Rossa (di fronte Mosca) fu senza dubbio la grande svolta (Zäsur) di tutta la guerra mondiale.”(1)
Che l’Unione Sovietica fu teatro della battaglia che cambiò il corso della Seconda Guerra Mondiale, non dovrebbe sorprendere. La guerra contro l’Unione Sovietica era la guerra che Hitler aveva voluto fin dall’inizio, come rese assai chiaro sulle pagine del Mein Kampf, scritto a metà degli anni ’20. (Ma un Ostkrieg, una guerra a est, cioè contro i sovietici, fu anche l’oggetto del desiderio dei generali tedeschi, degli industriali più importanti della Germania e di altri “pilastri” della dirigenza della Germania.) In realtà, come uno storico tedesco ha appena dimostrato (2), fu la guerra contro l’Unione Sovietica, e non contro Polonia, Francia o Gran Bretagna ciò che Hitler aveva voluto scatenare nel 1939. L’11 agosto dello stesso anno, Hitler spiegò a Carl J. Burckhardt, un funzionario della Lega delle Nazioni, che “tutto ciò era diretto contro la Russia” e che “se l’occidente (cioè i francesi e gli inglesi) è troppo stupido e cieco per comprenderlo, sarebbe stato costretto a raggiungere un’intesa con i russi, girarsi a sconfiggere l’occidente e poi rivoltarsi con tutte le forze per sferrare il colpo contro l’Unione Sovietica“.(3) Questo infatti fu ciò che successe. L’occidente si rivelò “troppo stupido e cieco”, come Hitler vide, per dargli “mano libera” ad est, così fece un accordo con Mosca, il famigerato “patto Hitler-Stalin”, scatenando la guerra contro Polonia, Francia e Gran Bretagna. Ma il suo obiettivo rimase lo stesso: attaccare e distruggere l’Unione Sovietica al più presto possibile. Hitler e i generali tedeschi erano convinti di aver appreso una lezione importante dalla I Guerra Mondiale. Priva di materie prime necessarie per vincere una guerra moderna, come petrolio e gomma, la Germania non poteva vincere una guerra lunga ed estenuante. Per vincere la prossima guerra, la Germania avrebbe dovuto vincerla subito, in modo assai veloce. Così nacque il concetto di Blitzkrieg, cioè l’idea della guerra (Krieg) veloce come “fulmine” (Blitz). Blitzkrieg significava guerra motorizzata, quindi in preparazione della guerra la Germania, durante gli anni trenta, puntò su un massiccio numero di carri armati e aerei, nonché di camion per il trasporto delle truppe. Inoltre, quantità gigantesche di petrolio e gomma furono importate e stoccate. Gran parte del petrolio fu acquistato da imprese statunitensi, alcune delle quali misero gentilmente a disposizione la “ricetta” per la produzione del carburante sintetico dal carbone.(4) Nel 1939 e nel 1940, questo sistema consentì alla Wehrmacht e alla Luftwaffe tedesche di sopraffare le difese polacche, olandesi, belghe e francesi con migliaia di aerei e carri armati, in poche settimane; le Blitzkriege, “guerre velocissime”, furono invariabilmente seguite dalle Blitzsiege, “vittorie lampo”. Queste vittorie furono abbastanza spettacolari, ma non diedero alla Germania granché cme bottino di vitale importanza quali petrolio e gomma. Invece, il “fulmine di guerra” esaurì le scorte accumulate. Fortunatamente per Hitler, nel 1940 e nel 1941 la Germania poteva continuare a importare petrolio dagli ancora neutrali Stati Uniti, non direttamente, ma attraverso altri Paesi neutrali (e amici) come la Spagna di Franco. Inoltre, secondo i termini del patto Hitler-Stalin, l’Unione Sovietica stessa fornì alla Germania in modo piuttosto generoso, gasolio! Tuttavia, era più preoccupante per Hitler che la Germania in cambio dovesse fornire all’Unione Sovietica prodotti industriali di alta qualità ed avanzata tecnologia militare, utilizzati dai sovietici per modernizzare il loro esercito e migliorare le loro armi.(5)
E’ comprensibile che Hitler avesse già resuscitato il suo vecchio piano per la guerra contro l’Unione Sovietica subito dopo la sconfitta della Francia, cioè nell’estate 1940. Un ordine formale per elaborare piani per un attacco del genere, dal nome in codice Operazione Barbarossa (Unternehmen Barbarossa) fu dato un paio di mesi dopo, il 18 dicembre 1940.(6) Già nel 1939 Hitler aveva voglia di attaccare l’Unione Sovietica, essendosi volto contro l’occidente solo, come uno storico tedesco afferma, “al fine di godere della sicurezza nelle retrovie (Rückenfreiheit) quando sarebbe stato finalmente pronto a regolare i conti con l’Unione Sovietica“. Lo stesso storico conclude che nel 1940 non era cambiato nulla di ciò che preoccupava Hitler: “Il vero nemico è ad est“.(7) Hitler semplicemente non voleva aspettare oltre prima di realizzare la grande ambizione della sua vita, cioè distruggere il Paese che aveva definito suo acerrimo nemico nel Mein Kampf. Inoltre, sapeva che i sovietici stavano freneticamente preparando le proprie difese contro l’attacco tedesco che, come sapevano fin troppo bene, prima o poi sarebbe arrivato. Dato che l’Unione Sovietica diveniva sempre più forte, di giorno in giorno, il tempo non era ovviamente dalla parte di Hitler. Quanto ancora poteva aspettare prima che la “finestra delle opportunità” si chiudesse? Inoltre, conducendo una guerra lampo contro l’Unione Sovietica, avrebbe rifornito la Germania delle risorse virtualmente illimitate di questo enorme Paese, compresi il frumento ucraino per alimentare la popolazione della Germania con cibo in abbondanza, anche in tempo di guerra, minerali come il carbone, da cui gomma e benzina sintetica potevano essere prodotte e, ultimo ma certamente non meno importante!, i ricchi giacimenti petroliferi di Baku e Groznij, dove i Panzer e gli Stuka dagli elevati consumi di carburante avrebbero potuto riempire i serbatoi fino all’orlo e in qualsiasi momento. Tempratosi con tali attività, sarebbe stata una questione semplice, per Hitler, regolare i conti con la Gran Bretagna, a partire, ad esempio, dalla cattura di Gibilterra. La Germania sarebbe stata finalmente una vera potenza mondiale, invulnerabile nella “fortezza” europea dall’Atlantico agli Urali, in possesso di risorse illimitate e quindi in grado di vincere ulteriori lunghe guerre contro qualsiasi antagonista, come gli Stati Uniti! In una delle future “guerre dei continenti” evocata dalla febbrile fantasia di Hitler.
Hitler e i suoi generali erano sicuri che la Blitzkrieg che si preparavano a scatenare contro l’Unione Sovietica sarebbe stato un successo come le precedenti “guerre lampo” contro Polonia e Francia. Ritenevano l’Unione Sovietica un “gigante dai piedi d’argilla”, il cui esercito, presumibilmente decapitato dalle purghe staliniane alla fine degli anni ’30, era “Null’altro che uno scherzo“, come lo stesso Hitler ammise una sola volta. [8] Per combattere, e naturalmente vincere le battaglie decisive, pianificarono una campagna di 4-6 settimane, forse seguita da alcune operazioni di rastrellamento, durante i quali i resti dei sovietici sarebbero “stati inseguiti in tutto il Paese come un gruppo di cosacchi battuti“. (9) In ogni caso, Hitler si sentiva a proprio agio e alla vigilia dell’attacco “credeva di essere sul punto del più grande trionfo della sua vita“.(10) (A Washington e Londra, gli esperti militari erano altresì convinti che l’Unione Sovietica non avrebbe opposto una resistenza significativa al colosso nazista, le cui gesta militari nel 1939-40 gli guadagnarono la reputazione dell’invincibilità. I servizi segreti inglesi erano convinti che l’Unione Sovietica sarebbe stata “liquidata entro otto-dieci settimane” e il Feldmaresciallo sir John Dill, Capo di Stato Maggiore Generale Imperiale, affermò che la Wehrmacht avrebbe tagliato l’Armata Rossa “come un coltello caldo nel burro“, e che l’Armata Rossa sarebbe stata rigettata “come bestiame”. Secondo gli esperti di Washington, Hitler avrebbe “schiacciato la Russia (sic) come un uovo“).(11)
L’attacco tedesco iniziò il 22 giugno 1941, nelle prime ore del mattino. Tre milioni di soldati tedeschi e quasi 700000 alleati della Germania nazista attraversarono il confine, e i loro equipaggiamenti consistevano in 600000 autoveicoli, 3648 carri armati, più di 2700 aerei e poco più di 7000 pezzi d’artiglieria. (12) In un primo momento, tutto andò secondo i piani. Enormi brecce furono aperte nelle difese sovietiche, impressionanti conquiste territoriali furono fatte rapidamente e centinaia di migliaia di soldati dell’Armata Rossa furono uccisi, feriti o fatti prigionieri in una serie di spettacolari battaglie di “accerchiamento” (Kesselschlachten). Dopo una tale battaglia, combattuta nei pressi di Smolensk, verso la fine di luglio, la strada per Mosca sembrava aperta. Tuttavia, subito divenne evidente che la Blitzkrieg in Oriente non sarebbe stata la passeggiata che prevista. Di fronte alla più potente macchina militare sulla terra, l’Armata Rossa prevedibilmente subì gravi colpi ma, come il ministro della Propaganda Joseph Goebbels confidò sul suo diario già il 2 luglio, ne ammise la dura resistenza e che aveva risposto piuttosto duramente in più di un’occasione. Il generale Franz Halder, per molti versi il “padrino” del piano di attacco dell’Operazione Barbarossa, riconobbe che la resistenza sovietica era molto più dura di qualsiasi altra cosa i tedeschi avessero affrontato in Europa occidentale. I rapporti della Wehrmacht citano una “dura” e anche “selvaggia” resistenza che causava pesanti perdite in uomini e mezzi tra i tedeschi.(13) Più di quanto si aspettassero, le forze sovietiche riuscirono a lanciare contro-attacchi che rallentarono l’avanzata tedesca. Alcune unità sovietiche entrarono in clandestinità nelle vaste paludi del Pripet e altrove, organizzando una mortale guerra partigiana minacciando le lunghe e vulnerabili linee di comunicazione tedesche. (14) Inoltre, si scoprì che l’Armata Rossa era molto meglio attrezzata del previsto. I generali tedeschi furono “stupiti”, scrive uno storico tedesco, dalla qualità delle armi sovietiche come il lanciarazzi Katjusha (“Organi di Stalin”) e il carro armato T-34. Hitler era furioso dal fatto che i suoi servizi segreti non fossero a conoscenza dell’esistenza di queste armi.(5) La maggiore preoccupazione dei tedeschi era il fatto che la maggior parte dell’Armata Rossa riuscisse a ritirarsi in buon ordine eludendo relativamente la distruzione con un’importante Kesselschlacht, ripetendo Canne o Sedan, come Hitler e suoi generali avevano sognato. I sovietici sembravano aver attentamente osservato e analizzato i successi della Blitzkrieg tedesca del 1939 e 1940, e ne trassero lezioni utili. Dovevano aver notato che nel maggio 1940 i francesi avevano ammassato le loro forze sul confine, così come in Belgio, rendendo così possibile alla macchina da guerra tedesca circondarle in una grande Kesselschlacht. (Le truppe inglesi furono catturate in tale accerchiamento, ma riuscirono a fuggire via Dunkerque). I sovietici lasciarono alcune truppe al confine, naturalmente, e queste truppe prevedibilmente subirono gravi perdite durante le fasi iniziali di Barbarossa. Ma contrariamente a quanto sostenuto da storici come Richard Overy (16), il grosso dell’Armata Rossa venne trattenuto nelle retrovie evitando l’accerchiamento. Fu questa “difesa in profondità” che frustrò l’ambizione tedesca di distruggere l’Armata Rossa interamente. Come il maresciallo Zhukov scrisse nelle sue memorie, “l’Unione Sovietica sarebbe stata distrutta se avessimo organizzato tutte le nostre forze alla frontiera“.(17)
A metà luglio, mentre la guerra di Hitler in oriente iniziava a perdere le sue Blitz-qualità, alcuni dirigenti tedeschi iniziarono a esprimere grande preoccupazione. L’ammiraglio Wilhelm Canaris, capo del servizio segreto della Wehrmacht, l’Abwehr, per esempio confidò il 17 luglio a un collega al fronte, il generale von Bock, che vedeva “solo nero”. Sul fronte interno, molti civili tedeschi iniziarono a capire che la guerra in Oriente non stava andando bene. A Dresda, Victor Klemperer scrisse nel suo diario, il 13 luglio: “Soffriamo perdite immense, abbiamo sottovalutato i russi…“(18) In quel periodo Hitler abbandonò la sua fede in una vittoria rapida e facile, e ridimensionò le sue aspettative; ora esprimeva la speranza che le sue truppe potessero raggiungere il Volga entro ottobre e catturare i giacimenti petroliferi del Caucaso in un mese circa.(19) Entro la fine di agosto, nel momento in cui Barbarossa avrebbe dovuto essere alla fine, un memorandum del Comando della Wehrmacht (Oberkommando der Wehrmacht, OKW), ammise che poteva non essere più possibile vincere la guerra nel 1941.(20) Uno dei problemi principali era il fatto che, quando Barbarossa iniziò il 22 giugno, le scorte disponibili di carburante, pneumatici, pezzi di ricambio ecc, erano sufficienti per circa due mesi. Ciò fu ritenuto sufficiente, perché ci si aspettava che entro due mesi l’Unione Sovietica sarebbe stata in ginocchio e le sue risorse illimitate, prodotti industriali, nonché materie prime, sarebbero state quindi disponibili ai tedeschi.(21) Tuttavia, alla fine di agosto le punte di lancia tedesche non s’erano avvicinate alle lontane regioni dell’Unione Sovietica dove c’era il petrolio, la più preziosa di tutte le merci militari, da poter predare. Se i panzer continuarono ad avanzare, anche se sempre più lentamente, sulle distese russe e ucraine apparentemente infinite, fu in gran parte per mezzo del carburante e della gomma importati attraverso Spagna e Francia occupata, dagli Stati Uniti. La quota statunitense delle vitali importazioni tedesche di lubrificanti per motori (Motorenöl), ad esempio, aumentò rapidamente durante l’estate del 1941, vale a dire dal 44 per cento di luglio a non meno del 94 per cento di settembre.(22) Le fiamme dell’ottimismo si riaccesero a settembre, quando le truppe tedesche catturarono Kiev, accerchiando 650000 prigionieri e più a nord, compiendo progressi in direzione di Mosca. Hitler credeva, o almeno faceva finta di credere, che la fine fosse ormai vicina per i sovietici. In un discorso pubblico a Berlino, al Sportpalast, del 3 ottobre, dichiarò che la guerra orientale era praticamente finita. E alla Wehrmacht fu ordinato di dare il colpo di grazia con il lancio dell’Operazione Tifone (Unternehmen Taifun), un’offensiva volta a prendere Mosca. Tuttavia, le probabilità di successo sembravano sempre più scarse mentre i sovietici stavano alacremente portando unità della riserva dall’Estremo Oriente. (Furono informati dal loro capo dello spionaggio a Tokyo, Richard Sorge, che i giapponesi, il cui esercito era di stanza nel nord della Cina, non avevano più intenzione di attaccare i vulnerabili confini sovietici nella zona di Vladivostok). A peggiorare le cose, i tedeschi non godevano più della superiorità aerea, in particolare su Mosca. Inoltre, insufficienti forniture di munizioni e cibo venivano trasportate dalle retrovie del fronte, dato che le lunghe linee di rifornimento furono gravemente ostacolate dalle attività partigiane.(23) Infine, stava facendo freddo in Unione Sovietica, anche se non più del solito per quel periodo dell’anno. Ma l’alto comando tedesco, sicuro che la Blitzkrieg orientale sarebbe finita entro la fine dell’estate, non aveva fornito alle truppe l’attrezzatura necessaria per combattere sotto pioggia, fango, neve, gelo e a temperature autunnali e invernali russe. La presa di Mosca si profilava come un obiettivo estremamente importante per Hitler e i suoi generali. Credevano, a torto, che la caduta di Mosca avrebbe “decapitato” l’Unione Sovietica, provocandone il crollo. E sembrava anche importante evitare il ripetersi dello scenario dell’estate del 1914, quando l’avanzata tedesca, apparentemente inarrestabile, fu fermata in extremis alla periferia est di Parigi, durante la battaglia della Marna. Tale disastro dal punto di vista tedesco vietò alla Germania una quasi certa vittoria nelle fasi iniziali della “Grande Guerra”, costringendola a una lunga, estenuante lotta che, in mancanza di risorse sufficienti e con il blocco dalla marina inglese, era destinata a perdere. Questa volta, nella nuova Grande Guerra, combattuta contro un nuovo nemico, l’Unione Sovietica, non ci doveva essere un “Miracolo della Marna” cioè, nessuna sconfitta davanti la capitale, e la Germania quindi non avrebbe più combattuto, senza risorse e bloccata, un lungo, interminabile conflitto che avrebbe perso. A differenza di Parigi, Mosca sarebbe caduta, la storia non si sarebbe ripetuta e la Germania ne sarebbe uscita vittoriosa.(24) O almeno così speravano al quartier generale di Hitler.
La Wehrmacht continuò ad avanzare, anche se molto lentamente, e da metà novembre alcune unità erano a soli 30 chilometri dalla capitale. Ma le truppe erano ormai completamente esaurite ed a corto di rifornimenti. I loro comandanti sapevano che era semplicemente impossibile prendere Mosca, per quanto vicino potesse essere la città, e che anche così facendo non avrebbero avuto la loro vittoria. Il 3 dicembre, numerose unità abbandonarono l’offensiva di propria iniziativa. In pochi giorni, però, l’intero esercito tedesco davanti a Mosca fu semplicemente costretto sulla difensiva. Infatti, il 5 dicembre, alle 3 del mattino, in condizioni di freddo e neve, l’Armata Rossa lanciò improvvisamente una grande e ben preparata controffensiva. Le linee della Wehrmacht furono sfondate in molti punti e i tedeschi furono respinti di 100 – 280 km con pesanti perdite in uomini e mezzi. Fu solo con grande difficoltà che un accerchiamento catastrofico (Einkesselung) poté essere evitato. L’8 dicembre, Hitler ordinò al suo esercito di abbandonare l’offensiva e di trasferirsi su posizioni difensive. Addebitò questa battuta d’arresto all’arrivo inaspettatamente anticipato dell’inverno, rifiutandosi di ritirarsi oltre, come alcuni dei suoi generali suggerirono, e propose di attaccare di nuovo in primavera.(25) Così finì la Blitzkrieg di Hitler contro l’Unione Sovietica, la guerra che, se fosse stata vittoriosa, avrebbe realizzato la grande ambizione della sua vita, la distruzione dell’Unione Sovietica. Ancora più importante, almeno dal nostro punto di vista, una vittoria avrebbe inoltre fornito alla Germania nazista petrolio ed altre risorse sufficienti a farne una potenza mondiale praticamente invulnerabile. Così la Germania nazista sarebbe molto probabilmente stata in grado di finire la testarda Gran Bretagna, anche se gli Stati Uniti si fossero affrettati ad aiutare la cugina anglosassone che, per inciso, non era ancora in ballo all’inizio del dicembre 1941. Una Blitzsieg, cioè una rapida vittoria contro l’Unione Sovietica, poi avrebbe reso impossibile la sconfitta tedesca, e lo sarebbe stato con ogni probabilità. (Probabilmente è giusto dire che se la Germania nazista avesse sconfitto l’Unione Sovietica nel 1941, la Germania sarebbe oggi ancora la potenza egemone dell’Europa, e forse del Medio Oriente e del Nord Africa). Tuttavia, la sconfitta nella battaglia di Mosca, nel dicembre 1941, impedì che la Blitzkrieg di Hitler portasse alla Blitzsieg sperata. Nella nuova “battaglia della Marna”, appena ad ovest di Mosca, la Germania nazista subì la sconfitta che ne rese impossibile la vittoria, non solo contro l’Unione Sovietica, ma anche contro la Gran Bretagna e della guerra in generale. Tenendo conto delle lezioni della Prima guerra mondiale, Hitler e i suoi generali riconobbero fin dall’inizio che, per vincere la nuova “Grande Guerra” che avevano scatenato, la Germania doveva vincere rapidamente, alla velocità del lampo. Ma il 5 dicembre 1941, era evidente a tutti i presenti al quartier generale di Hitler che una Blitzsieg contro l’Unione Sovietica non era imminente, e che la Germania era destinata a perdere la guerra, se non prima, poi. Secondo il generale Alfred Jodl, Capo di stato maggiore delle operazioni dell’OKW, Hitler si rese conto che non poteva più vincere la guerra.(26) E così si può sostenere che le sorti della Seconda Guerra Mondiale furono decise il 5 dicembre 1941. Tuttavia, come le maree reali non cambiano all’improvviso, ma gradualmente e impercettibilmente, la marea della guerra non cambiò in un solo giorno, ma in giorni, settimane, addirittura mesi, cioè nei tre mesi tra la tarda estate del 1941 e l’inizio di dicembre dello stesso anno. La marea della guerra in Oriente mutò poco a poco, ma non impercettibilmente. Già nell’agosto del 1941, mentre i successi tedeschi non imposero la capitolazione sovietica e già la Wehrmacht rallentava notevolmente, gli osservatori più acuti cominciarono a dubitare che la vittoria tedesca, non solo in Unione Sovietica, ma nella guerra in generale, fosse ancora una possibilità. Il Vaticano, ben informato per esempio, inizialmente fu assai entusiasta della “crociata” di Hitler contro la patria sovietica del bolscevismo “senza Dio” e fiducioso che i sovietici sarebbero crollati immediatamente, iniziò ad esprimere gravi preoccupazioni circa la situazione orientale, nella tarda estate del 1941, ed alla metà di ottobre giunse alla conclusione che la Germania avrebbe perso la guerra.(27) Allo stesso modo, a metà ottobre, i servizi segreti svizzeri riferirono che “i tedeschi non possono più vincere la guerra”; tale conclusione si basava sulle informazioni raccolte in Svezia da dichiarazioni di ufficiali tedeschi.(28) Da fine novembre, una sorta di disfattismo aveva iniziato a infettare i vertici della Wehrmacht e del partito nazista. Proprio mentre sollecitavano le loro truppe ad avanzare su Mosca, alcuni generali opinarono che sarebbe stato preferibile fare aperture per la pace e rallentare la guerra senza raggiungere la grande vittoria che sembrava così certa all’inizio dell’Operazione Barbarossa. E poco prima della fine di novembre, il ministro degli Armamenti Fritz Todt chiese a Hitler di trovare una via d’uscita diplomatica alla guerra, in quanto sul piano militare, nonché industriale, era persa.(29)
Quando l’Armata Rossa lanciò la sua devastante controffensiva il 5 dicembre, lo stesso Hitler si rese conto che avrebbe perso la guerra. Ma ovviamente non era disposto a lasciare che il pubblico tedesco lo sapesse. Le brutte notizie dal fronte di Mosca furono presentate al pubblico come una sospensione temporanea, accusandone l’inaspettato inverno anticipato e l’incompetenza o codardia di alcuni comandanti. (Fu solo un anno più tardi, dopo la catastrofica sconfitta nella battaglia di Stalingrado, nell’inverno 1942-1943, che il pubblico tedesco e il mondo intero capirono che la Germania era condannata, è per questo che ancora oggi molti storici credono che la svolta avvenne a Stalingrado). Anche così, non fu possibile mantenere segrete le implicazioni catastrofiche della debacle di fronte Mosca. Ad esempio, il 19 dicembre 1941, il console tedesco a Basilea riferì ai superiori di Berlino che (l’apertamente filo-nazista) capo della missione della Croce Rossa svizzera, inviato al fronte in Unione Sovietica per assistere solo i feriti tedeschi, ovviamente violando le regole della Croce Rossa, era tornato in Svizzera con la notizia, sorprendente per il console, che “non credeva che la Germania possa vincere la guerra“.(30) Il 7 dicembre 1941, nel suo quartier generale nelle foreste della Prussia orientale, Hitler non aveva ancora completamente digerito l’inquietante notizia della controffensiva sovietica di fronte Mosca quando seppe che dall’altra parte del mondo i giapponesi avevano attaccato gli statunitensi a Pearl Harbour, portando gli Stati Uniti a dichiarare guerra al Giappone, ma non alla Germania, che non aveva nulla a che fare con l’attacco e non era nemmeno a conoscenza dei piani giapponesi. Hitler non aveva alcun obbligo nel correre in aiuto degli amici giapponesi, come sostenuto da molti storici statunitensi, ma l’11 dicembre 1941, quattro giorni dopo Pearl Harbor, dichiarò guerra agli Stati Uniti. Tale decisione apparentemente irrazionale deve essere intesa alla luce della situazione tedesca in Unione Sovietica. Hitler quasi certamente ipotizzò che tale gesto di solidarietà del tutto gratuita avrebbe indotto l’alleato orientale a ricambiare con una dichiarazione di guerra contro il nemico della Germania, l’Unione Sovietica, e questo avrebbe costretto i sovietici nella situazione estremamente pericolosa di una guerra su due fronti. Hitler sembra aver creduto che potesse esorcizzare lo spettro della sconfitta in Unione Sovietica, e della guerra in generale, convocando una sorta di deus ex machina giapponese sulla vulnerabile frontiera siberiana dell’Unione Sovietica. Secondo lo storico tedesco Hans W. Gatzke, il führer era convinto che “se la Germania non si univa al Giappone (nella guerra contro gli Stati Uniti), sarebbe stata la … fine di ogni speranza di un aiuto giapponese contro l’Unione Sovietica“. Ma il Giappone non abboccò all’amo di Hitler. Tokyo disprezzava lo Stato sovietico, ma la terra del sol levante, ora in guerra contro gli Stati Uniti, non poteva permettersi il lusso di una guerra su due fronti, tanto quanto i sovietici, e preferì puntare tutto sulla strategia a “sud”, sperando di vincere il grande premio del sud-est asiatico, tra cui l’Indonesia ricca di petrolio, piuttosto che imbarcarsi in una joint venture nell’inospitale Siberia. Solo alla fine della guerra, dopo la resa della Germania nazista, ci sarebbero state le ostilità tra l’Unione Sovietica e il Giappone.(31) E così, a causa di Hitler, il campo dei nemici della Germania includeva non solo la Gran Bretagna e l’Unione Sovietica, ma anche i potenti Stati Uniti, le cui truppe sarebbero comparse prossimamente sulle coste della Germania, o almeno sulle rive dell’Europa occupata tedeschi. Gli statunitensi avrebbero infatti sbarcato le truppe in Francia, ma solo nel 1944, e questo indubbiamente importante evento è ancora spesso presentato come la svolta della Seconda Guerra Mondiale. Tuttavia, ci si dovrebbe chiedere se gli statunitensi sarebbero mai sbarcati in Normandia o, se per questo, se mai avrebbero dichiarato guerra alla Germania nazista, se Hitler non l’avesse dichiarata a loro l’11 dicembre 1941, e ci si dovrebbe chiedere se Hitler non avrebbe mai compiuto un atto disperato, suicida, decidendo di dichiarare guerra agli Stati Uniti, se non si fosse trovato in una situazione disperata in Unione Sovietica. Il coinvolgimento degli Stati Uniti nella guerra contro la Germania poi, che per molte ragioni non era “previsto” prima del dicembre 1941, fu anche conseguenza della battuta d’arresto tedesca di fronte Mosca. Ovviamente, ciò costituisce ancora un altro fatto che può essere citato a sostegno della tesi “della svolta” in Unione Sovietica nell’autunno e inizio inverno 1941. La Germania nazista era condannata, ma la guerra era ancora lunga. Hitler ignorò il consiglio dei suoi generali, che consigliarono vivamente di cercare di trovare una via d’uscita diplomatica alla guerra, e decise di combattere nella vaga speranza di trarre in qualche modo la vittoria dal cilindro. La controffensiva russa era a corto di potenza, la Wehrmacht sarebbe sopravvissuta all’inverno 1941-1942 e nella primavera del 1942 Hitler avrebbe racimolato tutte le forze disponibili per un’offensiva, nome in codice “Operazione Blu” (Unternehmen Blau), in direzione dei campi petroliferi del Caucaso, via Stalingrado. Hitler stesso riconobbe che “se non abbiamo il petrolio di Majkop e Groznij, avremmo dovuto porre fine a questa guerra“.(32) Tuttavia, l’elemento sorpresa era perduto e i sovietici dimostrarono di disporre di enormi masse di uomini, petrolio e altre risorse, così come equipaggiamenti eccellenti, in gran parte prodotti in fabbriche stabilite oltre gli Urali tra il 1939 e il 1941. La Wehrmacht, d’altra parte, non poteva compensare le ingenti perdite subite nel 1941. Tra il 22 Giugno 1941 e il 31 gennaio 1942, i tedeschi persero 6000 velivoli e oltre 3200 carri armati e veicoli simili, e non meno di 918000 uomini furono uccisi, feriti o dispersi in azione, pari al 28,7 per cento della forza media dell’esercito di 3,2 milioni di uomini.(33) (In Unione Sovietica, la Germania avrebbe perso non meno di 10 milioni del totale di 13,5 milioni di uomini uccisi, feriti o fatti prigionieri durante l’intera guerra, e l’Armata Rossa finì accreditandosi il 90 per cento di tutti i tedeschi uccisi nella Seconda Guerra Mondiale.) (34) Le forze disponibili per una spinta verso i campi petroliferi del Caucaso erano quindi estremamente limitate. In tali circostanze, fu abbastanza notevole che nel 1942 i tedeschi riuscissero a fare quanto fecero. Ma quando la loro offensiva inevitabilmente si esaurì, e cioè nel settembre dello stesso anno, le loro linee debolmente tenute erano tese per centinaia di chilometri, presentando un bersaglio perfetto all’attacco sovietico. Quando l’attacco avvenne, intrappolò un’intera armata tedesca che, infine, distrusse a Stalingrado. Fu dopo questa grande vittoria dell’Armata Rossa che l’ineluttabilità della sconfitta tedesca nella Seconda Guerra Mondiale apparve evidente a tutti. Tuttavia, la sconfitta tedesca apparentemente minore e relativamente sottovalutata di fronte a Mosca, alla fine del 1941, fu il presupposto per la certamente più spettacolare e più “visibile” sconfitta tedesca a Stalingrado. Vi sono altri motivi per proclamare il dicembre 1941 la svolta della guerra. La controffensiva sovietica distrusse la reputazione dell’invincibilità di cui la Wehrmacht si beava fin dal suo successo contro la Polonia nel 1939, alzando così il morale dei nemici della Germania in tutto il mondo. La battaglia di Mosca inoltre assicurò che il grosso delle forze armate della Germania venisse legato ad un fronte di circa 4000 km per un periodo indeterminato di tempo, eliminando ogni possibilità di operazioni tedesche contro Gibilterra, per esempio, e quindi dando un notevole sollievo agli inglesi. Al contrario, il fallimento della Blitzkrieg demoralizzò i finlandesi e gli altri alleati dei tedeschi. E così via…
Di fronte a Mosca, nel dicembre 1941, la marea cambiò perché fu lì che la Blitzkrieg fallì e la Germania nazista fu costretta a combattere senza risorse sufficienti, una lunga, estenuante guerra che Hitler e i suoi generali sapevano che non avrebbero potuto vincere.Jacques R. Pauwels, autore de Il mito della buona guerra: gli USA nella Seconda Guerra Mondiale, James Lorimer, Toronto, 2002.
Che l’Unione Sovietica fu teatro della battaglia che cambiò il corso della Seconda Guerra Mondiale, non dovrebbe sorprendere. La guerra contro l’Unione Sovietica era la guerra che Hitler aveva voluto fin dall’inizio, come rese assai chiaro sulle pagine del Mein Kampf, scritto a metà degli anni ’20. (Ma un Ostkrieg, una guerra a est, cioè contro i sovietici, fu anche l’oggetto del desiderio dei generali tedeschi, degli industriali più importanti della Germania e di altri “pilastri” della dirigenza della Germania.) In realtà, come uno storico tedesco ha appena dimostrato (2), fu la guerra contro l’Unione Sovietica, e non contro Polonia, Francia o Gran Bretagna ciò che Hitler aveva voluto scatenare nel 1939. L’11 agosto dello stesso anno, Hitler spiegò a Carl J. Burckhardt, un funzionario della Lega delle Nazioni, che “tutto ciò era diretto contro la Russia” e che “se l’occidente (cioè i francesi e gli inglesi) è troppo stupido e cieco per comprenderlo, sarebbe stato costretto a raggiungere un’intesa con i russi, girarsi a sconfiggere l’occidente e poi rivoltarsi con tutte le forze per sferrare il colpo contro l’Unione Sovietica“.(3) Questo infatti fu ciò che successe. L’occidente si rivelò “troppo stupido e cieco”, come Hitler vide, per dargli “mano libera” ad est, così fece un accordo con Mosca, il famigerato “patto Hitler-Stalin”, scatenando la guerra contro Polonia, Francia e Gran Bretagna. Ma il suo obiettivo rimase lo stesso: attaccare e distruggere l’Unione Sovietica al più presto possibile. Hitler e i generali tedeschi erano convinti di aver appreso una lezione importante dalla I Guerra Mondiale. Priva di materie prime necessarie per vincere una guerra moderna, come petrolio e gomma, la Germania non poteva vincere una guerra lunga ed estenuante. Per vincere la prossima guerra, la Germania avrebbe dovuto vincerla subito, in modo assai veloce. Così nacque il concetto di Blitzkrieg, cioè l’idea della guerra (Krieg) veloce come “fulmine” (Blitz). Blitzkrieg significava guerra motorizzata, quindi in preparazione della guerra la Germania, durante gli anni trenta, puntò su un massiccio numero di carri armati e aerei, nonché di camion per il trasporto delle truppe. Inoltre, quantità gigantesche di petrolio e gomma furono importate e stoccate. Gran parte del petrolio fu acquistato da imprese statunitensi, alcune delle quali misero gentilmente a disposizione la “ricetta” per la produzione del carburante sintetico dal carbone.(4) Nel 1939 e nel 1940, questo sistema consentì alla Wehrmacht e alla Luftwaffe tedesche di sopraffare le difese polacche, olandesi, belghe e francesi con migliaia di aerei e carri armati, in poche settimane; le Blitzkriege, “guerre velocissime”, furono invariabilmente seguite dalle Blitzsiege, “vittorie lampo”. Queste vittorie furono abbastanza spettacolari, ma non diedero alla Germania granché cme bottino di vitale importanza quali petrolio e gomma. Invece, il “fulmine di guerra” esaurì le scorte accumulate. Fortunatamente per Hitler, nel 1940 e nel 1941 la Germania poteva continuare a importare petrolio dagli ancora neutrali Stati Uniti, non direttamente, ma attraverso altri Paesi neutrali (e amici) come la Spagna di Franco. Inoltre, secondo i termini del patto Hitler-Stalin, l’Unione Sovietica stessa fornì alla Germania in modo piuttosto generoso, gasolio! Tuttavia, era più preoccupante per Hitler che la Germania in cambio dovesse fornire all’Unione Sovietica prodotti industriali di alta qualità ed avanzata tecnologia militare, utilizzati dai sovietici per modernizzare il loro esercito e migliorare le loro armi.(5)
E’ comprensibile che Hitler avesse già resuscitato il suo vecchio piano per la guerra contro l’Unione Sovietica subito dopo la sconfitta della Francia, cioè nell’estate 1940. Un ordine formale per elaborare piani per un attacco del genere, dal nome in codice Operazione Barbarossa (Unternehmen Barbarossa) fu dato un paio di mesi dopo, il 18 dicembre 1940.(6) Già nel 1939 Hitler aveva voglia di attaccare l’Unione Sovietica, essendosi volto contro l’occidente solo, come uno storico tedesco afferma, “al fine di godere della sicurezza nelle retrovie (Rückenfreiheit) quando sarebbe stato finalmente pronto a regolare i conti con l’Unione Sovietica“. Lo stesso storico conclude che nel 1940 non era cambiato nulla di ciò che preoccupava Hitler: “Il vero nemico è ad est“.(7) Hitler semplicemente non voleva aspettare oltre prima di realizzare la grande ambizione della sua vita, cioè distruggere il Paese che aveva definito suo acerrimo nemico nel Mein Kampf. Inoltre, sapeva che i sovietici stavano freneticamente preparando le proprie difese contro l’attacco tedesco che, come sapevano fin troppo bene, prima o poi sarebbe arrivato. Dato che l’Unione Sovietica diveniva sempre più forte, di giorno in giorno, il tempo non era ovviamente dalla parte di Hitler. Quanto ancora poteva aspettare prima che la “finestra delle opportunità” si chiudesse? Inoltre, conducendo una guerra lampo contro l’Unione Sovietica, avrebbe rifornito la Germania delle risorse virtualmente illimitate di questo enorme Paese, compresi il frumento ucraino per alimentare la popolazione della Germania con cibo in abbondanza, anche in tempo di guerra, minerali come il carbone, da cui gomma e benzina sintetica potevano essere prodotte e, ultimo ma certamente non meno importante!, i ricchi giacimenti petroliferi di Baku e Groznij, dove i Panzer e gli Stuka dagli elevati consumi di carburante avrebbero potuto riempire i serbatoi fino all’orlo e in qualsiasi momento. Tempratosi con tali attività, sarebbe stata una questione semplice, per Hitler, regolare i conti con la Gran Bretagna, a partire, ad esempio, dalla cattura di Gibilterra. La Germania sarebbe stata finalmente una vera potenza mondiale, invulnerabile nella “fortezza” europea dall’Atlantico agli Urali, in possesso di risorse illimitate e quindi in grado di vincere ulteriori lunghe guerre contro qualsiasi antagonista, come gli Stati Uniti! In una delle future “guerre dei continenti” evocata dalla febbrile fantasia di Hitler.
Hitler e i suoi generali erano sicuri che la Blitzkrieg che si preparavano a scatenare contro l’Unione Sovietica sarebbe stato un successo come le precedenti “guerre lampo” contro Polonia e Francia. Ritenevano l’Unione Sovietica un “gigante dai piedi d’argilla”, il cui esercito, presumibilmente decapitato dalle purghe staliniane alla fine degli anni ’30, era “Null’altro che uno scherzo“, come lo stesso Hitler ammise una sola volta. [8] Per combattere, e naturalmente vincere le battaglie decisive, pianificarono una campagna di 4-6 settimane, forse seguita da alcune operazioni di rastrellamento, durante i quali i resti dei sovietici sarebbero “stati inseguiti in tutto il Paese come un gruppo di cosacchi battuti“. (9) In ogni caso, Hitler si sentiva a proprio agio e alla vigilia dell’attacco “credeva di essere sul punto del più grande trionfo della sua vita“.(10) (A Washington e Londra, gli esperti militari erano altresì convinti che l’Unione Sovietica non avrebbe opposto una resistenza significativa al colosso nazista, le cui gesta militari nel 1939-40 gli guadagnarono la reputazione dell’invincibilità. I servizi segreti inglesi erano convinti che l’Unione Sovietica sarebbe stata “liquidata entro otto-dieci settimane” e il Feldmaresciallo sir John Dill, Capo di Stato Maggiore Generale Imperiale, affermò che la Wehrmacht avrebbe tagliato l’Armata Rossa “come un coltello caldo nel burro“, e che l’Armata Rossa sarebbe stata rigettata “come bestiame”. Secondo gli esperti di Washington, Hitler avrebbe “schiacciato la Russia (sic) come un uovo“).(11)
L’attacco tedesco iniziò il 22 giugno 1941, nelle prime ore del mattino. Tre milioni di soldati tedeschi e quasi 700000 alleati della Germania nazista attraversarono il confine, e i loro equipaggiamenti consistevano in 600000 autoveicoli, 3648 carri armati, più di 2700 aerei e poco più di 7000 pezzi d’artiglieria. (12) In un primo momento, tutto andò secondo i piani. Enormi brecce furono aperte nelle difese sovietiche, impressionanti conquiste territoriali furono fatte rapidamente e centinaia di migliaia di soldati dell’Armata Rossa furono uccisi, feriti o fatti prigionieri in una serie di spettacolari battaglie di “accerchiamento” (Kesselschlachten). Dopo una tale battaglia, combattuta nei pressi di Smolensk, verso la fine di luglio, la strada per Mosca sembrava aperta. Tuttavia, subito divenne evidente che la Blitzkrieg in Oriente non sarebbe stata la passeggiata che prevista. Di fronte alla più potente macchina militare sulla terra, l’Armata Rossa prevedibilmente subì gravi colpi ma, come il ministro della Propaganda Joseph Goebbels confidò sul suo diario già il 2 luglio, ne ammise la dura resistenza e che aveva risposto piuttosto duramente in più di un’occasione. Il generale Franz Halder, per molti versi il “padrino” del piano di attacco dell’Operazione Barbarossa, riconobbe che la resistenza sovietica era molto più dura di qualsiasi altra cosa i tedeschi avessero affrontato in Europa occidentale. I rapporti della Wehrmacht citano una “dura” e anche “selvaggia” resistenza che causava pesanti perdite in uomini e mezzi tra i tedeschi.(13) Più di quanto si aspettassero, le forze sovietiche riuscirono a lanciare contro-attacchi che rallentarono l’avanzata tedesca. Alcune unità sovietiche entrarono in clandestinità nelle vaste paludi del Pripet e altrove, organizzando una mortale guerra partigiana minacciando le lunghe e vulnerabili linee di comunicazione tedesche. (14) Inoltre, si scoprì che l’Armata Rossa era molto meglio attrezzata del previsto. I generali tedeschi furono “stupiti”, scrive uno storico tedesco, dalla qualità delle armi sovietiche come il lanciarazzi Katjusha (“Organi di Stalin”) e il carro armato T-34. Hitler era furioso dal fatto che i suoi servizi segreti non fossero a conoscenza dell’esistenza di queste armi.(5) La maggiore preoccupazione dei tedeschi era il fatto che la maggior parte dell’Armata Rossa riuscisse a ritirarsi in buon ordine eludendo relativamente la distruzione con un’importante Kesselschlacht, ripetendo Canne o Sedan, come Hitler e suoi generali avevano sognato. I sovietici sembravano aver attentamente osservato e analizzato i successi della Blitzkrieg tedesca del 1939 e 1940, e ne trassero lezioni utili. Dovevano aver notato che nel maggio 1940 i francesi avevano ammassato le loro forze sul confine, così come in Belgio, rendendo così possibile alla macchina da guerra tedesca circondarle in una grande Kesselschlacht. (Le truppe inglesi furono catturate in tale accerchiamento, ma riuscirono a fuggire via Dunkerque). I sovietici lasciarono alcune truppe al confine, naturalmente, e queste truppe prevedibilmente subirono gravi perdite durante le fasi iniziali di Barbarossa. Ma contrariamente a quanto sostenuto da storici come Richard Overy (16), il grosso dell’Armata Rossa venne trattenuto nelle retrovie evitando l’accerchiamento. Fu questa “difesa in profondità” che frustrò l’ambizione tedesca di distruggere l’Armata Rossa interamente. Come il maresciallo Zhukov scrisse nelle sue memorie, “l’Unione Sovietica sarebbe stata distrutta se avessimo organizzato tutte le nostre forze alla frontiera“.(17)
A metà luglio, mentre la guerra di Hitler in oriente iniziava a perdere le sue Blitz-qualità, alcuni dirigenti tedeschi iniziarono a esprimere grande preoccupazione. L’ammiraglio Wilhelm Canaris, capo del servizio segreto della Wehrmacht, l’Abwehr, per esempio confidò il 17 luglio a un collega al fronte, il generale von Bock, che vedeva “solo nero”. Sul fronte interno, molti civili tedeschi iniziarono a capire che la guerra in Oriente non stava andando bene. A Dresda, Victor Klemperer scrisse nel suo diario, il 13 luglio: “Soffriamo perdite immense, abbiamo sottovalutato i russi…“(18) In quel periodo Hitler abbandonò la sua fede in una vittoria rapida e facile, e ridimensionò le sue aspettative; ora esprimeva la speranza che le sue truppe potessero raggiungere il Volga entro ottobre e catturare i giacimenti petroliferi del Caucaso in un mese circa.(19) Entro la fine di agosto, nel momento in cui Barbarossa avrebbe dovuto essere alla fine, un memorandum del Comando della Wehrmacht (Oberkommando der Wehrmacht, OKW), ammise che poteva non essere più possibile vincere la guerra nel 1941.(20) Uno dei problemi principali era il fatto che, quando Barbarossa iniziò il 22 giugno, le scorte disponibili di carburante, pneumatici, pezzi di ricambio ecc, erano sufficienti per circa due mesi. Ciò fu ritenuto sufficiente, perché ci si aspettava che entro due mesi l’Unione Sovietica sarebbe stata in ginocchio e le sue risorse illimitate, prodotti industriali, nonché materie prime, sarebbero state quindi disponibili ai tedeschi.(21) Tuttavia, alla fine di agosto le punte di lancia tedesche non s’erano avvicinate alle lontane regioni dell’Unione Sovietica dove c’era il petrolio, la più preziosa di tutte le merci militari, da poter predare. Se i panzer continuarono ad avanzare, anche se sempre più lentamente, sulle distese russe e ucraine apparentemente infinite, fu in gran parte per mezzo del carburante e della gomma importati attraverso Spagna e Francia occupata, dagli Stati Uniti. La quota statunitense delle vitali importazioni tedesche di lubrificanti per motori (Motorenöl), ad esempio, aumentò rapidamente durante l’estate del 1941, vale a dire dal 44 per cento di luglio a non meno del 94 per cento di settembre.(22) Le fiamme dell’ottimismo si riaccesero a settembre, quando le truppe tedesche catturarono Kiev, accerchiando 650000 prigionieri e più a nord, compiendo progressi in direzione di Mosca. Hitler credeva, o almeno faceva finta di credere, che la fine fosse ormai vicina per i sovietici. In un discorso pubblico a Berlino, al Sportpalast, del 3 ottobre, dichiarò che la guerra orientale era praticamente finita. E alla Wehrmacht fu ordinato di dare il colpo di grazia con il lancio dell’Operazione Tifone (Unternehmen Taifun), un’offensiva volta a prendere Mosca. Tuttavia, le probabilità di successo sembravano sempre più scarse mentre i sovietici stavano alacremente portando unità della riserva dall’Estremo Oriente. (Furono informati dal loro capo dello spionaggio a Tokyo, Richard Sorge, che i giapponesi, il cui esercito era di stanza nel nord della Cina, non avevano più intenzione di attaccare i vulnerabili confini sovietici nella zona di Vladivostok). A peggiorare le cose, i tedeschi non godevano più della superiorità aerea, in particolare su Mosca. Inoltre, insufficienti forniture di munizioni e cibo venivano trasportate dalle retrovie del fronte, dato che le lunghe linee di rifornimento furono gravemente ostacolate dalle attività partigiane.(23) Infine, stava facendo freddo in Unione Sovietica, anche se non più del solito per quel periodo dell’anno. Ma l’alto comando tedesco, sicuro che la Blitzkrieg orientale sarebbe finita entro la fine dell’estate, non aveva fornito alle truppe l’attrezzatura necessaria per combattere sotto pioggia, fango, neve, gelo e a temperature autunnali e invernali russe. La presa di Mosca si profilava come un obiettivo estremamente importante per Hitler e i suoi generali. Credevano, a torto, che la caduta di Mosca avrebbe “decapitato” l’Unione Sovietica, provocandone il crollo. E sembrava anche importante evitare il ripetersi dello scenario dell’estate del 1914, quando l’avanzata tedesca, apparentemente inarrestabile, fu fermata in extremis alla periferia est di Parigi, durante la battaglia della Marna. Tale disastro dal punto di vista tedesco vietò alla Germania una quasi certa vittoria nelle fasi iniziali della “Grande Guerra”, costringendola a una lunga, estenuante lotta che, in mancanza di risorse sufficienti e con il blocco dalla marina inglese, era destinata a perdere. Questa volta, nella nuova Grande Guerra, combattuta contro un nuovo nemico, l’Unione Sovietica, non ci doveva essere un “Miracolo della Marna” cioè, nessuna sconfitta davanti la capitale, e la Germania quindi non avrebbe più combattuto, senza risorse e bloccata, un lungo, interminabile conflitto che avrebbe perso. A differenza di Parigi, Mosca sarebbe caduta, la storia non si sarebbe ripetuta e la Germania ne sarebbe uscita vittoriosa.(24) O almeno così speravano al quartier generale di Hitler.
La Wehrmacht continuò ad avanzare, anche se molto lentamente, e da metà novembre alcune unità erano a soli 30 chilometri dalla capitale. Ma le truppe erano ormai completamente esaurite ed a corto di rifornimenti. I loro comandanti sapevano che era semplicemente impossibile prendere Mosca, per quanto vicino potesse essere la città, e che anche così facendo non avrebbero avuto la loro vittoria. Il 3 dicembre, numerose unità abbandonarono l’offensiva di propria iniziativa. In pochi giorni, però, l’intero esercito tedesco davanti a Mosca fu semplicemente costretto sulla difensiva. Infatti, il 5 dicembre, alle 3 del mattino, in condizioni di freddo e neve, l’Armata Rossa lanciò improvvisamente una grande e ben preparata controffensiva. Le linee della Wehrmacht furono sfondate in molti punti e i tedeschi furono respinti di 100 – 280 km con pesanti perdite in uomini e mezzi. Fu solo con grande difficoltà che un accerchiamento catastrofico (Einkesselung) poté essere evitato. L’8 dicembre, Hitler ordinò al suo esercito di abbandonare l’offensiva e di trasferirsi su posizioni difensive. Addebitò questa battuta d’arresto all’arrivo inaspettatamente anticipato dell’inverno, rifiutandosi di ritirarsi oltre, come alcuni dei suoi generali suggerirono, e propose di attaccare di nuovo in primavera.(25) Così finì la Blitzkrieg di Hitler contro l’Unione Sovietica, la guerra che, se fosse stata vittoriosa, avrebbe realizzato la grande ambizione della sua vita, la distruzione dell’Unione Sovietica. Ancora più importante, almeno dal nostro punto di vista, una vittoria avrebbe inoltre fornito alla Germania nazista petrolio ed altre risorse sufficienti a farne una potenza mondiale praticamente invulnerabile. Così la Germania nazista sarebbe molto probabilmente stata in grado di finire la testarda Gran Bretagna, anche se gli Stati Uniti si fossero affrettati ad aiutare la cugina anglosassone che, per inciso, non era ancora in ballo all’inizio del dicembre 1941. Una Blitzsieg, cioè una rapida vittoria contro l’Unione Sovietica, poi avrebbe reso impossibile la sconfitta tedesca, e lo sarebbe stato con ogni probabilità. (Probabilmente è giusto dire che se la Germania nazista avesse sconfitto l’Unione Sovietica nel 1941, la Germania sarebbe oggi ancora la potenza egemone dell’Europa, e forse del Medio Oriente e del Nord Africa). Tuttavia, la sconfitta nella battaglia di Mosca, nel dicembre 1941, impedì che la Blitzkrieg di Hitler portasse alla Blitzsieg sperata. Nella nuova “battaglia della Marna”, appena ad ovest di Mosca, la Germania nazista subì la sconfitta che ne rese impossibile la vittoria, non solo contro l’Unione Sovietica, ma anche contro la Gran Bretagna e della guerra in generale. Tenendo conto delle lezioni della Prima guerra mondiale, Hitler e i suoi generali riconobbero fin dall’inizio che, per vincere la nuova “Grande Guerra” che avevano scatenato, la Germania doveva vincere rapidamente, alla velocità del lampo. Ma il 5 dicembre 1941, era evidente a tutti i presenti al quartier generale di Hitler che una Blitzsieg contro l’Unione Sovietica non era imminente, e che la Germania era destinata a perdere la guerra, se non prima, poi. Secondo il generale Alfred Jodl, Capo di stato maggiore delle operazioni dell’OKW, Hitler si rese conto che non poteva più vincere la guerra.(26) E così si può sostenere che le sorti della Seconda Guerra Mondiale furono decise il 5 dicembre 1941. Tuttavia, come le maree reali non cambiano all’improvviso, ma gradualmente e impercettibilmente, la marea della guerra non cambiò in un solo giorno, ma in giorni, settimane, addirittura mesi, cioè nei tre mesi tra la tarda estate del 1941 e l’inizio di dicembre dello stesso anno. La marea della guerra in Oriente mutò poco a poco, ma non impercettibilmente. Già nell’agosto del 1941, mentre i successi tedeschi non imposero la capitolazione sovietica e già la Wehrmacht rallentava notevolmente, gli osservatori più acuti cominciarono a dubitare che la vittoria tedesca, non solo in Unione Sovietica, ma nella guerra in generale, fosse ancora una possibilità. Il Vaticano, ben informato per esempio, inizialmente fu assai entusiasta della “crociata” di Hitler contro la patria sovietica del bolscevismo “senza Dio” e fiducioso che i sovietici sarebbero crollati immediatamente, iniziò ad esprimere gravi preoccupazioni circa la situazione orientale, nella tarda estate del 1941, ed alla metà di ottobre giunse alla conclusione che la Germania avrebbe perso la guerra.(27) Allo stesso modo, a metà ottobre, i servizi segreti svizzeri riferirono che “i tedeschi non possono più vincere la guerra”; tale conclusione si basava sulle informazioni raccolte in Svezia da dichiarazioni di ufficiali tedeschi.(28) Da fine novembre, una sorta di disfattismo aveva iniziato a infettare i vertici della Wehrmacht e del partito nazista. Proprio mentre sollecitavano le loro truppe ad avanzare su Mosca, alcuni generali opinarono che sarebbe stato preferibile fare aperture per la pace e rallentare la guerra senza raggiungere la grande vittoria che sembrava così certa all’inizio dell’Operazione Barbarossa. E poco prima della fine di novembre, il ministro degli Armamenti Fritz Todt chiese a Hitler di trovare una via d’uscita diplomatica alla guerra, in quanto sul piano militare, nonché industriale, era persa.(29)
Quando l’Armata Rossa lanciò la sua devastante controffensiva il 5 dicembre, lo stesso Hitler si rese conto che avrebbe perso la guerra. Ma ovviamente non era disposto a lasciare che il pubblico tedesco lo sapesse. Le brutte notizie dal fronte di Mosca furono presentate al pubblico come una sospensione temporanea, accusandone l’inaspettato inverno anticipato e l’incompetenza o codardia di alcuni comandanti. (Fu solo un anno più tardi, dopo la catastrofica sconfitta nella battaglia di Stalingrado, nell’inverno 1942-1943, che il pubblico tedesco e il mondo intero capirono che la Germania era condannata, è per questo che ancora oggi molti storici credono che la svolta avvenne a Stalingrado). Anche così, non fu possibile mantenere segrete le implicazioni catastrofiche della debacle di fronte Mosca. Ad esempio, il 19 dicembre 1941, il console tedesco a Basilea riferì ai superiori di Berlino che (l’apertamente filo-nazista) capo della missione della Croce Rossa svizzera, inviato al fronte in Unione Sovietica per assistere solo i feriti tedeschi, ovviamente violando le regole della Croce Rossa, era tornato in Svizzera con la notizia, sorprendente per il console, che “non credeva che la Germania possa vincere la guerra“.(30) Il 7 dicembre 1941, nel suo quartier generale nelle foreste della Prussia orientale, Hitler non aveva ancora completamente digerito l’inquietante notizia della controffensiva sovietica di fronte Mosca quando seppe che dall’altra parte del mondo i giapponesi avevano attaccato gli statunitensi a Pearl Harbour, portando gli Stati Uniti a dichiarare guerra al Giappone, ma non alla Germania, che non aveva nulla a che fare con l’attacco e non era nemmeno a conoscenza dei piani giapponesi. Hitler non aveva alcun obbligo nel correre in aiuto degli amici giapponesi, come sostenuto da molti storici statunitensi, ma l’11 dicembre 1941, quattro giorni dopo Pearl Harbor, dichiarò guerra agli Stati Uniti. Tale decisione apparentemente irrazionale deve essere intesa alla luce della situazione tedesca in Unione Sovietica. Hitler quasi certamente ipotizzò che tale gesto di solidarietà del tutto gratuita avrebbe indotto l’alleato orientale a ricambiare con una dichiarazione di guerra contro il nemico della Germania, l’Unione Sovietica, e questo avrebbe costretto i sovietici nella situazione estremamente pericolosa di una guerra su due fronti. Hitler sembra aver creduto che potesse esorcizzare lo spettro della sconfitta in Unione Sovietica, e della guerra in generale, convocando una sorta di deus ex machina giapponese sulla vulnerabile frontiera siberiana dell’Unione Sovietica. Secondo lo storico tedesco Hans W. Gatzke, il führer era convinto che “se la Germania non si univa al Giappone (nella guerra contro gli Stati Uniti), sarebbe stata la … fine di ogni speranza di un aiuto giapponese contro l’Unione Sovietica“. Ma il Giappone non abboccò all’amo di Hitler. Tokyo disprezzava lo Stato sovietico, ma la terra del sol levante, ora in guerra contro gli Stati Uniti, non poteva permettersi il lusso di una guerra su due fronti, tanto quanto i sovietici, e preferì puntare tutto sulla strategia a “sud”, sperando di vincere il grande premio del sud-est asiatico, tra cui l’Indonesia ricca di petrolio, piuttosto che imbarcarsi in una joint venture nell’inospitale Siberia. Solo alla fine della guerra, dopo la resa della Germania nazista, ci sarebbero state le ostilità tra l’Unione Sovietica e il Giappone.(31) E così, a causa di Hitler, il campo dei nemici della Germania includeva non solo la Gran Bretagna e l’Unione Sovietica, ma anche i potenti Stati Uniti, le cui truppe sarebbero comparse prossimamente sulle coste della Germania, o almeno sulle rive dell’Europa occupata tedeschi. Gli statunitensi avrebbero infatti sbarcato le truppe in Francia, ma solo nel 1944, e questo indubbiamente importante evento è ancora spesso presentato come la svolta della Seconda Guerra Mondiale. Tuttavia, ci si dovrebbe chiedere se gli statunitensi sarebbero mai sbarcati in Normandia o, se per questo, se mai avrebbero dichiarato guerra alla Germania nazista, se Hitler non l’avesse dichiarata a loro l’11 dicembre 1941, e ci si dovrebbe chiedere se Hitler non avrebbe mai compiuto un atto disperato, suicida, decidendo di dichiarare guerra agli Stati Uniti, se non si fosse trovato in una situazione disperata in Unione Sovietica. Il coinvolgimento degli Stati Uniti nella guerra contro la Germania poi, che per molte ragioni non era “previsto” prima del dicembre 1941, fu anche conseguenza della battuta d’arresto tedesca di fronte Mosca. Ovviamente, ciò costituisce ancora un altro fatto che può essere citato a sostegno della tesi “della svolta” in Unione Sovietica nell’autunno e inizio inverno 1941. La Germania nazista era condannata, ma la guerra era ancora lunga. Hitler ignorò il consiglio dei suoi generali, che consigliarono vivamente di cercare di trovare una via d’uscita diplomatica alla guerra, e decise di combattere nella vaga speranza di trarre in qualche modo la vittoria dal cilindro. La controffensiva russa era a corto di potenza, la Wehrmacht sarebbe sopravvissuta all’inverno 1941-1942 e nella primavera del 1942 Hitler avrebbe racimolato tutte le forze disponibili per un’offensiva, nome in codice “Operazione Blu” (Unternehmen Blau), in direzione dei campi petroliferi del Caucaso, via Stalingrado. Hitler stesso riconobbe che “se non abbiamo il petrolio di Majkop e Groznij, avremmo dovuto porre fine a questa guerra“.(32) Tuttavia, l’elemento sorpresa era perduto e i sovietici dimostrarono di disporre di enormi masse di uomini, petrolio e altre risorse, così come equipaggiamenti eccellenti, in gran parte prodotti in fabbriche stabilite oltre gli Urali tra il 1939 e il 1941. La Wehrmacht, d’altra parte, non poteva compensare le ingenti perdite subite nel 1941. Tra il 22 Giugno 1941 e il 31 gennaio 1942, i tedeschi persero 6000 velivoli e oltre 3200 carri armati e veicoli simili, e non meno di 918000 uomini furono uccisi, feriti o dispersi in azione, pari al 28,7 per cento della forza media dell’esercito di 3,2 milioni di uomini.(33) (In Unione Sovietica, la Germania avrebbe perso non meno di 10 milioni del totale di 13,5 milioni di uomini uccisi, feriti o fatti prigionieri durante l’intera guerra, e l’Armata Rossa finì accreditandosi il 90 per cento di tutti i tedeschi uccisi nella Seconda Guerra Mondiale.) (34) Le forze disponibili per una spinta verso i campi petroliferi del Caucaso erano quindi estremamente limitate. In tali circostanze, fu abbastanza notevole che nel 1942 i tedeschi riuscissero a fare quanto fecero. Ma quando la loro offensiva inevitabilmente si esaurì, e cioè nel settembre dello stesso anno, le loro linee debolmente tenute erano tese per centinaia di chilometri, presentando un bersaglio perfetto all’attacco sovietico. Quando l’attacco avvenne, intrappolò un’intera armata tedesca che, infine, distrusse a Stalingrado. Fu dopo questa grande vittoria dell’Armata Rossa che l’ineluttabilità della sconfitta tedesca nella Seconda Guerra Mondiale apparve evidente a tutti. Tuttavia, la sconfitta tedesca apparentemente minore e relativamente sottovalutata di fronte a Mosca, alla fine del 1941, fu il presupposto per la certamente più spettacolare e più “visibile” sconfitta tedesca a Stalingrado. Vi sono altri motivi per proclamare il dicembre 1941 la svolta della guerra. La controffensiva sovietica distrusse la reputazione dell’invincibilità di cui la Wehrmacht si beava fin dal suo successo contro la Polonia nel 1939, alzando così il morale dei nemici della Germania in tutto il mondo. La battaglia di Mosca inoltre assicurò che il grosso delle forze armate della Germania venisse legato ad un fronte di circa 4000 km per un periodo indeterminato di tempo, eliminando ogni possibilità di operazioni tedesche contro Gibilterra, per esempio, e quindi dando un notevole sollievo agli inglesi. Al contrario, il fallimento della Blitzkrieg demoralizzò i finlandesi e gli altri alleati dei tedeschi. E così via…
Di fronte a Mosca, nel dicembre 1941, la marea cambiò perché fu lì che la Blitzkrieg fallì e la Germania nazista fu costretta a combattere senza risorse sufficienti, una lunga, estenuante guerra che Hitler e i suoi generali sapevano che non avrebbero potuto vincere.Jacques R. Pauwels, autore de Il mito della buona guerra: gli USA nella Seconda Guerra Mondiale, James Lorimer, Toronto, 2002.
Note
[1] Gerd R. Ueberschär, “Das Scheitern des, Unternehmens Barbarossa‘”, in Gerd R. Ueberschär e Wolfram Wette (a cura di), Der deutsche Überfall auf die Sowjetunion: “Unternehmen Barbarossa” del 1941, Frankfurt am Main, 2011, p. 120.
[2] Rolf-Dieter Müller, Der Feind steht im Osten: Hitler Geheime für einen Krieg gegen Pläne morire Sowjetunion im Jahr 1939, Berlin, 2011.
[3] Citato in Müller, op. cit., p. 152.
[4] Jacques R. Pauwels, Il mito della guerra buona: Gli USA nella Seconda Guerra Mondiale, James Lorimer, Toronto, 2002, pp 33, 37.
[5] Lieven Soete, Het Sovjet-Duitse niet-aanvalspact van 23 agosto 1939: Politieke Zeden in het Interbellum, Berchem [Anversa], Belgio, 1989, pp 289-290, compresa la nota 1 a pag. 289.
[6] Cfr. ad esempio Gerd R. Ueberschär, “Hitler Entschluss zum ‘Lebensraum’-Krieg im Osten:? Programmatisches Ziel oder militärstrategisches Kalkül,” nel Gerd R. Ueberschär e Wolfram Wette (a cura di), Der deutsche Überfall auf die Sowjetunion: “Unternehmen Barbarossa” der 1941, Frankfurt am Main, 2011, p. 39.
[7] Müller, op. cit., p. 169.
[8] Ueberschär, “Das Scheitern …“, p. 95.
[9] Müller, op. cit., pp 209, 225.
[10] Ueberschär, “Hitler Entschluss …“, p. 15.
[11] Pauwels, op. cit., p. 62; Ueberschär, “Das Scheitern ...”, pp 95-96, Domenico Losurdo, Stalin: storia e critica di una leggenda nera, Roma, 2008, p. 29.
[12] Müller, op. cit., p. 243.
[13] Richard Overy, La Russia in guerra, Londra, 1997, p. 87.
[14] Ueberschär, “Das Scheitern …“, pp 97-98.
[15] Ueberschär, “Das Scheitern ...”, p. 97; Losurdo, op. cit., p. 31.
[16] Overy, op. cit., pp 64-65.
[17] Grover Furr, Khrushchev mentì: La prova che ogni ‘rivelazione’ sui “crimini” di Stalin (e Beria) di Nikita Krusciov, nell’infame ‘Discorso Segreto’ al 20° Congresso del Partito Comunista dell’Unione Sovietica del 25 febbraio 1956, è manifestamente falsa, Kettering/Ohio, 2010, p. 343: Losurdo, op. cit., p. 31; Soete, op. cit., p. 297.
[18] Losurdo, op. cit., pp 31-32.
[19] Bernd Wegner, “Hitler zweiter Feldzug gegen die Sowjetunion: Strategische Grundlagen und Bedeutung historische“, in Wolfgang Michalka (a cura di), Der Zweite Weltkrieg: Analysen – Grundzüge – Forschungsbilanz, Monaco e Zurigo, 1989, p. 653.
[20] Ueberschär, “Das Scheitern ...”, p. 100.
[21] Müller, op. cit., p. 233.
[22] Tobias Jersak, “Oil für den Führer,” Frankfurter Allgemeine Zeitung, 11 febbraio 1999. Jersak utilizzò un documento “top secret” prodotto dalla Wehrmacht Reichsstelle für Mineralöl, ora nella sezione militare dei Bundesarchiv (Archivio federale), file di RW 19/2694.
[23] Ueberschär, “Das Scheitern …“, pp 99-102, 106-107.
[24] Ueberschär, “Das Scheitern ...”, p. 106.
[25] Ueberschär, “Das Scheitern ...”, pp 107-111, Geoffrey Roberts, Le Guerre di Stalin dalla prima guerra mondiale alla guerra fredda, 1939-1953, New Haven / CT e Londra, 2006, p. 111.
[26] Andreas Hillgruber (a cura di), Der Zweite Weltkrieg 1939-1945: Kriegsziele und Strategie der Grossen Mächte, quinta edizione, Stuttgart, 1989, p. 81.
[27] Annie Lacroix-Riz, Le Vatican, l’Europe et le Reich de la Première Guerre mondiale à la guerre froide, Paris, 1996, p. 417.
[28] Daniel Bourgeois, Affari helvétique et troisième Reich: Milieux d’affaires, politique étrangère, antisémitisme, Losanna, 1998, pp 123, 127.
[29] Ueberschär, “Das Scheitern …“, pp 107-108.
[30] Bourgeois, op. cit., pp 123, 127.
[31] Pauwels, op. cit, pp 68-69; citazione di Hans W. Gatzke, “Germania e Stati Uniti: Una relazione speciale?”, Cambridge/MA, Londra, 1980, p. 137.
[32] Wegner, op. cit., pp 654-656.
[33] Ueberschär, “Das Scheitern ...”, p. 116.
[34] Clive Ponting, Armageddon: la Seconda Guerra Mondiale, Londra, 1995, p. 130; Stephen E. Ambrose, Americani in guerra, New York, 1998, p. 72.
Copyright © 2014 Global Research[1] Gerd R. Ueberschär, “Das Scheitern des, Unternehmens Barbarossa‘”, in Gerd R. Ueberschär e Wolfram Wette (a cura di), Der deutsche Überfall auf die Sowjetunion: “Unternehmen Barbarossa” del 1941, Frankfurt am Main, 2011, p. 120.
[2] Rolf-Dieter Müller, Der Feind steht im Osten: Hitler Geheime für einen Krieg gegen Pläne morire Sowjetunion im Jahr 1939, Berlin, 2011.
[3] Citato in Müller, op. cit., p. 152.
[4] Jacques R. Pauwels, Il mito della guerra buona: Gli USA nella Seconda Guerra Mondiale, James Lorimer, Toronto, 2002, pp 33, 37.
[5] Lieven Soete, Het Sovjet-Duitse niet-aanvalspact van 23 agosto 1939: Politieke Zeden in het Interbellum, Berchem [Anversa], Belgio, 1989, pp 289-290, compresa la nota 1 a pag. 289.
[6] Cfr. ad esempio Gerd R. Ueberschär, “Hitler Entschluss zum ‘Lebensraum’-Krieg im Osten:? Programmatisches Ziel oder militärstrategisches Kalkül,” nel Gerd R. Ueberschär e Wolfram Wette (a cura di), Der deutsche Überfall auf die Sowjetunion: “Unternehmen Barbarossa” der 1941, Frankfurt am Main, 2011, p. 39.
[7] Müller, op. cit., p. 169.
[8] Ueberschär, “Das Scheitern …“, p. 95.
[9] Müller, op. cit., pp 209, 225.
[10] Ueberschär, “Hitler Entschluss …“, p. 15.
[11] Pauwels, op. cit., p. 62; Ueberschär, “Das Scheitern ...”, pp 95-96, Domenico Losurdo, Stalin: storia e critica di una leggenda nera, Roma, 2008, p. 29.
[12] Müller, op. cit., p. 243.
[13] Richard Overy, La Russia in guerra, Londra, 1997, p. 87.
[14] Ueberschär, “Das Scheitern …“, pp 97-98.
[15] Ueberschär, “Das Scheitern ...”, p. 97; Losurdo, op. cit., p. 31.
[16] Overy, op. cit., pp 64-65.
[17] Grover Furr, Khrushchev mentì: La prova che ogni ‘rivelazione’ sui “crimini” di Stalin (e Beria) di Nikita Krusciov, nell’infame ‘Discorso Segreto’ al 20° Congresso del Partito Comunista dell’Unione Sovietica del 25 febbraio 1956, è manifestamente falsa, Kettering/Ohio, 2010, p. 343: Losurdo, op. cit., p. 31; Soete, op. cit., p. 297.
[18] Losurdo, op. cit., pp 31-32.
[19] Bernd Wegner, “Hitler zweiter Feldzug gegen die Sowjetunion: Strategische Grundlagen und Bedeutung historische“, in Wolfgang Michalka (a cura di), Der Zweite Weltkrieg: Analysen – Grundzüge – Forschungsbilanz, Monaco e Zurigo, 1989, p. 653.
[20] Ueberschär, “Das Scheitern ...”, p. 100.
[21] Müller, op. cit., p. 233.
[22] Tobias Jersak, “Oil für den Führer,” Frankfurter Allgemeine Zeitung, 11 febbraio 1999. Jersak utilizzò un documento “top secret” prodotto dalla Wehrmacht Reichsstelle für Mineralöl, ora nella sezione militare dei Bundesarchiv (Archivio federale), file di RW 19/2694.
[23] Ueberschär, “Das Scheitern …“, pp 99-102, 106-107.
[24] Ueberschär, “Das Scheitern ...”, p. 106.
[25] Ueberschär, “Das Scheitern ...”, pp 107-111, Geoffrey Roberts, Le Guerre di Stalin dalla prima guerra mondiale alla guerra fredda, 1939-1953, New Haven / CT e Londra, 2006, p. 111.
[26] Andreas Hillgruber (a cura di), Der Zweite Weltkrieg 1939-1945: Kriegsziele und Strategie der Grossen Mächte, quinta edizione, Stuttgart, 1989, p. 81.
[27] Annie Lacroix-Riz, Le Vatican, l’Europe et le Reich de la Première Guerre mondiale à la guerre froide, Paris, 1996, p. 417.
[28] Daniel Bourgeois, Affari helvétique et troisième Reich: Milieux d’affaires, politique étrangère, antisémitisme, Losanna, 1998, pp 123, 127.
[29] Ueberschär, “Das Scheitern …“, pp 107-108.
[30] Bourgeois, op. cit., pp 123, 127.
[31] Pauwels, op. cit, pp 68-69; citazione di Hans W. Gatzke, “Germania e Stati Uniti: Una relazione speciale?”, Cambridge/MA, Londra, 1980, p. 137.
[32] Wegner, op. cit., pp 654-656.
[33] Ueberschär, “Das Scheitern ...”, p. 116.
[34] Clive Ponting, Armageddon: la Seconda Guerra Mondiale, Londra, 1995, p. 130; Stephen E. Ambrose, Americani in guerra, New York, 1998, p. 72.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
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