Andreij Evgenjevich Klichkov, nato a Kaliningrad il 2 settembre 1979, si è laureato presso l’Istituto Ministeriale di Legge di Kaliningrad, l’Università Russa per l’Innovazione e l’Accademia Diplomatica del Ministero degli Affari Esteri della Federazione Russa.
Dal luglio 2001 è iscritto al Partito Comunista della Federazione Russa, dove è passato dal ruolo di consigliere giuridico a quello di vice-direttore del Dipartimento Giuridico del Comitato Centrale. Attualmente è membro del Presidium del Comitato Centrale del Partito e segretario della federazione cittadina di Mosca.
L’11 ottobre 2009 è stato eletto deputato presso la Camera Comunale (Duma cittadina) di Mosca, dove è impegnato in cinque commissioni consiliari (economia urbana ed edilizia abitativa, proprietà statale e gestione del territorio, edilizia popolare e amministrazione locale, personale consiliare ed organizzazione della Duma cittadina). In occasione della sessione plenaria del Comitato Centrale del Partito, tenutasi il 24 febbraio scorso in conclusione del XV Congresso, è stato eletto membro del Presidium del Comitato Centrale del Partito.


Benvenuto sul portale on-line di Stato&Potenza, Andreij. Il Vostro Partito ha recentemente svolto il suo XV Congresso in un anno molto importante per la sua storia politica e militare. Durante l’inizio del 2013 sono infatti stati celebrati il 70° anniversario della vittoria sovietica a Stalingrado e il 20° anniversario della nascita del Vostro Partito. Puoi farci un bilancio generale del Congresso?
Il XV Congresso del Partito Comunista è stato molto importante e significativo. La sua grandezza può essere giudicata dal fatto che vi hanno aderito qualcosa come 95 delegazioni straniere di numerosi partiti comunisti, operai e di sinistra di tutto il mondo. Durante i due giorni di Congresso è stato riassunto il lavoro, sono state fatte dichiarazioni politiche importanti e risoluzioni per stabilire un piano per il futuro. Seria è stata la relazione completa presentata dal presidente del Comitato Centrale del Partito Comunista Gennadij Zjuganov, che, tra le altre cose, ha stimato i fattori chiave che determinano la vita del mondo contemporaneo. In particolare ha sottolineato che nel mondo sta crescendo l’aggressività dell’imperialismo, mentre la rapida crescita di un certo numero di Paesi in via di sviluppo è una sfida alla sua egemonia. Questo aumenta la mole di lavoro e mobilita un ampio movimento popolare, attiva i partiti comunisti e di sinistra. Ovviamente, si è poi ribadito che il socialismo nel mondo odierno costituisce l’unica alternativa al capitalismo. Il XV Congresso ha registrato poi che la Russia è chiamata ad una dura prova in condizioni di estrema debolezza. La sfiducia per le elezioni parlamentari (per la Duma di Stato, ndt) del dicembre 2011 ha scatenato proteste di massa in molte città. In risposta a questo, il regime al comando si è spostato verso un più rigido sistema di potere personale. Allo stesso tempo, è aumentato il sostegno per il Partito Comunista, anche in termini elettorali. Ricostituite le fila del Partito, si sono avvicinate decine di migliaia di militanti, e questa è la migliore prova che le idee del socialismo sono percepite come vicine dalla maggior parte dei russi. Il XV Congresso ha riconosciuto il lavoro del Comitato Centrale per quanto riguarda i soddisfacenti emendamenti adottati dalla Carta del Partito Comunista, così come le risoluzioni e le dichiarazioni, tra cui “Il capitalismo è in crisi! Il futuro del socialismo”, “Risorse naturali: al servizio del popolo”, “WTO: uno strumento di aggressione globalista contro il popolo russo”, “Viva Cuba socialista”, “Giù le mani dalla Siria” ed altre ancora. Infine, il presidente Gennadij Zjuganov è stato rieletto, così come l’intero Comitato Centrale composto da 180 membri.


Nell’importantissimo documento pubblicato dal Comitato Centrale del Vostro Partito, si legge: “I tentativi da parte di alcuni partiti dell’Europa Occidentale di risolvere i problemi abbracciando l’eurocomunismo sono finiti nel fallimento più completo. Le divisioni ideologiche e organizzative hanno distrutto la capacità di coinvolgimento delle masse di alcuni di questi partiti. Si deve prendere atto di un rilevante indebolimento dei partiti comunisti francesi e italiani che un tempo erano i partiti comunisti più importanti in Europa”. Le ultime elezioni italiane hanno registrato la completa scomparsa degli ultimi minoritari partiti comunisti mentre i partiti dell’estrema sinistra in Francia e in Germania sembrano incapaci di costruire una vera alternativa socialista alla cultura liberale e capitalista dominante in Europa. Qual’è la tua opinione sui partiti comunisti occidentali?
Purtroppo, la maggior parte dei partiti comunisti dell’Europa Occidentale dopo il crollo dell’Unione Sovietica hanno abbandonato i loro principi fondamentali e sono passati sulle astratte posizioni del cosiddetto “sinistrismo”. Sono in pochi a seguire ancora il marxismo-leninismo, nella difesa degli interessi della classe operaia e dello Stato nazionale. Vi sono alcune eccezioni, come ad esempio il Partito Comunista di Grecia (KKE, ndt), che è rimasto coerente in relazione alla difesa dei lavoratori e agli interessi della sovranità nazionale politica ed economica. In Europa Orientale, l’equilibrio delle forze politiche è fondamentalmente diverso. Lì la “sinistra” (ossia i comunisti, i socialisti e, a volte, anche i socialdemocratici) rappresenta gli interessi della maggior parte dei lavoratori e si oppone all’offensiva del capitalismo transnazionale. Mi riferisco soprattutto ai partiti comunisti della Repubblica Ceca, della Slovacchia, della Croazia ed altri. Naturalmente, i comunisti dell’Europa Occidentale stanno vivendo momenti difficili ma non c’è ragione di rinunciare. Questa è l’occasione per analizzare attentamente gli errori, imparando dall’esperienza di altri Paesi per fare un altro passo in avanti.


Alcuni di noi hanno personalmente studiato e/o tradotto diversi articoli e saggi di Gennadij Zjuganov negli ultimi anni e ci ha sempre colpito un elemento molto interessante in essi contenuto: una forte e rimarchevole forma spirituale di patriottismo, un’identità nazionale vista come parte importante nell'”Idea Socialista Russa”. Questo atteggiamento ideologico ci rimanda non soltanto ad autori dell’epoca sovietica come Sergej Semanov o Lev Gumilëv, ma anche ad autori ottocenteschi come Alekseij Chomjakov, Nikolaij Danilevskij e Fëdor Dostoevskij. Da diversi comunisti occidentali tutto questo è percepito come qualcosa di eretico. Perché i comunisti russi ritengono che questa sia la strada più giusta? E qual’è il significato storico delle origini Slave, Cosacche e Ortodosse in Russia?
Non vi è nulla di sorprendente nel fatto che il Partito Comunista stia suonando l’allarme in questo senso. Purtroppo nel nostro Paese viviamo un periodo di abbandono delle radici storiche, una dissimulazione dell’identità nazionale russa. Ogni anno sempre più russi emigrano all’estero. Le dimensioni di questa prolungata diaspora russa in tutto il mondo hanno superato i 30 milioni di persone. Siamo per la prima volta dopo molti secoli separati dagli ucraini e dai bielorussi, ma noi abbiamo una storia comune, una cultura comune e una vittoria comune. La quadrimillenaria civiltà russa ha inglobato quasi 180 etnie e popoli attraverso la loro cultura, la loro fede e le loro tradizioni. Tuttavia le forze capitalistico-finanziarie occidentali ostili alla Russia non nascondono il loro obiettivo di distruggere il popolo russo, la sua identità nazionale, che costituisce un ostacolo alla globalizzazione. E lo hanno pubblicamente e ripetutamente annunciato, ciascuno a suo tempo, i leader del mondo occidentale: il primo ministro britannico Margaret Thatcher (negli anni Ottanta, ndt), il segretario di Stato Madeleine Albright (sotto il mandato Clinton, ndt), il consigliere per la sicurezza nazionale Zbigniew Brzezinski (sotto il mandato Carter, ndt) ed altri. La tragedia sta nel fatto che la loro volontà viene portata avanti da influenti forze politiche russe con il pretesto delle riforme e della modernizzazione presentate negli ultimi venti anni. Di conseguenza, durante la presidenza di Boris Eltsin sono morti 7,5 milioni di russi. Negli undici anni successivi più di 10 milioni. Stando ai dati, ogni anno muoiono 2 milioni di slavi. In queste condizioni diventa impossibile parlare della necessità di conservare e rilanciare l’identità nazionale russa. Proprio il patriottismo e l’identità nazionale possono mobilitare ancora una volta, come nel periodo sovietico, il nostro popolo e diventare una forza trainante per lo sviluppo. Di grande importanza in questo senso è la fede ortodossa. Comunisti e cristiani ortodossi condividono valori comuni: l’amor di patria, la famiglia, i bambini, le persone, l’amicizia e il lavoro di squadra, la ricerca della verità e della giustizia. E, soprattutto, il principio secondo il quale “chi non lavora non mangia”, cioè il valore del lavoro. Sia nel Partito Comunista che nella Chiesa Ortodossa Russa c’è una visione comune del futuro: il successo della strategia di sviluppo della Società dovrebbe coniugare l’esperienza storica della Russia prerivoluzionaria ed i risultati positivi del periodo sovietico. La spiritualità russa ed il patriottismo sono inseparabili, e non esiste alcuna “eresia”.


L’analisi internazionale è un altro elemento significativo nel programma del Partito Comunista. Dopo il 1991 l’imperialismo occidentale è diventato più aggressivo di prima, la NATO ha notevolmente espanso la sua area geostrategica e l’esercito degli Stati Uniti ha incredibilmente aumentato le sue capacità militari nelle nuove condizioni di conflitto. Cosa manca nella politica estera russa per costruire una vera dottrina strategica di opposizione globale all’imperialismo? Cosa pensi del lavoro svolto dai ministri Shoigu (Difesa) e Lavrov (Esteri)?
Per venti anni in Russia non sono state adottate contromisure adeguate all’espansione ininterrotta della NATO. E’ stato ratificato il trattato START-3, che maschera l’intenzione statunitense di una nuova corsa agli armamenti. Nel frattempo, il governo russo non solo ha ridotto il potenziale di difesa del Paese, ma ha respinto anche i nostri alleati, tra cui il più vicino: la fraterna Bielorussia. E’ ovvio che il nostro Paese ha bisogno di avviare un corso fondamentalmente diverso in campo internazionale. In primo luogo, la Russia dovrebbe concentrare i propri sforzi sul miglioramento del ruolo delle Nazioni Unite nella politica mondiale, per limitare l’influenza della NATO e per avviare lo scioglimento dell’Alleanza. Vi è poi la necessità di sviluppare buone relazioni alla pari con i Paesi europei, di ampliare la cooperazione con la Cina, l’India, il Vietnam e altri Paesi in Asia, America Latina e Africa. Un altro compito consiste nella creazione di una nuova Unione tra i popoli fratelli della Russia, della Bielorussia, dell’Ucraina e del Kazakistan. Il terzo compito è quello di rafforzare la difesa del Paese. Il Partito Comunista ha già presentato proposte specifiche per ogni settore. Se fossero applicate, si potrebbe parlare della creazione di una vera dottrina strategica contro l’imperialismo. Per quanto riguarda il lavoro di Sergej Shoigu e Sergej Lavrov, penso che siano professionisti dalle notevoli capacità ma che sono in gran parte tenuti in ostaggio dal regime al potere.


La crisi finanziaria occidentale è stata palesemente una crisi del capitalismo. Alcuni Paesi europei, come l’Italia, stanno andando verso un preoccupante peggioramento delle condizioni sociali interne. Il futuro dell’Unione Europea è ora incerto e alcuni osservatori credono che il cosiddetto “sogno europeo” entro breve fallirà. La Russia potrebbe giocare un ruolo in Europa alla luce di questo eventuale scenario? E cosa pensi del ruolo delle economie riemergenti come la Cina e l’India?
Di per sé, l’Unione Europea e la storia del suo sviluppo rappresentano forse i risultati più significativi del capitalismo del dopoguerra in termini geopolitici. Ma appena la crisi ha cominciato ad “esercitare la sua pressione”, così come fu formulato un secolo fa dalle tesi di Lenin (si veda “Sulla parola d’ordine degli Stati Uniti d’Europa”, pubblicato per la prima volta nel Sotsial-Demokrat n. 44 del 23 agosto 1915, ndt), quanto più le contraddizioni interimperialistiche si fanno forti tanto maggiore è la tendenza ad un’integrazione delle risorse materiali e finanziarie sotto la bandiera degli “Stati Uniti d’Europa”. La rivoluzione tecnologica offre all’umanità grandi opportunità per la crescita economica e il progresso sociale. Sfortunatamente, tuttavia, impedisce uno sviluppo capitalistico mondiale. Per me è chiaro che solo il socialismo può salvare il mondo dal disastro, concedendogli un’altra possibilità. Nel corso degli ultimi 20 anni lo hanno compreso molti russi, che hanno dovuto vivere prima sotto il comunismo e poi sotto il capitalismo. L’esempio dei nostri vicini asiatici non fa che confermare questa tesi. Gli esperti prevedono che entro il 2015 il PIL totale della Cina e dell’India supererà l’importo complessivo delle economie del G7. E nel 2016 la Cina diventerà la più grande economia del mondo, davanti agli Stati Uniti. Certo, mi piacerebbe vedere la Russia diventare un Paese che possa essere un esempio per l’Occidente, in modo da poter costruire il socialismo in Russia e in modo da attirare l’attenzione degli europei. E’ giunto il momento di imparare a non sbagliare. La nostra vita è troppo breve per passarla a combattere conflitti.