lunedì 3 novembre 2014

No Marx? Allora beccatevi le barbarie


No Marx? Allora beccatevi le barbarie

Disoccupazione galoppante, eliminazione sistematica delle tutele sul lavoro e dei diritti, guerre sistematiche, terrorismo, epidemie, perversione dei rapporti interpersonali: tutti questi sono i frutti del sistema economico e sociale che ha pervaso il mondo dopo la caduta del cosiddetto socialismo reale, assurto secondo il mainstream a quintessenza dell’ “Impero del Male”. Si tratta delle “barbarie”, ovvero esattamente di tutto ciò che il socialismo vorrebbe evitare..
Socialismo o barbarie“, questo il famoso aut aut, una scelta che il mondo sembra aver preso in modo irreversibile, almeno per quanto riguarda gli ultimi trent’anni. E credeteci, vorremmo davvero sbagliarci, perchè vorrebbe dire che non stiamo vivendo un periodo che non ci vergogniamo di definire medievale e barbarico. Siamo esagerati? Mica tanto. Pensate per un attimo allo scenario mondiale che fa da contorno alla vita quotidiana: ci sono guerre ovunque con tanto di terrorismo che è diventato quasi normalità, con tutto il corollario di decapitazioni, impiccagioni e fosse comuni. Milioni di persone hanno perso il proprio posto di lavoro, altri milioni non hanno nemmeno più la possibilità di sperare di trovarlo e milioni e milioni di lavoratori a causa della crisi economica hanno perso ogni tipo di tutela sul lavoro e rischiano di perdere progressivamente anche i diritti sociali e individuali. Tutto viene macinato come una ruota infernale dal capitalismo neoliberista, un sistema per cui l’unica cosa che conta è il profitto, il nuovo Dio mondiale cui si sacrificano interi popoli a cuor leggero. Viviamo un’era di menzogne con i media e i tg che non raccontano più i fatti così come sono ma come vorrebbero che fossero, ed è anche l’unica era possibile, almeno secondo il mainstream, dal momento che ogni voce di dissenso è stata emarginata e ridotta al silenzio mediante un processo decennale di denigrazione sistematica. Una macchina del fango che ha investito il socialismo senza avere pietà nemmeno di Karl Marx, relegato a un filosofo di secondo rango che fa parte delle nebbie del passato e che ha “fallito” dal momento che secondo i chierici del neoliberismo il concetto stesso di “classe sociale” è un grave errore. E ben li si comprende dal momento che proprio le teorie marxiste rappresentano un coltello puntato alla gola di chi trae giovamento dal sistema attuale, e quindi ben si capisce l’anticomunismo viscerale che ha compattato il gruppo sociale che trae vantaggio da questo sistema economico e sociale. Ma se la promessa di un mondo ricco e felice aveva convinto intere generazioni mentre il muro di Berlino crollava, oggi il “Re è Nudo” ed è possibile tranquillamente sostenere che i fanatici del libero mercato hanno fallito, quanto e più dei pianificatori socialisti che sono stati messi all’indice alla fine del XX secolo. Anzi, ci spingiamo ancora oltre dicendo la nostra, ovvero che il sistema attuale ha fatto molti più danni del socialismo reale e che lo stesso socialismo reale, pur con tutte le sue storture, serviva esattamente a evitare che il mondo scivolasse nelle barbarie che viviamo oggi. Un mondo dove il denaro qualifica l’uomo più del suo carattere e delle sue azioni, dove l’estetica conta più dell’essenza, dove tutto viene pervertito sulla base dell’individualismo, anche il rapporto tra le persone, diventato anch’esso vuoto e mercificato. Il socialismo invece si proponeva di migliorare la società in modo da migliorare, di riflesso, anche gli individui, l’esatto contrario di un sistema che, citando la stessa Thatcher (eroina per chi detta le regole del mondo attuale), parte dal presupposto che “la società non esiste”. Una società distrutta lascia sul terreno un insieme di individui, e gli individui possono tranquillamente essere educati al culto del profitto e della competizione con gli altri. Da qui la conclusione, ovvero che non è possibile avere la “botte piena e la moglie ubriaca“, nel senso che ormai emerge come sia irrealizzabile ignorare l’uguaglianza in nome della libertà in quanto l’una esclude l’altra. Senza una uguaglianza reale se non dal punto di vista materiale almeno dal punto di vista normativo e culturale, ogni libertà concessa non sarà che effimera, vuota, e inutile. Al contrario è solo dall’uguaglianza che può gemmare anche la libertà, ed è solo con l’uguaglianza che si può eliminare il conflitto tra gli uomini. Il mondo in cui viviamo invece rifiuta culturalmente l’uguaglianza proponendosi solo di dispiegare al massimo la libertà, il che significa sistematizzare l’hobbesiano “Homo Homine Lupus” arrivando a porre le premesse per una società che non riconosce più la solidarietà come valore e che inizia a ignorare le sofferenze umane in nome della “libertà” dell’individuo, ovviamente presunta, di essere artefice del proprio destino. Per costoro il contesto sociale e la contestualizzazione non hanno valore, esiste solo la volontà dell’ “Io” creatore, e il loro capolavoro è aver fatto interiorizzare tutto questo anche a coloro che invece trarrebbero giovamento dal pensiero opposto.

Fonte: Tribuno del popolo

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