La
Russia prerivoluzionaria era un paese molto arretrato dal punto di
vista economico, sociale e culturale. Tuttavia nel 1921 alla fine della
guerra civile, dopo la sconfitta
dell'aggressione che 15 potenze imperialiste portarono alla neonata
Repubblica dei Soviet, la produzione industriale era crollata a un terzo
di quella dell'anteguerra e in particolare quella della grande
industria a un quinto. Ebbene da questo punto così critico cominciò
questa grande avventura, prima con la NEP, la Nuova Politica Economica,
dal 1921 al 1928 che pur mantenendo saldi i mezzi di produzione
principali nelle mani dello Stato sovietico, consentì l'attività privata
nel piccolo commercio e nell'agricoltura. Infatti il peso del settore
privato passò rispettivamente nella grande e nella piccola industria dal
4,4% del 1923/24 allo 0,9% del 1928 e dallo 87,3% al 43,8%; il
commercio all'ingrosso dall'18,1% allo 0,9% e quello al dettaglio dal
66,5% al 14,3%. Invece l'agricoltura privata ancora pesava per il 98,3%
fino al 1928. Questo significa che anche durante la NEP il peso del
privato nell'industria e nel commercio, non solo non aumentò, ma andò
diminuendo sempre di più.
I grandi balzi in avanti sulla strada dello sviluppo economico si ebbero col I° e col II° Piano quinquennale, rispettivamente dal 1928-32 e 1933-37. In particolare col primo piano l'URSS aveva già quasi quattro volte la produzione industriale di prima della guerra mentre nel 1938 aveva raggiunto il volume pari a 9 volte, mentre le altre potenze capitaliste ristagnavano a seguito della grande crisi e le condizioni di vita dei lavoratori regredivano costantemente. Per esempio nel 1938, dopo la lunga crisi degli anni Trenta, gli USA avevano una produzione industriale di appena il 20% in più di quella dell'anteguerra, l'Inghilterra del 13%, la Francia addirittura era diminuita del 7% e anche i tanto decantati successi della statalista Germania nazista, dopo la distruzione di tutti i diritti dei lavoratori tedeschi, non portarono che a un incremento del 31%.
Se all'inizio dei primi piani quinquennali l'URSS produceva un ottavo degli USA, nel 1955, dopo tutte le distruzioni provocate dalla Seconda Guerra Mondiale, già si era avvicinata moltissimo alla produzione di questo paese producendo la metà di quel paese e aveva surclassato tutte le ex grandi potenze capitaliste: l'Inghilterra da un terzo della produzione di quel paese a tre volte, la Germania da un terzo a dieci volte. Questo sforzo è stato fatto esclusivamente attraverso l'industria statale diretta centralmente che trasformò in pochi anni l'URSS da paese prevalentemente agricolo in un colosso industriale. Infatti, se nel 1913 l'industria rappresentava il 42% della produzione, già alla fine del I piano quinquennale reppresentava oltre il 70%.
Ma è anche da ricordare che il primo piano quinquennale portò alla rapida meccanizzazione e modernizzazione dell'agricoltura con produzioni moderne e non più quasi esclusivamente cerealicole. Le colture industriali passarono da 4,5 milioni di tonnellate di prima della guerra a 12 milioni. In particolare questo sforzo fu compiuto grazie alla aziende statali (sovkoz) e cooperative collettivizzate (kolkoz) che già nel 1933 rappresentavano il 65% delle aziende contadine.
Naturalmente nei primi anni si dovette spingere molto l'acceleratore sullo sviluppo dell'industria pesante, perché l'URSS non aveva né tempo per aspettare, né colonie da sfruttare. Ma già dal secondo e poi ancora di più nel terzo piano quinquennale, nonostante l'assedio capitalistico, le proporzioni con l'industria di produzione dei beni di consumo si andarono riequilibrando, come anche gli economisti anticomunisti devono riconoscere, passando da una proporzione tra beni di produzione e beni di consumo che va dal 30,8% rispetto al 17,6% del primo piano, al 18,9% rispetto al 14,9% del secondo, al 15,2% contro un 11,0% del terzo.
Ma la produzione sovietica non era solo quantità, ma anche qualità. Questi stessi economisti anticomunisti si lasciano sfuggire, tra la selva di considerazioni denigratorie, non solo che sulle principali riviste sovietiche degli anni Trenta ci fosse un ampio dibattito sulla qualità dei prodotti, ma che la Prima Conferenza sulla qualità industriale si tenne a Mosca nell'ottobre del 1930. Questi grandi successi furono ottenuti soprattutto con un'organizzazione della produzione che era diretta dagli stessi lavoratori attraverso le conferenze operaie, concetto "scoperto" solo negli ultimi tempi dai capitalisti.
Ricordiamo a questo proposito il minatore Aleksei Stakhanov che il 31 agosto 1935 estrasse una quantità record di carbone pari a 14 volte la sua quota. Ora questo risultato non poteva essere stato ottenuto certo aumentando lo sforzo muscolare o il tempo di produzione, ma fu raggiunto attraverso una migliore organizzazione della produzione. I paesi capitalisti, che in quegli anni perseguivano il taylorismo, un'organizzazione del lavoro che riduce l'uomo ad appendice della macchina, rimasero completamente frastornati e ammirati. Il famoso periodico Time, il 16 dicembre 1935 dedicò la copertina a Stakhanov e al movimento stakhanovista.
Nel frattempo già nel 1933 la giornata lavorativa era stata portata a sette ore. Il salario medio operaio raddoppiò dal 1933 al 1938, nello stesso periodo gli stanziamenti statali per opere sociali e culturali si moltiplicarono per 7. E questo nel momento di massimo sforzo di industrializzazione con la guerra alle porte. Considerando che sanità, istruzione erano gratuiti per tutti, la casa costava non più del 3% del reddito e gli altri beni di prima necessità erano a pochissimo prezzo, chiunque può fare il confronto non solo con la vita grama dei lavoratori nei paesi capitalistici di quel periodo, ma anche con la situazione odierna.
[fonte: http://www.resistenze.org/sito/te/cu/ur/cuurem12-015352.htm]
I grandi balzi in avanti sulla strada dello sviluppo economico si ebbero col I° e col II° Piano quinquennale, rispettivamente dal 1928-32 e 1933-37. In particolare col primo piano l'URSS aveva già quasi quattro volte la produzione industriale di prima della guerra mentre nel 1938 aveva raggiunto il volume pari a 9 volte, mentre le altre potenze capitaliste ristagnavano a seguito della grande crisi e le condizioni di vita dei lavoratori regredivano costantemente. Per esempio nel 1938, dopo la lunga crisi degli anni Trenta, gli USA avevano una produzione industriale di appena il 20% in più di quella dell'anteguerra, l'Inghilterra del 13%, la Francia addirittura era diminuita del 7% e anche i tanto decantati successi della statalista Germania nazista, dopo la distruzione di tutti i diritti dei lavoratori tedeschi, non portarono che a un incremento del 31%.
Se all'inizio dei primi piani quinquennali l'URSS produceva un ottavo degli USA, nel 1955, dopo tutte le distruzioni provocate dalla Seconda Guerra Mondiale, già si era avvicinata moltissimo alla produzione di questo paese producendo la metà di quel paese e aveva surclassato tutte le ex grandi potenze capitaliste: l'Inghilterra da un terzo della produzione di quel paese a tre volte, la Germania da un terzo a dieci volte. Questo sforzo è stato fatto esclusivamente attraverso l'industria statale diretta centralmente che trasformò in pochi anni l'URSS da paese prevalentemente agricolo in un colosso industriale. Infatti, se nel 1913 l'industria rappresentava il 42% della produzione, già alla fine del I piano quinquennale reppresentava oltre il 70%.
Ma è anche da ricordare che il primo piano quinquennale portò alla rapida meccanizzazione e modernizzazione dell'agricoltura con produzioni moderne e non più quasi esclusivamente cerealicole. Le colture industriali passarono da 4,5 milioni di tonnellate di prima della guerra a 12 milioni. In particolare questo sforzo fu compiuto grazie alla aziende statali (sovkoz) e cooperative collettivizzate (kolkoz) che già nel 1933 rappresentavano il 65% delle aziende contadine.
Naturalmente nei primi anni si dovette spingere molto l'acceleratore sullo sviluppo dell'industria pesante, perché l'URSS non aveva né tempo per aspettare, né colonie da sfruttare. Ma già dal secondo e poi ancora di più nel terzo piano quinquennale, nonostante l'assedio capitalistico, le proporzioni con l'industria di produzione dei beni di consumo si andarono riequilibrando, come anche gli economisti anticomunisti devono riconoscere, passando da una proporzione tra beni di produzione e beni di consumo che va dal 30,8% rispetto al 17,6% del primo piano, al 18,9% rispetto al 14,9% del secondo, al 15,2% contro un 11,0% del terzo.
Ma la produzione sovietica non era solo quantità, ma anche qualità. Questi stessi economisti anticomunisti si lasciano sfuggire, tra la selva di considerazioni denigratorie, non solo che sulle principali riviste sovietiche degli anni Trenta ci fosse un ampio dibattito sulla qualità dei prodotti, ma che la Prima Conferenza sulla qualità industriale si tenne a Mosca nell'ottobre del 1930. Questi grandi successi furono ottenuti soprattutto con un'organizzazione della produzione che era diretta dagli stessi lavoratori attraverso le conferenze operaie, concetto "scoperto" solo negli ultimi tempi dai capitalisti.
Ricordiamo a questo proposito il minatore Aleksei Stakhanov che il 31 agosto 1935 estrasse una quantità record di carbone pari a 14 volte la sua quota. Ora questo risultato non poteva essere stato ottenuto certo aumentando lo sforzo muscolare o il tempo di produzione, ma fu raggiunto attraverso una migliore organizzazione della produzione. I paesi capitalisti, che in quegli anni perseguivano il taylorismo, un'organizzazione del lavoro che riduce l'uomo ad appendice della macchina, rimasero completamente frastornati e ammirati. Il famoso periodico Time, il 16 dicembre 1935 dedicò la copertina a Stakhanov e al movimento stakhanovista.
Nel frattempo già nel 1933 la giornata lavorativa era stata portata a sette ore. Il salario medio operaio raddoppiò dal 1933 al 1938, nello stesso periodo gli stanziamenti statali per opere sociali e culturali si moltiplicarono per 7. E questo nel momento di massimo sforzo di industrializzazione con la guerra alle porte. Considerando che sanità, istruzione erano gratuiti per tutti, la casa costava non più del 3% del reddito e gli altri beni di prima necessità erano a pochissimo prezzo, chiunque può fare il confronto non solo con la vita grama dei lavoratori nei paesi capitalistici di quel periodo, ma anche con la situazione odierna.
[fonte: http://www.resistenze.org/sito/te/cu/ur/cuurem12-015352.htm]
Nessun commento:
Posta un commento