La rinuncia alla realizzazione del gasdotto South Stream annunciata da Vladimir Putin durante la visita in Turchia avrà forti ripercussioni politiche su tutta la regione del Mar Nero.
Nel corso della visita è anche stato annunciato un aumento delle
forniture alla Turchia attraverso il gasdotto Blue Stream e la costruzione di un secondo gasdotto che fornirà 64 milioni di metri cubi,
dei quali 14 per il mercato turco. Gli altri potranno essere
ri-esportati verso il mercato europeo, in maniera ancora non precisata.
Si è parlato di un hub sul confine con la Grecia. Molti commentatori
hanno anche ipotizzato una “resurrezione” del progetto Nabucco
accantonato l’anno scorso.
I principali sconfitti sono i Paesi balcanici,
in particolare la Bulgaria, che perderebbe il suo ruolo strategico. La
perdita sarebbe ancora più grande qualora la Turchia decidesse di
ri-esportare il gas ricevuto dalla Russia attraverso la Grecia.
Attualmente, infatti, attraverso il territorio bulgaro transita il gas
russo destinato a Macedonia, Grecia e alla Turchia europea. Sofia ha
incassato il sostegno del Presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker, che ieri ha incontrato il Primo Ministro Boyko Borissov:
Juncker ha detto che “non ci sono novità riguardo South Stream”,
perchè, come ha precisato Borissov, la Russia non ha ancora notificato
ufficialmente al suo governo la cancellazione del progetto. In ogni
caso, l’annuncio di Putin è più che sufficiente per spingere Juncker a
sottolineare che “la palla è in campo russo”, ossia che ogni decisione
sarà una responsabilità di Mosca. La Commissione contesta la tesi russa
che la cancellazione di South Stream sia dovuta agli ostacoli
burocratici posti dall’UE: “South Stream può essere costruito” e la
Bulgaria sta lavorando con la Commissione per superare i problemi legali
sorti sinora. Tuttavia, è evidente come il progetto ormai sia stato
politicamente abbandonato dopo il dietrofront russo. La questione
potrebbe comunque minare la coesione tra Stati membri dell’UE.
L’annuncio non avrà reso felice neanche Azerbaijan e Georgia. Il gas azero comunque non sarebbe bastato per il mercato europeo. Probabilmente si passerà dalla competizione alla collaborazione tra Russia e Azerbaijan.
Un avvicinamento tra Russia, Turchia e Azerbaijan non può che evocare i
peggiori incubi degli armeni. Nei primi anni ’20, l’avvicinamento tra
la Russia bolscevica e la Turchia kemalista, allora come oggi in chiave
anti-occidentale, portò all’accordo che assegnava alla Turchia le
province di Kars e Ardahan, dove la popolazione armena era appena stata
sterminata e deportata nel corso del cosiddetto Medz Yeghern (Grande
Crimine), cioè il genocidio. Negli stessi anni il Nagorno Karabakh venne
assegnato all’Azerbaijan. Le conseguenze di questa scelta disastrosa
continuano a far sentire le proprie conseguenze.
Tra i due Paesi la tensione resta alta e
poche settimane fa vicino alla linea di contatto è stato abbattuto un
elicottero militare armeno. L’Armenia dunque teme di tornare a perdere l’appoggio della Russia,
che, trovandosi in una situazione economica disastrosa, è improbabile
che metta a rischio il partenariato con le ricche Turchia e Azerbaijan
per tutelare gli interessi della piccola e povera Armenia. Inoltre,
avendo appena aderito all’Unione Economica Eurasiatica, l’Armenia si è
anche allontanata dagli altri due co-presidenti del Gruppo di Minsk:
Francia e Stati Uniti.
Peggiora anche la posizione del Turkmenistan.
La Turchia avrà minori incentivi a trovare un accordo per la
costruzione di un gasdotto transcaspico, anche perché il suo principale
oppositore è proprio la Russia. Tuttavia al governo di Ashgabat non
mancano certo acquirenti in Asia. Anche per la Russia l’annuncio è una mezza sconfitta.
In linea con la ‘dottrina neo-eurasiatica’, Putin vuole dimostrare di
avere migliori alleati dell’UE, come la Cina e la Turchia, ma in
entrambi i casi la Russia si trova in una posizione subalterna.
Nonostante lo sconto del prezzo del gas, Putin non ha ottenuto un regime
fiscale agevolato per le imprese russe impegnate nella costruzione
della centrale nucleare vicino a Mersin.
L’Ucraina e in misura minore la Romania
mantengono per il momento il ruolo strategico riguardo il transito di
gas russo destinato all’Europa centro-meridionale, ma il progetto di
farlo transitare attraverso la Turchia, una volta realizzato,
raggirerebbe comunque almeno l’Ucraina. Il grande vincitore è la Turchia
che diventa il principale hub energetico per l’Europa
centro-meridionale, rifornendola di gas azero, russo e presto forse
anche di gas proveniente da Iran, Iraq e Mediterraneo Orientale. Il
rapporto con la Russia comunque non è ottimale: i due Paesi hanno forti
divergenze per quanto riguarda le crisi siriana e ucraina.
Questo però non impedisce il pragmatismo in ambito economico e
commerciale. Putin è stato abile a sfruttare la deriva anti-occidentale e
autoritaria di Erdogan, ma è quest’ultimo a trarne maggiori vantaggi.
Pochi anni fa era in corso una “partita
energetica” tra i gasdotti Nabucco e South Stream. Pare che si sia
conclusa con un pareggio che qualifica la Turchia.
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