domenica 7 dicembre 2014

L'industria petrolifera rumena: dal secolo XIX all'autosufficienza energetica socialista, per terminare con la catastrofe capitalista attuale


da http://imbratisare.blogspot.it/2012/09/la-industria-petrolera-rumana-del-siglo.html
Traduzione dallo spagnolo per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
di Jose Luis Forneo
27/09/2012
Quella peterolifera è una delle più vecchie industrie della Romania e il petrolio è anche stato una delle sue principali risorse naturali dalla scoperta dei primi giacimenti nella prima metà del XIX secolo. È stato il primo paese del mondo dove si è estratto petrolio e la sua abbondanza ha avuto come conseguenza che molte delle grandi potenze economiche affondassero loro artigli in quella terra per controllarne la produzione. 
 
Il primo pozzo petrolifero della Romania risale al 1840, nella provincia di Bacau, nell'est del paese. A quel tempo l'estrazione era completamente artigianale e la produzione scarsa, ma nel corso della seconda metà del XIX secolo sono entrate in funzione le prime raffinerie industriali.
In relazione al petrolio, la Romania è riconosciuta al primo posto a livello internazionale per tre importanti motivi:
- E' stato il primo paese del mondo a produrre petrolio registrato nelle statistiche internazionali. "The Science of Petroleum" attestava nel 1938 che la Romania era il primo paese al mondo con una produzione ufficiale di petrolio registrata. Nel 1857 era di 275 tonnellate, seguita nel 1859 dagli Stati Uniti, dall'Italia nel 1860, dal Canada nel 1862 e dalla Russia nel 1863.
- In Romania si è costruita la prima raffineria del mondo, nel 1856. Dal 1840 esistevano già piccole distillerie artigianali, come quella di Lucacesti-Bacau, che utilizzavano distillatori simili a quelli utilizzati per l'alcool. Nel 1856 inizia a funzionare una raffineria moderna, la prima al mondo, nella città di Ploeshti.
- Infine Bucarest è stata la prima città al mondo illuminata con lampade a petrolio. Il 1° aprile del 1857 mille lampade con il petrolio di Ploeshti, illuminavano la capitale della Romania. Dall'aprile 1858 lo stesso sistema sarà utilizzato a Iasi e nel 1859 sarà esportato nella prima città fuori dalla Romania che avrebbe utilizzato tale sistema, Vienna.
Occorre ricordare che in quegli anni la Romania non esisteva ancora come tale e che soltanto nel 1859 avverrà l'unione dei principati di Valacchia e Moldavia, conosciuti come Principati Danubiani, tuttavia senza sovranità propria, perché formalmente ancora dipendenti dall'Impero Ottomano, benché, forse grazie alla loro ricchezza petrolifera, già erano stati disputati tanto dall'impero russo, quanto dall'imperialismo francese. Infatti, i grandi patrocinatori dell'unione dei due principati sono stati i francesi, sempre più influenti nei governi di Bucarest. 
La scoperta del petrolio in Romania avrebbe potuto trasformare questo paese in una potenza economica dalla fine del secolo XIX, ma gli interessi delle grandi potenze esistenti allora hanno evitato che i rumeni disponessero liberamente della propria ricchezza naturale e delle risorse energetiche della propria terra (cosa che avverrà soltanto dal 1948, quando i rumeni daranno vita alla Repubblica Popolare Rumena che durerà fino al 1989, quando un colpo di stato fascista metterà termine alla Repubblica Socialista della Romania per instaurare un regime capitalista).
Agli inizi del XX secolo, Henry Berenger scriveva una nota diplomatica a Clemenceau, datata 12 dicembre 1919, a margine della conferenza franco-britannica di Londra sul futuro dell'Europa orientale e del Medio Oriente dopo la prima guerra mondiale, che diceva così: "Il controllo dei mari grazie al petrolio, il controllo dell'aria grazie ad un combustibile a buon mercato, dei continenti grazie alla benzina, il dominio del mondo grazie al potere finanziario... il popolo che controlla questo prezioso combustibile otterrà migliaia di milioni....".
Da ciò si capisce che la ricchezza petrolifera scoperta quando la Romania non era neanche un paese, bensì due principati indipendenti spinti ad unirsi da interessi altrui, a quei tempi principalmente l'Impero Ottomano in decadenza ed i poderosi Imperi Russo e Francese, saranno causa del fatto che i lavoratori rumeni non potranno godere per molto tempo della ricchezza del loro sottosuolo e che sarebbero state altre potenze ad accaparrarsi i benefici con la complicità dell'oligarchia capitalista locale che, come si sa, non mette né bandiera, né patria al di sopra dell'arricchimento economico personale.
L'avanzata della produzione di petrolio rumeno è stata rapida, benché dopo la scoperta del pozzo petrolifero Drake negli Stati Uniti, in soli 10 anni (1859-1869) fu superata dai nordamericani, la cui concorrenza provocò il crollo del prezzo in Europa colpendo l'industria rumena emergente. 
 
Fino alla seconda guerra mondiale, le raffinerie rumene si sono concentrate soprattutto intorno a Ploeshti, trasformatasi in un importante centro petrolifero, con un'importanza strategica enorme. Per questa ragione, è stato grande l'interesse delle potenze dell'Intesa nell'attirare la Romania neutrale nella guerra contro le Potenze centrali nella prima guerra mondiale. La partecipazione della Romania alla guerra si rivelò un disastro economico per il giovane paese che, benché compensato dopo la fine della contesa attraverso concessioni territoriali come Transilvania, Banat e Basarabia, ha visto diminuire brutalmente la sua industria petrolifera. 
Occorre ricordare che dopo l'entrata della Romania nella prima guerra mondiale, Germania e Bulgaria hanno praticamente invaso tutto il paese, obbligando il re ed il governo a rifugiarsi a Iasi. Questi, per evitare che le Potenze centrali beneficiassero delle ricchezze petrolifere della zona di Ploeshti, decisero di distruggere gran parte degli impianti dell'ex Valacchia. 
 
Nelle province di Prahova, Dambovita e Buzau sono state distrutti più di 2.500 fra pozzi e sonde. Sono state fatti saltare dei serbatoi con una capacità totale di 150.000 m3 e distrutte più di 70 raffinerie. Sono state anche incendiate 830.000 tonnellate di prodotti petroliferi, per la gioia soprattutto degli Stati Uniti (stranamente, un alleato della Romania - nel senso che gli USA hanno da sempre chiaro il concetto d'alleato, cioè, uno strumento al loro servizio).
Dopo avere preso il controllo della maggior parte della Romania, la Germania ha riaperto alcuni importanti centri petroliferi e nel 1917 le raffinerie Steaua Romana, Standard e Vega erano nuovamente in attività. Nel novembre 1918, dopo la sconfitta delle Potenze centrali, i giacimenti furono nuovamente sotto il controllo della Romania o piuttosto dei suoi "alleati". Dopo il 1924 la Romania si è posizionata nuovamente tra i grandi produttori di petrolio, con gli USA, il Venezuela, l'URSS, il Messico e le Antille Olandesi. 
In Romania esistevano allora 60 raffinerie, la maggioranza piccole, 52 delle quali disponevano di una capacità annuale massima di 4000 tonnellate ciascuna. La maggioranza di esse, tuttavia, apparteneva già a società straniere: Vega, Astra Romana, Romano-Americana o Colombia.. Precedentemente alla seconda guerra mondiale l'industria petrolifera rumena era in chiara decadenza, perché la sua oligarchia locale non aveva nessun interesse nell'ammodernamento della produzione ed apriva semplicemente le tasche alle briciole che lasciavano le società straniere che sfruttavano l'industria. Benché le relazioni raccomandassero al governo un ammodernamento efficace delle raffinerie e dello sfruttamento, nulla è stato fatto.
Tuttavia, i siti petroliferi di Ploeshti erano ancora i più grandi d'Europa e la seconda guerra mondiale ha ricordato nuovamente alla Romania l'importanza del petrolio nella lotta per l'egemonia mondiale. In questa occasione, la Romania non ha avuto alternative ed Hitler, dopo avere restituito una parte di Transilvania agli ungheresi senza che la Romania muovesse un dito per difendere i suoi compatrioti, si impadronì del controllo del governo rumeno, attraverso il suo fantoccio, il maresciallo Antonescu, e poi del petrolio di Ploeshti. Ploeisti si convertì, cosa che dimostra l'importanza del controllo della Romania per Hitler, in una vera fortezza militare, con più di 40 batterie antiaeree nascoste nei dintorni, ciascuna dotata di 88 cannoni, centinaia di mitra, quattro squadriglie di "Messerschmidt" per un totale di 52 apparecchi, più 60 apparecchi di altro tipo disposti negli aerodromi dei dintorni, anche quelli di Bucarest. Tuttavia e nonostante la protezione, gli alleati hanno sferrato diversi attacchi contro i presidi di petrolio di Ploeshti, uno dei più devastanti fu quello del 1° agosto 1943, quando 178 bombardieri partirono da Bengasi (Libia), distruggendo quasi il 50% delle raffinerie. Nonostante la grande distruzione, soltanto 88 bombardieri poterono tornare alla base e i rimanenti distrutti. Dopo l'arrivo delle truppe sovietiche alla frontiera rumena ed il cambiamento diretto dal re Mihai, sostenuto dal Partito Comunista Rumeno, il 23 agosto 1944, la situazione è completamente cambiata e l'inizio della costruzione di un sistema socialista da parte del popolo rumeno ha fatto si che, per la prima volta nella storia, il petrolio rumeno fosse nelle mani dei lavoratori stessi del paese ed al servizio del loro progresso economico e sociale. 
 
Nel 1948 tutte le raffinerie furono nazionalizzate, avviando un processo di centralizzazione che ha dato luogo a grandi piattaforme industriali.
Fino al 1953 si è vissuto un periodo di ricostruzione, dopo i danni sofferti con la seconda guerra mondiale e fino al 1956 una parte della produzione petrolifera fu re-indirizzata verso l'Unione Sovietica, come una parte concordata delle compensazioni di guerra, tramite la società rumeno-sovietica SovRom. Ma dopo i primi anni, i lavoratori rumeni riescono ad aumentare vertiginosamente la produzione e moltiplicare il numero di raffinerie, raggiungendo una produzione totale di più di 34 milioni di tonnellate all'anno, molto al di sopra delle necessità interne del paese. Lo sviluppo dell'industria petrolifera della Romania Socialista è stato enorme, come quello del resto dell'industria produttiva e dell'agricoltura meccanizzata e nel 1989, al momento del colpo di stato fascista che imporrà ai rumeni un selvaggio sistema di sfruttamento capitalista, i lavoratori rumeni disponevano di dieci grandi complessi petroliferi, ciascuno con la propria raffineria, di cui cinque concentravano l'85% della produzione nazionale: Petrobrazi Ploiesti, Arpechim Pitesti, Petrotel Ploiesti, Petromidia y RAFO Onesti. Il resto della produzione, il 15%, era a carico di Astra Ploiesti, Vega Ploiesti, Steaua Romana Campina, Rafinaria Darmanesti e Petrolsub Surplacu di Barcau. 
 
Occorre sottolineare che in quel momento la Romania si era trasformata in un paese energicamente autosufficiente, che oltre a soddisfare la propria produzione di petrolio e gas, esportava in decine di paesi del mondo.
Il disastro provocato nell'economia rumena dall'instaurazione del sistema neo-liberale ha anche causato la distruzione della rete di raffinerie petrolifere e, in generale, dell'industria estrattiva. Cosicché attualmente la maggioranza di quelle raffinerie sono state privatizzate per dopo chiudersi (nel tipico processo sofferto da tutta l'industria rumena di distruzione di tutto il tessuto produttivo per trasformare il paese in una colonia dipendente da risorse e merci delle potenze economiche capitaliste). Il risultato è che la produzione di petrolio e gas rumeno attuale non soddisfa neanche le necessità interne, questo perché la Romania deve comperare combustibili da altri paesi. Curiosamente ed al contrario di ciò che normalmente dicono gli anti-comunisti, i quali insistono sul mito che durante gli anni del socialismo la Romania era sottomessa all'Unione Sovietica, è sotto la tirannia capitalista che i rumeni si trovano a dipendere dall'acquisto di gas russo, che devono comperare abbastanza caro. 
 
In sintesi, di queste 10 grandi raffinerie petrolifere che garantivano l'indipendenza energetica nel 1989, soltanto 4 restano in funzione: Vega Ploiesti, Petromidia, Petrobasi e Petrote, tutte in mani di grandi imprese private.
Si tratta, dunque, delle stesse conseguenze causate dalla distruzione metodica di tutta la ricchezza che avevano costruito i lavoratori rumeni durante quattro decenni di socialismo e che hanno causato l'emigrazione massiccia di più di tre milioni di Rumeni, dopo aver distrutto quattro milioni di posti di lavoro e che ha insegnato ai lavoratori della Romania il significato del concetto di "disoccupazione", a loro sconosciuto fino al dicembre 1989. Come è successo con il resto dei risultati economici e sociali del popolo rumeno, l'industria del petrolio, che dopo il 1948 per la prima volta è passata nelle mani degli stessi lavoratori, dopo la nascita della Repubblica Popolare Rumena, e che con le loro mani l'hanno trasformata in una di quelle più produttive al mondo, è stata convertita, come il paese, in una grande rovina che, ciò nonostante, continua a lasciar trasparire lo splendore di un passato ancora non troppo distante.

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