Fonte: Stato e Potrenza
In un periodo in cui sembra che per
attirare l’attenzione di qualcuno, una donna debba per forza di cose
spogliarsi ed inscenare ridicole pantomime perfino all’interno di luoghi
sacri, vale la pena ricordare l’impresa di una donna diversa, figlia di
altri tempi ed altri valori.
Il 16 giugno 1963 Valentina Tereshkova volò nello Spazio a bordo della navicella Vostok 6, compiendo 48 orbite attorno alla Terra in quasi tre giorni di viaggio. Questo 16 giugno del 2013 è quindi il cinquantesimo anniversario di quella che sotto tutti i punti di vista è stata un’impresa epica.
L’allora premier Nikita Kruscev volle infatti che fosse russa la prima donna a volare nello spazio come russo era stato il primo uomo, Jurij Gagarin. Non solo, ma per dimostrare che in Unione Sovietica chiunque poteva pilotare una navicella spaziale, ordinò che la prescelta non avesse una preparazione particolare, a parte quella tecnica strettamente necessaria a compiere il volo. Valentina Tereshkova rispondeva a tutti i requisiti richiesti!
All’epoca, la Tereshkova aveva 26 anni di età, era priva di un titolo di studio universitario o di un brevetto militare, come invece avevano le sue controparti maschili ed il suo successo risultò essere il risultato di un potente addestramento specifico oltre che di un ben preciso disegno politico.
Vera figlia del popolo, all’età di due anni aveva perso il padre carrista, morto in combattimento nel 1939, durante la Seconda Guerra Mondiale, presso Lemetti nella Karelia finlandese. Allevata dalla madre, iniziò a lavorare giovanissima come molti dei suoi coetanei a causa delle difficoltà in cui l’invasione nazista aveva lasciato l’Unione Sovietica. Studiava di sera, la giovane Valentina, mentre di giorno lavorava in una fabbrica tessile.
Niente lasciava presagire che ci sarebbe stato un destino diverso da quello di semplice operaia se non che, un giorno, questa determinata figlia del Soviet si lasciò convincere da un amico a lanciarsi con il paracadute, così per prova. Le piacque. Anzi di più: le piacque così tanto che divenne una passione così intensa da dedicarvi ogni momento libero fino al conseguimento del brevetto di paracadutista. Età, corporatura, estrazione proletaria, coraggio nel lanciarsi fuori da un aereo appesa ad un fluttuante lenzuolo di tela, furono queste le cose che le permisero di essere notata e di entrare nel programma spaziale sovietico nel 1962.
Dopo un anno di un addestramento durissimo, segreto perfino a sua madre, un anno per molti versi sicuramente micidiale ma appassionante come una cavalcata vittoriosa, Valentina Tereshkova fu sparata in orbita con successo il mattino del 16 giugno 1963. Scelse il nome in codice di Chaika, Gabbiano e sopportò tutto quello che era previsto dovesse sopportare: la fatica, il contenimento claustrofobico nello spazio angusto della capsula spaziale, l’accelerazione schiacciante all’accensione dei motori del razzo, l’assenza di peso una volta in orbita, la nausea e le vertigini che la colsero mentre era nello Spazio.
Sopportò tutto e dopo tre giorni atterrò sana e salva nella regione siberiana dei Monti Altaj. Fu trovata dagli abitanti del luogo che la aiutarono ad uscire dalla tuta spaziale e le offrirono anche da mangiare. Valentina accettò… d’altra parte non aveva mangiato quasi nulla per tre giorni, a parte cibi in formato dentifricio. Era naturale che avesse fame! E tuttavia, questo esulava dalla procedura e ricevette perciò una reprimenda dal suo comandante. E’ bene ricordare questo aneddoto perché sono cose di questo tipo che rendono veri gli eroi. Tutti i piccoli difetti, tutte le piccole mancanze, che ineluttabilmente accompagnano anche i grandi uomini e le grandi donne, ce li restituiscono in una dimensione umana che li esalta ancor di più. Il resto è davvero Storia: celebrazioni, riconoscimenti ufficiali, incarichi politici ai massimi livelli, due matrimoni, figli e nipoti.
La prima donna nello Spazio ha vissuto gli anni seguenti al 1963, fino ai giorni nostri, all’insegna di una continua operosità, vera portabandiera dell’Unione Sovietica prima e della Russia dopo. Ha avuto successo perché si è impegnata senza riserve e perché un intero sistema ha avuto fiducia in lei. Per l’impresa compiuta, non c’era spazio per l’imbroglio, non c’era spazio per le facili scorciatoie della seduzione o della corruzione. L’unica strada percorribile era quella dell’impegno e della fatica, della lealtà e del sacrificio, con la piena consapevolezza che in questi casi il prezzo dell’errore può essere la morte.
Ai giorni nostri, vi sono donne che inveiscono seminude contro il legittimo Presidente di una grande Nazione, in una pubblica piazza e perfino dentro una Cattedrale che ricorda un glorioso passato. Spacciano i loro spettacoli indecorosi per lotta politica ed aspirazione alla democrazia. Valentina Tereshkova nel 1963 ha invece onorato la propria Patria e con essa l’Umanità, con il proprio intelletto, la propria determinazione, il proprio coraggio. Ha forgiato il suo corpo non per esibirlo svestito, strimpellando motivetti idioti, ma per conseguire un risultato elevato attraverso la propria mente.
Per questo è giusto ricordarla, celebrando quei giorni gloriosi. A futura memoria.
Il 16 giugno 1963 Valentina Tereshkova volò nello Spazio a bordo della navicella Vostok 6, compiendo 48 orbite attorno alla Terra in quasi tre giorni di viaggio. Questo 16 giugno del 2013 è quindi il cinquantesimo anniversario di quella che sotto tutti i punti di vista è stata un’impresa epica.
L’allora premier Nikita Kruscev volle infatti che fosse russa la prima donna a volare nello spazio come russo era stato il primo uomo, Jurij Gagarin. Non solo, ma per dimostrare che in Unione Sovietica chiunque poteva pilotare una navicella spaziale, ordinò che la prescelta non avesse una preparazione particolare, a parte quella tecnica strettamente necessaria a compiere il volo. Valentina Tereshkova rispondeva a tutti i requisiti richiesti!
All’epoca, la Tereshkova aveva 26 anni di età, era priva di un titolo di studio universitario o di un brevetto militare, come invece avevano le sue controparti maschili ed il suo successo risultò essere il risultato di un potente addestramento specifico oltre che di un ben preciso disegno politico.
Vera figlia del popolo, all’età di due anni aveva perso il padre carrista, morto in combattimento nel 1939, durante la Seconda Guerra Mondiale, presso Lemetti nella Karelia finlandese. Allevata dalla madre, iniziò a lavorare giovanissima come molti dei suoi coetanei a causa delle difficoltà in cui l’invasione nazista aveva lasciato l’Unione Sovietica. Studiava di sera, la giovane Valentina, mentre di giorno lavorava in una fabbrica tessile.
Niente lasciava presagire che ci sarebbe stato un destino diverso da quello di semplice operaia se non che, un giorno, questa determinata figlia del Soviet si lasciò convincere da un amico a lanciarsi con il paracadute, così per prova. Le piacque. Anzi di più: le piacque così tanto che divenne una passione così intensa da dedicarvi ogni momento libero fino al conseguimento del brevetto di paracadutista. Età, corporatura, estrazione proletaria, coraggio nel lanciarsi fuori da un aereo appesa ad un fluttuante lenzuolo di tela, furono queste le cose che le permisero di essere notata e di entrare nel programma spaziale sovietico nel 1962.
Dopo un anno di un addestramento durissimo, segreto perfino a sua madre, un anno per molti versi sicuramente micidiale ma appassionante come una cavalcata vittoriosa, Valentina Tereshkova fu sparata in orbita con successo il mattino del 16 giugno 1963. Scelse il nome in codice di Chaika, Gabbiano e sopportò tutto quello che era previsto dovesse sopportare: la fatica, il contenimento claustrofobico nello spazio angusto della capsula spaziale, l’accelerazione schiacciante all’accensione dei motori del razzo, l’assenza di peso una volta in orbita, la nausea e le vertigini che la colsero mentre era nello Spazio.
Sopportò tutto e dopo tre giorni atterrò sana e salva nella regione siberiana dei Monti Altaj. Fu trovata dagli abitanti del luogo che la aiutarono ad uscire dalla tuta spaziale e le offrirono anche da mangiare. Valentina accettò… d’altra parte non aveva mangiato quasi nulla per tre giorni, a parte cibi in formato dentifricio. Era naturale che avesse fame! E tuttavia, questo esulava dalla procedura e ricevette perciò una reprimenda dal suo comandante. E’ bene ricordare questo aneddoto perché sono cose di questo tipo che rendono veri gli eroi. Tutti i piccoli difetti, tutte le piccole mancanze, che ineluttabilmente accompagnano anche i grandi uomini e le grandi donne, ce li restituiscono in una dimensione umana che li esalta ancor di più. Il resto è davvero Storia: celebrazioni, riconoscimenti ufficiali, incarichi politici ai massimi livelli, due matrimoni, figli e nipoti.
La prima donna nello Spazio ha vissuto gli anni seguenti al 1963, fino ai giorni nostri, all’insegna di una continua operosità, vera portabandiera dell’Unione Sovietica prima e della Russia dopo. Ha avuto successo perché si è impegnata senza riserve e perché un intero sistema ha avuto fiducia in lei. Per l’impresa compiuta, non c’era spazio per l’imbroglio, non c’era spazio per le facili scorciatoie della seduzione o della corruzione. L’unica strada percorribile era quella dell’impegno e della fatica, della lealtà e del sacrificio, con la piena consapevolezza che in questi casi il prezzo dell’errore può essere la morte.
Ai giorni nostri, vi sono donne che inveiscono seminude contro il legittimo Presidente di una grande Nazione, in una pubblica piazza e perfino dentro una Cattedrale che ricorda un glorioso passato. Spacciano i loro spettacoli indecorosi per lotta politica ed aspirazione alla democrazia. Valentina Tereshkova nel 1963 ha invece onorato la propria Patria e con essa l’Umanità, con il proprio intelletto, la propria determinazione, il proprio coraggio. Ha forgiato il suo corpo non per esibirlo svestito, strimpellando motivetti idioti, ma per conseguire un risultato elevato attraverso la propria mente.
Per questo è giusto ricordarla, celebrando quei giorni gloriosi. A futura memoria.
Costantino Ceoldo
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