"Gli
scritti dei politologi americani degli anni '50 adattavano la loro
definizione di democrazia in modo da farla corrispondere alla prassi
vigente negli USA e in GB, piuttosto che accettare qualche
difetto nei sistemi politici dei due Paesi - un atteggiamento più
consono alla ideologia della Guerra fredda che alla analisi scientifica.
Un approccio simile domina il pensiero contemporaneo. Ancora una volta per influsso degli USA, la democrazia è sempre più spesso definita come democrazia liberale: una forma storica contingente, non un concetto normativo stabilito una volta per tutte.
La democrazia liberale insiste sulla partecipazione elettorale come attività politica prevalente per la massa, lascia un largo margine di libertà alle attività delle lobby, con possibilità assai più ampie di coinvolgimento soprattutto a quelle economiche, e incoraggia una forma di governo che evita interferenze con l'economia capitalista. Si tratta di un modello elitario scarsamente interessato al coinvolgimento di larghi strati di cittadini o al ruolo delle organizzazioni al di fuori dall'ambito economico.
La democrazia prospera quando aumentano per le masse le opportunità di partecipare attivamente, non solo attraverso il voto, ma con la discussione e attraverso organizzazioni autonome, alla definizione delle priorità della vita pubblica; quando le masse usufruiscono attivamente di queste opportunità; e quando le élite non sono in grado di controllare e sminuire la maniera in cui si discute di queste cose. E' ambizioso pensare che un gran numero di persone partecipi con vivo interesse al dibattito politico vero e proprio e concorra a stabilire i programmi politici, anzichè rispondere passivamente ai sondaggi elettorali, e che si impegni consapevolmente nel seguire gli avvenimenti e le questioni politiche. Questa nozione di democrazia è ben più esigente rispetto a quella di democrazia liberale.
L'accontentarsi delle richieste minimali della democrazia liberale produce un certo compiacimento rispetto all'affermarsi di ciò che io chiamo "postdemocrazia". In base a questo modello, anche se le elezioni continuano a svolgersi e condizionare i governi, il dibattito elettorale è uno spettacolo saldamente controllato, condotto da gruppi rivali di professionisti esperti nelle tecniche di persuasione e si esercita su un numero ristretto di questioni selezionate da questi gruppi. La massa dei cittadini svolge un ruolo passivo, acquiescente, persino apatico, limitandosi a reagire ai segnali che riceve. A parte lo spettacolo della lotta elettorale, la politica viene decisa in privato dall'interazione tra i governi eletti e le élite che rappresentano quasi esclusivamente interessi economici.
Anche questo modello, come l'ideale opposto, più ambizioso, è di fatto un'esagerazione, ma nella politica contemporanea si possono ritrovare sufficienti elementi perchè valga la pena chiedersi dove si collochi la nostra vita politica su una scala che va dal modello minimalista di democrazia a quello più ambizioso; e in particolare per stabilire in quale direzione sembri muoversi tra questi due poli.
La mia tesi è che ci muoviamo sempre di più verso il polo postdemocratico e questo spiega il diffuso senso di disillusione e disappunto per il livello della partecipazione e per il rapporto tra la classe politica e la massa dei cittadini in molte, forse nella maggior parte, delle democrazie avanzate."
(Colin Crouch, dal volume "Postdemocrazia", 2003)
Un approccio simile domina il pensiero contemporaneo. Ancora una volta per influsso degli USA, la democrazia è sempre più spesso definita come democrazia liberale: una forma storica contingente, non un concetto normativo stabilito una volta per tutte.
La democrazia liberale insiste sulla partecipazione elettorale come attività politica prevalente per la massa, lascia un largo margine di libertà alle attività delle lobby, con possibilità assai più ampie di coinvolgimento soprattutto a quelle economiche, e incoraggia una forma di governo che evita interferenze con l'economia capitalista. Si tratta di un modello elitario scarsamente interessato al coinvolgimento di larghi strati di cittadini o al ruolo delle organizzazioni al di fuori dall'ambito economico.
La democrazia prospera quando aumentano per le masse le opportunità di partecipare attivamente, non solo attraverso il voto, ma con la discussione e attraverso organizzazioni autonome, alla definizione delle priorità della vita pubblica; quando le masse usufruiscono attivamente di queste opportunità; e quando le élite non sono in grado di controllare e sminuire la maniera in cui si discute di queste cose. E' ambizioso pensare che un gran numero di persone partecipi con vivo interesse al dibattito politico vero e proprio e concorra a stabilire i programmi politici, anzichè rispondere passivamente ai sondaggi elettorali, e che si impegni consapevolmente nel seguire gli avvenimenti e le questioni politiche. Questa nozione di democrazia è ben più esigente rispetto a quella di democrazia liberale.
L'accontentarsi delle richieste minimali della democrazia liberale produce un certo compiacimento rispetto all'affermarsi di ciò che io chiamo "postdemocrazia". In base a questo modello, anche se le elezioni continuano a svolgersi e condizionare i governi, il dibattito elettorale è uno spettacolo saldamente controllato, condotto da gruppi rivali di professionisti esperti nelle tecniche di persuasione e si esercita su un numero ristretto di questioni selezionate da questi gruppi. La massa dei cittadini svolge un ruolo passivo, acquiescente, persino apatico, limitandosi a reagire ai segnali che riceve. A parte lo spettacolo della lotta elettorale, la politica viene decisa in privato dall'interazione tra i governi eletti e le élite che rappresentano quasi esclusivamente interessi economici.
Anche questo modello, come l'ideale opposto, più ambizioso, è di fatto un'esagerazione, ma nella politica contemporanea si possono ritrovare sufficienti elementi perchè valga la pena chiedersi dove si collochi la nostra vita politica su una scala che va dal modello minimalista di democrazia a quello più ambizioso; e in particolare per stabilire in quale direzione sembri muoversi tra questi due poli.
La mia tesi è che ci muoviamo sempre di più verso il polo postdemocratico e questo spiega il diffuso senso di disillusione e disappunto per il livello della partecipazione e per il rapporto tra la classe politica e la massa dei cittadini in molte, forse nella maggior parte, delle democrazie avanzate."
(Colin Crouch, dal volume "Postdemocrazia", 2003)
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