Visto che qualcuno, educato a bere tutta
la propaganda spazzatura del capitalismo, ma stranamente sempre pronto
ad obiettare e a mettere in campo “senso critico“ quando si parla di
socialismo reale, potrebbe diffidare, cito una per una le fonti che
raccontano tali fatti . Sono tutte fonti occidentali di prima mano! Si
tratta della rivista “Democratic German Report“, pubblicata
clandestinamente a Berlino Est dall’inglese John Peet, ex capo
corrispondente dell’agenzia Reuters, della rivista della Camera di
Commercio degli Usa “Nation’s Business“, di articoli del “The New
Yorker“, di “The Nation“, del “Saturday Evening Post“, dei libri di De
Gramont e Tully sulla Cia e sulla guerra fredda. Ne parla ampiamente e
dettagliatamente anche William Blum, nella sua opera “Killing hope“,
tradotta in italiano col titolo “Il libro nero degli Stati Uniti“ (Fazi,
2003).
Una guerra a “bassa intensità“ combattuta con il pervicace fine di
destabilizzare la RDT e spianare la strada alla restaurazione
dell’ordine borghese nel suo territorio, con il ritorno dei grandi
proprietari terrieri e dei magnati che avevano foraggiato a suo tempo il
nazismo. Una guerra che culminò con la pseudo-rivolta operaia del 1953,
che in realtà vide come protagonista la feccia istigata dai servizi
segreti occidentali. Una guerra che rischiò di diventare reali con le
minacce di guerra nucleare da parte degli Stati Uniti nel 1959/1961,
minacce corroborate da manovre militari in grande stile, provocatorie
per antonomasia, da parte degli Stati occidentali lungo la linea di
confine tra le Germanie. Il 28 marzo 1958, in barba ad ogni volontà
distensiva, il Bundestag tedesco-occidentale decideva di armare
l’esercito (la Bundeswehr) delle “armi più moderne“, intendendo con
questa dizione, evidentemente, anche le armi nucleari. La RFT otteneva
dagli alleati il permesso di aumentare il tonnellaggio delle navi da
guerra, stringeva accordi con Inghilterra e Stati Uniti per l’acquisto
di missili e di aerei a reazione.
Tra il 1958 e il 1960 cadevano
sistematicamente nel vuoto, per i rifiuti delle autorità
tedesco-occidentali e di quelle americane che ne tiravano le fila,
molteplici iniziative di pace della RDT e dell’URSS che, se attuate,
avrebbero certo potuto cambiare in meglio il corso della storia. Si
oppose un secco “no“, in particolare, alla proposta sovietica di un
Comitato pantedesco, paritetico RFT-RDT, per la risoluzione dei problemi
della coesistenza postbellica, per lo sviluppo dei contatti in ambito
politico, culturale, scientifico, base questa per poter giungere ad un
più ampio accordo futuro. Nel novembre del 1958, URSS e RDT proposero di
fare di Berlino Est una unità politica autonoma e smilitarizzata, ma la
NATO pose subito un veto, che dimostrava come non si volesse in alcun
modo rinunciare a quell’avamposto in funzione antisovietica, avamposto
dal quale erano partite tutte le azioni terroristiche contro la RDT. Nel
1960 crebbero le minacce imperialiste, anche con ventilate intenzioni,
da parte degli Usa, di ricorrere alle armi nucleari. Non era la prima
volta che avveniva: durante la crisi del ’48, il generale americano
Huebner, comandante delle forze americane in Germania, disse che se
fosse scoppiata la guerra “ gli sarebbe piaciuto vedere una bomba
atomica sganciata sopra il Reno“ (si vedano i “ Diari “ di J.V.
Forrestal, Segretario di Stato alla Difesa degli Usa in quel periodo).
Ecco perché, il 13 agosto del 1961, la
RDT si vide costretta a edificare il Muro di Berlino, che nella dizione
originale era “Antifaschistischer Schutzwall“, ovvero “Barriera
Antifascista“. Per come si svilupparono i fatti, esso andrebbe chiamato,
più che altro, “Barriera antimperialista“, essendo il fascismo
atlantico di servizio, quello reclutato nel dopoguerra dalle agenzie
spionistiche e dagli Stati Maggiori occidentali, solo un fantoccio
dell’imperialismo americano e occidentale. Nulla mai si spiega da sé e i
fatti difficilmente parlano da soli: tutto si spiega e tutto parla ,
sempre, alla luce di un contesto generale che lo determina. Ciò vale
anche per la costruzione del “Muro di Berlino“, sul quale continuano a
piangere, come gli Ebrei sul Muro del Pianto (con tutte le debite
differenze e il rispetto che si deve alla spiritualità dei popoli)
proprio gli eredi di coloro che ne causarono la costruzione con le loro
minacce, le loro manovre, i loro intrighi contro la pace e l’umanità.
Nessuno mai ha parlato dei tedesco-occidentali che si trasferirono nella
RDT ( tra i 600/700.000 ), ovvero in un paese che da solo si era
caricato il peso delle riparazioni postbelliche e che era dovuto partire
da zero visti i livelli di distruzione della Seconda Guerra Mondiale
nei suoi territori, molto più alti che nella RFT. Nessuno mai menziona
il fatto che i vari Muri costruiti in occidente o nei protettorati
occidentali sparsi per il mondo, nonché in Israele, hanno visto morire
ai loro piedi in pochi anni più gente che in tutti i 28 anni di storia
del Muro di Berlino. Le celebrazioni, l’oleografia dolciastra e
stomachevole del Post ’89, oltre che reticenti, in quanto tacciono
sull’esistenza di ben altri Muri, sono anche meschine e vigliacche,
perché sempre censurano le cause e gli antefatti storici.
Oggi, tra la popolazione dell’Est della
Germania, tira un forte vento di nostalgia o , per dirla con
un’espressione molto calzante e ad effetto, di “Ostalgia“: lo esprimono
chiaramente i sondaggi, lo dicono alcuni incontrovertibili risultati
elettorali, come quello della Turingia. Chiaro segno, questo, che a
quelle latitudini un passato che si vorrebbe ostracizzare e
criminalizzare è, invece, ammirato e rimpianto per le conquiste sociali
che seppe garantire e che oggi si sono polverizzate sotto il
“Panzerkapitalismus“. E nessun “Muro“ propagandistico e ideologico delle
oligarchie che reggono le sorti del mondo potrà frenare questo vento di
sana nostalgia!
Luca Baldelli
Fonte: Stato e Potenza
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