martedì 30 settembre 2014

I banchieri dietro “Occupy central” a Hong Kong. Contro l'occupazione "rossa"

I banchieri dietro “Occupy central” a Hong Kong. Contro l'occupazione

A sostenerlo economicamente una élite finanziaria di banchieri insofferenti



di Diego Angelo Bertozzi


Cosa hanno i comune movimenti come “Occupy Wall Street”, andato in scena a New York nel 2001, e “Occupy Central” di Hong Kong in Cina? Nulla oltre al nome. Se nel primo caso sul banco degli imputati era il capitalismo affamatore rappresentanti dall’1% di privilegiati contro il 99% di sfruttati, nel secondo caso, invece, ci troviamo di fronte ad una mobilitazione “incentrata sulla richiesta di diritti politici ed elettorali, ma che non mette in discussione i principi del capitalismo”.

A scriverlo sul New York Times è il giornalista Chris Buckley che, in aggiunta,  racconta come a sostenerlo economicamente sia una élite finanziaria di banchieri insofferenti verso quella che è percepita come una vera e propria occupazione dai parte dei “rossi” di Pechino. Le azioni di “disobbedienza civile” che si vogliono organizzare avranno al centro la richiesta di libere elezioni “assolute” nell’ex colonia britannica senza interventi e interferenze da parte del governo cinese (quindi del Partito comunista). Il sistema politico di Hong Kong, successivo alla riunificazione avvenuta nel 1997 nel segno della politica “Un Paese, due sistemi” è ormai vissuto da una parte dell’etile finanziaria come una “pietra d'inciampo per la crescita sociale, politica ed economica della città, ed è la causa principale, a lungo termine, di divisione sociale e disarmonia”.
Ad essere oggetto di aperta critica è, quindi, il sistema economico-sociale della Cina stessa e, di conseguenza, il ruolo di guida del Partito comunista. E che simili posizioni arrivino da Hong Kong non è certo un caso. Basti pensare alle dichiarazioni di Liu Xiaobo, dissidente cinese premio Nobel per la pace nel 2010, che in una intervista del 1988 rilasciata al "South China Morning Post”, passò sopra la più che secolare sofferenza del proprio popolo dichiarando che "ci vorrebbero 300 anni di colonialismo" perché "in 100 anni di colonialismo, Hong Kong è diventato quello che vediamo oggi". Dunque "Vista la grandezza della Cina, certamente ci vorrebbero 300 anni perché una colonia sia in grado di trasformarsi come la Hong Kong di oggi". Ma siccome non era poi così sicuro, aggiunse: "Dubito che 300 anni siano abbastanza".
La traiettoria da lui indicata era chiara: la “modernizzazione significa in sostanza occidentalizzazione, la scelta di una vita umana coincide con la scelta del modo di vita occidentale. La differenza tra un sistema di governo occidentale e quello cinese è quella tra l'umano e l'inumano, non c'è una via di mezzo […]”. Dovrebbe diffondersi quindi da Hong Kong una nuova “Spedizione al Nord” per sbarazzarsi prima dell’occupazione di Pechino per poi chiudere i conti con il governo comunista?

Hong Kong. “Rivoluzione” ad orologeria…

di Jean Sebastien Schtitzer Lucidi

Fonte: Le Formiche 
Hong Kong. "Rivoluzione" ad orologeria...
L’onda delle pseudo rivoluzioni colorate (l’ultima in Ucraina) pagate dalla finanza d’oltre oceano sbarca anche in Cina, per esattezza ad Hong Kong, ex colonia inglese.
Questa “sommossa popolare” pilotata si sta verificando stranamente a seguito di stretti accordi economico-energetico e militare siglati dalla Cina con la Russia, quest’ultima impegnata attualmente (con il pretesto ucraino creato ad hoc dall’occidente) in un braccio di ferro nel non sottomettersi al potere americano esercitato nel resto dei suoi Stati vassalli (ovviamente Italia inclusa).
Ora l’obbiettivo è la Cina, perchè il governo di un quinto della popolazione del pianeta sta abbandonando il dollaro in accordo con la principale potenza euroasiatica, ovvero la Russia, siglando accordi commerciali e di fornitura di gas pagati in moneta cinese e non più in dollari.
Cattura china
Ma la finanza americana, Washington ed i politici €uropeisti devono rendersi conto che questa volta la pseudo rivoluzione telecomandata non funzionerà perchè davanti hanno il gigante cinese e non la piccola Tunisia…
E se c’e’ questa voglia di democrazia nel mondo,  come mai non ci sono rivolte popolari in altre zone del mondo dove si registrano gravi deficit di libertà come nel principale Paese della penisola arabica in cui è prevista la pena di morte perfino per la pratica della stregoneria e per le donne è vietato guidare le auto?
Questo Paese arabo, è bene ricordare che rappresenta  un alleato strategico degli americani e dell’ €uropa, quindi la democrazia in questo caso può attendere, coperta magari da un velo di ipocrisia…
Per il momento aspettiamoci gruppi di ragazze pagate dalla finanza manifestare nude davanti qualche istituzione cinese.
Quindi trattasi di una primavera ad Hong Kong o di un involtino primavera?
Che il teatrino abbia inizio.

«Ethel Rosenberg innocente»: la verità 55 anni dopo l'esecuzione

di Ennio Caretto - 13/09/2008

Fonte: Corriere della Sera

L'ultima rivelazione I dossier del processo e la confessione di un amico della coppia confermano l'iniquità della sentenza

Condannata con il marito per aver fornito segreti nucleari all'Urss. «Lui era la spia, lei fu incastrata»

L'esecuzione avvenne nel '53. Ethel aveva 35 anni Spia Morton Sobell, amico della coppia

Nel 1953, quando Julius ed Ethel Rosenberg, sposati e con due figli piccoli, vennero mandati alla sedia elettrica per avere fornito segreti atomici all'Urss, l'Europa, l'Italia in particolare, si divise tra colpevolisti e innocentisti. La spaccatura non si saldò mai: per i colpevolisti l'America, in piena guerra fredda, aveva solo fatto giustizia; ma per gli innocentisti s'era resa complice della caccia alle streghe comuniste dell'estrema destra, il maccartismo. Ieri, con il rilascio di gran parte degli atti processuali e con una intervista al New York Times di un compagno della coppia, Morton Sobell, la verità è finalmente emersa.
Spia sovietica fu unicamente Julius Rosenberg: la moglie Ethel, pur essendo al corrente della sua attività, non vi partecipò. A 55 anni di distanza, la sua condanna a morte, anziché alla detenzione, appare una sentenza iniqua anche ai fautori della pena capitale.
A ottenere il rilascio dei documenti, 41 delle 45 deposizioni al processo, uno dei più controversi della storia americana, sono stati gli Archivi nazionali e la Coalizione nazionale degli storici. Dai dossier, è chiaro che si trattò di una tragedia familiare oltre che giudiziaria: le false prove di spionaggio a carico di Ethel Rosenberg furono infatti addotte dal fratello David Greenglass e dalla cognata Ruth su pressione della Procura, che in cambio risparmiò loro la sedia elettrica.
Il fratello, che lavorava al Laboratorio di Los Alamos, e la cognata testimoniarono di avere fornito ai Rosenberg appunti presi a mano sull'atomica, e di avere visto Ethel batterli a macchina per consegnarli ai sovietici. Un falso dell'ultimo minuto, in contrasto con la loro deposizione iniziale davanti al Gran Giurì, dove avevano accusato solo Julius.
Dell'innocenza di Ethel Rosenberg erano convinti da tempo sia gli Archivi nazionali che la Coalizione degli storici: da documenti della Urss decifrati dalla Cia, risultava che il Kgb, la polizia sovietica, aveva ricevuto gli appunti a mano di David Greenglass e che non esistevano suoi appunti battuti a macchina dalla sorella. Ma ieri l'innocenza di Ethel è stata confermata anche da Sobell, che a 91 anni è l'unico sopravvissuto del clamoroso caso.
Nell'intervista al New York Times, Sobell, un altro ricercatore del Laboratorio di Los Alamos, ha ammesso per la prima volta di essere stato anch'egli una spia sovietica. Ha però sostenuto che il Cremlino possedeva già i segreti atomici e che i dati ricevuti da Julius Rosenberg erano di scarsa importanza: «Quanto a Ethel — ha concluso— ebbe solo la colpa di essere sua moglie ».
Il New York Times ha ricordato che nel 2001 William Rogers, il sostituto procuratore al tempi del processo, celebrato nel 1951, spiegò che Ethel venne incriminata per indurre il marito a confessare e a svelare i nomi di altre spie sovietiche: «Speravamo che di fronte alla minaccia di una condanna a morte della donna, Julius crollasse. Ma i coniugi non collaborarono, continuarono a proclamarsi innocenti».
Secondo il quotidiano, la politica impedì alla Procura di tirarsi indietro. Ne è convinto anche Sobell, che era riuscito a fuggire, ma fu catturato e incarcerato fino al '69: «Ethel sapeva, ma più di una volta si era tenuta fuori dalle nostre conversazioni. Tacque con le autorità per salvare il marito, un reato di omissione».
Tra il 1951 e il 1953 eminenti americani, a disagio per il caso, chiesero invano la grazia per i Rosenberg: il presidente Eisenhower la rifiutò, e la loro esecuzione fu accompagnata da proteste in tutto il mondo. Ricordandolo, uno dei loro figli, Robert Meeropol— dovette cambiare nome — si è detto lieto del riconoscimento dell'innocenza della madre. Ha rilevato lo storico Bruce Craig: «È un'amara lezione per la nostra democrazia. La Procura giudicò i Rosenberg colpevoli prima ancora del processo e non badò ai mezzi per farli condannare. Auguriamoci che non si ripeta più».

Censura all’Onu: Cristina Kirchner svela le menzogne dell’Occidente

 Censura all’Onu: Cristina Kirchner svela le menzogne dell’Occidente

Perché i canali internazionali hanno sospeso le trasmissioni in diretta ed hanno fermato la traduzione del discorso del presidente dell’Argentina all’Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York?
La risposta è semplice. Cristina Fernandez de Kirchner ha oltrepassato la linea rossa degli USA e dei loro alleati!
I punti principali del discorso della signora Kirchner, postato sui social network:
 «Eravamo qui, un anno fa, quando avete etichettato come regime terrorista il Governo del (presidente siriano) Assad, e sostenuto i “ribelli” (in Siria), che voi avete definito rivoluzionari.
Oggi ci riuniamo per sradicare questi rivoluzionari che si sono rivelati essere terroristi. 
In passato avete inserito Hezbollah nella lista delle organizzazioni terroriste, mentre si tratta di un grande partito riconosciuto in Libano!
Voi avete accusato l’Iran di essere dietro l’esplosione che aveva come obiettivo l’ambasciata israeliana a Buenos Aires nel 1994, quando le indagini argentine non sono riuscite a dimostrare il coinvolgimento dell’Iran.
Voi avete adottato una risoluzione contro Al Qaeda dopo gli attacchi dell’11 settembre. Paesi come l’Iraq e l’Afghanistan sono stati profanati e i loro abitanti uccisi, mentre, entrambi i paesi, stanno ancora soffrendo il terrorismo!
Avete dimostrato dopo la guerra israeliana contro Gaza, che Israele ha commesso un disastro orribile e causato la morte di molti civili palestinesi, ma la vostra attenzione è diretta a quanti razzi hanno colpito Israele che non hanno provocato né danni né vittime!
Oggi, quindi, ci riuniamo per adottare una risoluzione internazionale per incriminare e lottare contro il Daesh, mentre questa organizzazione beneficia del sostegno di paesi alleati dei grandi Stati membri del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite?»

[Trad. dal francese per ALBAinformazione di Francesco Guadagni]

U GOSTIMA KOD PUTINA - srpski prevod/Fakti.org

domenica 28 settembre 2014

A Hong Kong si alza l’urlo di Occupy


Cina. Universitari in piazza per chiedere democrazia. Un movimento che pare essere sfuggito di mano agli organizzatori


Manifestante di Occupy Central a Hong Kong
Secondo i rap­pre­sen­tanti di Occupy Cen­tral, ieri a Hong Kong ci sareb­bero state almeno 50mila per­sone in piazza. Ci sono stati scon­tri con la poli­zia, che ha usato lacri­mo­geni e spray al pepe­ron­cino, alcuni arre­sti (36 per­sone sono state poi rila­sciate). Pechino, ad ora, non ha risposto.
Innan­zi­tutto, i motivi della pro­te­sta: da una set­ti­mana sono in corso mani­fe­sta­zioni di stu­denti, per richie­dere sostan­zial­mente che nel 2017 il «chief exe­cu­tive», il primo mini­stro dell’ex colo­nia, possa essere eletto con metodi demo­cra­tici. Su que­sto argo­mento, nei mesi scorsi, era stato anche indetto un refe­ren­dum infor­male, per deli­be­rare la forma attra­verso la quale eleg­gere il rap­pre­sen­tante. Pechino ha tenuto duro, riba­dendo la sua teo­ria di «un paese, due sistemi», che tra­dotto nella pra­tica signi­fica che a Hong Kong una for­mula «simile» alla demo­cra­zia basta e avanza. Ovvero, il primo mini­stro con­ti­nuerà ad essere eletto da un comi­tato di grandi elet­tori, in gran parte con­trol­lato da Pechino. Il gesto sim­bo­lico di un’elezione, per il Pcc è suf­fi­ciente. Per molti stu­denti e atti­vi­sti di Hong Kong, no.
Ma natu­ral­mente c’è dell’altro. Negli anni scorsi Hong Kong ha vis­suto un momento eco­no­mico par­ti­co­lare: Pechino ha spinto su Shan­ghai e l’isolotto di Pudong come hub finan­zia­rio nazio­nale, finendo per cal­pe­stare i piedi pro­prio agli affari di Hong Kong. La comu­nità busi­ness dell’ex colo­nia si è pre­oc­cu­pata, ma ha capito fin da subito che per­dere il treno cinese sarebbe troppo rischioso. Tanto vale, dun­que, accet­tare il sistema poli­tico impo­sto da Pechino, pur­ché si pos­sano con­ti­nuare a fare affari. Hanno patito i lavo­ra­tori: non a caso gli addetti por­tuali, ad esem­pio, entra­rono in mobilitazione.
Oltre alla demo­cra­zia, quindi, la par­tita è ben più ampia. Que­sto ha finito per creare situa­zioni para­dos­sali, piut­to­sto tipi­che dell’isola: la comu­nità finan­zia­ria non ha appog­giato Occupy Cen­tral, temendo una rea­zione troppo dura da parte di Pechino. E ieri, per­fino gli orga­niz­za­tori delle pro­te­ste, sono apparsi in dif­fi­coltà di fronte alla mani­fe­sta­zione, come se fosse sfug­gita di mano. Tanto che hanno annun­ciato uffi­cial­mente di aver «rin­viato» le azioni di disob­be­dienza civile pre­vi­ste. La ten­sione è altis­sima, la poli­zia di Hong Kong in alcuni casi è inter­ve­nuta, in altri ha addi­rit­tura rimosso alcune bar­riere, per con­sen­tire il pas­sag­gio di una massa di mani­fe­stanti che nelle ore serali aumen­tava a vista d’occhio.
Alle richie­ste di demo­cra­zia di stu­denti e atti­vi­sti, infatti, si affianca un sen­ti­mento anti cinese che negli ultimi anni è tra­ci­mata in accuse pesanti tra «con­ti­nen­tali», i cinesi, e gli abi­tanti dell’ex colo­nia. È ipo­tiz­za­bile che anche lo spi­rito di molti appar­ten­tenti alla poli­zia, alla fin fine, sia fon­da­men­tal­mente anti cinese. A Hong Kong si respira in modo evi­dente la volontà di con­si­de­rarsi diversi dai cinesi, di rimar­care pro­fonde dif­fe­renze, alcune delle quali sto­rid­scono la super­fi­cia­lità occi­den­tale. Ad esem­pio il fatto di sen­tirsi «più cinesi dei cinesi», avendo man­te­nute intatte tra­di­zioni smem­brate in Cina (come ad esem­pio i carat­teri tra­di­zio­nali). Sen­ti­menti che uni­scono, in que­sto caso, Hong Kong all’altro grande pro­blema «esterno» di Pechino, ovvero Taiwan.
Pechino ha fatto sapere il pro­prio pen­siero, per ora, solo attra­verso alcuni com­menti sui media uffi­ciali. Il Glo­bal Times ha rila­sciato un edi­to­riale nel quale si accusa aper­ta­mente Washing­ton di inge­renze negli affari interni cinesi, a seguito della sco­perta di incon­tri e dia­lo­ghi tra fun­zio­nari ame­ri­cani e rap­pre­sen­tanti di Occupy. Niente di più facile: gli Usa da sem­pre lavo­rano ai fian­chi la Cina sul tema dei diritti umani e della demo­cra­zia e Hong Kong per­mette abili mano­vre, pro­prio gra­zie alle pos­si­bi­lità che il «sistema misto» per­mette. Quando ci fu il refe­ren­dum infor­male e ven­nero annun­ciate mani­fe­sta­zioni, la Cina fece capire che non avrebbe esi­tato a spe­dire i pro­pri mili­tari per tenere sotto con­trollo la situa­zione. Una minac­cia che i rap­pre­sen­tanti di Occupy ricor­dano; forse, anche per que­sto motivo, ieri hanno pro­vato a cal­mare i pro­pri attivisti.
E men­tre Hong Kong affronta una pro­te­sta come non si vedeva da tempo (ci sarà da capire se la com­po­ne­nente sociale dei lavo­ra­tori si unirà alle pro­te­ste) in Cina si discute di mili­ta­riz­za­zione della poli­zia. Una sorta di minac­cia incom­bente sull’ex colo­nia, qua­lora le cose doves­sere pren­dere una piega defi­ni­ti­va­mente poco gra­dita a Pechino.

Video – Proteste in Germania: “la NATO è uguale a terrorismo legale”


Germany: Anti-fascists march against Ukrainian far right


31 magg – I manifestanti calpestano la bandiera Usa. “Abbasso i fascisti fascisti Kiev Kiev ! Sono amici di Angela Merkel e Steinmeier ! Mi vergognerei di avere amici così ! ”
Manifesto ( in inglese) “la NATO è uguale terrorismo legale”
SOT Daniel Jess , contestatore (in inglese ) : “Stiamo protestando in sostegno dei nostri fratelli ucraini , che al momento hanno visto il loro paese invaso da mercenari americani , supportati da aziende private di sicurezza Blackwater,  fascisti  supportati dalle potenze occidentali . Siamo qui per stare spalla a spalla con i nostri fratelli . ”
SOT Daniel Jess , contestatore (in inglese ) : “Credo che gli Stati Uniti e l’Occidente in generale sono sempre piuttosto preoccupati per l’influenza che la Cina e la Russia stanno avendo nell’economia mondiale al momento e cercano di diluire l’influenza russa e cinese cercando di affermare il potere della NATO il più vicino possibile ai confini russi per annullare la loro influenza nella regione. ”
C / U Manifesto (in tedesco ) : ” Yatsenyuk permette il flusso di sangue , la Germania lascia flusso di denaro

Fonte: Imola Oggi

ucraina

La NATO dietro il golpe neo-nazista in Ucraina


Fonte: Aurora sito slide_334279_3346485_freeLe nazioni occidentali, guidate dall’Unione europea e dall’amministrazione Obama, sono la base di un vero e proprio golpe neo-nazista in Ucraina. Se il tentativo ha successo, le conseguenze si estenderanno ben oltre i confini dell’Ucraina e degli Stati confinanti. Per la Russia, un tale golpe costituirebbe un casus belli, avvenendo nel contesto dell’espansione della difesa missilistica della NATO verso l’Europa centrale e dell’evoluzione della dottrina USA-NATO del “Prompt Global Strike“, che presuppone che gli USA possano lanciare un primo attacco contro Russia e Cina e sopravvivere alla rappresaglia. Gli eventi in Ucraina costituiscono il potenziale innesco della guerra globale che potrebbe rapidamente e facilmente sfociare in una guerra termonucleare. Alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco di questo fine settimana, il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ha avuto uno vivo scambio pubblico con il segretario generale della NATO Anders Fogh Rasmussen, in cui quest’ultimo accusa la Russia di “retorica bellicosa” e Lavrov ha risposto citando il programma di difesa missilistica in Europa come tentativo di garantirsi la possibilità del Primo Attacco nucleare contro la Russia. Nelle sue osservazioni formali a Monaco e della settimana prima al World Economic Forum di Davos, in Svizzera, Lavrov ha anche accusato i governi occidentali di  sostenere organizzazioni terroristiche neo-naziste nel zelante tentativo di mettere l’Ucraina sotto il controllo dell’Unione europea e della Trojka stringendo il cappio della NATO intorno la Russia. Se non altro, Lavrov ha compreso la situazione.
Gli squadristi nazisti prendono l’iniziativa
Da quando il Presidente Viktor Janukovich ha annunciato che l’Ucraina abbandonava l’intenzione di  firmare accordo di associazione dell’Unione europea, il 21 novembre 2013, le organizzazioni filo-occidentali costituite da residuati bellici e dell’immediato dopoguerra del collaborazionismo nazista dell’Organizzazione dei nazionalisti ucraini banderisti (OUN-B) e i loro successori, hanno lanciato una campagna di provocazioni volta non solo ad abbattere il governo del Primo ministro Mykola Azarov, ma a rovesciare il presidente democraticamente eletto Janukovich. Il partenariato orientale dell’Unione europea fu avviato nel dicembre 2008 da Carl Bildt e Radek Sikorski, ministri degli esteri di Svezia e Polonia, dopo la prova di forza militare della Georgia contro la Russia in Ossezia del sud. Il partenariato orientale punta a sei ex-repubbliche dell’Unione Sovietica: tre nella regione del Caucaso (Armenia, Azerbaigian, Georgia) e tre in Europa centro-orientale (Bielorussia, Moldavia, Ucraina). Non dovevano essere invitate alla piena adesione all’UE, ma trascinate nella morsa europea attraverso i cosiddetti accordi di associazione, incentrati su un ampio e globale accordo di libero scambio (DCFTA). Il primo obiettivo era l’Ucraina. Nell’ambito dell’accordo di associazione negoziato con l’Ucraina, ma non firmato, l’economia industriale dell’Ucraina sarebbe stata smantellata, il commercio con la Russia devastato (con la Russia che poneva termine al regime di libero scambio con l’Ucraina, per evitare che i propri mercati venissero invasi via Ucraina) e i giocatori dei mercati europei avrebbero arraffato materie agrarie e prime da esportare dall’Ucraina. Lo stesso regime di austerità mortale imposto ai Paesi mediterranei dell’Europa, con la truffa del piano di salvataggio della Trojka, sarebbe stato imposto all’Ucraina. Inoltre, l’accordo di associazione avrebbe avuto una “convergenza” sulle questioni di sicurezza, con l’integrazione nei sistemi di difesa europei. Con un tale accordo aggiornato, i trattati a lungo termine sull’uso della Marina russa dei porti cruciali della Crimea sul Mar Nero sarebbero stati conclusi, in ultima analisi consegnando alla NATO basi avanzate sul confine immediato della Russia. Mentre i resoconti  stampa occidentali hanno promosso le manifestazioni di piazza Indipendenza di Kiev (Maidan Nezalezhnesti, o Euromaidan come è ora chiamata) inizialmente come pacifiche, la realtà indica che fin dall’inizio le proteste coinvolgono neonazisti dichiarati, picchiatori di estrema destra e “afghansy“, veterani delle guerre in Afghanistan, Cecenia e Georgia. Secondo il parlamentare ucraino Oleg Tsarjov, 350 ucraini sono rientrati dalla Siria, nel gennaio 2014, dopo aver combattuto con i ribelli siriani, anche con i gruppi di al-Qaida quali il Fronte al-Nusra e lo Stato Islamico d’Iraq e Siria (SIIS).
Già tra il 30 novembre e  il 1 dicembre 2013, i rivoltosi lanciavano molotov e sequestravano l’ufficio del sindaco di Kiev, dichiarandolo “quartier generale rivoluzionario”. I manifestanti dell’opposizione del partito Svoboda, già partito nazionalsocialista, marciano sotto la bandiera rossa e nera dell’Organizzazione dei nazionalisti ucraini di Stepan Bandera (OUN-B), i collaborazionisti filo-nazisti che sterminarono ebrei e polacchi coadiuvando la macchina da guerra nazista, in adempimento delle proprie idee radicali sulla purezza etnica, durante la Seconda Guerra Mondiale. Lo slogan del partito Svoboda, “l’Ucraina agli ucraini“, fu il grido di battaglia di Bandera durante il collaborazionismo dell’OUN-B con Hitler dopo l’invasione nazista dell’Unione Sovietica. Fu sotto questo slogan che esecuzioni di massa e pulizia etnica vennero eseguite dai fascisti di Bandera.  Fonti ucraine riferiscono che il partito Svoboda effettuava addestramento paramilitare nell’estate del 2013, mesi prima che il Presidente Janukovich decidesse di respingere l’accordo di associazione con l’UE. Il carattere neo-nazista, razzista e antisemita di Svoboda non ha impedito ai diplomatici occidentali, tra cui l’assistente del segretario di Stato per gli affari europei ed euroasiatici Victoria Nuland, d’incontrare pubblicamente il leader del partito Oleg Tjagnibok, espulso dal movimento Nostra Ucraina nel 2004 per i suoi discorsi velenosi contro “moscoviti ed ebrei”, usando denominazioni offensive e dispregiative verso entrambi. La rinascita fascista dei banderisti è chiara dalla “rivoluzione arancione” del 2004, quando Viktor Jushenko fu piazzato presidente dell’Ucraina con una campagna di piazza eterodiretta e fortemente finanziata dalla Fondazione Rinascimento Internazionale di George Soros e da altre 2000 organizzazioni non governative di Europa e USA, dopo essere stato ufficialmente dichiarato perdente alle presidenziali con Viktor Janukovich. Il 22 gennaio 2010, uno degli ultimi atti di Jushenko da presidente, dopo aver perso la rielezione con Janukovich con un ampio margine, fu nominare Stepan Bandera Eroe d’Ucraina, una grande onoreficenza dello Stato. La seconda moglie di Jushenko, Katerina Shumachenko, era membro del gruppo giovanile dell’OUN-B banderista di Chicago, dove è nata, secondo fonti. Nel 1980, Shumachenko era a capo degli uffici di Washington del Comitato del congresso ucraino di America (in cui l’influenza dell’OUN-B era grande al momento, secondo l’Internet Encyclopedia of Ucraina) e del Comitato nazionale delle nazioni in cattività, prima di passare all’Ufficio per i diritti umani del dipartimento di Stato. Nel gennaio 2011, il Presidente Janukovich annunciò che il titolo di eroe dello Stato dell’Ucraina a Bandera era stato ufficialmente revocato.
OUN-B: un po’ di storia
L’eredità dell’OUN-B è fondamentale per comprendere la natura dell’insurrezione armata ormai in atto in Ucraina. L’Organizzazione dei nazionalisti ucraini fu fondata nel 1929, e quattro anni dopo Bandera era alla guida. Nel 1934 Bandera e altri leader dell’OUN furono arrestati per l’assassinio di Bronislaw Pieracki, ministro degli Interni polacco. Bandera fu liberato dal carcere nel 1938 e subito entrò in trattative con il comando d’occupazione tedesco beneficiando dei fondi e dell’addestramento organizzato dall’Abwehr per 800 dei suoi commando paramilitari. All’invasione  nazista dell’Unione Sovietica nel 1941, le forze di Bandera consistevano in almeno 7000 combattenti organizzati in “gruppi mobili” e coordinati dalle forze tedesche. Bandera ricevette 2,5 milioni di marchi tedeschi per condurre operazioni sovversive nell’Unione Sovietica. Dopo aver dichiarato uno Stato ucraino indipendente sotto la sua direzione, nel 1941, Bandera fu arrestato e inviato a Berlino. Ma mantenne legami e finanziamenti nazisti, ed i suoi “gruppi mobili” furono riforniti e appoggiati per via aerea dai tedeschi durante la guerra. Nel 1943, l’OUN-B di Bandera condusse una campagna di sterminio di massa contro polacchi ed ebrei, uccidendo circa 70000 civili durante l’estate di quel solo anno. Anche se Bandera dirigeva le operazioni dell’OUN-B da Berlino, il programma di pulizia etnica era gestito da Mykola Lebed, il capo della Sluzhba Bespeki, l’organizzazione della polizia segreta dell’OUN-B. Nel maggio 1941, nella seduta plenaria dell’OUN a Cracovia, l’organizzazione pubblicò un documento, “Lotta e azione dell’OUN durante la Guerra“, che dichiarava “Moskali, polacchi e ebrei ci sono ostili e devono essere sterminati in questa lotta.” (“Moskal” è un gergo dispregiativo ucraino per “moscoviti” o russi.)
Con la sconfitta dei nazisti e la fine della guerra sul fronte europeo, Bandera e molti leader dell’OUN-B si sparpagliarono nei campi degli sfollati in Germania e Europa centrale. Secondo Stephen Dorrill, nella sua autorevole storia dell’MI6, MI6: nel mondo occulto del Secret Intelligence Service di Sua Maestà, Bandera fu reclutato per lavorare per l’MI6 nell’aprile 1948. Il legame inglese fu organizzato da Gerhard von Mende, un ex-capo nazista che aveva guidato la divisione del Caucaso del ministero del Reich per i territori orientali occupati (Ostministerium). Von Mende reclutò musulmani del Caucaso e dell’Asia centrale per combattere con i nazisti durante l’invasione dell’Unione Sovietica. Alla fine della seconda guerra mondiale, lavorò per gli inglesi attraverso una società di copertura, il Servizio di ricerca sull’Europa orientale, un’agenzia di reclutamento per gli insorti musulmani operanti nell’Unione Sovietica. Von Mende fu determinante nella creazione di un importante polo di attività della Fratellanza musulmana a Monaco di Baviera e a Ginevra. Attraverso von Mende, l’MI6 addestrò gli agenti dell’OUN-B e li spedì in Unione Sovietica ad effettuare operazioni di sabotaggio e di assassinio tra il 1949 e il 1950. Un rapporto del 1954 dell’MI6 elogiava Bandera quale “sabotatore professionale dal passato di terrorista dalle nozioni spietate delle regole del gioco.” Nel marzo 1956 Bandera lavorò per l’equivalente tedesco della CIA, la BND, allora diretto dal generale Reinhardt Gehlen, capo dell’intelligence militare tedesca sul fronte orientale durante la seconda guerra mondiale. Ancora una volta, von Mende fu suo sponsor e protettore. Nel 1959, Bandera fu assassinato dal KGB in Germania ovest.
Al primo assassino di Bandera nell’OUN-B, Mykola Lebed, comandante locale della polizia segreta del gruppo, andò ancora meglio alla fine della seconda guerra mondiale. Lebed fu reclutato dal controspionaggio dell’esercito statunitense (CIC) nel dicembre 1946 e nel 1948 era sul libro paga della CIA. Lebed assunse quegli agenti dell’OUN-B che non se ne andarono con Bandera e l’MI6,   partecipò ad una serie di programmi di sabotaggio dietro la cortina di ferro, tra cui “l’operazione Cartel” e l'”operazione Aerodinamica”. Lebed fu portato a New York City dove costituì una società di facciata della CIA, la Prolog Research Corporation, sotto il controllo di Frank Wisner, capo della direzione operativa della CIA negli anni ’50. Prolog operò fino al 1990, ottenendo un grande impulso quando Zbigniew Brzezinski era National Security Advisor del presidente Jimmy Carter.
Nel 1985, il dipartimento di Giustizia statunitense avviò un’indagine sul ruolo di Lebed nel genocidio in Polonia e Ucraina occidentale, ma la CIA la bloccò e alla fine fu abbandonata.  Tuttavia, nel 2010, dopo il rilascio di migliaia di documenti del periodo bellico, i National Archives pubblicarono una relazione sui documenti, L’ombra di Hitler: criminali di guerra nazisti, intelligence USA e Guerra Fredda, di Richard Breitman e Norman Goda, che comprendeva un dettagliato resoconto sul collaborazionismo di Lebed e Bandera con i nazisti e il loro coinvolgimento nelle stragi di ebrei e polacchi. Tale eredità di Bandera-Lebed, e le reti create nel dopoguerra, sono al centro degli eventi in Ucraina.
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Il 25 gennaio 2014, ventinove leader di partiti politici ed organizzazioni civili e religiose ucraini, tra cui l’ex-candidata presidenziale e parlamentare Natalija Vitrenko, inviarono una lettera aperta al Segretario generale e ai leader dell’UE e degli Stati membri delle Nazioni Unite, denunciando il sostegno occidentale alla campagna neonazista volta ad effettuare un sanguinoso colpo di Stato contro un governo legittimamente eletto. Sulla lettera aperta si legge: “… nel sostenere le azioni dei guerriglieri in Ucraina. … proteggete direttamente, incitate e istigate i neonazisti e neofascisti ucraini. Nessuno di questi oppositori (Jatsenjuk, Klishko e Tjagnibok) nasconde la perpetuazione dell’ideologia e delle pratiche dell’OUN-UPA. … Ovunque vada la gente di Euromaidan in Ucraina, diffonde slogan di cui sopra, neo-nazisti, simboli razzisti. … Inoltre, conferma la natura neo-nazista di Euromaidan l’uso costante di ritratti dei sanguinari carnefici del nostro popolo, gli agenti dell’Abwehr Bandera e Shukhevich“. La lettera aperta domanda ai leader occidentali: “L’ONU, l’UE e gli USA non riconoscono più la Carta e il Verdetto del Tribunale penale internazionale di Norimberga, dove i nazisti hitleriani e i loro seguaci furono condannati? I diritti umani non sono più un valore per i Paesi dell’UE e della comunità internazionale? La devozione dei nazionalisti ucraini per Hitler e i suoi stragisti di civili, sono oggi simbolo di democrazia?” Solo negli ultimi giorni, con le scene delle violenze di massa dei manifestanti armati che finalmente rompono la nebbia della propaganda, i media occidentali notano il carattere neo-nazista dell’attuale destabilizzazione. La rivista Time, il 28 gennaio, titolava il suo articolo da Kiev “Criminali di destra dirottano la rivolta liberale dell’Ucraina“, indicando un gruppo di picchiatori neonazisti chiamato Spilna správa (“Causa Comune”, ma le iniziali ucraine sono “SS”), vicino al centro delle proteste. Il giorno successivo, il 29 gennaio, il Guardian intitolò “In Ucraina, fascisti, oligarchi ed espansione occidentale sono al centro della crisi”, con il catenaccio: “La storia raccontataci sulle proteste di Kiev sono sommarie rispetto alla realtà“. Il giornalista del Guardian Seumas Milne candidamente scrive: “Non sapreste mai dalla maggior dei notiziari, che nazionalisti di estrema destra e fascisti sono al centro delle proteste e degli attacchi contro edifici governativi. Uno dei tre principali partiti di opposizione che guidano la campagna, è l’estremista antisemita Svoboda, il cui leader Oleg Tjagnibok sostiene che ‘mafiosi moscoviti-ebraici’ controllano l’Ucraina. Il partito, che ora dirige Lvov, ha guidato una  fiaccolata di 15000 elementi all’inizio del mese, in memoria del leader fascista ucraino Stepan Bandera, le cui forze combatterono con i nazisti durante la seconda guerra mondiale e che parteciparono ai massacri di ebrei.
Counterpunch ha anche pubblicato il 29 gennaio un articolo di Eric Draitser, “L’Ucraina e la rinascita del fascismo in Europa”, che avverte subito: “Le violenze nelle piazze dell’Ucraina sono molto più che l’espressione della rabbia popolare contro un governo. Invece, è solo l’ultimo esempio di forma più insidiosa di fascismo montante che l’Europa ha visto dalla caduta del Terzo Reich. … Nel tentativo di eliminare l’Ucraina dalla sfera d’influenza russa, l’alleanza USA-UE-NATO, e non per la prima volta, s’è legata ai fascisti.”
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Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

Ucraina: Esercito di Kiev fa strage di civili

Fonte: Contropiano

Mostriamo questi quattro video girati in queste ore in Ucraina nei si vede la popolazione disarmata di Mariupol’ (città dell’Ucraina sud-orientale) che viene presa a fucilate da soldati dell’esercito di Kiev.  Fate molta attenzione prima di vederli perchè alcune scene sono molto crude e violente.
I lanci di agenzia odierni parlano di “21 morti negli scontri tra filorussi e truppe di Kiev”. La cruda realtà invece è un’altra e questi video la narrano tragicamente. La popolazione, a mani nude e spesso a braccia alzate (universale gesto pacifico e di resa), è per le strade e nelle piazze, ed ingenuamente si espone alle fucilate dei soldati al seguito dei carrarmati. Gli abitanti di Mariupol’ protestano e qualche volta gridano chiaramente “fascisti” (parola evidentemente universale..).

 

 

http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=MhfPkHvFBvE  

Elena Bondarenko, deputata ucraina, denuncia il governo di Kiev di crimini contro l’umanità

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Fonte: Nuova Auras

Il seguente messaggio di denuncia proviene dalla deputata ucraina Elena Bondarenko del Partito delle Regioni, attualmente all’opposizione a Kiev!
La deputata Elena Bondarenko è venuta recentemente alla ribalta per aver apertamente denunciato il governo ucraino in un discorso all’interno dello stesso Parlamento. Con tale discorso la Bondarenko accusa il governo golpista di crimini di guerra contro il suo popolo e contro l’umanità, comunicando che il governo golpista ha inoltre cominciato a minacciare l’eliminazione fisica dei politici dell’opposizione e di tutti coloro che cercano di opporsi alla politica della guerra.
Chiunque si aspetterebbe un articolo da prima pagina su ogni giornale e apertura di ogni telegiornale. Un esponente, seppur dell’opposizione, del go
verno ucraino che denuncia il proprio governo di crimini contro l’Umanità e minacce di morte nei confronti di chiunque si opponga alla Giunta in carica, dovrebbe fare il giro del mondo cavalcando ogni copertina e prima pagina. Tuttavia tutto tace!
Personalmente, lavorando a stretto contatto e quotidianamente con i giornalisti della principale testata italiana, posso garantire che l’informazione in oggetto è arrivata, ma mai inchiostrerà nemmeno l’ultimo dei trafiletti. Le testate giornalistiche italiane, oggi, sono assolutamente un mezzo di propaganda e plagio dell’opinione pubblica al soldo dello Zio Sam e lo Zio Giuda. Non a caso ogni giorno osservo passare informazioni giunte fresche fresche da Washington …e se la notizia del giorno non ha fonte targata New York Times o Washington Post, semplicemente nulla è accaduto!
Lontano dagli occhi lontano dal cuore… come dire che ciò che non inchiostra la carta, non esiste e non è mai accaduto; io aggiungo, sempre per esperienza diretta, che la propaganda va ben oltre… succede anche che l’inchiostro crei cose, fatti e notizie che in realtà non sono mai accadute, ma che grazie alla magia del “neogiornalismo” se lo scrive il giornale e lo dice il TG …diventa vero!
L’informazione oggi è lavoro per mercenari, attori e comparse delle news, gli editori i nuovi esperti di effetti speciali e la regia… beh, quella è sempre la stessa e il copione sempre quello: “se qualcuno è seduto sopra a qualcosa che ti interessa, basta dipingerlo come cattivo, convinci tutti che sia pericoloso, che è da rimuovere per il bene e la sicurezza di tutti; magari dai il via a una serie di fatti sconcertanti (veri o finti, non ha importanza) da attribuirne a lui la paternità e la responsabilità, dopodiché, quando l’opinione pubblica è cotta a puntino, raduna le forze e con il grande consenso di tutti,  vai a distruggerlo e prenditi ciò che ti interessava!” Funziona così, è sempre funzionato così!
 

Di seguito la traduzione del suo messaggio di denuncia.

Cari amici, ecco la mia dichiarazione!
Chiedo una massima condivisione del messaggio a chi ha la possibilità di tradurlo in altre lingue e di rilanciarlo!
“Io, Elena Bondarenko, deputata del partito delle regioni, che è in opposizione all’attuale regime in Ucraina, voglio dire che il potere si sta abbassando a dirigere minacce di eliminazione fisica agli oppositori politici in Ucraina, alla privazione del diritto alla libertà di espressione dell’opposizione fuori e dentro il parlamento. Tutto questo è rivolto non solo ai politici dell’opposizione, ma per collaborazionismo anche ai loro figli.
Costanti minacce, divieto non ufficiale alla presenza dell’opposizione nei canali televisivi ucraini, mirate persecuzioni. Questo è ciò che quotidianamente vive un deputato di opposizione in Ucraina. Coloro che in Ucraina chiedono la pace vengono immediatamente etichettati dalle autorità come “nemici del popolo”, come fu, ad esempio, in Germania negli anni 30-40 del secolo scorso o durante l’era di McCarthy negli Stati Uniti.
Pochi giorni fa il ministro degli affari interni dell’Ucraina Arsen Avakov, che in Ucraina è un convinto sostenitore del cosiddetto “partito della guerra”, ha dichiarato quanto segue: “quando sulla tribuna parlamentare prende la parola Elena Bondarenko, la mano da sola scivola verso la pistola”.
Sottolineo che queste frasi sono state pronunciate da un uomo la cui autorità è a capo della polizia di stato. Esattamente una settimana fa, il portavoce del Parlamento ucraino Oleksander Turčinov mi ha anche privata del diritto di parlare dalla tribuna parlamentare, come rappresentante della frazione di opposizione del “Partito delle Regioni”. Mi ha privata del diritto di parola solo per aver detto che “un potere che manda un esercito a bombardare le città pacifiche – È un potere criminale”. Dopodiché ha anche dato voce, con compiacenza, ai parlamentari radicali che hanno richiamato alla necessità di “fucilare l’opposizione”.
Tenendo presente che alla fine dello scorso anno, quando a Kiev già esercitavano gli estremisti, la mia auto è stata presa a colpi di arma da fuoco e di questo fatto la polizia ne è a conoscenza, considero seriamente tali minacce.
Inoltre voglio informare tutti coloro che ancora non sanno che l’attuale regime copre i criminali che hanno pestato il figlio di Vladimir Oleynik, un altro politico dell’opposizione. Ruslan Oleynyk, che lavorava come procuratore distrettuale, è stato picchiato sul suo posto di lavoro, con conseguenze per la sua salute. Piuttosto che indagare sul fatto dell’attacco ad un procuratore nell’esercizio delle sue funzioni e sul fatto che una pressione mostruosa viene esercitata sul leader dell’opposizione e la sua famiglia, lo hanno fatto licenziare. Dai suoi colleghi sento settimanalmente racconti di attentati, di incursioni sulle imprese dei loro sostenitori e di minacce di attacchi alla loro vita, alla loro salute e alle loro proprietà.
Lo spazio di informazione ucraino è stato quasi completamente ripulito da queste notizie ed i cittadini ucraini non sono nemmeno a conoscenza del fatto che in Ucraina sia in corso una guerra criminale contro l’opposizione e che il diritto costituzionale alla libertà di espressione è stato soppresso. Gli editori stessi che, superando la paura, lavorano onestamente, vengono attaccati dai gruppi di nazionalisti mentre gli organizzatori e gli esecutori dei pogrom alle redazioni non allineate, che pure vengono identificati da video e fotografie, non vengono assicurati alla giustizia.
Invito le organizzazioni internazionali che si dichiarano impegnate per il sostegno ai principi democratici, non solo a prestare attenzione a ciò che sta accadendo, ma anche a lottare per preservare e far rispettare i diritti democratici e le libertà dei cittadini ucraini.
I metodi del governo ucraino, in lotta per il potere e più precisamente in lotta per costruire una dittatura in Ucraina, non hanno nulla a che fare con il concetto di “democrazia”.
Il lassismo da parte della comunità internazionale per quanto riguarda questi fatti eclatanti equivarrà ad una complicità e ad una tacita approvazione di tutti i crimini che si commettono oggi in Ucraina; il mondo libero perde un altro avamposto in Ucraina.
Dico a chiunque, non a parole ma con i fatti, lotti per la democrazia, per i diritti umani e per la libertà, possiamo fare molto insieme. Perché solo insieme possiamo fermare la giunta e la guerra fratricida in Ucraina!
Con rispetto, Elena Bondarenko, deputata Ucraina
TESTO ORIGINALE
Други мои, вот мое заявление!
Прошу максимального перепоста. Кто имеет возможности перевести на другие языки и распространить его – подключайтесь!
“Я, Елена Бондаренко, народный депутат от Партии регионов, которая находится в оппозиции к нынешней власти в Украине, хочу заявить о том, что власть опускается до прямых угроз физического устранения оппозиционных политиков в Украине, до лишения права на свободу слова оппозиции в парламенте и за его пределами, а также до соучастия в преступлениях против не только оппозиционных политиков, но и их детей.
Постоянные угрозы, негласный запрет на присутствие оппозиции в эфире большинства украинских каналов, целенаправленная травля – это уже как атрибут повседневной жизни оппозиционного депутата в Украине. Все, кто призывает к миру в Украине, сразу же записываются властью во враги народа, как это было, к примеру, в Германии 30-40 годов прошлого века или во времена политики маккартизма в США.
Несколько дней назад Министр внутренних дел Украины Арсен Аваков, который является ярым сторонником так называемой «партии войны» в Украине, заявил следующее: “Когда выходит на парламентскую трибуну выступать Елена Бондаренко, рука просто тянется к пистолету”.
Подчеркиваю: это сказал человек, наделенный полномочиями главного полицейского в государстве. Ровно неделю назад спикер украинского парламента Александр Турчинов также лишил меня права выступить с парламентской трибуны как представителя оппозиционной фракции «Партии регионов». Лишил только за то, что я заявила, что «власть, которая посылает армию бомбить мирные города, – преступна». После чего он же благодушно дал возможность парламентским радикалам озвучить призыв расстрелять оппозицию.
Памятуя то, что еще в конце прошлого года, когда в Киеве уже орудовали экстремисты, мой автомобиль был обстрелян и этот факт был зафиксирован мною заявлением в правоохранительных органах, отношусь к подобным угрозам в мой адрес вполне серьезно.
Также информирую всех, кто еще этого не знает, что нынешняя власть покрывает преступников, которые посмели поднять руку на сына другого оппозиционного политика Владимира Олейника. Руслан Олейник, выполняя обязанности районного прокурора, был избит на своем рабочем месте, в результате чего его жизнь и здоровье оказались под угрозой. Вместо того, чтобы расследовать данный факт нападения на прокурора при выполнении его обязанностей и факт чудовищного давления на оппозиционера и его семью, власть уволила данного прокурора. От своих коллег еженедельно я слышу об избиении их помощников, об обысках на предприятиях их сторонников, об угрозах, а также посягательствах на их жизнь, здоровье и имущество.
Украинское информационное пространство почти целиком зачищено от данной информации и обычные украинцы даже не догадываются, что в Украине ведется преступная борьба с оппозицией, что данное Конституцией право на свободу слова всячески подавляется. Те же редакции, которые, превозмогая страх, работают честно подвергаются нападениям националистических группировок, а организаторы и участники погромов редакций, даже идентифицированные по видео и фотоматериалам, не привлекаются к ответственности.
Я призываю международные структуры, которые декларируют приверженность демократическим принципам, не просто обратить на это внимание, а и подключиться к борьбе за сохранение и соблюдение демократических прав и свобод украинских граждан.
Методы украинской хунты в борьбе за власть, а точнее в борьбе за построение диктатуры в Украине не имеют ничего общего с понятием «демократия».
Бездействие со стороны международного сообщества в отношении этих вопиющих фактов будет выглядеть как соучастие и молчаливое одобрение всех тех преступлений, которые сейчас совершаются в Украине.
Свободный мир теряет еще один форпост – Украину. Все, кто не на словах, а на деле, борется за демократию, права и свободы человека могут сообща сделать многое. Ведь только сообща мы можем остановить хунту и братоубийственную войну в Украине!
С уважением,
народный депутат Украины Елена БОНДАРЕНКО

Memorandum russo “Salvare l’Ucraina”: impedire che l’Ucraina diventi “fascista”


Global Research, 13 febbraio 2014

Fonte: Aurora sito
1939652Il memorandum intitolato “Salvare l’Ucraina!” è stato pubblicato il 12 febbraio sul settimanale russo Zavtra. Scritto da esperti dell’Izborsk Club, un influente gruppo intellettuale notato dal Presidente Vladimir Putin negli ultimi mesi, la dichiarazione definisce il “golpe strisciante fascista e nazista” in Ucraina quale minaccia strategica alla Federazione russa. Ritenendo Stati Uniti e UE responsabili del piano di cambio di regime in Ucraina, il memorandum prevede di convocare gli Stati Uniti per consultazioni per evadere la crisi, nel quadro del Memorandum di Budapest sulla sovranità dell’Ucraina del 1994 o, se i firmatari del Memorandum Ucraina e Gran Bretagna rifiutassero tale conferenza, decollerebbe la diplomazia d’emergenza russo-statunitense sulla base del precedente della Crisi dei missili di Cuba del 1962, quando il mondo fu sull’orlo della guerra nucleare. Molte valutazioni e idee nel memorandum coincidono con le interviste della scorsa settimana e gli articoli del consigliere presidenziale, l’accademico Sergej Glazev e dell’ex-generale Leonid Ivashov, aderenti all’Izborsk Club e co-autori ai primi del 2013 del libro bianco strategico militare del club (vedasi “Gli Stati Uniti puntano alla Capacità di Primo Colpo Nucleare“, (1) EIR, 15 marzo 2013).
Il memorandum “Salvare l’Ucraina!” afferma che la situazione nel Paese “Si avvicina al limite oltre cui c’è il pericolo che l’Ucraina diventi fascista“. Tale sviluppo comporterebbe, prosegue, la “trasformazione dell’Ucraina da Stato non-allineato, neutrale e non nucleare in un nuovo ‘punto caldo’ dell’Europa e del mondo intero, un focolaio di instabilità e caos alle frontiere della Russia.”  Sul dettaglio delle recenti concessioni del presidente ucraino Victor Janukovich e delle azioni dell’Unione europea e degli Stati Uniti, compreso quanto rivelato nella conversazione telefonica trapelata tra l’assistente del segretario di Stato USA Victoria Nuland e l’ambasciatore USA a Kiev Geoffrey Pyatt, la nota dice che tali eventi “Creano le condizioni per l’occupazione illegittima del potere da parte di una coalizione di forze politiche che non rappresenta gli interessi della maggioranza del popolo ucraino“. Accusa “il gruppo dirigente degli Stati Uniti che guida l’operazione Ucraina d’essere composto da alti funzionari dell’intelligence e diplomatici”. La dichiarazione suggerisce che “Washington è sempre più preoccupata che Mosca, dalle enormi risorse presso la popolazione ucraina, improvvisamente si svegli e diventi più attiva, distruggendo il piano quasi completato di stabilire un governo totalmente anti-russo con l’ampio uso dei seguaci fascisti del (collaborazionista nazista Stepan) Bandera“. Il documento delinea possibili scenari politici per il cambio di regime in Ucraina, sia con la brusca estromissione di Janukovich o attraverso un “governo di coalizione” che finirebbe con la sua estromissione. Un nuovo leader, forse l’ex-primo ministro Julija Tymoshenko, uscita dal carcere, “prenderebbe la leadership dell’Ucraina, sulla piattaforma nazionalista radicale di (Oleg) Tjagnibok e di altri gruppi fascisti. Una svolta ideologica di questo genere… formerebbe uno Stato antirusso ai confini della Federazione Russa, disturbando i processi d’integrazione globale nell’area ex-sovietica.”
“Gli interessi strategici della Federazione Russa”
Con il sottotitolo “conseguenze del colpo di Stato sugli interessi strategici della Russia“, il memorandum indica che “un nuovo regime politico e ideologico in Ucraina, … basato su un’ideologia nazionalista estrema quale unico meccanismo disponibile per la soppressione delle tensioni sociali”, potrebbe prendere: “decisioni riguardanti direttamente gli interessi strategici della Federazione Russa“, tra cui l’espansione militare degli Stati Uniti e della NATO, inaccettabile per la Russia: “Il rifiuto della presenza delle forze armate russe in Crimea, anche dalla base di Sebastopoli della Flotta del Mar Nero della Federazione Russa. L’arco temporale di sei-dieci mesi è insufficiente per il trasferimento ordinato delle strutture militari sul territorio russo, in prossimità di Novorossijsk.
“Le purghe delle forze filo-russe in Ucraina orientale e meridionale, porterebbero a un’ondata di profughi verso la Federazione Russa. “Annullamento delle capacità produttive di Kiev, Dnepropetrovsk, Kharkov e altre città ucraine, che operano per il complesso militare-industriale russo. “Incremento dell’ucrainizzazione forzata della popolazione a sinistra del Dnepr (dove è presente una grande popolazione etnica e di lingua russa). “Partnership estesa dell’Ucraina con la NATO e la comparsa di basi USA e NATO in Ucraina, anche in Crimea. “Istituzione in Ucraina orientale di basi per addestrare terroristi che opererebbero nel Caucaso, nel bacino del Volga e forse in Siberia. “Rilancio delle “tecniche Euromaidan” nelle grandi città russe, soprattutto in territori etnicamente definiti della Federazione Russa. “Espulsione della Chiesa ortodossa russa dall’Ucraina, accompagnato dal sequestro forzato di chiese e monasteri, determinando l’ulteriore calo delle autorità sia della Chiesa che del ramo esecutivo del governo nella società russa. “Avvio di procedimenti penali nei confronti di Gazprom, Rosneft e loro dirigenti, con il nuovo governo ucraino che cita in giudizio la Russia nei tribunali internazionali occidentali, sotto vari pretesti.
“Catastrofico per il futuro della Russia” 1620883Nella sezione finale, “Cosa deve fare la Russia?“, gli autori dichiarano: “consideriamo la situazione che si afferma in Ucraina catastrofica per il futuro della Russia e di tutta l’area post-sovietica.” Le misure che i leader politici russi dovrebbero prendere, “nel quadro del diritto internazionale“, sono: “Valutazione ufficiale del colpo di Stato strisciante come ideologicamente fascista e nazista, in violazione dei diritti di tutti i popoli e gruppi etnici che vivono in Ucraina; “Appello ai popoli russi e ucraini a resistere con tutte le forze alla piaga fascista che ha preso il potere a Kiev, e coinvolgere larghi strati dell’opinione pubblica nel processo politico; “Assistenza sociale e economica diretta alle regioni dell’Ucraina meridionale e orientale, attraverso il lancio di programmi bilaterali e mantenendo bassi i prezzi del gas per i clienti ucraini, mentre si trattengono eventuali prestiti diretti al governo dell’Ucraina; “Invitare i cittadini russi a contattare parenti e amici in Ucraina, per mobilitarli nel processo politico palese contro Maidan, che porterebbe ad una futura guerra civile; “Lancio di una vasta campagna sui canali televisivi nazionali a sostegno dell’opinione pubblica ucraina e per denunciare il carattere fascista del colpo di Stato in corso, così come le conseguenze economiche negative per l’Ucraina, in particolare per le regioni orientali e meridionali; “Dichiarazione alla comunità mondiale sull’inaccettabilità per la Russia della creazione di uno Stato fascista e antisemita ai nostri confini, oltre a rendere tali dichiarazioni presso l’ONU ed altre organizzazioni internazionali; “Appello del Governo della Federazione Russa, secondo il vigente Memorandum di Budapest sulla sovranità dell’Ucraina, del 5 dicembre 1994 (articolo 6), ai governi di Ucraina, Stati Uniti e Gran Bretagna con decisa protesta contro le interferenze degli Stati Uniti negli affari interni dell’Ucraina e la richiesta di convocare una conferenza delle parti del Memorandum di Budapest in relazione alla situazione che vede un’aggressione politica, e misure di “coercizione economica miranti a subordinare ai propri interessi l’esercizio, da parte dell’Ucraina, dei diritti inerenti alla sovranità”; “In caso di rifiuto di una delle parti a partecipare a tale conferenza, il detto memorandum dovrebbe essere dichiarato temporaneamente invalido, con la Russia che entra in colloqui diretti con Washington, citando la situazione della crisi dei Caraibi (Crisi dei missili di Cuba) del 1962 quale precedente degli eventi in Ucraina, e proponendo agli Stati Uniti negoziati per monitorare congiuntamente gli sviluppi del processo politico e delle elezioni in Ucraina, così come una mediazione congiunta sulla soluzione della crisi politica; “Proposta alla Repubblica popolare di Cina e agli altri Paesi BRICS a sviluppare piani di assistenza economica per l’Ucraina e di collaborazione nell’area post-sovietica, al fine di arginare eventuali tentativi unilaterali egemonici degli Stati Uniti.
In conclusione, scrivono: “Solo tali azioni dello Stato e delle forze sane della comunità russa e internazionale, insieme agli organi esecutivi dei nostri due Paesi, possono stabilizzare la situazione sociale ed economica in Ucraina ed evitare la catastrofe socio-politica in quel Paese.
Copyright EIR, febbraio 2014 Copyright © 2014 Global Research
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

L'Ucraina dell'Est non molla: “I fascisti di Kiev non ci batteranno”

 L’Ucraina dell’Est non molla: “I fascisti di Kiev non ci batteranno”


Fonte: Tribuno del popolo


L’Ucraina è a un passo dalla guerra civile ma in Ucraina dell’Est la popolazione non vuole saperne di arrendersi alla giunta di Kiev, che non viene vista come legittima e imparziale bensì come in mano a estremisti di  destra. 
Fashism ne proedet”, il “Fascismo non passerà“, questo è uno degli slogan che va per la maggiore nel Donbass, da Sloviansk fino a Donetsk, scritto sui cartelli o declamato a gran voce dai manifestanti. I “fascisti” per la gente del posto sono quelli della giunta di Kiev, e purtroppo non è solo propaganda dal momento che le foto dei militanti del Pravij Sektor hanno fatto il giro del mondo così come i filmati delle sedi del Partito Comunista dati alle fiamme, così come i candidati alla presidenza rapiti e picchiati dalle bande di estrema destra. E’ il neofascismo che Ue e Usa non vogliono vedere, non si capisce se per dolo o ingenuità, e ironia della sorte sono molti i “sinistri” in Europa che accusano Mosca di mire espansionistiche fasciste sull’Ucraina. Anche “La Stampa” ha mandato sul posto inviati che non possono che constatare il sentimento popolare locale, e infatti il quotidiano torinese ha pubblicato un reportage di Michela Iaccarino nel quale si da voce ai cosiddetti manifestanti “filorussi”. Anche questa etichetta ci sembra una insopportabile semplificazione dal momento che molti dei manifestanti che sono scesi in piazza contro Kiev lo hanno fatto perchè non si sentono rappresentati da essa e sono spaventati, non perchè sono in realtà collaborazionisti al soldo di una potenza straniera come i media vorrebbero far credere a una opinione pubblica sempre più intorpidita. “Quelli non sono ucraini, sono eurofascisti, servi americani“, hanno detto alla Iaccarino i manifestanti dell’Est, “fratelli slavi che ci aiutano a resistere all’avanzata dell’esercito, un esercito che difende i nuovi padroni fascisti, l’Europa, la Nato, non noi“.  E intanto ci sono già i primi morti tra i manifestanti contrari alla giunta di Kiev dopo che l’esercito ucraino è arrivato nella regione, fatto che rende più vicina la guerra civile. Ma su una cosa almeno i media occidentali dovranno modificare il tiro: i manifestanti “filorussi” sono convinti di opporsi a un governo fascista, anche per questo nonni e nipoti si sono presentati in piazza con i simboli della Resistenza del 1945 contro il nazismo. Anche per questo il paragone tra Hitler e Putin fa ancora più ridere.

La Corea che resiste! Il socialismo nella RPDC

di Marxist-Leninist - 19 gennaio 2012

Fonte Aurora sito

 
Il 22 dicembre dello scorso anno, Fight Back! News, che spesso riflette le opinioni di Freedom Road Socialist Organization (FRSO), ha pubblicato un articolo straordinario sulla Corea del Nord e l’imperialismo degli Stati Uniti nella penisola coreana, dal titolo “Korea Stands Strong: Kim Jong-Il in Context“. Il brano ha svolto un tremendo lavoro delineando i progressi compiuti dal socialismo coreano e i problemi derivanti dalla continua occupazione occidentale della metà meridionale della nazione coreana. In risposta all’analisi approfondita di Fight Back!, insieme a due altri articoli del Partito per il Socialismo e la Liberazione (PSL) e del Workers World Party (WWP), David Whitehouse dell’Organizzazione Internazionale Socialista (ISO) ha pubblicato un pezzo contro Kim Jong-Il rispolverando le tipiche argomentazioni cliffite-trotzkiste contro il socialismo realmente esistente. ‘Socialism in One Dynasty’ pubblicato il 12 gennaio ha rimaneggiato le stesse linee anti-comuniste dell’ISO che caratterizzano il trotskismo.
La morte di Kim Jong-Il ha di nuovo stimolato la discussione nella sinistra sulla Corea Democratica con un elevato volume di propaganda anti-RPDC generata dall’occidente, ed è importante per i marxisti-leninisti registrare accuratamente i successi e le sfide della rivoluzione coreana. Il semplice fatto che la Corea del Nord sia sopravvissuta all’ondata della contro-rivoluzione che ha spazzato la maggior parte dei paesi socialisti, dimostra la forza e la resistenza delle masse coreane e la perseveranza della Corea Democratica di fronte alla schiacciante aggressione occidentale, richiede uno studio approfondito dai marxisti-leninisti del 21° secolo.
Corea divisa
Come l’articolo di Back Fight! News sottolinea, “La Corea è la sola nazione che sia stata forzatamente divisa dagli Stati Uniti subito dopo la seconda guerra mondiale.” (1) La Corea del Nord e la Repubblica di Corea esistono come due paesi distinti, ma il popolo coreano soddisfa tutte le caratteristiche di una nazione, “una comunità stabile di persone storicamente costituita, formata sulla base di una lingua comune, del territorio, della vita economica e psicologica che si manifesta in una cultura comune.” (2) Capire che la Corea non è due nazioni separate, è indispensabile per collocare le azioni della Corea del Nord nel loro contesto appropriato.
Temendo una popolarità diffusa della rivoluzione coreana nel nord e nel sud, gli Stati Uniti hanno continuato ad occupare militarmente la Repubblica di Corea dopo la Seconda Guerra Mondiale. I coreani furono esclusi dalla decisione di dividere il loro paese, e nonostante le promesse di eque elezioni nazionali volte alla riunificazione, gli Stati Uniti sono intervenuti in occasione delle elezioni della Corea del Sud, a favore del filo-occidentale e nazionalista di destra Syngman Rhee.
Molti studiosi e critici borghesi della Corea del Nord sostengono che l’Esercito Popolare di Corea (KPA), centrato nel nord, abbia avviato la guerra di Corea attraversando il 38° parallelo; l’atto viene spesso citato come l’inizio alla guerra di Corea. Se il KPA aveva mandato truppe in Corea del Sud il 25 giugno 1950, chiamarlo atto d’aggressione da parte di uno Stato sovrano nei confronti di un altro, legittima implicitamente la divisione imperialista della Corea alla conferenza di Potsdam nel 1945. Richard Stokes, ministro del lavoro britannico, si espresse così in un rapporto del 1950 sulle origini della guerra di Corea:
Nella guerra civile americana, gli americani non avrebbero mai tollerato per un solo momento la creazione di una linea immaginaria tra le forze del Nord e del Sud, e non vi può essere alcun dubbio quale sarebbe stata la loro reazione se gli inglesi fossero intervenuti in forze a favore del sud. Questo parallelo è pertinente, perché in America il conflitto non era solo tra due gruppi di americani, ma era tra due sistemi economici, come avviene in Corea.”(3)
Proprio come la guerra civile americana, qualsiasi cosiddetta aggressione da parte del Nord, era in realtà un tentativo di riunire una nazione divisa da una potenza straniera imperialista. Le critiche delle azioni della Repubblica Democratica della Corea in occasione dell’avvio del conflitto, dovrebbero condannare anche il presidente degli Stati Uniti Abraham Lincoln e l’esercito dell’Unione, per l’invio di rifornimenti per Fort Sumter alla vigilia dell’esplosione della guerra civile americana, la scintilla che de facto ha avviato il conflitto.
Naturalmente, i marxisti-leninisti sostengono gli sforzi di riunificazione del Nord, sia nella guerra civile americana che nella guerra di Corea, perché erano storicamente progressisti e rivoluzionari. La Corea fu occupata da un governo straniero imperialista, al momento dell’incursione del KPA nel sud, come i colonizzatori giapponesi avevano occupato il paese nei precedenti 35 anni. Come tale, l”invasione’ del KPA della Corea del sud è stata una campagna di una più grande lunga lotta per la liberazione nazionale, che era iniziata come lotta anticoloniale contro il Giappone imperiale.
L’occupazione straniera della Corea continua ancora oggi, e i marxisti-leninisti devono valutare le azioni della Corea del Nord nel quadro della lotta in corso per la liberazione nazionale. Le 28.000 truppe statunitensi di stanza in modo permanente nella Repubblica di Corea, attestano che il dominio imperialista continua sulla metà meridionale della nazione coreana.
Le vergognose calunnie sul socialismo coreano
Sebbene l’articolo dell’ISO fosse pieno di attacchi contro i marxisti-leninisti e la loro posizione sulla Corea del Nord, non aveva presentato nessuna confutazione all’articolo di Back Fight! News, un’omissione di per sé molto eloquente. La cosa più vicina a una confutazione di Whitehouse a tale articolo, era il seguente passaggio:
“FRSO, per esempio, si sofferma su un sistema di servizi sociali che comprende la copertura sanitaria universale e l’istruzione, così come l’alloggio gratuito.  Questo dato è notevole per un paese dalle limitate risorse come la Corea del Nord. Non è sorprendente, tuttavia, per un paese dove lo Stato controlla tutto.  Lo Stato fornisce assistenza sanitaria, istruzione e alloggio, perché non ci sono istituzioni al di fuori dello Stato, a meno che non si conti il Partito dei Lavoratori di Kim, che è legato allo Stato e permea tutti gli aspetti della vita della Corea del Nord.” (4)
Si noti che Whitehouse non contesta le affermazioni dell’articolo su Fight Back! relative al socialismo coreano. Whitehouse sostiene la scomoda posizione di ammettere che il dato dei servizi sociali della RPDC è ‘straordinario’, una sbalorditiva ammissione per un’organizzazione la cui dichiarazione di principi sostiene che, in realtà, i paesi socialisti già esistenti, come la Corea Democratica, “non hanno nulla a che fare con il socialismo.” (5) Al contrario, l’ISO tenta di minimizzare questi notevoli risultati, notando che lo Stato è l’unica entità organizzata nella società coreana in grado di fornire questi servizi.
Naturalmente questo pone una serie di domande: quale altro ente organizzato secondo l’ISO dovrebbe fornire questi servizi sociali essenziali nella Repubblica Democratica del Corea? Ritornando alla fonte, insieme con la Freedom Road Socialist Organization e altri marxisti-leninisti di tutto il mondo, sostiene la decisione dei governi socialisti di utilizzare il socialismo di mercato fortemente regolamentato per sviluppare le forze produttive, fornendo beni e servizi al popolo. Tuttavia, l’ISO rifiuta esplicitamente la strategia intrapresa da Cina e Cuba lo scorso anno, come prova ulteriore del ‘capitalismo di stato’ dei paesi. (6) Cosa dunque, in termini concreti, l’ISO piacerebbe vedere fuori dallo stato democratico coreano, se è già d’accordo sul fatto che i suoi servizi sono ‘notevoli’, lamentandosi che non esistano soggetti privati nel fornire questi servizi altrimenti, se allo stesso tempo rifiuta l’applicazione dei mercati fortemente regolamentati nei paesi socialisti?
C’è una risposta a queste domande, ma la verità non favorisce l’ISO. Le fazioni trotzkiste – i materialisti non dovrebbero mai fare riferimento a queste piccole organizzazioni come a dei partiti in senso marxista-leninista – non hanno mai guidato le masse verso la rivoluzione, proprio perché capiscono il socialismo e la rivoluzione solo in termini utopici. L’ISO non crede che la Corea democratica sia un paese socialista perché il PLC non è all’altezza del suo astratto, e spesso dogmatico, catechismo di Marx che usa nei suoi appelli ai comunisti per ‘vincere la battaglia per la democrazia’. (4) Ripetono fino alla nausea che il socialismo è una società in cui i lavoratori controllano i mezzi di produzione, ma il loro idealismo gli impedisce di riconoscere che una società rivoluzionaria come la Corea del Nord, sebbene imperfetta, ha già raggiunto tale scopo.
Nell’esaminare la Corea Democratica, dobbiamo valutare criticamente i suoi successi, ma solo nel contesto dell’aggressione imperialista insopportabile che si trova ad affrontare da parte degli Stati Uniti e della Repubblica di Corea. La Corea del Nord continua ad incontrare difficoltà nella costruzione socialista, ma la maggior parte di questi problemi derivano dalle sfavorevoli condizioni esterne e dall’aggressione imperialista. Dal momento della cessione delle ostilità nel 1953, gli Stati Uniti hanno “mantenuto sanzioni economiche globali contro la Corea del Nord.” (7) L’accesso ai beni essenziali e al cibo è fortemente limitato dagli Stati Uniti e dal Giappone, che hanno interrotto l’invio di riso in Corea del Nord nel 2003.
Mentre l’articolo di Whitehouse concede qualche parola alle sanzioni imposte alla Corea Democratica, insieme con l’eredità continua della distruzione causata dalla guerra di Corea, ha respinto queste condizioni avverse come un modo “per giustificare il comportamento del regime nazionale, agitando l’accusa che si tratta di una dittatura oppressiva.”(4) In effetti, il fatto che qualsiasi menzione della guerra di Corea sia limitata a quattro punti nell’articolo di 46 paragrafi, dimostra che l’ISO è più interessata a calunniare la RPDC e  a supportare la loro falsa linea sul capitalismo di Stato, piuttosto che applicare una rigorosa analisi dialettica materialista del socialismo coreano.
Come l’articolo di Back Fight! News ha opportunamente sottolineato, non si può capire la Corea del Nord senza un comprensione marxista-leninista della questione nazionale, che porta alla conclusione innegabile che la Corea è una nazione unica, occupata da una forza imperialista dalla fine delle ostilità nel 1953. La spesso fraintesa ‘segretezza’ del governo coreano, ha perfettamente senso alla luce della minaccia di distruzione imminente che si trova ad affrontare in tutta la zona di confine smilitarizzata.
Il socialismo coreano in azione
I marxisti-leninisti devono studiare le carenze della Repubblica Democratica della Corea, ma devono anche lodare con entusiasmo i successi eccezionali compiuti dalla rivoluzione coreana. Come Bruce Cumings, professore di storia coreana presso l’Università di Chicago, sottolinea nel suo libro del 2003, North Korea: Another Country, “La Corea moderna è emersa da una società grandemente divisa in classi e la più stratificata sulla faccia della terra, quasi arroccata nella sua gerarchia ereditaria.”(3) Cumings osserva che la schiavitù riguardava sempre il 60-90 percento della società, fino alla sua abolizione nel 1894, quando la maggior parte degli schiavi furono trasformati in contadini feudali governati dai feudatari coreani, e alla fine giapponesi. (3)
L’espulsione del colonialismo giapponese nella seconda guerra mondiale e l’instaurazione del socialismo nel nord, hanno messo fine a queste enormi disparità di classe e abusi da parte delle classi sfruttatrici. Cumings cita i rapporti di sicurezza statunitensi sulla situazione rivoluzionaria in Corea, per dimostrare che “per coloro definiti come contadini poveri e medi, non solo la loro vita era migliorata, ma erano diventati una classe privilegiata.” (3) L’impegno del PLC nel supportare la rivoluzione socialista, si è riflesso nella sua composizione di classe al momento della sua fondazione, in cui “i lavoratori costituivano il 20 per cento degli aderenti, i contadini poveri il 50 per cento, e i samuwon [colletti bianchi] il 14 per cento.” (3)
La rivoluzione coreana ha dato ai lavoratori e contadini poveri senza terra delle opportunità che erano impensabili nelle passate condizioni oppressive. Cumings scrive ancora: “In qualsiasi momento prima del 1945, era praticamente inconcepibile per dei contadini poveri ignoranti diventare funzionari statali o ufficiali dell’esercito. Ma in Corea del Nord, tale carriera è diventata normale.“(3) Rileva inoltre che matrimoni inter-classisti sono diventati normali, comuni e diffusi con la costituzione della Repubblica Democratica di Corea, e l’accesso educativo aperto a tutti i settori della società.
Sulla questione vitale della riforma agraria, il PLC ha avviato un processo graduale ma costante di conversione delle terre di proprietà privata in organizzazioni cooperative. A partire dal processo di ricostruzione post-bellica nel 1953, solo l’1,2% delle famiglie contadine erano organizzate come cooperative, che coprivano solo lo 0,6% della superficie totale. (13)  Nell’agosto del 1958, il 100% delle famiglie contadine era stato convertito in cooperative, coprendo il 100% della superficie totale. (13) Ellen Brun, un’economista il cui studio del 1976 sulla Corea socialista rimane il più completo fino ad oggi, scrive che “Nonostante la mancanza di moderni mezzi di produzione, le cooperative – con l’assistenza efficace dello stato – molto presto dimostrarono la loro superiorità ai singoli agricoltori, convincendo alla fine i contadini in passato riluttanti a partecipare al movimento.”(13)
Spesso causa di critiche dei comunisti di sinistra, dei trotskisti e degli anticomunisti, la collettivizzazione in Corea del Nord non ha prodotto alcuna carestia o fame di massa. Infatti, “in nessun momento della cooperativizzazione si ebbe una diminuzione del prodotto agricolo. Al contrario, il processo è stato accompagnato da un costante aumento della produzione” (13) Citando le statistiche della produzione alimentare, Brun mostra un forte aumento da circa 2,9 milioni di tonnellate, nel 1956, a 3,8 milioni di tonnellate nel 1960. (13)  A causa della spinta della Corea democratica all’autosufficienza, il PLC mise il paese sul percorso per aumentare la propria produzione alimentare in modo costante, nutrendo l’intero paese.
I comitati popolari locali, dove ogni lavoratore coreano può partecipare, eleggono la leadership per orientare la produzione agricola e collaborano con le autorità nazionali per coordinare l’efficienza nazionale. (13) Questi comitati popolari sono il mezzo principale con cui “il Partito rimane in contatto con le masse nelle varie fattorie collettive, consentendogli di sondare l’opinione pubblica sulle questioni che riguardano le politiche del Comitato del popolo verso il paese.” (13) Nel 1966, il PLC ha introdotto il “sistema di gestione di gruppo“, dove “gruppi da dieci a venticinque agricoltori, organizzano unità di produzione, ognuna responsabile definitivamente di una certa area di terreno, con un determinato compito o un certo strumento di produzione.”(13) Questo rappresenta un altro strumento di democrazia popolare attuato nella produzione socialista coreana.
Nessun antagonismo grave tra la campagna e i centri industriali si è sviluppato nel processo di costruzione del socialismo nella Repubblica Democratica del Corea. Osserva Brun che “decine di migliaia di uomini smobilitati e molti laureati e diplomati, nonché alunni delle scuole medie, vanno in campagna nelle stagioni di raccolto, e prestano aiuto per milioni di giornate di lavoro“, tutto volontariamente e senza costrizione da parte dello Stato. (13)
La cosa più importante, la costruzione del socialismo coreano ha riorganizzato la produzione industriale con e nell’interesse del proletariato coreano precedentemente espropriato. Sulla base della linea di massa – il metodo marxista-leninista di organizzazione, “sia causa che effetto della politicizzazione e del coinvolgimento delle masse nel processo di sviluppo economico e della costruzione socialista” – il PLC ha implementato il sistema di lavoro Daean, nel dicembre 1961. (13) In contrasto al sistema passato, in cui i manager venivano nominati unilateralmente a dirigere un luogo di lavoro da un membro del partito unico, “Il comitato di fabbrica del partito assume la massima autorità, a livello di impresa” nel sistema di lavoro Daean. (13) Brun descrive ulteriormente questo sistema, che citiamo estesamente:
Modi di risolvere le questioni che incidono sulla produzione e le attività dei lavoratori, nonché le modalità di esecuzione delle decisioni, si ottengono attraverso discussioni collettive in seno al comitato di fabbrica, i cui membri sono eletti dai membri del partito nella fabbrica. Per essere efficace questa commissione deve essere relativamente piccola, dal numero adeguato a seconda della dimensione dell’impresa. Nello stabilimento elettrico di Daean, con una forza lavoro di 5.000, il comitato di fabbrica del partito è composto da 35 membri che si riuniscono una o due volte al mese, mentre i 9 membri del comitato esecutivo si tengono in contatto continuo. Il sessanta per cento dei suoi membri sono addetti alla produzione, mentre il resto rappresenta una sezione trasversale di tutte le attività di fabbrica, compresi funzionari, dirigenti, vice dirigenti, ingegneri, tecnici, rappresentanti della lega delle donne,  membri della Lega della gioventù, membri del sindacato e impiegati dell’ufficio. La sua composizione dà così accesso a tutti gli aspetti socio-economici dell’impresa e alla vita dei suoi lavoratori.
Questo comitato è diventato quello che viene chiamato il ‘volante’ del gruppo industriale, avviando attività di sensibilizzazione ideologica e mobilitando i lavoratori nell’attuare le decisioni collettive e raggiungere l’obiettivo di produzione. Attraverso il suo collegamento con il partito che ha un quadro chiaro delle politiche globali e degli obiettivi, nonché dell’esatta funzione dell’impresa individuale nel contesto nazionale. In altre parole, questa configurazione garantisce che la politica abbia la priorità.”(13)
Lontano dalle caratterizzazioni semplicistiche e farsesche di Whitehouse e dell’ISO sulla Corea del Nord come “paese dove un uomo detiene il potere dittatoriale e la stragrande maggioranza della popolazione vive in povertà“, questo modello di organizzazione socialista rappresenta il massimo impegno per la democrazia operaia. (4) I lavoratori hanno la direzione e la supremazia nella produzione e interagiscono dialetticamente con lo stato progettando e realizzando la produzione collettivista in nome di tutto il popolo coreano.
Il posto di lavoro nella Repubblica Democratica del Corea non è semplicemente un luogo per la produzione, ma come sottolineato dal metodo dell’organizzazione Daean, un centro di educazione e di arricchimento. Dopo il 1950, “scuole di lavoro” organizzate iniziarono ad emergere nei luoghi di lavoro specifici, dove i lavoratori parteciparono ai programmi scolastici medi e superiori, mentre  lavoravano nel settore industriale, al fine di prepararsi a proseguire gli studi superiori. (13)
Il socialismo coreano ha raggiunto un livello impressionante di vita per il popolo coreano, prima del crollo del suo principale partner commerciale, l’Unione Sovietica, nel 1991. Come lo studioso indipendente Stephen Gowans sottolinea nel suo articolo del 2006, “Capire la Corea del Nord“, la Corea Democratica ha goduto di un tenore di vita comparabile ai suoi vicini del sud fino agli anni ’80. (14) Vivendo con uno stile di vita spartano, il popolo coreano fin dal 1967 era quasi autosufficiente in termini di industria leggera e beni di consumo, con merci come tessuti, biancheria intima, calze, scarpe e bevande alcoliche che divenivano sempre più disponibili a ogni cittadino. (13)
L’industria pesante, tuttavia, è rimasta “la spina dorsale dell’economia“, secondo Brun. Nota che “nonostante l’aiuto dei paesi del blocco socialista potesse essere stato notevole, all’inizio del periodo di riabilitazione, pochi anni più tardi – dopo l’anno record del 1954 – questo aiuto estero era cominciato a diminuire, e la Corea del Nord a poco a poco diventava autosufficiente”. (13) A causa della politica commerciale provocata dalla crisi cino-sovietica, la Corea del Nord a poco a poco perse una parte dell’aiuto ricevuto dall’Unione Sovietica. Tuttavia, è riuscita a sviluppare sostanzialmente la propria industria pesante, progredendo del 51,7% nella produzione industriale dal 1953-1955. (13)
Il socialismo coreano ha subito una battuta d’arresto tremenda nel 1991, con il crollo dell’Unione Sovietica e della maggior parte del blocco socialista.  Resistente come sempre, la nazione ha perseverato in questi anni difficili, nonostante affrontasse carestie, condizioni meteo atroci e l’accesso al commercio internazionale bloccato dalle potenze imperialiste occidentali. (14)  Stabilizzatasi la Corea Democratica, il suo impegno a una genuina democrazia operaia continua a rimanere più fermo che mai.
Kim Jong-Il e la grande importanza di una Corea nucleare
Ciò che ci dice molto è la scelta dell’ISO di non attaccare la tesi secondo cui la Corea Democratica, acquisendo armi nucleari, apporti uno sviluppo essenziale e positivo nella sicurezza a lungo termine della costruzione del socialismo  coreano. Dato che le capacità nucleari sono un aspetto importante dell’articolo di Back Fight! News, la scelta di Whitehouse nel non impegnarsi in questa linea di ragionamento è stata deliberata e consapevole, causata dalle scomode carenze della linea politica contro-rivoluzionaria dell’ISO. Dall’aritcolo di Fight Back! News:
L’importanza dell’acquisizione di armi nucleari da parte della Corea Democratica non può essere sopravvalutata. Nel 2005, gli Stati Uniti avevano presentato un ultimatum alla Libia e alla Corea del Nord, chiedendo di cedere i loro programmi di armi nucleari e di cooperare con l’imperialismo occidentale nella ‘guerra al terrore’. Il capo dello Stato libico Muammar Gheddafi rispose positivamente. Kim Jong-Il ha mostrato agli Stati Uniti il dito medio. Mentre ci avviciniamo alla fine del 2011, dopo aver assistito alla brutale invasione NATO della Libia e al rovesciamento del governo di Gheddafi, è dolorosamente chiaro che ha fatto la scelta giusta.”(1)
Perfino giornalisti borghesi come Tad Daley del Christian Science Monitor, sono d’accordo con questa valutazione di Fight Back! News. In un pezzo del 13 ottobre 2011, dal titolo “Lezione nucleare dalla Libia: non siate come Gheddafi, ma come Kim“, Daley scrive:
Se la Libia avesse posseduto la capacità, oh, di cancellare una grande base militare statunitense in Italia, o di vaporizzare un intero “Gruppo Portaerei” degli USA al largo della costa meridionale della Francia, quasi certamente avrebbe dissuaso Washington (per non parlare di Roma e Parigi) da un’azione militare. Se il regime libico avesse voluto garantire la propria sopravvivenza, quindi proprio come la Corea del Nord, avrebbe dovuto sviluppare un deterrente nucleare piccolo, resistente e abbastanza letale da infliggere danni inaccettabili per qualsiasi aggressore“. (8)
Il fatto che entrambi i leader, Gheddafi della Jamahiriya libica e Kim della Repubblica democratica della Corea, siano morti nello stesso anno in modi radicalmente diversi, fornisce un interessante contrasto. Gheddafi è stato estromesso dopo che dei ribelli sostenuti dagli imperialisti hanno lanciato una campagna razzista per rovesciare il governo rivoluzionario del Nord Africa, riuscendoci proprio a causa degli interventi della NATO. È morto linciato, ferito, sodomizzato, torturato e giustiziato in un canale di depurazione fangoso, senza processo.
Kim, d’altra parte, è morto pacificamente per un attacco di cuore sul treno,  andando ad un’ispezione di una fabbrica e in un incontro pubblico con i lavoratori coreani. Mentre la sua morte ha addolorato il popolo coreano, da Pyongyang a Pechino e oltre, la rivoluzione coreana continua e non mostra segni di esitazione. La vicinanza della Cina alla Corea è un fattore di sicurezza continua per la Corea Democratica, ma nulla trattiene i militari statunitensi da una vera e propria guerra per rovesciare il PLC, più della minaccia di una bomba nucleare, potendo distruggere una delle loro molte basi militari nella Repubblica di Corea. Il fatto che gli imperialisti non possono trasformare una operazione false-flag, come il cosiddetto ‘incidente Cheonan’ dell’anno scorso, in un incidente stile Golfo del Tonchino, causando una seconda guerra coreana, è dovuto alla deterrenza nucleare che la leadership di Kim Jong-Il ha reso possibile. (9)
L’ISO non può impegnarsi su questo argomento. E’ oggettivamente vero e offre forse la migliore prova dei contributi rivoluzionari di Kim Jong-Il al socialismo coreano. Criticando duramente il PLC per aver aggressivamente e segretamente perseguito un programma nucleare militare, invitano a criticare ancor più duramente la loro ridicola linea sul conflitto libico, che ha messo al centro gli appelli a rovesciare Gheddafi, piuttosto che condannare l’invasione della NATO.
Nutrita dall’ideologia cliffita-trotzkista, l’ISO ha una lunga storia di sostegno al rovesciamento dei governi rivoluzionari, che raggiunse il culmine nel 1991 quando la loro setta chiamò la caduta dell’Unione Sovietica un evento che “dovrebbe dare gioia ad ogni socialista autentico.”(10) Più di recente, l’ISO ha trascorso le fasi iniziali del conflitto libico ignorando la direzione palesemente filo-occidentale della contro-rivoluzione, che era iniziata a Bengasi, e minimizzando il terrorismo sistematico e razzista praticato dai “ribelli”. (11) Dopo che la NATO l’ha invasa, questa setta cliffita-trotzkista ha continuato a sostenere la linea ‘cacciare Gheddafi’ come suo centro focale, dimostrando ancora una volta e di nuovo, in pratica di funzionare de facto come una copertura a sinistra dell’imperialismo.
Imbarazzante, il gruppo non si è mai ritirato da questa linea e in modo scorretto ha riassunto la contro-rivoluzione libica come un movimento progressista co-optato dalla NATO. Anche dopo la morte di Gheddafi e la prova inevitabile che questi ribelli contro-rivoluzionari erano sostenuti dall’Occidente fin dall’inizio, il leader dell’ISO Alan Maass, ancora eseguiva una ginnastica logica per provare a spacciare la loro linea fasulla in qualcosa che assomiglia all’anti-imperialismo, sostenendo che, pur essendo vittima di una invasione imperialista per rovesciare il suo governo, Gheddafi era in realtà un fantoccio dell’Occidente. (12)
Chiunque legga il pezzo di Whitehouse riguardo Kim Jong-Il, dovrebbe riassumere questo come un’ammissione della sconfitta dell’ISO, sia per la sua linea sulla Libia che per la linea verso la Corea Democratica. I marxisti-leninisti possono avanzare una critica al governo di Gheddafi per aver ceduto il suo programma per le armi nucleari, di fronte alle enormi pressioni dell’Occidente, ma ciò significa che la scelta di Kim Jong-Il nel continuare a perseguire le armi nucleari è stato, senza dubbio, il percorso corretto. Daley si esprime così:
Ma invece, Gheddafi è stato sedotto dalle lusinghe dell’Occidente. Abbandona le armi di distruzione di massa, hanno detto, e sarai il benvenuto nella comunità internazionale. La Libia lo fece alla fine del 2003. E in retrospettiva, ha detto la Corea del Nord, era ormai chiaro che questo era stato null’altro che “una tattica per disarmare il paese” da parte dell’Occidente. Perché non appena il defunto Gheddafi compi delle azioni che erano dispiaciute ai padroni occidentali della Libia, il martello del più potente esercito del mondo sviluppato l’ha colpito.” (8)
Il fallimento dell’ISO nell’avanzare qualsiasi tipo di rifiuto – o qualsiasi menzione sulla questione nucleare – dimostra ancora una volta la comprensione non-materialista del socialismo da parte dell’ISO, sia nella teoria che nella pratica.
Il dolore delle masse in Corea del Nord
Centrale nell’attacco dell’ISO alla posizione marxista-leninista della Corea democratica, è la critica del sovente propagandato ‘culto della personalità’ che circonda Kim Jong-Il. Whitehouse la mette così:
“E’ vero che i rituali coreani, e la vita quotidiana dei coreani del resto, sono emotivamente espressivi, più di quelli cinesi o giapponesi. Ma è un’altra cosa  dire che era semplicemente “tradizionale” radunare centinaia di migliaia di persone al freddo per piangere la morte dei capi di Stato, all’ombra dei monumenti e delle foto che li ritraggono dieci o 100 volte la loro dimensione in vita. Ciò sembra “orchestrato”. E per quanto riguarda i soldati che marciano in formazione con le loro armi in imponenti colonne, non hanno dovuto esercitarsi?” (4)
Naturalmente, l’esclusione di una qualsiasi seria confutazione all’articolo di Back Fight! News dice ai marxisti-leninisti molto sulla natura artificiosa della linea politica dell’ISO. Affrontando le accuse che le dimostrazioni di dolore di massa sono una ‘messa in scena’ dell’Esercito Popolare di Corea (KPA), l’articolo di Fight Back! inizia con un aneddoto in un ristorante coreano a Pechino, lontano dagli occhi del KPA. Qui mi limiterò a citare estesamente l’articolo per illustrare il contrasto:
La mattina del 19 dicembre è iniziata come un normale Lunedì per il personale coreano del ristorante Dang Hae Hwa di Pechino. Il personale ha dato il benvenuto ai clienti affamati davanti alla porta, gli chef durante la preparazione hanno iniziato la loro raffinata selezione di kimchi e altri piatti coreani, e le cameriere e camerieri hanno cominciato a prendere le ordinazioni per i loro ospiti. Tutto questo è cambiato quando un reporter di un quotidiano cinese aveva citato, in una conversazione con una cameriera, che Kim Jong-Il, il capo di Stato della Repubblica democratica popolare di Corea (DPRK), era morto quella mattina per un attacco di cuore. In pochi minuti, l’intero staff coreano – dai camerieri ai cuochi in cucina – scoppiarono in lacrime e, dopo essersi scusati con i clienti, hanno chiuso il ristorante subito, così che potessero piangere insieme per la tragedia nazionale.
A diverse migliaia di chilometri di distanza, a Pyongyang, la tristezza di massa come quella avutasi in questo ristorante di Pechino, ha spazzato la capitale mentre uomini, donne e bambini – dal funzionario di partito più apprezzato al lavoratore d’acciaio – sono scesi in piazza per piangere la morte di Kim.” (1)
Questo è tremendamente scomodo per l’immagine che l’ISO vuole dipingere. Da un lato, non ha senso che un esercito possa costringere un’intera nazione a piangere all’unanimità e a mostrare pubblicamente dolore. Tuttavia, l’aneddoto del ristorante a Pechino, inficia enormemente le rivendicazioni di Whitehouse, dal momento che questi dipendenti del ristorante – sopraffatti dal dolore al punto di chiudere subito la cucina – si troverebbero a non dover affrontare alcuna ripercussione per non aver mostrato dolore.
Whitehouse attacca il FRSO utilizzando una riconfigurazione patetica delle argomentazioni proposte nell’articolo di Back Fight! News, che si possono classificare solo come quelle di un disonesto uomo di paglia. Piuttosto che impegnarsi nelle argomentazioni di Fight Back!, ri-scrive le loro argomentazioni per mostrare l’aneddoto citato quale prova “per certificare delle credenziali democratiche a un regime che a tutti gli altri sembra una autocrazia.” (4)
Mentre l’articolo di Fight Back! News così come questo autore, concordano sul fatto che il socialismo coreano è estremamente democratico, l’ultimo paragrafo esprime l’argomento centrale di questo pezzo:
Perché i coreani piangono la morte di Kim Jong-Il? E’ a causa della sua coraggiosa sfida al dominio degli Stati Uniti, il suo impegno per la riunificazione e le realizzazioni del socialismo reale. Di fronte a coloro che supportano la guerra per lo sfruttamento e l’oppressione, le decisioni di Kim rappresentato le aspirazioni di lavoratori, contadini, donne e bambini coreani – della Nazione Unita coreana – alla libertà. Anche se Kim Jong-Il è morto, il popolo coreano continua a marciare in avanti alzando la bandiera della riunificazione nazionale, dell’autodeterminazione e della rivoluzione.”(1)
Lungi dall’essere semplicemente la certificazione delle credenziali democratiche della Corea del Nord, la dimostrazione di massa del dolore da parte del popolo coreano, dimostra la diffusa comprensione delle conquiste del socialismo coreano e la lotta instancabile per la riunificazione nazionale.
Gulag nordcoreani?
Al centro dell’anticomunismo dell’ISO vi è una forte dipendenza dalle fonti borghesi, che si sono dimostrate incapaci di sopportare l’esame materialista più semplice. Per esempio, Whitehouse attacca l’articolo di Fight Back! News  dicendo che il titolo, “La Corea resta forte“, si riferisce alla forza dello Stato. “Quello stesso stato che mantiene 200.000 prigionieri politici, secondo Amnesty International. Quello stesso stato che ha ucciso tre cittadini nordcoreani che tentavano di attraversare il confine con la Cina, a fine  dicembre.”(4)
Un esame più attento del sistema carcerario in Corea del nord, indicato come un ‘gulag’ dalla borghesia e dall’ISO – viene ironicamente dallo storico borghese Bruce Cumings. Nel suo libro del 2004, North Korea: Another Country, osserva che la maggior parte delle affermazioni sul sistema penale coreano sono grossolanamente esagerate. Ad esempio, osserva che “i criminali comuni che commettono reati minori e di minutaglia [sic] che per una incomprensione del loro posto nella famiglia dello stato, hanno commesso reati politici di basso livello, vanno nei campi di lavoro o nelle miniere per lavorare duro con vari periodi di detenzione, l’obiettivo è rieducarli.”(3) Questo riflette una visione materialista delle radici della criminalità, derivanti in gran parte dalle condizioni materiali di una persona e dalle idee errate, che possono cambiare attraverso il mutamento delle condizioni di una persona. E’ importante notare che la stragrande maggioranza dei criminali nel sistema penale coreano, ricadono in questa categoria, e quindi l’obiettivo è riabilitare e rieducare, in contrasto con le finalità punitive del sistema penale statunitense.
Cumings rileva il contrasto tra il sistema della giustizia penale della Corea Democratica e quello degli Stati Uniti, soprattutto in termini di contatto con un prigioniero e di sostegno della famiglia. Scrive:
Gli Acquari di Pyongyang sono una storia interessante e credibile, proprio perché, nel complesso, non fornisce quel resoconto terribile della repressione totalitaria che i suoi editori francesi volevano dare, e invece suggeriscono che dopo un decennio di carcere, ma con la famiglia vicina, è stato in grado di sopravvivere e senza necessariamente che ciò ne ostacolasse l’adozione dello status d’élite derivante dalla residenza a Pyongyang e dall’ingresso all’università. Nel frattempo abbiamo un infinito e sterminato gulag pieno di neri nelle nostre prigioni, incarcerando più del 25 per cento di tutti i giovani neri.“(3)
Il fatto che la permanenza nel sistema coreano penale non si traduca in castigo sociale, come avviene nei paesi capitalisti, riflette un forte contrasto con i sistemi penali capitalistici. Utilizzando la propria famiglia come una rete di sostegno, lo Stato incoraggia la rieducazione politica e apre l’opportunità ai detenuti riabilitati di rientrare nella società coreana, come cittadini a pieno titolo.
In sé e per sé, lo scritto di Whitehouse sul socialismo coreano non vale lo spazio che occupa, perché non ha argomenti seri contro il pezzo di Fight Back! News a cui doveva rispondere. Tuttavia, resta importante per i marxisti-leninisti confrontarsi con la miscela unica ed inquietante dell’anticomunismo  di sinistra dell’ISO, quando si attivano per difendere le conquiste del popolo coreano.
Nonostante le sue sfide e carenze, la Corea Democratica è uno degli ultimi paesi rimasti in cui i lavoratori sono in grado di controllare la società collettivamente come una classe. Essendo uno dei paesi socialisti sopravvissuti  alla caduta dell’URSS, i marxisti-leninisti devono studiare e imparare dalla resistenza del popolo coreano.
Viva la rivoluzione coreana! Giù le mani dalla Corea del Nord! Una sola Corea!
(1) “Korea stands strong: Kim Jong-Il in context,” Fight Back! News, 21 dicembre 2011
(2) Josef Stalin, Marxism & the National Question, “1. The Nation,” 1913
(3) Bruce Cumings, North Korea: Another Country , The New Press, New York, 2004.
(4) David Whitehouse, “Socialism in one dynasty,” Socialist Worker, 12 gennaio 2011
(5) “Where We Stand,” The International Socialist Organization, Socialist Worker
(6) Ahmed Shawki, “China: Deng’s Legacy,” International Socialist Review, Issue 2, Fall 1997
(7) Dianne E. Rennack, “North Korea: Economic Sanctions,” Congressional Research Service, 24 gennaio 2003
(8) Tad Daley, “Nuclear lesson from Libya: Don’t be like Qaddafi. Be like Kim,” The Christian Science Monitor, 13 ottobre 2011
(9) Stephen Gowans, “US Ultimately to Blame for Korean Skirmishes in the Yellow Sea,” what’s left, 5 dicembre 2010
(10) Socialist Worker , September 1991; Quoted by Workers Vanguard, No. 866, 17 Marzo 2006, “Parliamentary Cretinism ISO Goes All the Way with Capitalist Greens”.
(11) Socialist Worker , editorial, March 9, 2011, “The US is no friend to the Libyan uprising
(12) Alan Maass, Lance Selfa, “Washington celebrates Qaddafi’s death,” Socialist Worker, 24 ottobre 2011
(13) Ellen Brun, Jacques Hersh, Socialist Korea: A Case Study in the Strategy of Economic Development, 1976, Monthly Review Press, New York e London
(14) Stephen Gowans, “Understanding North Korea,” what’s left, 5 novembre 2006
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora