Il seguente articolo è composto dalla versione tradotta in italiano di alcuni stralci estrapolati dal testo integrale del Documento Congressuale del Partito Comunista della Federazione Russa, presentato ai delegati, al pubblico, al Paese e alla stampa in occasione dell’avvio dei lavori previsti nel fine settimana compreso tra il 23 e il 24 febbraio 2013. La scelta della data non è casuale e costituisce un fattore simbolico molto importante non soltanto perché in questi giorni cade il ventennale della fondazione del partito, avvenuta nel 1993 dalle ceneri del vecchio PCUS, ma anche perché in Russia e in molte altre ex repubbliche sovietiche il 23 febbraio è il giorno dell’importante ricorrenza dei “Difensori della Patria” (“Den’ Zaščitnika Otečestva”), una festività che ricorda il primo reclutamento ufficiale nelle file dell’Armata Rossa, avviato da Vladimir Lenin proprio il 23 febbraio 1918.
Il Partito Comunista della Federazione Russa, guidato da Gennadij Zjuganov, è il secondo partito in Russia per importanza elettorale dopo la compagine di governo, Russia Unita, avendo conquistato quasi il 20% dei consensi in occasione delle ultime elezioni parlamentari andate in scena nel dicembre 2011. La versione ivi proposta presenta la traduzione dei due estratti ritenuti di maggior interesse ai fini del contributo che possono fornire nella comprensione della situazione geopolitica e geostrategica in cui la Federazione Russa agisce al giorno d’oggi. La recente analisi proposta dalla rivista Eurasia in merito al nuovo mandato di Sergeij Shoigu, nominato da Vladimir Putin nuovo ministro della Difesa in sostituzione del predecessore Anatolj Serdjukov (coinvolto giocoforza nello scandalo corruzione relativo alle presunte attività illecite compiute in seno alla società Oboronservice), può trovare diversi margini d’integrazione con quanto delineato direttamente dai principali membri ed esperti del primo partito di opposizione parlamentare.
Il ruolo del Partito Comunista della Federazione Russa procede sulla linea di un’opposizione costruttiva ma senza sconti. E’ dunque pienamente comprensibile come l’accorto e ponderato sostegno alle nuove organizzazioni intergovernative a carattere “mercatista” sorte tra i Paesi non allineati all’Occidente sia accompagnato, con coerenza, da una dura contestazione rispetto ai gravi errori della politica strategica russa degli ultimi dieci anni, rispetto alla quale i comunisti rimproverano l’ammorbidimento nei confronti della NATO ed un evidente indebolimento sul piano militare e tecnologico.



RAPPORTO POLITICO DEL COMITATO CENTRALE AL XV CONGRESSO DEL PARTITO COMUNISTA DELLA FEDERAZIONE RUSSA
In preparazione del XV Congresso del Partito, il Presidium del Comitato Centrale del Partito Comunista della Federazione Russa ha deciso di pubblicare per un dibattito costruttivo il testo del Rapporto Politico del Comitato Centrale al Congresso del Partito. Invitiamo tutti i comunisti, i sostenitori del Partito e tutti i cittadini del Paese ad informarsi delle nostre posizioni sulle questioni internazionali e sulla politica interna ed estera della Russia. I punti e le proposte fatte durante la discussione saranno prese in considerazione nella compilazione finale del documento durante la Sessione Plenaria del Comitato Centrale del Partito Comunista della Federazione Russa alla vigilia del Congresso.
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LA CRISI STRUTTURALE DEL CAPITALISMO PEGGIORA
[…] Dall’inizio di questo secolo, il Partito Comunista della Federazione Russia ha affermato che il globalismo è una forma di imperialismo. In generale, lo sviluppo mondiale è contraddistinto dai processi oggettivi dei Paesi e dei popoli che si avvicinano l’uno all’altro. Nel contesto della globalizzazione questi processi hanno subito una decisa accelerazione dovuta al rapido progresso nel campo delle tecnologie e della comunicazione. La nuova fase della rivoluzione scientifica e tecnica ha mostrato all’umanità delle opportunità epocali per la crescita economica e per il progresso sociale. Tuttavia, il mantenimento del capitalismo continua a distorcere il processo di sviluppo mondiale e inasprisce le contraddizioni. La globalizzazione diventa globalismo.
Gli Stati Uniti e alcune altre nazioni che compongono il centro dell’imperialismo stanno giocando la parte del leone appropriandosi delle risorse del pianeta. Il saccheggio dei Paesi formalmente indipendenti e la loro attuale colonizzazione da parte del grande capitale attualmente fanno leva su meccanismi quali la creazione di pesanti spirali del debito, l’incoraggiamento alla definizione di aree finanziare off-shore e l’attività delle agenzie di rating. Il capitale è stato centralizzato e concentrato, in parte attraverso la privatizzazione e lo smantellamento della funzione sociale dello Stato. Il peso della speculazione finanziaria è accresciuto drammaticamente. Il valore aggiunto si sta spostando sempre più dalla sfera di produzione nelle tasche di nuovi mostri finanziari. Gli Stati Uniti, l’Unione Europea e il Giappone forniscono esempi lampanti in tal senso. È chiaro ai quadri del nostro Partito che l’egemonia finanziaria del capitalismo dilapida le forze produttive. La distribuzione estremamente iniqua dell’indotto tra lavoro e capitale si sta allargando. La disoccupazione sta crescendo. La situazione sociale sta deteriorando. Il capitalismo è ancora incapace di assicurare uno sviluppo socio-economico a lungo termine nella società umana. La ricerca della massimizzazione nell’accumulazione di capitale ha un impatto negativo sull’ambiente. Sotto l’intenzione di contrastare la crisi, gli imperialisti stanno aumentando la concentrazione del potere economico e politico nelle mani dei maggiori gruppi economico-finanziari. Il capitale in ogni Paese è sempre più dipendente dal capitale transnazionale. I grandi monopoli stanno diventando più potenti e stanno esercitando un’influenza persino più grande su strutture sovranazionali quali il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale, l’Organizzazione Mondiale per il Commercio e la NATO. A un diverso livello, centri di potere come il Forum di Davos, la Commissione Trilaterale e il Club Bilderberg denotano il loro ruolo nel processo globalista. La fusione rapida tra la potenza economica dei capitali e le istituzioni del potere politico mette loro a disposizione l’apparato repressivo crescente degli Stati più potenti. L’imperialismo sta portando avanti una sua politica che sancisce una nuova colonizzazione del mondo.
Le trasformazioni in diverse aree del pianeta portano a riconsiderare l’analisi marxista-leninista. Il saggio di profitto tende a cadere e il capitalismo sta utilizzando ogni mezzo a sua disposizione per combattere questa tendenza: aumentando lo sfruttamento, avviando speculazioni finanziarie e preparando nuove penetrazioni militari. L’usurante e predatoria natura del capitalismo è chiaramente messa a nudo.
I comunisti hanno un efficace attrezzatura per analizzare l’economia capitalista dei giorni d’oggi, cioè l’analisi di Lenin sull’imperialismo. È ancora attuale nel XXI secolo. Essa conferma le nostre valutazioni sul globalismo e sulle sue primarie caratteristiche:
1. La produzione e il capitale industriale stanno diventando succubi del capitale speculativo finanziario
2. Le “relazioni di mercato” sono state trasformate in un meccanismo artificiale di coercizione non-economica, in uno scambio iniquo e nel saccheggio di intere nazioni e interi popoli
3. Il modello globale di “divisione internazionale del lavoro” mantiene chiarissime ineguaglianze sociali su scala mondiale
4. L’influenza politica delle società transnazionali e dei gruppi finanziari sta crescendo drammaticamente nella misura in cui reclamano una sovranità illimitata nelle loro azioni
5. I governi nazionali stanno perdendo il controllo sui processi dell’economia mondiale. La revisione dei principi fondanti del diritto internazionale è finalizzata alla creazione di strutture di potere globali.
6. L’espansione dell’informazione e della cultura è utilizzata attivamente come forma di aggressione
7. Il capitale transnazionale sta diventando sempre più parassitario. Si avvale dei benefici ricevuti dall’introduzione di alte tecnologie mentre il resto del mondo è abbandonato all’arretratezza. Il progresso scientifico e tecnico si sta dissolvendo e la sua qualità sta deteriorando.
I numerosi problemi e le contraddizioni del mondo globale e la posizione della Russia rispetto a questi, costituiscono il punto essenziale dell’analisi del Partito Comunista della Federazione Russa. I contributori a questo lavoro di analisi sono Zh. Alferov, I. Melnikov, V. Kashin, N. Arefe’ev, B. Komotskij, D. Novikov, Yu. Belov, S. Vaseltsov, S. Savitskaja, A. Kravets, A. Lukjanov, V. Fedotkin, V. Cherkesov, V. Chikin, L. Shvets, V. Grjzlov e una larga comunità di dirigenti e giornalisti, comunisti o simpatizzanti.

GLI AGGRESSORI DIVENTANO PIÙ SFACCIATI
La decadenza del capitalismo è esplicitamente chiara dalla sua aggressività nel mondo. Le relazioni internazionali stanno subendo una lampante militarizzazione. Persino dinnanzi alla prospettiva della crisi, i Paesi della NATO hanno evitato di diminuire la loro massiccia spesa militare. Al contrario, continuano a sviluppare nuovi sistemi d’arma e stanno espandendo la rete delle basi militari in tutto il mondo. Il sistema nazionale statunitense di difesa missilistica rappresenta un pericolo evidente. Il bilanciamento strategico nucleare nel mondo è stato violato. La prassi dell’Unione Europea dimostra che, ben lungi dal cercare di frenare o contenere gli Stati Uniti, si sta in realtà ricompattando in un’azione coordinata di sfruttamento del mondo. L’Unione Europea e gli Stati Uniti formano dunque un singolo blocco di potenze imperialiste. La NATO è il suo braccio militare. La creazione dell’Agenzia Europea di Difesa nel 2004 è stata una palese conferma degli appetiti del complesso militar-industriale occidentale. Il summit della NATO a Lisbona nel 2010 e quello di Chicago nel 2012 hanno rafforzato la struttura del comando integrato coinvolgendo addirittura ancora più Paesi nella criminale strategia volta a provocare guerre e interferenze negli affari degli Stati indipendenti.
I principali fattori dell’espansione strategica sono la pressione sui Paesi, l’istigazione ai conflitti e l’aggressione militare esplicita. Gli Stati Uniti e i loro alleati hanno ingenerato atti di brigantaggio in Jugoslavia, Iraq e Afghanistan. Di conseguenza questi Paesi sono stati cancellati dalla mappa mondiale o si trovano ancora sotto occupazione.
Lanciato alla ricerca di nuovi modi per aumentare il suo potenziale, il capitale finanziario mondiale sta espandendo i suoi tentacoli, avvicinandosi agli altri Paesi come una piovra. Il Pacifico Meridionale sta per essere militarizzato. Sono in atto pesanti provocazioni contro la Repubblica Popolare Cinese. La terra del Vietnam ancora mostra le ferite dei mostruosi bombardamenti aerei compiuti dagli aggressori statunitensi. La Repubblica Democratica Popolare di Corea è sotto costante pressione. Conflitti nazionali e regionali stanno spuntando e divampando con un’inaudita violenza in tutto il mondo.
Il Medio Oriente ha rappresentato una fonte di costanti tensioni e guerre per quasi sei decadi. Israele continua a violare le risoluzioni dell’ONU in relazione alla cessazione dell’occupazione dei territori arabi e alla creazione di uno Stato palestinese indipendente. Il recente conflitto israelo-palestinese ancora una volta ha scaraventato la regione sull’orlo di una guerra sanguinosa.
Il centro di questi tempestosi eventi – il Medio Oriente – è prossimo ai confini della Russia. La “primavera araba” è stata caratterizzata dalle interferenze negli affari interni dell’Egitto, della Tunisia, del Bahrain e dello Yemen. La prospera Libia è stata distrutta e lasciata alla mercé dei predoni. La situazione in Siria è esplosa, con bande di mercenari ingaggiati in azioni di terrorismo e caos, in attesa di una diretta intromissione occidentale.
Le tensioni stanno crescendo intorno all’Iran. L’aggressione contro l’Afghanistan minaccia di allargarsi anche al Pakistan. Le basi aeree della NATO in Tagikistan e in Kirghizistan stanno aggravando le potenziali minacce contro Russia e Cina e stanno creando le precondizioni per un’interferenza negli affari interni dei popoli dell’Asia Centrale e del Kazakistan. AFRICOM, il comando di stanza in Africa delle Forze Armate degli Stati Uniti diretto dalla sede centrale allocata in Germania, è entrato in servizio a partire dal 2008. Gli imperialisti stanno pressando sulla Guinea-Bissau, sulla Costa d’Avorio, sulla Somalia e su altri Paesi africani. La guerra civile in Congo, nel cuore del continente, è proseguita senza sosta per molti anni. Persino dopo la divisione del Sudan in Stati separati, le sue due parti restano in costante conflitto armato. Dopo la distruzione della Libia, il Mali settentrionale è stato raggiunto dai fanatici religiosi, un fatto che l’Occidente sta utilizzando come pretesto per aumentare la sua presenza in quell’area.
Ogni conflitto ovviamente ha cause interne. Ma ciò che li fomenta è sempre di più un fattore esterno. Creare instabilità globale è la strategia di coloro i quali cercano di imporre all’umanità intera uno scenario di sviluppo neocoloniale. L’imperialismo sta operando sforzi giganteschi nel tentativo di riconvertire i processi democratici in America Latina. I reazionari indirizzano le loro azioni contro i popoli della Colombia, del Messico, di Panama e del Cile. Colpi di Stato sono stati organizzati in Honduras e in Paraguay. Cuba, il Venezuela, la Bolivia, l’Ecuador e il Nicaragua sono gli obiettivi degli imperialisti. Una strategia di “deterrenza” è già pronta contro il Brasile. La presenza statunitense nella regione è cresciuta, con gli Yankee che hanno nuovamente inviato la loro IV Flotta.
Nel dispiegare le politiche neocolonialiste, le principali potenze stanno ricorrendo al terrorismo di Stato, installando governi fantoccio e imponendoli contro la volontà delle masse popolari. Prigioni, torture e omicidi politici smentiscono i miti relativi alle conquiste della democrazia occidentale. Il diritto all’autodeterminazione delle nazioni viene cinicamente violato. Per giustificare tali politiche sono stati costruiti i concetti di “intervento umanitario”, “solida governabilità”, “Stati falliti” e “Stati canaglia”. Mentre inseguono i loro scopi, i globalisti procedono sotto la copertura teorica dello “scontro di civiltà”.
Gli eventi stanno spingendo il mondo verso un conflitto militare globale. Tre livelli di contraddizioni creano i presupposti per una guerra mondiale: quelli tra i Paesi economicamente sviluppati; tra i nuclei imperialisti e la periferia del pianeta; e tra le aspirazioni del capitale finanziario globale e gli interessi nazionali dei Paesi, inclusi quelli sviluppati.

CHI PUÒ DIRE “NO”
L’aggressività del capitalismo pone un pericolo crescente all’umanità tutta ed è un segno del declino di quel sistema. La resistenza alle politiche imperialiste sta però crescendo nell’arena mondiale. Interi gruppi di Paesi hanno espresso la loro riluttanza ad essere dominati dal capitale globale.
Ne sono un esempio di particolare importanza la Cina, Cuba, il Vietnam, la Repubblica Democratica Popolare di Corea e il Laos. Questi Paesi stanno accumulando l’esperienza di uno sviluppo socialista alternativo che possa essere preso in considerazione da altri popoli. La Cina è diventata la “fabbrica del mondo” e si sta attivamente espandendo verso nuovi mercati, compresi Europa e Stati Uniti. Potenziando le sue forze produttive ha aumentato anche il suo peso politico. Il Vietnam si sta sviluppando rapidamente. I Paesi dell’America Latina stanno consolidando la loro sovranità. La fraterna Bielorussia sta convintamente seguendo il suo cammino indipendente. L’interazione tra questi Stati, la loro integrazione economica e la loro cooperazione politica apre a nuove prospettive generali.
L’emersione di organizzazioni intergovernative è una caratteristica dei nostri tempi. In un periodo relativamente breve abbiamo osservato l’ascesa del BRICS, dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO), del Mercato Comune Sud-Americano (MERCOSUR), dell’Unione delle Nazioni Sud-Americane (UNASUR), della Comunità dei Paesi Caraibici e dell’America Latina (CELAC) e dell’Alleanza Bolivariana dei Popoli dell’America Latina e dei Caraibi (ALBA).
Da un lato, questo tipo di integrazioni è spesso una manifestazione della competizione capitalistica. Dall’altro lato, scaturisce dal desiderio dei popoli di vedere un mondo democratico, giusto ed equo. La formazione di tali alleanze ostacola le ambizioni degli Stati Uniti, della NATO e delle forze reazionarie mondiali che agiscono dietro di loro. Questo processo fornisce una grande possibilità di guadagnare tempo fino a quando nuove forze di resistenza all’imperialismo, forze connesse al socialismo, non emergeranno e diventeranno più strutturate.
L’emersione del BRICS, che comprende Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa, richiama l’attenzione sulla formazione di un centro di influenza mondiale alternativo. Questi Paesi contano più della metà della popolazione mondiale e contribuiscono per un peso persino più importante all’economia mondiale. Se esprimono la loro volontà comune, la crescente potenza combinata dei Paesi del BRICS potrebbe rappresentare un serio ostacolo lungo il percorso di costruzione di un nuovo ordine coloniale globale.
Alcune entità internazionali, soprattutto l’ALBA, hanno un marcato carattere antimperialista. Mentre i processi di cooperazione, integrazione e divisione internazionale del lavoro in Unione Europea sono utilizzati principalmente negli interessi del capitale e della soppressione delle nazioni, in America Latina questi stessi elementi servono la causa della liberazione dei popoli e delle nazioni. L’integrazione di quella parte del mondo è un importante strumento nel quadro della lotta di classe.
Oggi lo sviluppo dell’America Latina è fortemente influenzato da progressivi processi antimperialisti. La lotta dei popoli del continente per la sovranità e il progresso sociale sfida la tradizionale egemonia statunitense nella regione. L’orientamento politico dei governi è determinato dalla partecipazione delle forze di sinistra, compresi i comunisti.
Il Partito Comunista della Federazione Russa mantiene una visione in base alla quale i processi che stanno avendo luogo nel mondo, fanno in modo che sia possibile cambiare i rapporti di forza internazionali. È importante osservare che si sta presentando l’opportunità di restituire una propria dignità all’Organizzazione delle Nazioni Unite. A dispetto dei tentativi statunitensi di egemonizzare quell’organizzazione, la sua struttura si è rivelata essere abbastanza durevole. I principi del bilanciamento delle forze presso il Consiglio di Sicurezza hanno fatto in modo che fosse possibile contenere l’aggressione del capitale finanziario. Inoltre, il veto di Cina e Russia ha evitato che l’Occidente potesse avere un mandato internazionale per invadere la Siria col consenso delle Nazioni Unite. C’è una seria possibilità di impedire che l’ONU diventi un’istituzione che legittimi le politiche aggressive delle potenze imperialiste.
Noi vediamo un evidente confronto tra due diverse tendenze nell’arena internazionale. Da un lato, l’offensiva lanciata dagli imperialisti dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica si è intensificata drammaticamente negli ultimi anni. I suoi obiettivi principali sono: l’accerchiamento geostrategico della Cina, il progetto del Grande Medio Oriente, la sottomissione neocolonialista dell’Africa, il “trattamento preventivo” nei confronti dell’America Latina e il trasferimento delle repubbliche ex sovietiche nella sua orbita. Al contempo, c’è la crescente consapevolezza nel pianeta che i piani globalisti costeranno carissimi all’umanità. Nel contesto del temporaneo arretramento del socialismo, il capitale ha percorso un lungo cammino verso la strada che conduce agli abissi. In questa situazione, gli Stati-nazione e la loro cooperazione può essere uno strumento importante di contrapposizione alla globalizzazione imperialista.
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DISARMARE L’ESERCITO È ARMARE LA POLIZIA
L’elite imperialista mondiale è diventata ancora più arrogante grazie all’assenza del “fattore URSS”. Tutto lascerebbe ritenere che il governo al comando in Russia dovrebbe interessarsi nel consolidamento della sicurezza nazionale. Ma né la politica estera del Cremlino né il suo modo di agire rispetto al comparto difensivo evidenziando tutto ciò. La sicurezza nazionale della Russia è stata compromessa. Il futuro del Paese e del mondo è minacciato.
Dopo il 1991 Mosca si è avvicinata alla linea politica di Washington. Da allora il blocco nordatlantico ha integrato 13 nuovi Paesi membri. Prima Eltsin ha accordato alla NATO l’inglobamento dei vecchi alleati dell’Unione Sovietica: Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria. Poi Putin ha accettato la nuova ondata espansionistica conclusasi con l’annessione della Bulgaria, della Slovacchia, della Slovenia, della Romania, della Lettonia, della Lituania e dell’Estonia. La macchina bellica della NATO è avanzata di oltre 1.000 km verso Est. Le sue basi sono allocate non solo in Europa Orientale ma anche in Tagikistan e in Kirghizistan.
La Russia sta per essere accerchiata dal punto di vista strategico. Con la complicità del governo Putin-Medvedev i “falchi occidentali” stanno consolidando i risultati della vittoria nella Guerra Fredda. In aggiunta ci sono alcuni fatti che dimostrano il fallimento della politica estera globale della Russia capitalista:
– Il sabotaggio del processo di realizzazione dell’Unione di Stato con la Bielorussia
– Lo smantellamento della stazione radar ultra-moderna a Lourdes (Cuba)
– L’abbandono della base navale a Kamran Harbor (Vietnam)
– Il sostegno de facto alle aggressioni della NATO in Afghanistan e in Iraq
– Il sostegno all’embargo contro l’Iran, addirittura in contrapposizione agli interessi economici della Russia
– Il fallimento nell’adozione di misure serie contro la discriminazione dei cittadini russi negli Stati baltici e contro la riemersione dei fenomeni nazifascisti in molti Stati dell’Europa Orientale
– La cessione alla Norvegia delle aree del Mare di Barents dove i pescatori russi ricavano il 60% della loro attività
La lista prosegue. Il rifiuto della Russia di porre il veto alla risoluzione 1973 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU che spianò la strada ai bombardamenti contro la Libia è stato un atto deprecabile di complicità nell’aggressione. Nel 2010 Dmitrij Medvedev ha firmato il trattato russo-americano sulla progressiva riduzione degli arsenali e sul controllo delle armi strategiche (START-3) a Praga. Non ha fatto nulla per impedire al Pentagono di costruire le sue armi offensive, inclusi i missili cruise ad alta precisione. Non ha limitato la capacità statunitense di autoprotezione dalle rappresaglie attraverso il suo scudo difensivo nazionale antimissile.
Proseguendo lungo la tattica delle concessioni unilaterali all’Occidente, la Russia ha aperto il suo territorio per cooperare con le forze di occupazione nordatlantiche in Afghanistan. Inoltre, all’Alleanza è stato permesso di aprire un’installazione vicino ad Uljanovsk, nel cuore profondo della Russia.
Quali sono i risultati della politica “pacifica” condotta dalla Russia? La situazione internazionale sta deteriorando. Le guerre si stanno avvicinando sempre di più ai confini del nostro Paese. Gli Stati Uniti e i loro alleati stanno velocemente sviluppando nuove tipologie di armi, compresi i sistemi antimissile e le strumentazioni d’attacco ipersoniche. La forza delle truppe dell’Alleanza nel teatro europeo è quantificabile in un volume 10-12 volte più grande di quello dell’Esercito Russo. Durante il corso delle esercitazioni e dei test la NATO, nel 70% dei casi, svolge simulazioni della prima fase di una guerra e operazioni militari su larga scala. Soltanto una persona davvero ingenua potrebbe ritenere che tutto ciò è semplicemente finalizzato al miglioramento delle capacità operative nel quadro della guerra contro il terrorismo internazionale.
Nel frattempo la capacità difensiva della Russia è ad un livello intollerabilmente basso. La distruzione delle Forze Armate sotto l’intenzione di riformarle è stata portata avanti sin dal 1991. Le riforme sono state dichiarate completate nel 2006. Ma in meno di un anno è apparso evidente che le riforme erano appena iniziate. Il tanto vantato “nuovo look” delle Forze Armate è servito in realtà a smaltire ciò che restava del grande Esercito Sovietico che aveva sconfitto il fascismo.
L’Aviazione Russa possiede circa 1.500 aeroplani intercettori e di prima linea. Ma solamente un po’ più della metà di questi possono svolgere e compiere le loro missioni di combattimento. La flotta dell’Aviazione Militare ha non più di 1.330 elicotteri da combattimento e da trasporto. Al contrario, l’Aviazione della NATO detiene circa 4.000 cacciabombardieri e più di 9.000 elicotteri.
Soltanto circa il 30% della già modesta flotta dell’aviazione di lungo-raggio (denominazione che indica l’aviazione strategica in URSS e in Russia, ndt) è idoneo al volo. Tra i gravi problemi vi sono carenze catastrofiche di motori, un insignificante numero di aerei da rifornimento, la mancanza di campi d’aviazione operativi nella regione artica e la loro copertura dai possibili attacchi aerei e spaziali. Tutto ciò porta la capacità dell’aviazione strategica vicino allo zero. Ed essa è ancora una componente della triade nucleare.
L’Esercito e la Marina sono catastroficamente carenti di nuove armi. I veicoli e gli aerei da combattimento hanno perso circa l’80% della loro efficacia. Il complesso militar-industriale nazionale è incapace di invertire la rotta. Dall’inizio delle “riforme” è stato smembrato, privatizzato, dichiarato artificialmente fallito e svenduto.
La capacità difensiva della Russia è sostenuta quasi esclusivamente dalle Forze Missilistiche Strategiche. Ma sono state ridotte eccessivamente e le installazioni dove sono dislocate sono poco protette dagli attacchi dallo spazio. Il programma di acquisizione di missili strategici pesanti non è stato completato. A partire dalla metà della prossima decade le forze nucleari russe rischiano di indebolirsi di cinque volte rispetto ad oggi. Nel frattempo il potenziale nemico si è assicurato un rapido sviluppo della difesa aerea e della capacità offensiva aerea e spaziale. Molto preso le Forze Missilistiche Strategiche russe saranno incapaci di svolgere un ruolo di deterrenza, e questo rappresenta una minaccia per il mondo intero.
I reparti di comando, compreso lo Stato Maggiore, sono stati seriamente compromessi. Le strutture dei principali comandi delle Forze Armate sono state ridotte ad un livello ridicolo. Il sistema scientifico ed accademico militare è stato decimato. Alcune tra le più famose scuole e accademie militari sono state distrutte. Inoltre, i trasferimenti dell’Accademia Gagarin e dell’Accademia Zhukovskij a Voronezh preludono alla loro liquidazione. Sia il personale, sia le strutture di addestramento sono andate perdute.
Il potenziale difensivo della Russia è stato seriamente compromesso. Gli eserciti della NATO hanno compiuto un grande passo avanti. Persino l’Esercito Turco, che ha mostrato i suoi muscoli, può dire la sua contro le Forze Armate della Federazione Russa.
Il Partito Comunista della Federazione Russa sta sostenendo con forza il rafforzamento della capacità difensiva del nostro Paese. I nostri deputati stanno lavorando con solerzia su questo in Parlamento. I nostri compagni hanno un ruolo attivo nelle discussioni alla Duma di Stato sulle questioni relative alle Forze Armate e all’industria della difesa. Il Partito Comunista della Federazione Russa ha avviato una serie di dibattiti e tavole rotonde all’interno del Parlamento coinvolgendo parecchi esperti militari. I problemi di tutti i reparti militari sono stati discussi e valutazioni professionali sullo stato delle Forze Armate sono state intraprese. Specifiche raccomandazioni sulle vie da percorrere per migliorare le condizioni attuali sono state fornite.
Non ci siamo mai fatti illusioni intorno al significato delle misure intraprese per fornire alle Forze Armate un “nuovo look”, assunte con un cenno della testa dai boss del Cremlino. Abbiamo ripetutamente puntato la nostra attenzione alle spaventose conseguenze delle attività del Ministero della Difesa. Abbiamo organizzato picchetti e manifestazioni davanti alla sede ministeriale per chiedere la fine di queste “riforme” catastrofiche. La stampa del nostro partito ha lavorato duramente per mostrare ai lettori la natura distruttiva delle “trasformazioni”. Il Partito Comunista della Federazione Russa ha con decisione cercato di costringere il ministro della Difesa Serdjukov a rassegnare le sue dimissioni. Quella questione è stata risolta ora. Continueremo a fare qualsiasi cosa possibile per riportare allo splendore le Forze Armate russe e ci opporremo ai tentativi di rivolgerle contro il popolo.
Il signor Serdjukov una volta ha sottolineato di aver ricevuto un ordine da Putin: “Vedere come vengono suddivisi effettivamente i fondi per la difesa”. Il ministro aggirò la richiesta con una menzogna. Di conseguenza, l’intero fondo militare degli anni recenti non è riuscito a migliorare lo stato di cose nell’Esercito e nella Marina. È stato semplicemente e sfacciatamente rubato. L’emersione della corruzione presso il Ministero della Difesa ha lasciato che venisse galla tutto il risultato dello scandalo relativo alla Oboronservice.
In generale, la corruzione in Russia ha raggiunto un livello tale da minacciare la sicurezza nazionale.