venerdì 31 ottobre 2014

L’Ucraina è più nera. Poroshenko, azzoppato, cerca alleati a destra

di Marco Santopadre 

Fonte: Contropiano

E’ un Poroshenko azzoppato quello uscito dalle elezioni politiche di domenica scorsa in Ucraina. Il ‘re del cioccolato’, in virtù della sua elezioni a presidente nel maggio scorso e di una fama di moderato alquanto immeritata, pensava di sbaragliare alleati e avversari accreditandosi come gestore del dopo Maidan. Ma non è andata così. Intanto ha perso la sfida della legittimazione del nuovo regime, visto che alle urne sono andati poco più della metà degli aventi diritto, segno che la tanto decantata ‘rivoluzione’ non c’è stata e che anzi una fetta importante della popolazione, anche delle regioni più ‘maidaniste’, non si identifica affatto con la nuova ideologia nazionalista e liberale. 
Ma soprattutto Poroshenko, con il suo Blocco, non è riuscito ad ottenere la maggioranza dei seggi alla Rada Suprema, e dovrà quindi scendere a patti con forze politiche alla sua destra e poco inclini al compromesso che il presidente ha in qualche modo cercato negli ultimi mesi con la Russia di Putin. Il presidente ha dovuto subire anche lo smacco di vedere la coalizione che porta il suo nome (Blok Petra Poroshenka) arrivare solo seconda, anche se per lo 0,3%, dopo il Fronte popolare (Narodniy Front) del primo ministro Arseniy Yatsenyuk. E comunque i due movimenti, insieme, non raggiungono il 45% dei voti.
C’è la fatta solo per un soffio l’ex zarina Yulia Timochenko, col suo movimento Batkivshchyna – ‘Patria’ – da cui si è opportunamente tirato fuori Yatseniuk e che ha superato di pochissimo la soglia del 5% (5,7%) necessaria per entrare in parlamento. Poco meglio è andata per ciò che resta dell’ex Partito delle Regioni, partito uscito vincitore alle scorse elezioni; stavolta il Blocco delle opposizioni (Opozytsinyy Blok) ha superato di poco l’asticella arrivando all’8,25%. Voti concentrati al 90% nelle regioni orientali dell’Ucraina dove il movimento guidato da alcuni dei più ricchi oligarchi del paese si è affermato come primo partito a Dnipropetrovsk, Donetsk, Luhansk, Zaporizhia e Kharkiv.
I nazionalsocialisti di Svoboda invece non ce l’hanno fatta, arrivando solo al 4,7% dei voti (percentuale riferita alla quota proporzionale, altri seggi sono assegnati su base uninominale); una sconfitta pesante rispetto alle scorse elezioni e soprattutto considerando il ruolo di primo piano che l’estrema destra aveva ricoperto prima nella spallata di piazza e poi nella Giunta, dove ‘Libertà’ poteva contare su ben 4 ministri.
Il partito ultranazionalista che si richiama all’esperienza storica di Stepan Bandera – leader delle milizie nazionaliste ucraine che collaborarono con gli occupanti tedeschi durante la Seconda Guerra Mondiale – ora grida ai brogli, e i suoi militanti si sono scagliati contro la Commissione Elettorale Centrale di Kiev, in queste ore assediata al grido di ‘riconteggio, riconteggio’. "I nostri ex alleati di Maidan ci hanno tradito!", ha tuonato il leader del partito, Oleg Tiaghnibok, che alle scorse elezioni aveva ottenuto il 10,44%.
E’ andata anche peggio per i nazisti di Praviy Sektor (Settore Destro) che hanno raggranellato uno scarso 1,8%, comunque non male per un movimento nato da gruppuscoli inconsistenti e in un paese in cui il panorama politico è praticamente tutto di destra. E comunque saranno ben due i deputati di Settore Destro a sedere nella Verkhovna Rada. Il leader del movimento Dmytro Yarosh e un altro rappresentante, Borys Beresa, sono stati eletti come deputati nella quota uninominale. Yarosh si è presentato nella sua natia Dnipropetrivsk dove 20 mila persone, il 29% degli elettori, l’hanno votato, mentre Beresa è stato eletto in una circoscrizione maggioritaria a Kiev con il 30% dei voti, circa 27 mila elettori. Sembra quasi che il nuovo regime preferisca i tagliagole di Yarosh ai nazisti in doppio petto di Tiaghnibok, visto che proprio ai miliziani di Settore Destro è stato affidato il compito di gestire il servizio d’ordine nei seggi di alcune importanti città, come la ribelle Kharkov. D’altronde nei seggi delle regioni orientali i pochi elettori che hanno votato lo hanno fatto sotto la minaccia dei mitra degli squadristi che alla vigilia delle elezioni a Lisiciansk hanno fucilato tre adolescenti arrestati qualche giorno prima. Campagna elettorale all’Ucraina…
Da notare che tra i votanti ucraini all’estero l’estrema destra apertamente neonazista è andata assai meglio che in patria: nella circoscrizione estera – Italia compresa – Praviy Sektor è arrivato al quarto posto e Svoboda al quinto, totalizzando insieme addirittura il 15% dei voti.
Fuori dal parlamento sono naturalmente rimasti i comunisti che sono di fatto stati espulsi con la violenza dalla legalità e non hanno più alcuna agibilità politica nel paese. Il PCU di Petro Simonenko si è fermato al 3,86%, contro il 13,18% ottenuto nel 2012.
A sopresa s’è invece affermato con l’11% dei consensi il movimento Samopomich (‘Auto aiuto’) fondato da pochi mesi e guidato da Andriy Sadovy, il sindaco di Leopoli (zona dove l’affluenza ha sfiorato il 70%), e fortemente nazionalista e antirusso.
Ottimo risultato anche per il Partito Radicale di Oleg Lyashko, ultranazionalista e di destra, che dall’1,8 del 2012 è salito al 7,5%.

Alla fine dalle urne è uscito un parlamento assai frammentato, litigioso, pieno di oligarchi o di loro rappresentanti diretti, con una stragrande maggioranza formalmente filo-europea e filo-Nato e tutta schierata su posizioni ultrnazionaliste e di destra, senza alcuna presenza di forze di sinistra o di centro-sinistra. L’unico movimento contrario all’integrazione nell’Ue e nell’Alleanza Atlantica è il Blocco delle Opposizioni, legato a doppio filo con Mosca.
Se vorranno governare, il Blocco Poroshenko (che comprende Udar di Vitali Klitschko) e il Fronte Popolare di Yatsenyuk dovranno allearsi, e cercare il sostegno di qualche altra realtà, probabilmente Samopomich e forse addirittura il Partito Radicale di Lyashko. Insomma nel nuovo governo dovranno convivere coloro che rappresentano gli interessi di Bruxelles e coloro che invece prendono ordini da Washington. Una convivenza e una gestione affatto facili, se si considera che nella nuova Rada non più arancione ma bruna siederanno un centinaio tra dirigenti e volontari dei battaglioni punitivi, esponenti delle forze armate e criminali comuni al soldo dei vari oligarchi, sparpagliati in diversi partiti.

Spenti i riflettori sui seggi, ora l’attenzione di tutti è di nuovo puntata sul fronte, dove nelle ultime ore si è assistito a una nuova recrudescienza dei combattimenti e dei bombardamenti. Secondo Kiev nelle ultime 48 ore sono stati ben 9 i soldati che hanno perso la vita, e anche tra i miliziani delle Repubbliche Popolari e tra i civili che abitano le città assediate di Donetsk e Lugansk – che si apprestano a votare domenica per eleggere il loro parlamento ‘separatista’ – si contano vittime. Almeno sei i morti provocati dai bombardamenti indiscriminati dell’artiglieria dell’esercito e della Guardia Nazionale.
A preoccupare soprattutto il fatto che Kiev abbia ritirato, alla chetichella, la firma apposta a settembre a Minsk all’accordo sulla linea di sepa­ra­zione tra le parti in con­flitto, lascian­dosi così aperto il ter­reno per un’offensiva che in molti, nel Don­bass, giu­di­cano ormai questione di ore, o forse di giorni. Negli ultimi giorni le milizie hanno rafforzato le proprie posizioni e in alcuni casi condotto vittoriose imboscate contro alcuni reparti delle forze di Kiev rimasti isolati, impossessandosi di mezzi militari e armi pesanti che si rivelano assai preziosi nella difesa delle Repubbliche Popolari. Frequenti anche i casi in cui i soldati ucraini hanno ceduto le loro armi al ‘nemico’ in cambio di cibo e medicinali, mentre da Mosca partiva l’ennesimo convoglio di aiuti umanitari destinati alle martoriate popolazioni di Donetsk e Lugansk.

giovedì 30 ottobre 2014

La manipolazione mediatica del discorso del Valdai di Putin

putin valdai
DI ULSON GUNNARD
journal-neo.org
Il presidente russo Vladimir Putin ha parlato, davanti ad una platea internazionale, di un ordine internazionale che ha approfittato della fine della guerra fredda per rimodellare il mondo in base ai propri interessi mettendo da parte i concetti di base delle relazioni internazionali, il diritto internazionale, i sistemi di equilibrio di potere arrivando persino a minare il concetto stesso di sovranità nazionale. Nel suo discorso, Putin condanna gli Stati Uniti per l'appoggio dato a neofascisti e terroristi, ed il disprezzo per la sovranità nazionale mostrato in giro per il mondo.

Il rigetto dell'occidente
Curioso è il linguaggio utilizzato nel resoconto del New York Times sull'incontro del Valdai International Club tenutosi a Sochi, sulle rive russe del Mar Nero, dove il presidente Putin ha recitato il discorso. In un articolo intitolato “Putin accusa gli Stati Uniti di appoggiare 'neofascisti' e 'fondamentalisti islamici'”, il NYT prova ad inquadrare le affermazioni di Putin, riguardo il supporto dato a neofascisti e terroristi, come semplici accuse senza fondamento.
Scrive il NYT, “invece di appoggiare la democrazia e gli stati sovrani, ha detto Putin durante un'apparizione di tre-quattro ore alla conferenza, gli Stati Uniti appoggiano gruppi ambigui che vanno dai neofascisti dichiarati ai fondamentalisti islamici”. Il NYT riporta anche, “'Perchè appoggiano persone del genere', ha chiesto all'incontro annuale noto come Valdai Club, che quest'anno si è tenuto nella città di Sochi. 'Agiscono in questo modo perché decidono di usarli come strumenti per ottenere i propri scopi, ma poi si scottano le dita e subiscono il contraccolpo.”
È difficile capire perché il NYT prova a dipingere queste affermazioni come particolarmente controverse, o come un'“invettiva”, per usare le parole del NYT, piuttosto che come una puntuale e necessaria osservazione basata sui fatti.
Il NYT riporta inoltre, “La Russia è spesso accusata di aver provocato la crisi in Ucraina annettendo la Crimea, e di prolungare l'agonia della Siria aiutando a sopprimere le rivolte popolari contro il presidente Bashar al-Assad, ultimo grande alleato di Mosca. Alcuni analisti hanno suggerito che il presidente Putin mira a recuperare il potere e l'influenza perduti dell'Unione Sovietica, o addirittura dell'Impero Russo, in un tentativo di prolungare il proprio governo.”
Tecnicamente, la Russia è accusata regolarmente di tutto ciò, sebbene il NYT ometta di ricordare ai lettori quanto tutte queste accuse siano ridicole.
Per cominciare, la crisi in Ucraina è iniziata quando dei neofascisti hanno rovesciato con la forza il governo eletto, tra la fine del 2013 e l'inizio del 2014 con il pieno appoggio degli Stati Uniti. Le forze politiche che hanno preso il potere sono costituite da partiti dichiaratamente fascisti, compresi Svoboda ed il “Fatherland Party”, e sono state apertamente appoggiate da gruppi armati neo-nazi come “Right Sector”. È stato solo allora che gli ucraini dell'est hanno iniziato a scappare verso la Russia, che ha quindi supervisionato un referendum per il ritorno della Crimea sotto la propria sovranità.
Allo stesso modo per quanto riguarda la Siria, non c'è alcun dubbio oggi che il conflitto che sta combattendo Damasco non è una “rivolta popolare contro il presidente Bashar al-Assad”, ma piuttosto una guerra contro Damasco combattuta per procura da sette estremiste che spaziano da affiliati di Al Qaeda, al recentemente battezzato “Stato Islamico”, che costituiscono gruppi terroristi che in nessun modo possono essere paragonati ad una “rivolta popolare”.
Per quanto concerne le affermazioni del NYT, secondo cui il presidente Putin stia cercando di “recuperare il potere e l'influenza perduti dell'Unione Sovietica, o addirittura dell'Impero Russo”, i lettori potrebbero rimanere confusi, considerando che l'Unione Sovietica e l'Impero Russo erano due sistemi politici diametralmente opposti, eppure, nessuno dei due ha mai aspirato né raggiunto l'egemonia globale, ottenuta invece dall'Occidente con l'espansione militare ed economica.
Gli Stati Uniti sono il proprio peggior nemico
I commenti del presidente Putin riguardo gli Stati Uniti, che userebbero intermediari come “strumenti” per ottenere i propri scopi, ma con cui si “scotterebbero le dita e per poi subire il contraccolpo” durante il processo, potrebbe essere meglio esemplificata con l'armamento di Al Qaeda ed altri gruppi militanti in Afghanistan da parte degli Stati Uniti durante gli anni '80. Al Qaeda sarebbe poi diventata una minaccia globale che gli Stati Uniti oggi sostengono di dover affrontare con una guerra globale, ovviamente senza successo.
Parte del crescente problema degli Stati Uniti sul piano globale, problema che sta irrimediabilmente causando una perdita di rispetto e credibilità, risiede nei mass media ed il completo fallimento nel ritenere responsabili le politiche fallimentari guidate da interessi corrotti e criminali. Lasciare al presidente Putin il compito di indicare lo stato imbarazzante della politica estera americana garantisce alla Russia il rispetto e la legittimazione di cui avrebbero goduto gli Stati Uniti se fossero stati in grado di mettere ordine in casa propria. L'incapacità dei media americani di servire l'interesse pubblico è essa stessa un sintomo del grande disagio dell'America.
Naturalmente, come per ogni nazione, la Russia agisce in base ai propri interessi. Talvolta, questi interessi coincidono con interessi comuni, ed in questo caso globali. La politica estera degli Stati Uniti è diventata una minaccia per tutti, non solo per la Russia. Comunque, essendo la politica estera americana una minaccia anche per la Russia, la Russia deve necessariamente contestarla in sedi come il Valdai International Club.
Per questo motivo, le parole del presidente Putin suonano molto popolari.
Dall'Afghanistan, all'Iraq, alla Siria, all'Ucraina e, ironicamente, di nuovo in Iraq, gli Stati Uniti hanno lasciato una scia di distruzione dietro tutte le loro missioni all'estero. Gli stati che sono stati risparmiati da queste catastrofi stanno molto probabilmente considerando cosa accadrebbe se fossero i prossimi. Non è l'abilità del Cremlino di deviare le menti del mondo ad essersi ritorta contro l'America rendendola non credibile, ma le sue stesse azioni ed il rifiuto di riconoscerle o cambiarle.
Quando l'agenda dell'America diventa l'agenda “globale”
Il presidente Putin continua, “sembra che i cosiddetti 'vincitori' della guerra fredda abbiano intenzione di prendersi tutto e rimodellare il mondo in modo che possa servire al meglio solo i loro interessi.”. Afferma inoltre, “in un mondo dominato dal un solo paese ed un gruppo di stati satelliti, il processo di 'decision-making globale' spesso si riduce a spacciare le proprie ricette come proposte universali. Questo gruppo è infatti diventato così ambizioso, che le sue soluzioni sono adesso passate come decisioni di tutta la comunità internazionale.
È difficile non essere d'accordo. Con l'ascesa dei BRICS che evidenzia quanto non siano “globali” le “ricette” americane, l'“invettiva” del presidente Putin si trasformerà presto in una serie di fatti dolorosamente ovvi e largamente compresi in tutto il mondo, che metteranno ancora più in difficoltà l'occidente che nel frattempo prova a fabbricarsi autorità e legittimazione sempre più dal nulla. In effetti, come suggerisce Putin, non c'è nulla di “internazionale” in quello che viene definito “consesus” internazionale. Si tratta invece di una serie di “satelliti” attorno agli Stati Uniti, e spesso anche di stati costretti con la forza ad aderire al loro “consensus”. Quando stati che rappresentano un miliardo di persone si rifiutano di aderire all'agenda americana, o un intero continente rifiuta l'autorità delle cosiddette istituzioni “internazionali” americane, possono davvero essere definite “internazionali”?
Queste tattiche, tuttavia, ricordano molto quelle dei tiranni, proprio dei tiranni dei quali un tempo si pensava che gli Stati Uniti fossero i più accaniti oppositori. È ironico che siano diventati ciò che un tempo avevano combattuto, dall'inizio fino all'apice del loro potere e della loro influenza. Il vento cambierà quando il messaggio del presidente Putin sarà meglio compreso e il vero consensus globale avrà sviluppato il potere e le risorse per opporsi al “consensus” che gli Stati Uniti impongono a livello mondiale. Nonostante sia possibile che gli Stati Uniti cambino rotta prima che questo accada, è improbabile.
Come dimostra il NYT, quelli che hanno il compito di mantenere gli interessi particolari degli Stati Uniti responsabili hanno chiaramente fallito, finendo per fare esattamente il contrario.
Ulson Gunnar
Fonte: http://journal-neo.org/
Link: http://journal-neo.org/2014/10/26/putin-exposes-criminal-global-order/
26.10.2014

Tratto da: http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=14128

martedì 28 ottobre 2014

President Vladimir Putin during a meeting with Governor of Kamchatka Territory Vladimir Ilyukhin, October 27, 2014.



È ufficiale: gli USA sono il principale stato terrorista

 “GLI USA SONO IL PRINCIPALE STATO TERRORISTA”


Noam Chomsky Νόαμ Τσόμσκι
Tradotto da  Francesco Giannatiempo
Editato da  Fausto Giudice Фаусто Джудиче

Un sondaggio internazionale ha rilevato che gli USA si collocano di gran lunga in testa alla classifica come “l’attuale più grande minaccia per la pace nel mondo”, parecchio avanti al secondo posto del Pakistan e senza nessun altro tanto vicino. Immaginate che la Pravda riporti in un editoriale uno studio del KGB che esamini le più grandi operazioni terroriste dirette dal Cremlino nel mondo, nel tentativo di determinare i fattori che hanno portato al loro successo o al loro fallimento, concludendo infine che, sfortunatamente, gli esiti positivi siano stati rari, tanto che è in atto un certo ripensamento della linea politica. Supponete che l’articolo continui citando una dichiarazione di Putin secondo cui avrebbe chiesto al KGB di eseguire tali indagini per scoprire casi di operazioni di “finanziamento e rifornimento di armi a un’insurrezione in un paese che avrebbero avuto successo, ma che il KGB non avrebbe trovato un granchè”. Perciò, lui avrebbe una certa riluttanza a proseguire l’impegno in questo tipo di operazioni.
Se, cosa quasi inimmaginabile, un simile articolo dovesse apparire, si solleverebbero in cielo grida di sdegno e di indignazione, mentre la Russia verrebbe amaramente condannata – o peggio –, non solo per il terribile archivio terrorista apertamente reso noto, ma anche per la reazione tra la dirigenza e la classe politica: nessun problema, tranne che per il buon funzionamento del terrorismo di stato russo e la possibilità di migliorarne la pratica.
È veramente difficile immaginare che un simile articolo possa essere pubblicato, se non per il fatto che è appena successo, o quasi.

Il 14 ottobre, il New York Times riportava come storia principale uno studio della CIA che riesamina le più grandi operazioni terroriste gestite dalla Casa Bianca nel mondo, nello sforzo di determinare i fattori che hanno portato al loro successo o al loro fallimento, concludendo infine che, sfortunatamente, gli esiti positivi sono stati rari, tanto che è in atto un certo ripensamento della linea politica. L’articolo proseguiva citando una dichiarazione di Obama secondo cui avrebbe chiesto alla CIA di eseguire tali indagini per scoprire casi di “finanziamento e rifornimento di armi a un’insurrezione in un paese che avrebbero avuto successo, ma che la CIA non avrebbe trovato un granchè”. Quindi, lui ha una certa riluttanza a proseguire l’impegno in questo tipo di operazioni.
Non ci sono state grida di sdegno. Nessuna indignazione. Niente.
La conclusione sembra abbastanza chiara: nella cultura politica occidentale, si accetta in maniera del tutto naturale e appropriata che la guida del mondo libero possa essere uno stato canaglia terrorista e possa rivelare apertamente la propria autorità in tali crimini. E risulta proprio naturale e opportuno che il vincitore del premio Nobel per la pace e avvocato costituzionalista che tiene le redini del potere debba essere preoccupato soltanto dalla realizzazione di questo tipo di azioni in modo più efficace.
Uno sguardo più accurato confermerà queste conclusioni in maniera piuttosto decisa.

L’articolo apre menzionando le operazioni usamericane “dall’Angola al Nicaragua a Cuba”. Cerchiamo di aggiungere ciò che viene omesso.
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Jonas Savimbi ricevendo i padrini sudafricani nella sua “capitale di Jamba, in Angola
In Angola, gli USA si sono uniti al Sud Africa, fornendo il decisivo supporto all’esercito terrorista dell’UNITA di Jonas Savimbi, continuando a dargli sostegno anche dopo che Savimbi venne severamente sconfitto alle libere elezioni attentamente monitorate. Lo fecero addirittura dopo che il Sud Africa aveva ritirato il proprio sostegno a questo “mostro la cui brama di potere aveva portato una terrificante miseria al suo popolo” – secondo le parole dell’ambasciatore britannico in Angola Marrack Goulding, appoggiato dal capo della base CIA nella vicina Kinshasa che avvertiva di come “non fosse una buona idea” dare supporto al mostro “a causa della vastità dei crimini di Savimbi e della sua tremenda brutalità”.
Malgrado le vaste e micidiali operazioni terroriste appoggiate dagli USA in Angola, le forze cubane spinsero gli aggressori sudafricani fuori dal paese, obbligandoli a lasciare una Namibia illegalmente occupata, e aprendo la strada alle elezioni angolane in cui, dopo la sua sconfitta, Savimbi “rigettò completamente l’opinione di circa 800 osservatori stranieri alle elezioni, dicendo che le votazioni qui…sono generalmente libere e imparziali” (New York Times), continuando la guerra terrorista con il supporto degli USA.
Le conquiste cubane nella liberazione dell’Africa e nella fine dell’apartheid vennero entusiasticamente salutate da Nelson Mandela quando finalmente fu rilasciato dalla prigionia. Tra i suoi primi atti, dichiarò: “Durante tutti i miei anni in prigione, Cuba è stata un’ispirazione e Fidel Castro un sostegno sicuro … [le vittorie cubane] hanno distrutto il mito dell’invincibilità dell’oppressore bianco [e] hanno ispirato le masse in lotta del Sud Africa … una svolta decisiva per la liberazione del nostro continente – e del mio popolo – dal flagello dell’apartheid. … Quale altra nazione può puntare a un primato di più grande altruismo, se non quello che Cuba ha manifestato nelle sue relazioni con l’Africa?”.
Il comandante terrorista Henry Kissinger, per contrasto, fu “apoplettico” riguardo
http://tlaxcala-int.org/upload/gal_9217.gifall’insubordinazione dell’ “insignificante” Castro che avrebbe dovuto essere “schiacciato”, come riportano William Leogrande e Peter Kornbluh nel loro libro Back Channel to Cuba (Il piano segreto per Cuba), basato su documenti declassificati di recente.
Parlando del Nicaragua, non c’è bisogno di soffermarsi sulla guerra terrorista di Reagan – proseguita ben oltre dopo che la Corte Internazionale di Giustizia ordinasse a Washington di cessare il suo “uso illegale della forza”(cioè, il terrorismo internazionale) e di provvedere a sostanziosi risarcimenti – e dopo che una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, che faceva appello a tutti gli stati (intendendi gli USA) a osservare le leggi internazionali, venisse posta sotto veto da Washington.
Ad ogni modo, bisogna ammettere che la guerra terrorista di Reagan contro il Nicaragua – prolungata da Bush I, lo “statista” Bush – non è stata così distruttiva come il terrorismo di stato da lui entusiasticamente supportato in El Salvador e Guatemala. Il Nicaragua aveva il vantaggio di contare su un esercito per fronteggiare le forze terroriste gestite dagli USA, mentre nei vicini stati i terroristi che assalivano la popolazione erano le forze di sicurezza armate e addestrate da Washington.
Fra poche settimane, commemoreremo il gran finale della guerra terrorista di Washington in America Latina: l’assassinio di sei intellettuali di spicco latinoamericani, nonché sacerdoti gesuiti, da parte di un’unità terroristica scelta dell’esercito salvadoregno – il Battaglione Atlacatl – armato e addestrato da Washington, che agiva su ordini precisi dell’Alto Comando e con un lungo precedente di massacri delle solite vittime.
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Quello del 16 Novembre del 1989 all’Università dei Gesuiti a San Salvador fu un crimine scioccante e la coda alla enorme piaga di terrore che si propagò nel continente dopo che John F. Kennedy cambiò la missione militare in America Latina da “difesa emisferica” – un retaggio datato della Seconda Guerra Mondiale – in “sicurezza interna”, a significare guerra contro la popolazione nazionale. Lo strascico è brevemente descritto da Charles Maechling, colui che ha guidato il piano di controinsurrezione e di difesa interna degli USA dal 1961 al 1966. Questi descrive la decisione di Kennedy del 1962 come lo spostamento dalla tolleranza “della rapacità e della crudeltà dei militari latinoamericani” alla “complicità diretta” nei loro crimini, al supporto degli USA per “i metodi delle squadre di sterminio di Heinrich Himmler”.
Tutto dimenticato, tranne la “corretta natura dei fatti”.
A Cuba, le operazioni terroristiche di Washington vennero sferrate in piena furia dal presidente Kennedy per punire i cubani che avevano fatto fallire l’invasione della Baia dei Porci diretta dagli USA. Come descritto dallo storico Piero Gleijeses, JFK “chiese a suo fratello, il Procuratore Generale [Ministro della Giustizia] Robert Kennedy, di guidare il gruppo di interagenzia di alto livello che sovrintendeva l’Operazione Mangusta – un programma di operazioni paramilitari, di guerra economica e di sabotaggio che lanciò alla fine del 1961 per far provare il ‘terrore della terra’ a Fidel Castro o, più prosaicamente, per rovesciarlo”.
La frase “terrore della terra”1 è citata da Arthur Schlesinger – socio e storico di Kennedy – nella sua quasi-ufficiale biografia su Robert Kennedy, a cui venne assegnata la responsabilità di condurre la guerra terroristica. Robert Francis Kennedy informò la CIA che il problema cubano comportasse “ [l]a massima priorità in seno al governo degli USA – tutto il resto è secondario – non c’è da risparmiare tempo, sforzi e uomini” nello sforzo per rovesciare il regime di Castro e portare “ terrore della terra” a Cuba.
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La guerra terroristica sferrata dai fratelli Kennedy non fu un affare di poco conto. Coinvolse 400 usamericani, 2.000 cubani, una flotta privata di navi veloci e un bilancio annuale di 50 milioni di usdollari, in parte diretta da una base CIA di Miami che funzionava in violazione del Neutrality Act e, presumibilmente, della legge che vietava operazioni CIA negli USA. Le operazioni comprendevano il bombardamento di alberghi e di impianti industriali, l’affondamento di barche da pesca, l’avvelenamento di raccolti agricoli e di bestiame, la contaminazione di zucchero, etc. Alcune di queste operazioni non vennero specificatamente autorizzate dalla CIA, ma svolte dalle forze terroriste che la CIA stessa aveva fondato e finanziato – distinzione senza differenze in caso di nemici ufficiali.
Le operazioni terroristiche di Mangusta vennero guidate dal generale Edward Lansdale, che aveva esperienza più che sufficiente in azioni terroristiche del genere dirette dagli USA nelle Filippine e in Vietnam. La sua tabella di marcia per l’Operazione Mangusta richiedeva “la rivolta aperta e il rovesciamento del regime comunista” nell’ottobre del 1962 per il cui “successo finale richiederà il decisivo intervento militare degli USA” dopo che il terrorismo e la sovversione ne avessero posto le basi.
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Obiettivi di riconoscimento a Cuba, 1962. (foto dell’U.S. Air Force)
L’ottobre del 1962, naturalmente, rappresenta un momento molto significativo nella storia moderna. In quel mese accadde che Nikita Krusciov inviasse i missili a Cuba, facendo esplodere la crisi che si avvicinò minacciosamente alla guerra nucleare finale. La dottrina ora riconosce che Krusciov fosse in parte motivato a causa della smisurata preponderanza della forza usamericana – effetto delle sue richieste per la riduzione di armamenti offensivi a cui Kennedy aveva risposto con un radicale aumento del vantaggio usamericano – e in parte per la preoccupazione di una possibile invasione usamericana di Cuba. Anni dopo, il Segretario alla Difesa Robert McNamara riconobbe che Cuba e la Russia fossero giustificate nel temere un attacco. “Se fossi stato nei panni dei cubani o dei russi, anche io l’avrei pensata in questo modo”, ha osservato McNamara durante una importante conferenza internazionale per il 40mo anniversario della crisi missilistica.
Lo stimatissimo analista politico Raymond Garthoff, con tanti anni di esperienza diretta dei servizi segreti usamericani, riferisce che, nelle settimane antecedenti lo scoppio della crisi di ottobre, un gruppo di terroristi cubani che operava dalla Florida con l’autorizzazione del governo usamericano, portò a termine “un audace attacco armato da un potente motoscafo, mitragliando un albergo cubano in riva al mare vicino a L’Avana, noto come punto di raduno dei tecnici militari sovietici, uccidendo una ventina tra russi e cubani”. E immediatamente dopo, continua, tra le altre azioni che vennero portate avanti ai primi di ottobre, le forze terroriste attaccarono navi cargo britanniche e cubane, facendo nuovamente incursioni su Cuba. In un momento teso dell’ancora irrisolta crisi missilistica, l’8 novembre una squadra di terroristi inviata dagli USA fece saltare in aria un impianto industriale cubano, dopo che le operazioni di Mangusta erano state ufficialmente sospese. Fidel Castro avrebbe sostenuto che vennero uccisi 400 lavoratori in quell’operazione guidata da “fotografie scattate da aerei spia”. I tentativi di assassinare Castro, come altri attacchi terroristici, proseguirono immediatamente dopo il termine della crisi e vennero intensificati negli anni successivi.
Da una parte piuttosto minoritaria, ci sono stati alcuni preavvisi della guerra terroristica, dei molti tentativi di assassinare Castro, generalmente scartati come buffonate infantili della CIA. A parte questo, niente di quanto accaduto ha suscitato molto interesse o commenti. La prima inchiesta seria in lingua inglese dell’impatto sui cubani è stata pubblicata nel 2010 dal ricercatore canadese Keith Bolender nel suo Voices From The Other Side: An Oral History Of Terrorism Against Cuba (Voci dall’altro lato: una storia orale di terrorismo contro Cuba) – uno studio molto prezioso, sebbene largamente ignorato.
I tre esempi evidenziati sul resoconto del terrorismo usamericano del New York Times sono solo la punta dell’iceberg. Ciononostante, risulta utile avere un simile importante riscontro della dedizione di Washington per le operazioni di terrorismo criminale e distruttivo e della scarsa importanza attribuita a tutto questo dalla classe politica, che accetta come fatto normale e opportuno che gli USA debbano essere una superpotenza terroristica, immune alle leggi e alle norme civili.
Stranamente, il mondo non sarebbe d’accordo. Un sondaggio internazionale reso pubblico un anno fa dal Worldwide Independent Network/Gallup International Association (WIN/GIA) ha rilevato che gli USA si collocano di gran lunga in testa alla classifica come “l’attuale più grande minaccia per la pace nel mondo”, parecchio avanti al secondo posto del Pakistan (senza dubbio gonfiato dal voto indiano) e senza nessun altro tanto vicino.
Fortunatamente, gli usamericani sono stati risparmiati da questa insignificante informazione.
NdT
 1-“[…] farò cose tali – quali saranno non so ancora ma saranno il terrore della terra […]”; citazione contenuta nel discorso del senatore JFK , Auditorium (Coliseum), Indianapolis, IN – 4 Ottobre del 1960] e tratta da Re Lear di W. Shakespeare (scena II, atto IV, 276-282 ed. Garzanti con testo a fronte): “[…]No, streghe snaturate, su tutt’e due mi prenderò vendette tali che il mondo – farò cose tali – quali saranno non so ancora ma saranno il terrore della terra. Voi pensate che io piangerò. No, non piangerò. Ho tutte le ragioni […]”


Fonte: TLAXCALA

Putin finds it extremely important to fight attempts to revive fascist ideology




October 28 - Russian President Vladimir Putin finds it extremely important to combat any attempts to revive fascist ideology and falsify Russian-Ukrainian common history, said a congratulatory message which the Russian head of state sent to veterans of the Great Patriotic War and Ukrainian people on the occasion of the 70th anniversary of country’s liberation from fascist invaders.
“In the years of the Great Patriotic War, the power of spirit and unity of our multinational nation, valor and sustaining power of warriors-liberators, guerrillas, resistance movement fighters and workers of the rear was showed in all their grandeur during heavy and bloody battles for Ukraine,” the Kremlin press service quoted the president as saying.
“Our grandfathers and fathers together, in common ranks, were fighting courageously and selflessly for the freedom and independence of the Motherland, were defeating the enemy and were bringing a long-awaited victory closer.”
"We should preserve carefully remarkable traditions of fraternal friendship and mutual assistance they left. This is extremely important to raise the growing generation with high patriotic values, actively counteract any attempts at reviving fascist ideology, instigation of inter-ethnic strife and falsification of our common history,” Putin noted.
The Russian president wished “Ukrainian veterans of the Great Patriotic War good health, well-being and strong spirit and peace and prosperity to all fraternal people of Ukraine."

Repubblica di Donetsk













Ucraina antifascista. Il manifesto della Resistenza


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MANIFESTO DEL FRONTE POPOLARE PER LA LIBERAZIONE DI UCRAINA, NOVOROSSIA E RUTENIA TRANSCARPATICA
Qual è lo scopo della nostra lotta?
L’edificazione, sul territorio dell’Ucraina, di una repubblica popolare equa, ad orientamento sociale, senza oligarchi e burocrazia corrotta.
Chi sono i nostri nemici?
Le elites dirigenti liberal-fasciste -l’alleanza criminale di oligarchi, burocrati, forze militari e di sicurezza e criminali che servono esplicitamente gli interessi degli stati stranieri. Mentre ufficialmente dichiarano il loro sostegno ai valori liberali europei, queste forze tengono il paese sotto il loro controllo facendo affidamento su bande di estrema destra, sfrenata isteria sciovinista e sulle rivalità etniche.
Chi sono i nostri alleati?
Tutte le persone di buona volontà, indipendentemente da cittadinanza e appartenenza etnica, che si riconoscono negli ideali di giustizia sociale e che sono pronti a lottare per essi, mentre rifiutano lo stato liberal-fascista sul territorio dell’Ucraina.

Cos’è la repubblica popolare ad orientamento sociale per la quale stiamo lottando?
La repubblica popolare ad orientamento sociale è la forma politica di organizzazione della società in cui:
gli interessi del popolo e del suo sviluppo a tutto tondo – spirituale, intellettuale, sociale e fisico - rappresenta il più alto fine e compito dello stato;
tutto il potere risiede nel popolo ed è esercitato da esso attraverso organi eletti di diretta rappresentanza;
tutti i cittadini lavoratori hanno diritto a sanità, istruzione, pensione e sicurezza sociale a spese dello stato;
in caso di perdita del lavoro o temporanea o permanente disabilità sono pagate pensioni degne e si garantisce un’adeguata sicurezza sociale;
è consentita ogni iniziativa privata o collettiva a condizione che essa porti beneficio al popolo e al suo sviluppo;
il capitalismo finanziario usurario, che si basa sul credito, è proibito. I soldi devono essere guadagnati non attraverso qualsiasi tipo di strangolamento debitorio, bensì attraverso la realizzazione di progetti di successo;
lo stato, agendo in nome del popolo e controllato dai rappresentanti del popolo, è il maggior possessore di capitale e controlla i settori strategici dell’economia;
la proprietà privata è permessa, ma la società tiene sotto controllo le grandi fortune ed il modo in cui vengono investite nella politica e nell’economia. A nessuno è consentito sfruttare le persone in maniera parassitaria, stabilire un impero oligarchico o dominare il popolo creando monopoli artificiali;

Quali sono i nostri metodi di lotta?
Per raggiungere l’obiettivo di cui sopra (la creazione sul territorio dell’Ucraina di una repubblica popolare ad orientamento sociale) siamo pronti ad utilizzare metodi di lotta violenti e non-violenti. Riteniamo che i cittadini abbiano diritto alla sollevazione e che solo il popolo in armi sia in grado di difendere la propria libertà. La violenza, comunque, è un mezzo per ottenere fini politici e vi ricorriamo solo quando siamo obbligati.

Cosa sta succedendo sul territorio dell’Ucraina?
Sul territorio dell’Ucraina è in corso una rivolta di liberazione popolare contro un regime liberal fascista che cerca, attraverso la propaganda ed il terrore, di imporre nel nostre paese un capitalismo criminale oligarchico e rentista.

Cos’è l’Ucraina?
L’Ucraina è il territorio posto tra l’UE e la Russia, con forti tradizioni cristiane (specialmente ortodosse), con una popolazione composta di varie nazionalità (Ucraini, Russi, Bielorussi, Greci, Tatari, Ruteni, Galiziani ed altri), e con tradizioni, forgiate nei secoli, di autogoverno popolare e lotta politica per la libertà.

Che sta succedendo nel sud-est dell’Ucraina (Novorossia)?
Nel sud-est (Novorossia) è in corso una sollevazione politica popolare contro il regime liberal-fascista istallatosi a Kiev con i soldi ed il supporto dei padroni occidentali. I membri di tutti i gruppi etnici della regione stanno prendendo parte a questa rivolta – Ucraini, Russi, Greci, Armeni, Ebrei, Ungheresi, Rumeni e così via.

Nella regione è in corso una guerra fra Russi e Ucraini?
Non è in corso una guerra fra Russi e Ucraini, come affermato dalla propaganda di Kiev. E’ in corso una sollevazione del popolo oppresso contro il suo comune nemico –il capitalismo criminale oligarchico.
Russi e Ucraini, come le persone di altre nazionalità, stanno combattendo sui due fronti.
Dalla parte del regime di Kiev mercenari e combattenti punitivi ingannati dalla propaganda stanno facendo guerra in favore del grande capitale oligarchico e della burocrazia criminale, mentre dalla parte del sud-est (Novorossia) i membri delle milizie difendono gli interessi del popolo ed il loro futuro libero, giusto e democratico.

Russi ed Ucraini hanno diversi interessi negli eventi in corso in Ucraina?
Russi ed Ucraini sono uniti da comuni interessi politici e sociali –la liberazione dell’Ucraina dal potere del capitale oligarchico, della burocrazia corrotta, delle forze criminali di coercizione e semplicemente dal crimine.

Perché la sollevazione del sud-est (Novorossia) sta avendo luogo sotto slogan russi?
Perché Russi e russofoni in Ucraina hanno subito una duplice oppressione –socio-economica (come la popolazione di lingua ucraina) ed anche politico-culturale.
L’oppressione socio-economica – sotto forma di corruzione, tirannia, impossibilità di avere una normare occupazione o condurre una vita normale, paghe misere e dipendenza dagli uomini che posseggono il paese- costituiscono la normalità per ogni lavoratore dell’ Ucraina.
La negazione di uno status ufficiale alla lingua russa in regioni in cui più del 90% della popolazione parla e pensa in russo (circa la metà del territorio dell’Ucraina), insieme con il divieto di insegnare il Russo nelle scuole; il divieto di pubblicità e film in russo; il divieto di utilizzare il russo nei tribunali e nell’amministrazione e altre assurde pretese e proibizioni segregazioniste assommano umiliazioni addizionali nei confronti della popolazione russofona dell’Ucraina.
A causa di ciò sono stati i Russi ed i russofoni i primi a sollevarsi.
Ora è il turno di tutto il popolo oppresso dell’Ucraina!

Perché la Russia sta aiutando il sud-est dell’Ucraina (Novorossia)?
Una significativa parte dell’elite russa teme la protesta sociale e politica. Costoro gradirebbe stringere un accordo un accordo con le autorità di Kiev e porre fine alla guerra nel sud-est (Novorossia). Ma la furia della rivolta popolare contro il capitalismo liberal-fascista e oligarchico-burocratico non permette loro di farlo. Il popolo russo sostiene la giusta lotta del sud-est dell’Ucraina (Novorossia) e ciò costringe l’intera elite russa, spesso in maniera contraria ai suoi interessi strategici, a sostenere o fingere di sostenere la rivolta del sud-est dell’Ucraina.

Perché gli USA e l’UE aiutano il regime di Kiev?
Lo scopo principale degli USA è intraprendere una lotta contro la Russia come rivale geopolitico. Gli USA hanno bisogno o di creare uno stato anti-russo sul territorio ucraino, con le basi NATO sul confine russo, oppure di destabilizzare la regione e far precipitare il paese nel caos.
L’UE ha bisogno di ulteriori mercati per i suoi prodotti e miniere di materie prime a basso costo.

Cosa supporta la lotta del sud-est dell’Ucraina (Novorossia)?
La resistenza, il cui punto forte è il sud-est dell’Ucraina (Novorossia), è supportata e rafforzata dal saldo desiderio del popolo ucraino di liberarsi dalla dominazione liberal-fascista e dalle elites dominanti. Aiutano anche la graduale coscienza dei popoli di Ucraina dei loro comuni interessi socio-politici e dei comuni scopi della loro lotta.

La lotta del sud-est (Novorossia) equivale a separatismo?
No, il territorio della lotta è l’intero territorio dell’Ucraina. Gli insorti nel sud-est (Novorossia) stendono le loro mani ai loro fratelli e sorelle di tutte le regioni dell’Ucraina al grido:”Solleviamoci contro il nemico comune”.
Dobbiamo stabilire un nuovo, libero, socialmente responsabile potere popolare sull’intero territorio dell’Ucraina e della Novorossia.

Cosa verrà in seguito alla vittoria della rivoluzione di liberazione popolare e al collasso del regime liberal-fascista?
Verrà formato un nuovo stato in cui il potere apparterrà al popolo non a parole ma nella realtà.
Tenendo un referendum (la più alta forma di potere popolare), la popolazione di ciascuna provincia autodeterminerà il futuro della propria regione –se essa rimarrà all’interno di uno stato unitario federale o riceverà la piena indipendenza.

Come verrà costruito il potere politico dopo la vittoria della rivoluzione di liberazione popolare?
Il Potere politico verrà costruito in linea con il principio della rappresentanza popolare diretta (potere popolare) – dal basso all’ alto.
Gli organismi di potere popolare verranno formati, a cominciare dal livello del Consiglio locale, fino al Consiglio Supremo, secondo il principio della rappresentanza di delegati dei territori, di delegati dei collettivi di lavoro e delle corporazioni e consigli delle professioni e di delegati delle organizzazioni politiche, religiose e di comunità.
Il più alto organismo di rappresentanza popolare, il Consiglio Supremo, sarà formato dai delegati dei consigli regionali.
Il Consiglio Supremo sceglierà il Governo, che sarà responsabile di fronte al popolo come rappresentante dei membri del Consiglio.
Richiediamo che i giudici e gli organismi locali di imposizione della legge vengano scelti tramite elezioni.

Quali diritti avranno le regioni dopo la vittoria della rivoluzione di liberazione popolare?
Ciascuna regione avrà il diritto di redigere una propria costituzione o altri documenti fondativi, garantendo i diritti sociali, politici, economici, culturali e religiosi di base ai cittadini che vivono nel loro territorio.
In aggiunta alla lingue nazionali, ciascuna regione avrà diritto a scegliere lingue regionali da usare nelle sedi culturali, politiche, giuridiche o amministrative.
Ciascuna regione avrà il diritto di tracciare il proprio budget sulla base delle tasse imposte sulle attività delle persone fisiche e giuridiche attive sul proprio territorio.

Quali obblighi avranno le regioni dopo la vittoria della rivoluzione di liberazione popolare?
Ciascuna regione avrà l’obbligo di mettere da parte parte delle proprie entrate tributarie in un fondo generale anti-crisi da usare in caso di disastri naturali e altre catastrofi.
Ciascuna regione sarà obbligata a contribuire con parte delle proprie entrate tributarie ad ottemperare al generale fabbisogno dello stato –per la difesa, per mantenere l’apparato dello stato centrale, per la costruzione delle cose di generale importanza nazionale, per la ricerca scientifica, per mantenere la sanità e l’istruzione e per lo sviluppo infrastrutturale.
Ciascuna regione sarà obbligata ad osservare i principi generali dello stato riguardo le relazioni fra capitale e lavoro e le libertà civili e politiche.
Ciascuna regione sarà obbligata a mantenere legge e ordine e a difendere i diritti e le libertà dei cittadini all’interno dell’architettura dei principi stabiliti dallo stato.
Questi sono i principi base e gli scopi di base della nostra lotta.
Crediamo che ogni onesto cittadino e patriota li approverà e sosterrà.
Contiamo sulla solidarietà internazionale e il sostegno di tutte le persone che ritengono cari, non solo a parole ma anche nei fatti, gli ideali di eguaglianza e giustizia sociale.
Insieme viceremo!
Approvato dalla Conferenza della Resistenza di Jalta, 7 luglio 2014.

Fonte: Contropiano

‘I have never been tried by criminals’ Russian communist leader mocks Ukrainian probe

Gennady Zyuganov, Head of the Communist Party of the Russian Federation. (RIA Novosti / Vladimir Fedorenko)

Gennady Zyuganov, Head of the Communist Party of the Russian Federation. (RIA Novosti / Vladimir Fedorenko)

Gennady Zyuganov has attacked the Ukrainian criminal case against him, saying that Kiev authorities were contributing to the country’s breakup much more than himself.
For the first time some criminals decided to put me on trial. The criminals who have usurped the power in Ukraine and who are now raping their country, who issue orders to fire at their compatriots and who burned dozens of people in Odessa,” the head of the Russian Communist Party told the RIA Novosti news agency on Friday.
The statement was made after Ukrainian Interior Minister, Arsen Avakov, announced that his agency had instigated criminal cases against Zyuganov and the head of Russia’s Liberal Democratic Party, Vladimir Zhirinovsky, over suspicions that they were financing the federalist forces in the southeast of Ukraine and thus contributing to the breakup of the country.
People who are really contributing to the breakup of Ukraine are Avakov, [State Rada speaker Aleksandr] Turchinov, [Prime Minister Arseniy] Yatsenyuk and [President Petro] Poroshenko, whose hands are covered in their countrymen’s blood and who fail to listen to the voice of the southeast or to the laments of the soldiers’ mothers,” Zyuganov told reporters.
Zyuganov’s deputy Ivan Melnikov ironically noted that the Ukrainian probe would do as much harm to Russian politicians as birdshot does to an elephant. He also said that leading Ukrainian officials were waging a war against their own people and warned that “in future, when the Ukrainian people eventually awake their current leaders will be tried by a court martial.”
On Thursday Russian Communist Party officials also made a number of harsh statements against Ukraine’s decision to dissolve the Communist caucus in the country’s parliament, the State Rada.
The joy of the current State Rada leaders stinks of impertinence resembling of death squads. But this is just a temporary triumph. By such actions they will incite all nations of the world against them,” Ivan Melnikov told the ITAR TASS news agency.
The senior Russian communist politician said that the leftist faction of the European Parliament had already condemned these events and called it a violation of human rights in the official statement.
Melnikov said the head of the Russian Communist Party had addressed the leftist parties and movements of the world with a request to react to the arbitrary actions of the Ukrainian authorities. “We feel that the support will grow because the outrage there is obvious. We will continue our fight through the international institutions,” the politician said. 

Fonte: RT

70th anniversary of Ukraine's liberation



28 October - the day of liberation of the Soviet Ukraine from fascist invaders

During the war from hands by Nazis and their collaborators Ukraine lost 9 million people. 2.5 million Ukrainians were awarded orders and medals.

It seemed that fascism would never raise his head on Ukrainian soil. However, after the collapse of the Soviet Union, the seeds of the brown plague, with the connivance, if not outright support of the authorities again sprouted.

70th anniversary of Ukraine's liberation we had in the condition of the new Nazi occupation. This means that the question of Ukraine's liberation from fascism once again put on the agenda.

Glory to the Red Army - liberator of Ukraine!

Eternal memory to the fallen in the struggle against the Nazi invaders!

Fascism will not pass!

Argentina, il presidente Kirchner: “Se mi succede qualcosa, guardate agli Usa”


“Per favore, se mi succede qualcosa, e lo dico veramente sul serio, che nessuno guardi al Medio Oriente. Guardate al Nord (Usa, ndr), per favore”. E’ il grido di allarme lanciato il 1 ottobre scorso dal presidente dell’Argentina, Cristina Kirchner in un suo discorso tenuto presso Casa Rosada, la residenza presidenziale. La durissima accusa lanciata dalla donna, che ha raccolto le redini dello stato sudamericano nel 2007 dopo la morte del marito, Nestor Kirchner, è rivolta agli Stati Uniti e a svariati circoli finanziari argentini, tacciati di organizzare un complotto per rovesciare il suo governo e per eliminarla fisicamente. Già la settimana prima, il presidente argentino aveva partecipato all’Assemblea Generale dell’Onu, a New York. E aveva avvertito: “Non vengano da noi a creare la storiella dell’Isis che cerca di uccidermi”. Da Casa Rosada ha ribadito: “Spero di sbagliarmi, ma ho l’impressione che si voglia rovesciare il governo e che vogliano farlo con aiuti dall’estero“. Nel suo intervento, la Kirchner si è soffermata a lungo sulla situazione finanziaria del suo Paese e sui cosiddetti “fondi avvoltoio”. Si tratta di fondi finanziari speculativi che hanno innescato una feroce battaglia giuridica negli Usa contro il governo argentino, pretendendo il rimborso del 100% sul debito contratto, che ammonta a circa 1,3miliardi di dollari. Il presidente dell’Argentina, però, ha puntualizzato che “il vero problema non è il denaro degli ‘holdouts’”, ovvero i creditori “ribelli” che non hanno accettato nessuna delle due ristrutturazioni del debito argentino nel 2005 e nel 2010. “Il reale problema” – ha precisato – “è che loro (gli Stati Uniti, ndr) vogliono sgretolare la ristrutturazione del nostro debito, vogliono un ritorno al passato, quando l’Argentina era in ginocchio e supplicava prestiti a tassi esorbitanti. E se per fare ciò devono passare sopra la sovranità e le norme di diritto internazionale, loro non hanno alcun problema: distruggono tutto come fanno ovunque nel mondo“. Il riferimento chiaro è alla sentenza emessa dal 2012 dal giudice di New York Thomas Griesa, diventata pochi mesi fa esecutiva, che ha dato ragione ai fondi avvoltoi. L’Argentina rischia così un nuovo default a distanza di appena 14 anni dall’ultimo blackout finanziario. Ma la partita è ancora aperta, perché il Congresso ha recentemente approvato la “Ley de Pago Soberano de Deuda” (legge per il pagamento del debito sovrano, ndr) che ha permesso alla Kirchner di far partire i pagamenti in scadenza e bypassare il blocco decretato dal giudice Griesa. Il presidente argentino ha garantito che saranno pagati tutti i debiti, sia dei creditori ristrutturati sia di quelli “ribelli”, con tempi e “condizioni legittime, legali e sostenibili” 

di Gianfo Franchi 

Fonte: Il Fatto Quotidiano

lunedì 27 ottobre 2014

"Трагическая пауза" Татьяны Самойловой ( Samoilova)

Слава героям Великой Отечественной войны !


«ДЛЯ МЕНЯ РОССИЯ – ВСЯ МОЯ ЖИЗНЬ» ВЛАДИМИР ПУТИН


"In Ucraina c'è stata un'aggressione dell'occidente alla Russia". Giulietto Chiesa

 

Fonte:  L'Antidiplomatico

"L'Europa ha scelto di aprire una crisi gravissima, non considerando la storia"

di Alessandro Bianchi
(con la preziosa collaborazione del Prof. Paolo Becchi)

Giulietto Chiesa. Ex inviato a Mosca per l'Unità e La Stampa, oltre che per il TG5, il TG1 e il TG3. Fondatore nel 2010 del movimento politico-culturale Alternativa. Autore di Invece della catastrofe: Perché costruire un'alternativa è ormai indispensabile

- La visita del presidente ucraino Yanukovich a Mosca è l'ultimo atto di una crisi che rischia di destabilizzare un paese strategicamente fondamentale. Come cambia ora la situazione?
 
Cambia completamente, vi è stata una svolta radicale. La Russia di Putin ha offerto al presidente ucraino un prestito da 15 miliardi di euro, per affrontare l'emergenza attuale, e la firma di un'intesa preliminare per diminuire il prezzo del gas a 280 dollari per mille metri cubi – circa 150-180 dollari in meno di quello che pagano gli altri paesi europei – per un risparmio complessivo di Kiev da due miliardi di dollari l'anno. Si tratta di un regalo immenso e vorrei che si misurasse la portata del gesto in modo appropriato, perché semplicemente non esiste un atto di questa portata nell'economia contemporanea. Può essere chiaramente spiegato solo come atto politico, di fratellanza, e capito a fondo solo se si comprende che Kiev è una componente essenziale della cultura e della storia russa. Con quest'offerta  Vladimir Putin sta salvando la pace internazionale. La Russia è nata in Ucraina, che è stata anche il suo baluardo difensivo durante la seconda guerra mondiale. Come si può immaginare che i russi non considerino questo un valore? L'Europa occidentale ha scelto consapevolmente, o per stupidità, di aprire una crisi gravissima, che non tiene conto della storia degli uomini. 
I russi stanno difendendo sé stessi, una parte della storia, oltre ad una parte dei loro ex cittadini. Occorre non dimenticare che la maggioranza dei 48 milioni di ucraini è composta da persone di lingua e cultura russa. Persone niente affatto nostalgiche, ma che guardano al mondo con attenzione e stanno vedendo come, dopo il collasso dell'Unione Sovietica, i russi sono stati ampiamente discriminati in Lituania, Estonia e Lettonia. In Ucraina si immaginano di dover subire la stessa sorte una volta entrati in Europa.
 
- Perché secondo Lei i dirigenti dell'Unione Europea hanno voluto forzare la situazione in Ucraina in questo modo e qual è, pertanto, l'obiettivo di fondo della strategia scelta dall'occidente?
 
La mossa occidentale punta a spaccare il paese: in una situazione in cui la maggioranza delle persone è russa e vota Yanukovich, non si poteva non sapere che si sarebbe aperta una frattura  in un paese centrale per molte ragioni, in primo luogo per la sua posizione strategica. Ora è bene che l'opinione pubblica comprenda che l'obiettivo finale di questa mossa non è l'ingresso in Europa, ma chiaramente è quello di portare l'Ucraina nella Nato. Nessuno ne parla e proprio per questo è il punto centrale. La storia, del resto, la conosciamo bene: le tre Repubbliche baltiche, oltre alla Romania e la Bulgaria, prima di entrare nell'Ue sono state inglobate nell'Alleanza atlantica. Si tratta della continuazione della politica di espansione occidentale e di accerchiamento della Russia. E’ una politica che procede da vent’anni, cominciata con Boris Yeltsin e proseguita in parte da Putin. Per vent’anni l’Occidente si è trovato di fronte una Russia cedevole, quasi del tutto colonizzata. Ha offerto in cambio protezione agli oligarchi e possibilità di ospitare nelle banche occidentali i capitali che costoro  trafugavano dalla Russia dopo averla derubata. Ma la situazione è cambiata.  Ora a Mosca c’è  un leader che non accetta più questa situazione. Nelle nuove condizioni  pensare di continuare l’accerchiamento, e anzi renderlo più soffocante, non è più un’ipotesi realistica. Qualcuno dovrebbe spiegarlo a Berlino e a Bruxelles.
Se in Europa ci fossero dirigenti amanti della pace e lungimiranti l'avrebbero capito ma, dato che là abbiamo perlopiù minus habentes che pensano di essere ancora i dominatori del pianeta, i guai diventano potenzialmente enormi.
 
- Fino a che punto il presidente russo saprà spingersi per impedire il passaggio dell'Ucraina all'altro campo?
 
Questa politica occidentale verso l'Ucraina non può essere tollerata da una Russia che si considera ora, di nuovo sovrana ed indipendente. Non abbiamo avuto un'aggressione della Russia contro l’Ucraina, ma una dell'Europa contro la Russia. Putin vuole dimostrare di avere la forza necessaria per impedire una scelta che modificherebbe 40 anni di sicurezza strategica comune, quella che prese avvio dagli accordi di Helsinki e di Parigi.  L'ingresso della Nato in Ucraina modificherebbe di fatto, in modo drastico, tutti rapporti di forza e i parametri della sicurezza comune.  L’Alleanza occidentali si troverebbe a un passo dalla capitale della Russia. 
Quello che i dirigenti europei devono capire è che semplicemente non si può fare: è una scelta non ragionevole, che azionerebbe una pericolosissima guerra fredda, in cui, tra l’altro, al contrario del passato, l'occidente non sarebbe più il dominatore. Putin ha fatto la sua mossa ed ha chiarito che non permetterà di superare questo limite.  La “grande novità” dei missili spostati a Kaliningrad è solo mistificazione: i centri militari della Nato sapevano della loro presenza da almeno uno-due anni – da quando gli Stati Uniti avevano deciso di comprare prima la Repubblica ceca e poi la Romania per far mettere nuovi sistemi radar ai confini con l'Ucraina  - ed il finto stupore di adesso vorrebbe far credere a una nuova minaccia russa maturata in questa crisi.  La spiegazione è che i russi hanno da tempo cominciato a prendere le loro misure.  
Sono stato una decina di giorni fa in Russia nel pieno della crisi di Piazza Maidan e ho visto Putin per tre giorni di seguito in televisione per annunciare nuove misure di riarmo dunque, a partire dagli otto sommergibili atomici strategici pronti per il 2020. Si sta dunque preparando una serie di misure che puntano a preparare il “passaggio di campo”. L’Occidente che dovuto arretrare in Siria e in Iran, ma riapre l’offensiva in Europa. Ma chi è che attacca? Sempre l'Occidente. La propaganda ripete il mantra della “minaccia russa”. Ma, guarda caso,  non si  ricorda mai che la Russia non è impegnata su nessun fronte ormai da 20 anni ed è presente all'estero solo nella base militare siriana. Tutto questo mentre l'Occidente - soprattutto gli Stati Uniti - è impegnato in guerre in tutto il mondo. Come si può continuare a dire che è la Russia che minaccia, quando è esattamente l'opposto? La crisi dell'Ucraina va ripensata proprio nel quadro complessivo dell'offensiva dell'Occidente. 
 
- Come giudica le visite frequenti di dirigenti europei in Ucraina a sostegno delle manifestazioni e, inoltre, cosa pensa del fatto che il senatore americano McCain da una piazza di Kiev abbia incitato apertamente alla ribellione?
 
Per descrivere la gravità di ciò ch’è avvenuto basti pensare, come ipotesi scolastica, ad un semplice esempio. Immaginiamo che la Lega Nord in Italia raggiungesse il 40% dei voti e fosse il principale partito dell'opposizione. Potremmo noi accettare tranquillamente, senza protestare, che Francia, gran Bretagna, Stati Uniti, Bangladesh e altri inviassero a Milano decine di alti rappresentanti politici, diplomatici per incitare il Nord alla secessione? Ovvio che considereremmo un tale atteggiamento una patente provocazione e una violazione di ogni norma di correttezza internazionale. Evidente ingerenza dall’esterno negli affari interni del nostro paese. Eppure l’Europa ha fatto esattamente questo con l’Ucraina. E il senatore americano McCain


 
- Come uscirà l'Europa dalla crisi ucraina?


 
Ad un forum russo-europeo a cui ho partecipato recentemente a Bruxelles, una ricercatrice dell'Istituto degli affari internazionali di Mosca ha fatto un intervento illuminante per comprendere le implicazioni possibili della crisi ucraina. All'inizio pensavo fosse quasi una battuta, ma diceva cose molto serie quando ha invitato pubblicamente il presidente Putin ad assecondare le richieste di Polonia e dei paesi baltici, ripudiando finalmente il trattato Ribbentropp-Molotov, che precedette la seconda guerra mondiale. Le frontiere dell'Ucraina tornerebbero alla fase precedente, la Galizia tornerebbe in Polonia entrando in Europa, come chiede, legittimamente di poter fare. Tuttavia si creerebbe  un problemino tra due paesi europei:  infatti anche un terzo della Lituania, compresa la capitale Vilnius, tornerebbe in Polonia. Ci rendiamo conto della posta in gioco nel voler forzare la mano in questa questione? Da questa crisi l'Europa subirà inevitabilmente una grave sconfitta ed un peggioramento dei rapporti con la Russia. E' inevitabile se si continua a pagirare su questi tasti.  E la colpa sarà di politici come il presidente della Lituania e di Angela Merkel che hanno voluto forzare la rivolta.  


 
- Riuscirà, secondo Lei, il presidente Yanukovich nel brevissimo periodo a destreggiarsi tra i due fuochi del progetto di Unione doganale di Putin e quello dell'Unione Europea, evitando un peggioramento della crisi?


 
Non lo so. Credo che la situazione sia ancora estremamente tesa e pericolosa. Yanukovich punterà a vincere le prossime elezioni attraverso il sostegno dei russofoni. Se dall'Europa si deciderà di soffiare sul fuoco, la crisi è ad un livello tale che può preludere all'inizio di un conflitto interno all’Ucraina. Mi auguro di no, chiaramente, ma è il quadro che si delinea attraverso una forzatura prolungata della situazione.
Il presidente ucraino se ne torna a Kiev da Mosca con un pacchetto di risultati considerevoli. Però, non bisogna dimenticare che – come ha reso noto Putin -  durante i colloqui non è stata affrontata la questione dell’ingresso dell’Ucraina nell'Unione doganale con Russia, Bielorussia e Kazakistan. Il negoziato è servito solo a fronteggiare l'emergenza e dare respiro al paese. Non è escluso che Putin abbia offerto a Yanukovich la possibilità di prendere tempo, senza forzare una decisione immediata. Si tratterebbe di una posizione ragionevole, che permetterebbe al presidente ucraino di presentarsi alle elezioni con una posizione neutrale tra i due blocchi. Una posizione accettabile sia per gli ucraini di lingua russa sia per gli altri che si sentono più vicini all'Europa.
Sono stato più volte in Ucraina lo scorso anno ed ho sostenuto, in una serie di incontri ed interviste, come il paese dovrebbe prendere due provvedimenti immediati: in primo luogo, Kiev dovrebbe dichiarare che non entrerà in ogni caso nella Nato. Sarebbe  un gesto molto forte. In secondo luogo, dovrebbe affermare che intende mantenere buoni rapporti con la Russia e con l'Europa. In seguito, dovrebbe stipulare accordi favorevoli con entrambe le due realtà doganali. Ne trarrebbe solo vantaggi, economici e politici. Perché non pensare ad un'Ucraina che per il suo passato, la sua storia, cultura e posizione, resti un paese neutrale, con un rapporto di buon vicinato con entrambi i grandi vicini? Sarebbe il tipo di politica estera che una Unione Europea ragionevole dovrebbe perseguire ed una soluzione che a Putin non dispiacerebbe.


 
- Qual è la peggiore ipotesi di escalation del conflitto possibile?


 
Lo scrive oggi (mercoledì, ndr) anche il New York Times: se l'Ucraina dovesse entrare nel blocco occidentale, Mosca prenderà misure di ritorsione sia militari che economiche. Ho letto una parte  delle oltre 900 pagine del documento che si sarebbe dovuto firmare a Vilnius. Prevedevano scelte molto drastiche, con  le imprese ucraine costrette a rompere qualsiasi legame con quelle russe. Tutte le esportazioni alimentari ucraine verso la Russia avrebbero avuto  seri ostacoli, in quanto l’Ucraina avrebbe dovuto cambiare il regime di tassazione, di controlli sanitari, di parametri tecnici di verifica delle merci: tutte modifiche costose a carico di ucraini e russi. Il cambio di campo dell’Ucraina modificherebbe completamente i rapporti economici e commerciali con la Russia, che sono oggi assolutamente prevalenti. Proviamo a metterci nei panni della Russia. Qualunque paese, in una tale situazione, sarebbe perfino costretto a prendere contromisure. 


 
- La scelta occidentale di forzare la situazione in Ucraina può essere letta come il tentativo degli Stati Uniti di mandare un messaggio chiaro alla Russia su altri fronti, soprattutto per quel che riguarda il Medio Oriente?


 
 Le strategie delle grandi potenze non sono mai monodimensionali. Ci sono tanti fronti che sono aperti simultaneamente e si influenzano vicendevolmente. Magari c'è stata una certa autonomia europea in Ucraina, ma una parte della sua azione dipende da obiettivi strategici e geopolitici che gli Stati Uniti stanno perseguendo: non c'è il minimo dubbio a proposito. La teoria di Brzezinski sull'accerchiamento progressivo della Russia non è mai stata abbandonata: gli europei sono soggetti che seguono ed eseguono queste direttive. La crisi dell'Ucraina è un grande gioco sporco. Non c'era alcun bisogno in questo momento di accelerare sulla questione dell’accesso all’Unione Europea, ed esiste il rischio che anche in Georgia (che invece ha firmato) le tensioni si possano a breve accentuare.


 
- L'amicizia personale di Silvio Berlusconi con Putin è stata una assoluta peculiarità nei rapporti del presidente russo con un leader europeo. Si può dire a distanza di qualche anno che i progetti energetici dell'ex premier italiano possano aver dato fastidio a qualcuno?


 
Non è certo un grande statista, ma Berlusconi aveva capito che tutta la politica americana verso la Russia non era in linea con il perseguimento dei suoi obiettivi. La sua politica estera è così entrata in collisione con Washington. Come la Germania era riuscita a bypassare Polonia e le repubbliche baltiche, facendo arrivare il gas russo in modo diretto attraverso il  North Stream, il progetto di Berlusconi con il South Stream era quello di collegare il sud dell'Europa al gas russo aggirando l'Ucraina. “Un giorno l'Europa mi sarà grata perché l'energia arriverà attraverso le vie che ho aiutato ad aprire”, aveva dichiarato Berlusconi, che si candidava a divenire un partner privilegiato di lungo periodo con la Russia. Questo ha dato fastidio. Se si vuole una contrapposizione tra Russia ed Europa, si deve trovare il modo di impedire che i russi vendano il gas all'Europa. In tal modo non solo si allenta la cooperazione tra Europa e Russia, ma si costringe l’Europa a comprare l’energia che arriverà dagli Stati Uniti, nel frattempo divenuti nuovamente esportatori di gas. Gas molto più economico di quello russo, ma proveniente dagli scisti bituminosi, che sono devastanti per il riscaldamento climatico e per gli equilibri ecologici. Più energia ai danni dell’ecosistema. E un’Europa sempre più incatenata al carro americano. Poveretti gli ucraini.