136406837_cb591049d0_oOrmai la parola “crisi” è sulla bocca di tutti, dai politici ed economisti ai giornalisti, ed ognuno esprime la propria opinione riguardo un’ipotetica soluzione a questo grave problema che sta affliggendo, chi più e chi meno,
tutti i paesi capitalisti. Ma pochissimi si accorgono (o non vogliono accorgersene) che si tratta di una crisi di sistema che sta dimostrando inconfutabilmente i suoi enormi difetti e carenze. Un sistema che sta decadendo, dove gli imperialisti si aggrappano a qualsiasi metodo, primo tra tutti la famigerata “guerra di pace”, che possa mantenere la situazione economica stabile per un certo lasso di tempo, ma che non fa altro che ritardare l’effetto crisi.
Pensare a un sistema economico completamente diverso, quale il sistema economico pianificato socialista, sembra essere un tabù. Eppure si è dimostrato, contrariamente alla propaganda occidentale di stampo filo-americana, che il socialismo ha trasformato delle società arretratissime in nazioni culturalmente, tecnologicamente ed economicamente avanzate. I due esempi più lampanti sono indubbiamente l’Unione Sovietica nel passato ed oggi la Cina Popolare. Il primo, dopo la caduta dello zarismo, applicò un sistema economico pianificato e centralizzato, dove tutte le aziende erano dello Stato e la proprietà privata dei mezzi di produzione era abolita. L’economia ruotava tutta intorno ai piani quinquennali.
Un piano quinquennale individua determinati obiettivi da raggiungere in un periodo di cinque anni nei vari settori dell’economia. Gli obiettivi consistono in una definita quantità fisica di beni che dovranno essere prodotti. Questi obbiettivi assicuravano la crescita del paese e se venivano adempiuti (e spesso furono superati) lo sviluppo e la prosperità della nazione erano assicurati. Il successo realizzato dalla rivoluzione nel periodo 1928-31 ha gettato le basi della straordinaria espansione industriale degli anni Trenta che ha salvato il paese durante la Seconda Guerra Mondiale. Alla fine del 1932 il prodotto industriale lordo era più che raddoppiato in rapporto al 1928. Nel corso degli anni 1934-36, l’indice ufficiale registrò un aumento dell’88% per la produzione industriale lorda. Ovviamente pure le condizioni di vita migliorarono moltissimo durante questo periodo. Dal 1940 fino a tutto il 1951 il reddito nazionale dell’Unione Sovietica aumentò dell’83%.
Contrariamente a quanto avviene nei paesi capitalistici, dove oltre la metà del reddito nazionale viene intascata dalle classi sfruttatrici, in Unione Sovietica l’intero reddito nazionale era patrimonio dei lavoratori. Circa tre quarti del reddito nazionale erano impiegati per soddisfare i bisogni personali, sia materiali che culturali dei lavoratori dell’U.R.S.S. Grazie a questo sistema economico, controllato e centralizzato, l’URSS raggiunse in poco tempo e superò la produzione del suo nemico, gli Stati Uniti,diventando anch’essa superpotenza. Grazie a questa forte economia si riuscì per la prima volta ad assicurare la casa, il lavoro, l’istruzione e la sicurezza sociale a tutta la popolazione. La disoccupazione, infatti, era inesistente.
La Cina Popolare è diventata anche una superpotenza economica. Il sistema economico cinese è diverso però da quello sovietico, perchè si dovette adattare alle necessità particolari all’interno del paese. Infatti, quando Deng Xiaoping salì al potere nel 1978, la Cina si trovava in una condizione economica disastrosa dove la povertà era molto diffusa, situazione simile a quella della Russia subito dopo la rivoluzione d’Ottobre. Così dovettero addottare una sorta di NEP cinese, che prende nome dalle riforme economiche che furono introdotte da Lenin nel 1921 le quali ripristinarono la proprietà privata in alcuni settori dell’economia, in particolare in agricoltura. La struttura economica della Cina si basa sul socialismo di mercato che è un sistema di economia mista, diversificata dal punto di vista della proprietà in cui il settore pubblico, ovvero le aziende di stato e quelle collettive, ha una posizione dominante. Il settore statale dell’economia (formato in generale da aziende di grandissime dimensioni) controlla i principali segmenti e campi chiave. La proprietà privata rappresenta circa un terzo dell’intera economia.
In Cina quindi vi sono tre linee. La prima, la più grande, è la linea rossa, ovvero delle imprese statali socialiste. La seconda è la linea nera, quella capitalista, e la terza è la linea bianca di piccoli contadini. Quindi l’economia cinese è prevalentemente pianificata e le aziende più potenti sono quelle statali. Basti pensare che tra le 500 maggiori imprese cinesi, 349 sono dello Stato e proprio per questa economia prevalentemente statale ci sono i piani quinquennali. Inoltre, il processo di privatizzazione è stato differente da quello avvenuto in Occidente poiché in Cina molte aziende private sono di proprietà collettiva o cooperativa. Un terzo del PIL proviene dalle aziende statali, il 40% dalle aziende collettivizzate, ed il 30% circa da aziende di proprietà straniera o privata.
Questo tipo di economia raggiunse risultati sorprendenti, infatti l’obbiettivo previsto da Deng per la quadruplicazione del PIL cinese dal 1980 al 2000 è stato raggiunto e tra il 2000 ed il 2008 la Cina ha già più che raddoppiato (in soli otto anni) il suo PIL e reddito pro-capite, ponendosi l’obiettivo di ottenere un nuovo raddoppio entro il 2020 quadruplicando ulteriormente la ricchezze globale e procapite nel giro di soli 20 anni, molto prima dei cinquanta previsti da Deng Xiaoping.
La superpotenza demografica cinese sta ormai diventando anche una superpotenza economica e tecnologica, seppur con una produttività procapite ancora inferiore a quella statunitense. Si è potuto quindi dimostrare i successi dal punto di vista puramente economico dei paesi socialisti. Ma trattandosi di paesi socialisti, bisogna anche tener conto del ruolo e della tutela della classe lavoratrice. Infatti, in Unione Sovietica, vi erano le Assemblee Operaie, dove i lavoratori discutevano con il capo della fabbrica (il quale riceveva un normale salario) dei problemi e dei successi dell’azienda, rendendosi così attivi nella produzione. Inoltre,il capo aziendale veniva eletto dagli stessi operai ogni anno. I lavoratori hanno un ruolo importante e centrale per l’azienda, a differenza dei paesi capitalisti, dove devono solo sottostare agli ordini dell’imprenditore. In un’azienda socialista, quindi, si stimola l’entusiasmo degli operai e la voglia di fare. Ed è proprio per questo che iniziarono ad affermarsi gli Stakhanovisti.
Così riassume Iosif Stalin il sistema economico socialista che si stava formando in Unione Sovietica: “Le nostre fabbriche lavorano senza capitalisti. Queste vengono mandate avanti dalla classe operaia. Questo è quello che in pratica chiamiamo socialismo. I nostri campi sono lavorati da contadini senza padroni né kulak. Il popolo ne è alla guida. Questo è quello che chiamiamo socialismo quotidiano”. Lo stesso avviene nella Cina Popolare, dove le assemblee operaie e i comitati rivoluzionari locali ancora esistono e sono di vitale importanza per la società.
Abbiamo visto quindi gli elementi chiave dell’economia pianificata socialista con le sue dovute variazioni da paese a paese e i suoi grandiosi successi, che non possono essere negati e demonizzati, specialmente in questo periodo dove il sistema economico capitalista sta decadendo.
Eugenio Fontanini
Fonte: Stato e Potenza