martedì 6 gennaio 2015

"Non è possibile non scorgere un disegno pianificato di pulizia etnica". Il reportage di Vauro nel Donbass

  Non è possibile non scorgere un disegno pianificato di pulizia etnica. Il reportage di Vauro nel Donbass

"Hanno la svastica sulla uniforme. Come è possibile che l’Europa li sostenga?”. La domanda a cui Renzi non può (vuole) rispondere


Il Fatto Quotidiano ha pubblicato un bel reportage di Vauro Senesi dalla autoproclamata Repubblica popolare di Lughansk, un luogo dove la popolazione locale viene quotidianamente sterminata da battaglioni di estrema destra al servizio dello stato fantoccio di Kiev. Il tutto nel silenzio più assoluto dei media italiani. Un silenzio finalizzato a coprire una politica estera - quella di Renzi e Mogherini per intenderci - ingiustificabile e che sta compromettendo - per seguire gli Stati Uniti in questa folle corsa verso il baratro contro la Russia - importanti interessi strategici nazionali.

Quest'articolo di Vauro Senesi sul Fatto Quotidiano è un'importante eccezione:

Le vite bruciate nella neve di Lughansk
 
AI BORDI DELLA STRADA chiazze di neve gelata, sporche, si contendono spazio con i crateri anneriti delle esplosioni. “Pervomaisk“, Primo Maggio, è scritto sul cartello,anche quello crivellato di schegge d’obice, all’ingresso di questa città a pochi chilometri da Lughansk, la capitale della autoproclamata Repubblica Popolare del Lughansk, nella regione russofona del Donbass. Ci fermiamo in uno spiazzo circondato da palazzi di edilizia popolare, sette o otto piani, squadrati, di stile sovietico. La loro geometria monotona è interrotta, stravolta da squarci nelle mura che paiono eruttare colate di macerie fossilizzate. Uno degli squarci è talmente grande da attraversare la struttura lasciando intravedere dall’altra parte delle pareti annerite dal fuoco uno spicchio di cielo grigio. “Lì viveva una madre con i suoi tre bambini…”. Si sono avvicinate quattro donne di mezz’età imbacuccate per il freddo. “…non è rimasto nulla di lei e dei suoi figli. L’esplosione li ha disintegrati tutti” ci dice, indicando la voragine, una di loro, Irina. Racconta senza che dalla sua espressione trapeli alcuna emozione. Dolore, commozione, paura, forse tutte le emozioni di Irina sono bruciate, ridotte in macerie come la città in cui continua a vivere.

Prima della guerra contava 25.000 abitanti, adesso ne sono restati meno di 8000, la maggior parte ha cercato rifugio in Russia. Non c’è più elettricità, né acqua corrente. Centrale elettrica, acquedotto, tutto distrutto dai bombardamenti. “Ma perché non ve ne andate, non fuggite?” . Irina scuote la testa rassegnata ed ostinata. “Questa è la nostra terra”. “Ma come fate a sopravvivere così?”. “I cosacchi ci portano il cibo quando ne hanno. Quando non ne hanno a sufficienza se ne privano per noi”. Tutta quest’area è difesa dalla Guardia Nazionale Cosacca della Grande Armata del Don. “Solo loro pensano a noi. L’Europa arma l’esercito ucraino che ci bombarda. Perché? Anche noi eravamo ucraini”.
 
LO SCOPPIETTITO ansimante di un motore interrompe lo sfogo di Irina. Un vecchio e scassatissimo camioncino entra nel cortile facendo lo slalom tra carcasse di auto bruciate, mucchi di immondizia e cumuli di macerie. Come attratti da un richiamo altri gruppi di donne escono dalle palazzine semi distrutte con in mano sporte di bottiglie e tanichette di plastica. Il camioncino si ferma. Sullo sportello , dipinti a mano, una stella rossa e il simbolo della pace. Il conducente è ancor più vecchio del mezzo. Magro, il viso incorniciato da una folta barba bianca, sul capo una consunta bustina dell’armata rossa della seconda guerra mondiale. Saluta le donne con un sorriso e le aiuta a riempire bottiglie e taniche di acqua potabile dalla cisterna di plastica montata sul cassone del camion. La prima linea del fronte si trova poco al di là di queste palazzine. Una donna che spinge un passeggino con un bambino piccolo attraversa la strada spezzata ad una cinquantina di metri da una trincea protetta da tronchi d’albero, sacchetti di sabbia e da una garitta di travi di legno dalla quale spunta la canna di una mitragliatrice pesante. E’ questo l’avamposto più avanzato della difesa di Pervomaisk presidiato dall’armata cosacca. Riparato dietro le mura di una casa distrutta c’è un gazebo di plastica. Sotto, in un barile arrugginito, brucia un po’ di legna. E’ il turno di Roman di scaldarsi. Stende le mani intirizzite dal freddo sul braciere di fortuna godendosi un po’ di tepore e di silenzio. “Tre giorni che c’è silenzio…” ci dice abbozzando un sorriso tra la barba rada e biondiccia che gli copre le guance… “Dopo trentadue giorni nei quali siamo stati incessantemente sotto il fuoco dell’artiglieria.” Roman ha 28 anni. Ne dimostra meno, nonostante le occhiaie di stanchezza impresse sul volto,la mimetica che indossa e il Kalashnikov a tracolla. Non sa per quanto ancora ci sarà silenzio e non sa quanto ancora durerà questa guerra. “Vogliamo la pace ma sul nostro pezzo di terra. Riunirsi all’Ucraina non è più possibile. L’esercito di Kiev ha sparato sul proprio popolo. Non ci resta che resistere fino in fondo”. Ed è proprio della Resistenza che parla Roman. “Contro i nazisti di là…”. Indica con il braccio la linea del fronte. “… Di là c’è anche il battaglione Azov della Guardia Nazionale Ucraina. Hanno la svastica sulla uniforme. Come è possibile che l’Europa li sostenga?”.
 
AZOV, AIDAR, DONBASS-DNEPR, DNEPR UNO, DNEPR DUE, sono i battaglioni composti da volontari di estrema destra integrati nelle forze regolari ucraine e finanziati, al pari del gruppo neo fascista Pravij Sektor, dall’oligarca Igor Kolomoisky, Il ricchissimo e potente governatore della regione di Dnepropetrovsk che oltre a quello ucraino ha anche passaporto cipriota ed israeliano. Sorride di nuovo Roman mentre ci saluta alzando il pugno . “No pasaran!”. Il saluto dei repubblicani della guerra di Spagna qui tra i cosacchi ha trovato nuova vita e purtroppo riacquistato senso ed è divenuto comune. “No pasaran!” ripete Roman come volesse rassicurare anche noi. “LIUDJ” scritta a grandi caratteri con la vernice bianca, questa parola che in russo significa “Persone”, si ripete a tratti dipinta su abitazioni e scuole. Un segnale che lì ci sono civili, non combattenti. Un tentativo di protezione dal fuoco dei bombardamenti. La vediamo anche sul muro di una casa bruciata mentre lasciamo Pervomaisk per continuare questo nostro viaggio nella distruzione verso Novosvietlavka, sulla via che conduce al vecchio areoporto. “LIUDJ”, persone. E’ proprio contro le persone che questa guerra pare accanirsi. Siamo partiti da Lughansk, abbiamo attraversato Stakanov, Pervomaisk e ovunque abbiamo visto scuole, ospedali, fabbriche, centrali elettriche ed idriche distrutte. Sistematicamente vengono colpite tutte le strutture vitali per la popolazione delle città e dei villaggi. Non è possibile non scorgere un disegno pianificato di pulizia etnica. La volontà di costringere le “Persone” che qui vivono e sopravvivono ad abbandonare quest’area e rifugiarsi in Russia , come molti sono già stati costretti a fare, facendo intorno a loro terra bruciata.
 
TERRA BRUCIATA è il villaggio di Novosvietlavka. Bruciate quasi tutte le semplici isbe che lo compongono. Distrutto l’acquedotto, la casa della cultura, la chiesa, la scuola. Sulle macerie di quest’ultima, vicino alla carcassa di uno scuola-bus giallo crivellato di colpi, è rimasto in piedi un grande cartello con ritratti ragazzi e ragazze felici sotto la scritta “Quelli della scuola sono gli anni più belli” che suona drammaticamente ironica in questo sfacelo. Anche l’ospedale è ridotto ad un cumulo di macerie. Il viceprimario Vladimir Nikolaj Svarjevsky cerca di darsi un contegno. Pare vergognarsi, nemmeno fosse lui il responsabile di questa devastazione. Ma poi cede e gli occhi gli si riempiono di lacrime, la bocca di parole di un racconto dell’orrore che sembra non volersi interrompere più. “Qui sono arrivati i miliziani del battaglione Aidar…”. Saccheggi, fucilazioni, fosse comuni, cadaveri profanati per sfregio… Pochi sono gli abitanti rimasti a Novosvietlavka. C’è un vecchio. “Mi sono rifugiato in cantina. Quattro giorni nascosto al buio, senza cibo ne’ acqua”. Un gruppo di ragazzini che aspetta, vicino alla carcassa di un carrarmato bruciato, un bus che li porterà ad una scuola a dieci chilometri da qui. “La nostra era più bella, più grande…” dice uno di loro. E branchi di cani. “Sono molto pericolosi, attenti…”. Il vecchio ci mette in guardia. “…La fame. Lo shock delle esplosioni li hanno riportati allo stato selvatico. Sono diventati come belve. Aggrediscono gli uomini”. Belve.
 

La tragedia di due sprovvedute: si erano fidate della “narrazione” dei media

 La tragedia di due sprovvedute: si erano fidate della "narrazione" dei media

di Luciano Lago
La vicenda delle due ragazze italiane, Vanessa Marzullo e Greta Ramelli, sequestrate da un gruppo jihadista in Siria e ricomparse in un video trasmesso dai terroristi, dimostra quanto può capitare a chi, ingenuamente ed in modo sprovveduto, crede alla narrazione falsata dei media nostrani, si entusiasma e parte ad arruolarsi come crocerossina per prestare aiuto ai “ribelli democratici” (così descritti dalla RAI e dagli altri media italiani) ed alla popolazione siriana presa in ostaggio dall’Esercito di quello che i media filo atlantisti definivano “il cattivo tiranno” Bashar al-Assad…
Le due ragazze che si facevano fotografare con la bandiera dei ribelli in piazza, sorridenti ed allegre, una volta arrivate sul posto e calate nella realtà del conflitto in corso, dopo qualche giorno le due, idiotizzate dalla propaganda, hanno dovuto toccare con mano quale fosse la realtà della situazione e proprio quei “ribelli democratici” che loro sostenevano, guarda caso, le hanno catturate e sequestrate, probabilmente sottoposte chissà a quale violenze, ed adesso le trattano come preziose prede di un certo valore al fine di ottenere un facile riscatto dall’imbelle governo italiano. Governo, sia detto per inciso, complice di quei gruppi terroristi che combattono in Siria da tre anni e mezzo e che sono stati armati ed appoggiati dagli USA e dalla NATO, per rovesciare il governo legittimo di Assad, colpevole di essere non conforme agli interessi USA.

Le due giovani , nella loro superficiale ed ottusa idea di quel conflitto, convinte dai servizi visti in TV e da “Repubblica” (loro abituale lettura), hanno creduto di schierarsi dalla parte dei “buoni”, di quelli che tutte le fonti occidentali ed italiane qualificavano come i “combattenti della libertà”, magari convinte di trovarsi al cospetto dei famosi “ribelli moderati”, così qualificati da Obama, il premio Nobel per la pace, che da anni investe centinaia di milioni di dollari per armare addestrare e sostenere un esercito di mercenari stranieri, fanatici jihadisti, spietati e senza scrupoli ma utili per le finalità di destabilizzazione del paese arabo, che si propone la strategia degli Stati Uniti.
Questo dimostra quanto sia illusorio e deviante fidarsi delle descrizioni falsate e propagandistiche che i media atlantisti forniscono delle situazioni internazionali dove si confrontano la lotta per la sovranità dei popoli contro gli interessi geopolitici dei dominatori di Washington, artefici della strategia del caos ovunque pongano il loro obiettivo.
I primi sono sempre denigrati e descritti come assolutisti, tirannici ed estremisti mentre gli altri, i veri mercenari al servizio degli interessi dell’imperialismo, vengono dipinti come “liberatori”. Lo avranno imparato adesso a loro spese le due ragazze italiane giovani e di poco cervello, quanto siano affidabili questi “liberatori” le quali ragazze, nel loro generoso slancio di entusiasmo, tipico dei venti anni, hanno avuto fiducia nella RAI e nella” Repubblica” di Ezio Mauro e Scalfari di cui hanno letto i reportage sulla Siria prima di imbarcarsi nell’impresa, sicure di essere “ben accolte” dai “combattenti della liberta”.
Rapite
Di che pasta siano i “liberatori” lo aveva imparato da tempo anche la popolazione siriana che oggi, per ripulsa di questi trucidi jihadisti e delle loro efferatezze, già da un pezzo si è stretta attorno al loro Esercito Nazionale di leva ed al loro Presidente, nel respingere con successo le forze dei terroristi taglia gole armati dall’Occidente.
Adesso naturalmente il conto rischiano di pagarlo i contribuenti italiani, vista la solerzia della Farnesina nel pagare riscatti milionari ai terroristi, come già avvenuto altre volte (vedi il caso dell due Simone), considerando l’alleanza di fatto che lega il nostro governo con la NATO che è la stessa organizzazione che finanzia ed addestra i mercenari infiltrati in Siria, per contro degli USA e dei loro alleati sauditi, del Qatar e turchi, come comprovato da innumerevoli fonti.
Ai nostri servizi basterà consultare i propri alleati e magari andare in uno dei campi di addestramento allestiti in Giordania dalla CIA e dal Mossad, come risulta da decine di inchieste e documentazioni internazionali. Un segreto ormai di Pulcinella quello di scoprire chi muove ed ha mosso da anni le fila dell’esercito terrorista in Siria ed in Medio Oriente.

Magari dalla Farnesina potranno fare una telefonata al senatore USA McCain, visto che questi è apparso nelle foto in riunione con il califfo dell’ISIS, per sapere a chi debbano rivolgersi con precisione, oppure potrebbero chiamare il francese, Henry Bernard Levy, il sionista, tanto amico e frequentatore del gruppo di Al Nusra, che sarebbe proprio quello che detiene prigioniere le due italiane.
Ci potrebbe essere però, a nostro avviso, una terza soluzione: quella di presentare il conto ai proprietari dei giornali e delle TV che hanno manipolato costantemente le notizie ed hanno trasmesso le false informazioni sul conflitto in Siria inducendo le giovani ragazze a credere a tutte le menzogne lette e sentite ed ad arruolarsi e partire. Che paghino loro il conto, gli spetta come minimo, hanno tirato il sasso con le loro campagne di menzogne ed adesso evitino di nascondere  la mano.


Fonte: Controinformazione

Un deputato della Duma: "Armi al Donbass"

Un deputato della Duma chiede al Cremlino di rispondere "con misure adeguate" alla decisione Usa di fornire armi a Kiev: unità militari schierate nell'Est


Dopo la decisione del Senato americano di armare il regime di Kiev,  anche la Russia dovrebbe adottare "misure adeguate" come quella del dispiegamento della propria forza militare prima che la minaccia diventi troppo elevata . Questo almeno è quanto ha sostenuto nella Duma Mikhail Yemelyanov , deputato di "Russia giusta" che invita il governo a rispondere all'aggressione statunitense.

"La decisione del Senato degli Stati Uniti è estremamente pericolosa - ha detto Yemelyanov- se darà supportata dalla Camera dei rappresentanti e firmato dal presidente, la Russia dovrà rispondere con misure adeguate. E 'molto probabile che si debba tornare alla decisione dalla nostra Camera Alta per dare al presidente russo la possibilità di usare la forza militare in territorio ucraino anche in maniera preventiva. Non dovremmo aspettare fino a quando l'Ucraina sarà riarmata e diventerà veramente pericolosa ", ha affermato il parlamentare.

Yemelyanov anche osservato che a suo parere la decisione del Senato degli Stati Uniti di armare l'Ucraina rivela che Washington non è per nulla interessata ad una de-escalation del conflitto ucraino ed anzi le azioni degli Stati Uniti danno l'impressione che stanno cercando di trasformare l'Ucraina in una sorta di un "terreno di scontro internazionale che mira a colpire la Federazione russa".

"In pochi anni l'Ucraina sarà trasformata in un Paese povero e affamato con un governo anti-russo, che insegnerà la sua popolazione a odiare la Russia. Saranno armati fino ai denti e l'Ucraina e gli Stati Uniti mostreranno sempre maggiore riluttanza a riconoscere la Federazione russa nei suoi confini attuali e sarebbero sempre pronti a provocare conflitti ", ha aggiunto.

Il Senato degli Stati Uniti ha approvato giovedì scorso il cosiddetto "Support Act Ucraina Freedom" che consente la fornitura di aiuti "letali e non letali " al governo di Kiev e l'imposizione di sanzioni supplementari contro la Russia. Il disegno di legge è stata approvato con voto unanime, come conferma soddisfatto uno dei suoi sponsor principali , il senatore repubblicano Bob Corker, però la mozione deve ancora essere approvata dalla Camera dei Rappresentanti. Il disegno di legge ha trovato l'opposizione del presidente americano Barack Obama, il quale ha espresso la convinzione che la mossa sarebbe controproducente e creerebbe divisioni con gli alleati europei di Washington.

Il 1 ° marzo di quest'anno, la Camera Alta del Parlamento russo - il Consiglio della Federazione - aveva approvato una risoluzione che permetteva al presidente di usare la forza militare sul territorio dell'Ucraina La risoluzione lo consentiva "fino alla normalizzazione della situazione sociale e politica in quel Paese." ed era stata adottata in conformità con la prima parte dell'articolo 102 della Costituzione della Federazione Russa.

Tuttavia, il 25 giugno, il Consiglio della Federazione ha poi votato per abrogare la legge su richiesta dello stesso Vladimir Putin; i presidente russo aveva premuto per questa soluzione allo scopo di scaricare le tensioni in vista dei colloqui tripartiti su una soluzione pacifica in Oriente e nel Sud-Est dell'Ucraina.

Valentina Matviyenko , esponente del Consiglio della Federazione dopo il voto di giugno aveva avvertito che la Russia avrebbe continuato a monitorare la situazione in Ucraina, aggiungendo però che lei personalmente non credeva che la Camera Alta avrebbe ancora adottato una legislazione per consentire un' azione militare in Ucraina.

Fonte: Globalist

Discorso di Capodanno del Presidente Vladimir Putin

 Discorso di Capodanno del Presidente Vladimir Putin

Il discorso di Capodanno ddel Presidente della Russia, Vladimir Putin “I successi e la felicità di ogni persona compongono il fiorire della nostra Russia. L’amore per la patria è uno dei sentimenti piu’ potenti ed esaltanti”. 
Ringraziamo l’associazione Lombardia-Russia e Irina Osipova per la traduzione. Vi invitiamo a confrontarlo con quello del nostro presidente Napolitano, che invece ha fatto della perdita di sovranità dell’Italia la sua bandiera.
Fonte: Imolaoggi

Attivisti per i diritti umani assegnano a Snowden premio per il coraggio

Attivisti per i diritti umani assegnano a Snowden premio per il coraggio

La Lega internazionale per i diritti umani, con sede a Berlino, ha premiato l'ex ufficiale dell'intelligence statunitense Edward Snowden con la Medaglia Carl von Ossietzky (antifascista tedesco).

Snowden era presente alla cerimonia via video. Gli attivisti per i diritti umani hanno detto che il premio viene assegnato ad una persona che "per il bene delle rivelazioni che hanno causato il più grande scandalo di spionaggio di tutti i tempi, ha messo in gioco la libertà personale." Hanno ritirato il premio l'autore del documentario su Snowden «Citizenfour» Laura Poitras e l'ex collaboratore del The Guardian Glenn Greenwald, che ha pubblicato il materiale messo a disposizione dell’ex ufficiale dei servizi segreti degli Stati Uniti.
 

Al via l'Unione Euroasiatica: la risposta di Putin all'Unione Europea

 
Al via l'Unione Euroasiatica: la risposta di Putin all'Unione Europea

Dal primo gennaio è nata l'unione doganale tra Russia, Bielorussia, Kazakistan e Armenia


di Simone Nastasi
 
Il 1 Gennaio 2015 non è stato soltanto il primo giorno del nuovo anno ma anche il primo giorno di vita dell'Unione Euroasiatica (UEA), l' organizzazione internazionale che rappresenta l'unione politica tra Stati dell'Europa e dell'Asia, nata in seguito agli accordi del 2011 firmati dai presidenti di Russia, Bielorussia e Kazakistan. Attuali membri dell'UEA sono appunto la Russia, la Bielorussia e  il Kazhakistan ai quali si è aggiunta nel 2014 anche l'Armenia.

Le statistiche ufficiali rivelano che l'Unione Eurosiatica sarà una potenza demografica di 170 milioni di abitanti con un Pil aggregato complessivo che supera i 2700 miliardi di dollari ( con un potenziale di altri 900 miliardi stimati dalla Banca per la Ricostruzione e lo Sviluppo) e che controlla attualmente il 20% delle riserve di gas e il 15% di quelle petrolifere.
 
Se ad oggi, l'Unione Euroasiatica può apparire come una riproposizione dell'Unione Sovietica in versione 2.0, quindi con una forte predominanza russa e l'auspicato ingresso da parte di Mosca all'interno dell'organizzazione, di tutti quei Paesi che un tempo rappresentavano la “galassia di Mosca”, domani potrebbero esserci le basi per un ulteriore allargamento sia verso Paesi asiatici come l'India e la Cina, con i quali Mosca negli ultimi mesi ha stretto una serie di importanti accordi  di natura economica, ma anche a Paesi più “occidentali” come Israele. A differenza dell'URSS quindi, nell'UEA non sembrano esserci limiti di portata ideologica.
 
Nonostante Putin abbia detto che l'UEA non voglia rappresentare ufficialmente un'alternativa all'Unione Europea, sono molti i punti in comune nel processo di formazione delle due organizzazioni. A partire dal fattore storico, in base al quale anche l'Unione Euroasiatica, come l'Unione Europea, è stata la naturale evoluzione di accordi precedenti: gli accordi di Dusambe del 2007 con i quali i presidenti di Russia, Bielorussia e Kazakistan sancirono la nascita dell'Unione doganale eurasiatica, seguirono alla costituzione della precedente Comunità Economica Eurosiatica sorta nel 2000 e alla quale presero parte oltre alla Russia, la Bielorussia e il Kazakistan anche il Kirghizistan e il Tagikistan. Ma anche dal punto di vista istituzionale non mancano le analogie con gli organismi dell'Unione Europea: è questo il caso della Commissione economica eurasiatica, che trova la sua ispirazione nel funzionamento della Commissione Europea ma anche di tutti quegli altri  organi istituzionali di cui si è dotata la Comunità Economica Eurosiatica come il consiglio interstatale, l'assemblea interparlamentare, la banca eurasiatica per lo sviluppo e la corte comunitaria.
 
Ed inoltre, sono in molti coloro che guardano alla nascita dell'UEA, non soltanto come un mercato comune tra gli ex Paesi dell'Unione Sovietica ma soprattutto come un organo di rappresentanza politica alternativo, in grado di interloquire alla pari sia con gli Stati Uniti che con l'Unione Europea. Un altro importante polo di aggregazione, dopo Stati Uniti e Unione Europea  che sancisca definitivamente l'esistenza di quello che gli esperti delle relazioni internazionali, considerano già un “mondo multipolare” in cui non esiste più un'unica grande superpotenza in grado di controllare da sola l'ordine mondiale.
 
La nascita dell'Unione Eurosiatica, arriva nel momento forse più delicato dall'avvento di Putin al Cremlino. Prima le sanzioni economiche imposte dall'Unione Europea, sotto la pressione degli Stati Uniti, poi il crollo del prezzo del petrolio, sceso alla fine di dicembre a quota 54 dollari al barile dopo la decisione dell'Opec di non diminuire la produzione giornaliera (fissata a 30 milioni di barili), hanno avuto infatti come effetto primario quello di indebolire fortemente l'economia di Mosca, per una cifra complessiva che si aggira intorno ai 130 miliardi di dollari. Proprio nel 2015 secondo le previsioni della Banca Centrale Russa, il Pil di Mosca dovrebbe registrare una flessione del 4,5%. Sia le esportazioni petrolifere, che pesano per il 15% del totale, sia la spesa pubblica dipendono infatti molto dal prezzo del greggio e per questo, c'è anche chi arrivi a presagire il rischio di un possibile default sul debito come accadde nel 1998.

Tuttavia, rispetto a 17 anni fa, la situazione di Mosca verso l'estero è notevolmente migliorata, come evidenziato dall'economista Dmitry Dolgin di Alpha Bank intervistato da L'Espresso, per cui il livello di indebitamento estero della Russia è passato da un 50% del 1998 all'attuale 3%. Una simile esposizione, ridotta al minimo, scongiurerebbe il rischio di una pressione dei mercati con contemporaneo aumento del tasso di interesse sui titoli di Stato. E' per questo che il rischio maggiore per l'economina di Mosca secondo Chiris Weafer di Macro Advisory, sarebbe rappresentato allora dalla situazione interna, nella quale un tasso di interesse maggiore avrebbe come effetto l'innalzamento del costo del denaro che andrebbe a tradursi in un probabile calo dei consumi privati.
 
Dal Cremlino continuano a mostrarsi fiduciosi rispetto ad un miglioramento della situazione economica russa, già a partire dalla seconda metà del 2015. Infatti, come riportato dal sito The Bricspost se il presidente Putin confida in una stabilizzazione del prezzo del greggio che dovrebbe avvenire intorno alla metà del 2015, il ministro dello Sviluppo Economico Alexey Ulyukayev ha più volte ribadito che il crollo del prezzo del petrolio non avrà un impatto così rovinoso sul budget di spesa del governo russo. La ragione secondo il ministro andrebbe cercata nella sostanziale stabilità del prezzo del greggio ridenominato in rubli che nonostante il forte deprezzamento della valuta russa, sarebbe rimasto inalterato a quota 3600 rubli al barile. “Per la nostra capacità di spesa pubblica – ha detto il ministro – l'importante nel prezzo del greggio è la sua ridenominazione in rubli piuttosto che il suo valore in dollari”.
 

Друзья, поздравляю вас с наступающим Новым Годом! Мира, здоровья и благополучия вам в новом 2015 году! Ваш президент! Владимир Владимирович Путин