lunedì 27 ottobre 2014

Austerity o furto?

di Ruslan Abdurraham
Chigi, Consiglio cei MinistriCon lo scoppio della crisi finanziaria nel settembre 2008, che ha portato un po’ alla volta alla crisi economica che sta massacrando il mondo, soprattutto i paesi occidentali, ci sono state imposte tante cose, raccontandoci dei grandi sacrifici, delle lacrime e del sangue che avremmo dovuto versare al fine di salvare non si sa cosa. Per quanto riguarda l’Italia dall’Agosto 2011, i mercati finanziari internazionali, l’UE e compagnia bella hanno iniziato ad abbaiare e ad imporre ricette economiche degne dei peggiori scalzacani che invece di migliorare un’economia la peggiorano e stanno distruggendo l’Italia e non solo. Concentriamoci ed analizziamo il caso italiano, ragionando proprio con gli strumenti propri del sistema capitalista.
Vorrei fare un breve inquadramento politico, ad Agosto 2011, i famosi 45 miliardi di euro che l’Italia doveva tirar fuori in pochi anni; pena non si sa cosa, se non “l’ira funesta” dell’UE e dei mercati finanziari internazionali. L’allora governo formato da PDL/Lega, viene messo sotto pressione internazionale, sventolando il cartellino rosso dello spread e rapporto debito/PIL, che superava la soglia del tollerabile per questi poteri “esterni”. Nel giro di qualche mese, dopo continui attacchi speculativi, Berlusconi viene fatto dimettere, con l’ignoranza comune che imperversava nelle strade italiane in quanto non capivano che il post-B sarebbe stato peggio. Il Post-B infatti si chiamò M. Napolitano, dall’alto del suo costituzionalismo e della sua estenuante difesa della costituzione e dei valori costituzionali, formò un governo “tecnico”, per modo di dire, in quanto i mandanti erano coloro che aspettavano di battere cassa. Governo politico a tutti gli effetti, tecnico a parole, così che ogni partito (da La Destra di Storace a SeL di Vendola) approvava con applausi la presenza di Monti e intanto lasciava il lavoro sporco ai “tecnici” mentre i politici, prima sostenendo, poi criticando ed infine distaccandosi (tutto cavalcando il malcontento popolare per un governo non-eletto e non democratico) potevano godere della situazione. Si astennero da ciò la Lega che fu fatta fuori l’anno successivo, per i rimborsi con soldi pubblici alle trote e la Fds (Prc+Pdci) che valgono meno di una pezza al culo, grazie alle scellerate politiche fatte nei due decenni precedenti e basate sulla decrescita, sull’ecologia, sui diritti individuali (o umani), sulla liberalizzazione della droga e sull’antifascismo imperante anche in assenza di fascismo, usato semplicemente per caccia alle streghe.
Ahimè, molti italiani ci sono cascati in questo giochetto. Prima vedevano i tecnici che salvavano l’Italia. Poi vedevano i politici distaccarsi dai tecnici, alla fine gli italiani che prima applaudivano a Monti lo hanno scaricato e si sono illusi di poter cambiar qualcosa con elezioni, ignorando totalmente come il governo Monti avesse avuto la fiducia necessaria per la sua nascita grazie agli stessi partiti che oggi lo denigravano. Le elezione ben di peggio hanno portato, così Napolitano, fa il secondo governo tecnico, il Monti 2 che si chiama Letta. Questo governo era un mix di tutto per far felici un po’ tutti, passando dai tecnici sobri ai tecnici radical chic. Il risultato è stato uguale se non per l’aggiunta di tocco radical chic portata dai grilli, dalle scimmie e dalle maestrine mancate che giocano a fare le presidentesse.
Concentriamoci ora sulle misure economiche attuate in Italia negli ultimi due anni e mezzo. Il primo che mi viene in mente è l’aumento di due punti percentuali dell’IVA, aumento delle accise sui carburanti, aumento delle addizionali e delle trattenute nei vari stipendi, aumento di due anni l’età pensionabile da 65 a 67 anni per il requisito di anzianità, mentre per chi matura i 40 anni di servizio, avrà gli ulteriori due anni, in cui non maturerà nessun contributo ma continuerà a lavorare cercando di posticipare l’emissione della pensione. Ipotetiche assicurazioni private per sanità e previdenza sociale. Riforme della scuola fallimentari, basate su tagli e non su vere riforme del sistema scolastico ed universitario italiano che sono indrè cum l’ultima gamba dal muss, rispetto al resto del mondo. Non parliamo dei vari scandali bancari coperti con soldi pubblici, delle varie privatizzazioni fallimentari in campo e del non capire dove tutti i soldi che vengono spremuti dalla gente vadano. Considerando che ci sono sempre più suicidi, famiglie ridotte in miseria, disoccupazione giovanile e non, alle stelle. Fallimenti e chiusure di attività commerciali spesso piccole medie imprese, mentre le grandi vengono salvate con soldi pubblici senza un reale motivo. I giovani non vedono futuro in italia e sono costretti ad emigrare all’estero, facendo sì che l’italia sia meta di immigrati che arrivano con carovane e con barconi da paesi del terzo mondo, mentre i giovani italiani scappano all’estero. Questo è sinonimo di uno stato fallito.
Facendo un ragionamento prettamente economico, il capitalismo che viene spesso presentato come libero mercato non è affatto tutto ciò. La definizione classica di libero mercato è l’incontro tra domanda e offerta che viene a determinare prezzo e quantità richiesta di un determinato bene o di beni omogenei. Il capitalismo invece è storicamente provato, che tende a sviluppare oligopoli e monopoli, ove grandi aziende producono tanti beni e che nel tempo ne hanno incorporate tante altre; portando a situazione di inefficienza economica e soprattutto portando a situazione di cattiva distribuzione del reddito. Il sistema capitalista crea si ricchezza ma non si occupa di come tale ricchezza è distribuita, quindi il PIL può benissimo essere in mano a uno o a poche persone, mentre il resto ha briciole. Il socialismo deve quindi correggere la distribuzione di ricchezza ma non deve sottrarsi ai criteri di efficienza capitalista e al suo modo di produzione e l’obbiettivo finale deve rimanere la crescita, ove tutti chi più chi meno cresce, ma la crescita e l’espansione del PIL devono rimanere l’obbiettivo finale, che deve portare benessere alla collettività e non solo a pochi.
Analizziamo ora le politiche attuate, politiche monetarie decise della banca centrare europea, autonoma dallo stato attuale, comunque restrittive per mantenere l’euro “forte” e per evitare l’inflazione. Politiche fiscali restrittive che portano il reddito aggregato a diminuire. Da un lato i taglia alla spesa pubblica (la componente G) dall’altro l’aumento delle tasse (componente T) che danneggia i consumi e le imprese. A lungo andare ciò ha ridotto la propensione marginale al consumo, portando le famiglie a risparmiare ogni euro che possono sapendo che il futuro è incerto. In una situazione attuale ove i prezzi crescono non per l’inflazione che è praticamente nulla, ma per l’aumento delle tasse; mentre i salari diminuiscono (sempre per l’aumento delle trattenute). Ciò porta anche al fallimento di imprese piccole e medie, distruggendo il tessuto industriale italiano mentre le grandi imprese cercano in un modo o nell’altro di scampare anche portando la loro sede all’estero.
Per rialzare l’economia italiana serve abolire nell’immediato riportare il cuneo fiscale al pre-Agosto 2011, e pensare ad una successiva ulteriore diminuzione sia per le tasse che vanno a colpire le imprese ove oltre un venti per cento del fatturato non può essere richiesto, e dall’altra parte far scendere gradualmente di un punto percentuale all’anno l’Iva portandola dal 20 al 15%. Questo serve a far respirare le aziende e a far aumentare i consumi. La spesa pubblica va ristrutturata, bloccando finanziamenti pubblici a partiti, testate giornalistiche e canali televisivi, mantenere pubblici solo un canale tv e un’agenzia stampa statale. Per il resto si può chiudere o privatizzare. Nazionalizzare invece i settori strategici dell’economia, e occuparsi seriamente del problema energetico e della dipendenza energetica italiana, riprendendo i commerci con Siria e Iran (dopo aver perso la Libia, per cosa non si sa). Serve una voce forte, che dica chiaramente che l’Italia non è una latrina dove ci si possono fare e soddisfare i propri bisogni, ne è il giardino di qualcun altro. Ridiscussione in sede “europea” del limite del 3 per cento di deficit nel rapporto debito Pil, facendo notare come con un PIL negativo la situazione non potrà che peggiorare. Una voce forte serve anche per uscire dalla NATO, organizzazione ormai obsoleta, che coinvolge l’Italia in missioni militari nelle quali l’Italia non ha nessun interesse diretto. Una riforma delle spese militari, e un ritiro dei militari italiani da tutte le missioni all’estero sarebbe sicuramente un buon inizio (lungi dal sostenere pacifismi tipici dei figli dei fiori). Occorre inoltre bloccare ogni trasferimento di denaro pubblico al vaticano, nonché l’esproprio di tutti i beni, non a fini di culto che sono presenti in italia.
Non vi è nessuna forza politica che abbia a cuore veramente la ripresa e la crescita, altrimenti le politiche economiche attuali non sarebbe nemmeno minimamente pensate. Occorre quindi smettere di essere servi, o di vergognarsi di essere italiani (e lo dice uno che non è italiano). L’Italia non è inferiore agli altri stati europei, dall’altro lato bisogna ragionare in termine di sistemi e macroaree e non di paesi singoli, soprattutto che se piccoli e in difficoltà come l’Italia da soli non fanno nulla, ma l’Italia resta un pezzo importante  a cui un’ Unione Europea non può far a meno.

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