di Maria Ermelinda Marino
Fonte: Rivista Europae
Il 16 ottobre, dopo tensioni e polemiche, Belgrado ha celebrato il settantesimo anniversario della liberazione dall’occupazione nazista durante la Seconda Guerra mondiale, alla presenza di un ospite d’onore: Vladimir Putin.
La ricorrenza in realtà sarebbe caduta il 20 ottobre ma è stata
anticipata di quattro giorni per consentire al capo del Cremlino di
essere presente. È stata riesumata anche la vecchia tradizione della parata militare,
iniziata ai tempi della dissolta Federazione jugoslava e mai più
ripetuta dal 1985. Circa 20.000 persone si sono riunite per assistere.
La sfilata è iniziata con tre colpi di pistola e l’inno serbo. Parte del
pubblico ha urlato “Non abbiamo bisogno dell’Unione! Putin è serbo come
noi!”. Presenti diplomatici, funzionari statali e celebrità serbe.
L’omologo di Putin, Tomislav Nikolić, ha insignito lo “Zar” con il grado più alto dell’Ordine della Repubblica di Serbia.
“Caro fratello Vladimir, il popolo serbo è orgoglioso del fatto che tu
porti la più grande medaglia serba”, le parole pronunciate da Nikolić,
in lingua russa. Ringraziando, Putin ha detto di non meritarsi un
riconoscimento così importante, ma di accettarlo in nome dell’amicizia del popolo serbo nei confronti del popolo russo,
ribadendo a chiare lettere che, per la Russia, la Serbia tornerà ad
essere l’alleato più importante, proprio come lo era in passato.
Immancabile un riferimento all’annosa questione del Kosovo.
A colloquio con Nikolić, Putin ha promesso che la Russia manterrà una
posizione ferma sulla questione della “provincia serba” (come l’ha
definita) dicendo: “abbiamo sostenuto la Serbia in passato e abbiamo
intenzione di continuare a sostenerla anche in futuro. In Russia
l’amicizia non è oggetto di compromessi. Abbiamo lottato e lotteremo
affinché non venga riconosciuta l’indipendenza”.
Nel corso della sua visita Putin ha
avuto anche un colloquio con il premier Aleksandar Vučić, il quale, in
una conferenza congiunta, ha reso noto che è stato trovato un accordo
che potrebbe rendere possibile l’esportazione in Russia delle macchine prodotte nello stabilimento FIAT di Kragujevac.
L’export si inserirebbe nella cornice dell’accordo di libero scambio
Serbia – Russia e sarebbe un modo semplice per occupare una parte,
seppur limitata, del mercato russo e creare nuove opportunità per
l’economia serba.
Alla domanda riguardante la costruzione del gasdotto South Stream,
Putin ha detto che è un progetto che non può portare avanti solo,
affermando che “è come l’amore: può essere felice solo se entrambe le
parti vogliono svilupparlo. Non possiamo iniziare a costruire un
oleodotto di miliardi di dollari se i nostri partner stanno ancora
decidendo se sia necessario o meno. Sono però convinto che questo
progetto, se verrà realizzato, andrà a beneficio di tutti. Il problema dello stallo è politico”. I rappresentanti di Serbia e Russia hanno intanto firmato anche una serie di accordi riguardanti il settore energetico, militare, e dei trasporti.
Putin ha inoltre invitato Nikolić a Mosca, per il 9 maggio 2015, per
partecipare alle celebrazioni dei settant’anni dalla vittoria sulla
Germania nazista.
L’accoglienza riservata a Putin stride
abbastanza con il percorso scelto dalla Serbia, orientata ad integrarsi
sempre più nell’UE, non indifferente rispetto a queste dimostrazioni
“d’affetto” per lo “Zar”. Maja Kocijančič, portavoce
dell’Alto Rappresentante uscente, Catherine Ashton, ha richiamato
all’attenzione di Belgrado le intese stipulate con Bruxelles in
previsione di una futura integrazione europea. Ha parlato di impegni che
vincolano la Serbia a rispettare e ad allinearsi alle scelte politiche dell’UE,
impegno che serve a dimostrare di essere un Paese su cui si può fare
affidamento, nonostante il suo incontrovertibile e saldo legame con la
Russia. La Kocijančič ha infatti ribadito che, benché
una visita di Putin a Belgrado non costituisca un discriminante, la
Serbia dovrebbe essere cauta e dovrebbe rispettare le sanzioni avviate dall’UE nei confronti di Mosca in risposta alla politica di aggressione condotta contro l’Ucraina.
Nessun commento:
Posta un commento