giovedì 14 agosto 2014

Aleksandr Borodaj: “In nessun modo siamo disposti a stringere accordi di pace arrendendoci”

Tratto da: Stato e Potenza

Borodaj fuma una sigaretta dopo l’altra nell’ufficio del governatore, che ora si trova all’undicesimo piano del palazzo dell’amministrazione regionale. In maglietta nera e pantaloncini kaki, con una fondina alla cintura.
borodaj
Si intuisce che qui non lo disturbano in molti, sul tavolo c’è solo un posacenere e un computer spento. Niente che attiri l’attenzione in questo ufficio, salvo un ritratto di Putin. Durante la nostra discussione il leader della RPD si siede di rado: cammina per l’ufficio, si siede sul tavolo, infila e toglie la pistola dalla fondina. Sembra che faccia fatica a stare tranquillo. Intanto “Che Borodaj” (come lo chiamano, seri o faceti, i militari) parla in modo educato, anche se rumoroso. Con lui c’è il collega Sergej Kavtaradze, anche lui fuma senza sosta. Dalla strada si sentono esplosioni d’artiglieria: l’esercito Ucraino sta colpendo i punti strategici della RPD nei territori sotto il controllo di Kiev, qualche chilometro più in là. Si vedono dalla finestra pilastri di fumo levarsi dai luoghi colpiti. La segretaria Aleksandra porta nell’ufficio il caffé e il pane e burro con la salsiccia, e Borodaj chiede dell’acqua minerale.

 
“Il nostro punto di forza è la nostra ottima fanteria”
Si dice che l’esercito Ucraino sia sul punto di circondare Donetsk. L’artiglieria già è nelle periferie.
—Lei ha ricevuto delle informazioni false. Il cosiddetto esercito Ucraino, tutti questi banditi, mercenari, ogni tipo di feccia e sì, qualche militare, sta solo provando a circondarci. Difficilmente ci riusciranno. Sì, tecnicamente sono equipaggiati bene, li aiutano i loro alleati occidentali. Credo abbiano a disposizione tutti i veicoli militari dei paesi dell’ex Patto di Varsavia. Dalla Bulgaria e dalla Polonia, ad esempio. Pur tuttavia, non riusciranno a circondarci; è una situazione molto pesante per loro, le milizie della RPD glie le stanno dando. Il nostro punto di forza è la nostra ottima fanteria.
In questo momento non si vedono i vostri soldati in città…
— Non dimenticate che è il loro giorno libero
L’esercito?
— Si combatte al fronte, perché dovrebbero esserci attività militari qui in città?
Come all’aeroporto e alle stazioni ferroviarie, intendete?
— Esatto, infatti in città non si combatte, solo in periferia. Ci sono tentativi di penetrare nelle linee nemiche, ma falliscono. Proprio oggi c’è stato un tentativo di entrare in città, in un’intervista non rivelerò da quale parte – informazioni operative – però c’è stato un tentativo.
Non le dispiace se le chiedo della sua sicurezza personale? Lei ha una piccola guardia
— Ciò le da fastidio? Strano
No, non pensi che mi dia fastidio.
— Ah, grazie allora.
È solo curioso che in questo momento lei abbia una guardia personale così ridotta. Sarà al corrente poi di alcune voci di corridoio secondo le quali i servizi segreti Russi progettino di eliminare le cariche della RPD e della RPL.
— Le ricordo che sono cittadino Russo, e mi riesce difficile pensare che i servizi segreti Russi stiano conducendo qualche tipo di operazioni contro di me, come contro qualsiasi altro leader delle repubbliche di Donetsk o di Lugansk… queste sono stronzate. La mia guardia personale mi protegge dai miei nemici: la junta di Kiev e i loro tirapiedi. Non mi protegge dai servizi segreti Russi, perché non ne avrei bisogno.

 

Per quanto riguarda i confini dell’Impero
Lei è un cittadino Russo; mi interesserebbe sapere come fate a trovare un linguaggio comune con la gente del posto, i cittadini dell’Ucraina.
— Perché dovrei cercare un linguaggio comune?
Lei è un leader della RPD, cittadino Russo…
— E siamo tutti parte del popolo Russo! Che altro mi serve per trovare un linguaggio comune con loro? Anche se quelli che erano cittadini dell’Unione Sovietica sono poi, di colpo, diventati cittadini di paesi diversi; in cosa differisce un abitante di Donetsk da uno di Rostov? Glie lo dico io in cosa: in niente, vengono tutti dallo stesso paese. Qui si snoda la questione. Spesso vengo definito un separatista, ma io non lo sono, io sono opposto al separatismo in tutte le sue forme!
Chi, dunque, è un separatista?
— La junta di Kiev è composta da separatisti; poiché esiste un gigantesco mondo Russo, formatosi millenni fa. Questa è una civiltà comune, sia essa Russa, Bielorussa o Malorussa. Per secoli abbiamo avuto un unico stato.
— Ottimo, e quali sarebbero i confini di questo stato?
— Ben si conoscono: dove risuona la lingua Russa, dove è entrata la cultura Russa e dove scorre sangue Russo.
Ma allora ad esempio in Estonia…
— Mi lasci finire, se lei conduce l’intervista non è lei che deve parlare. Ecco, io voglio dirle altro. Ben si conoscono i confini del mondo Russo, e noi ora combattiamo contro la junta di Kiev, che è per noi separatista. Loro vogliono separare l’Ucraina dal nostro mondo Russo. L’Ucraina, che da sempre è parte di questo mondo, Kiev è la madre delle città Russe! Pensi al Trattadi di Perejaslavl’, un evento non casuale nella storia che ha unito la Russia Moscovita all’Ucraina. Ecco, in questo modo noi combattiamo contro i separatisti, partecipando a un naturale processo storico. Loro hanno preso parte nel mondo Russo e si sono separati da esso per costruire un bordello senza identità retto da una dozzina di oligarchi che niente hanno a che vedere con l’Ucraina. Noi combattiamo per l’idea globale di Russia. Il centro di questo mondo si trova a Mosca, che è la capitale per Donetsk, per Lugansk, per Rostov, per Pietroburgo e per tante altre città in cui si parla russo. Semplicemente.
In questo senso, per quali altri territori dell’Europa combatterebbe?
— Ecco, a me non piace essere separato dal popolo che si sta ribellando. Questo popolo si è ribellato alla junta di Kiev. Tanti altri volontari sono venuti dalla Russia ad aiutarci.
Non parlo del Donbass o della junta. Chiedevo se lei, come leader dei Russi insorti, avete qualche altro luogo che considerate parte del mondo Russo. Riguardo Narva, ad esempio, cos’ha da dirmi?
— Adesso sì potremmo parlare dei confini dell’Impero Russo nel 1913…
Ma secondo la sua opinione, fin dove arrivano i confini?
— Secondo me questo tema non è molto importante. Se parliamo di storia o filosofia della storia, ne dico che il Baltico non mi sembra proprio Russia, è un posto molto diverso… là di Russi in pratica non ce ne sono, sono molto pochi.
Ma Riga è una città assolutamente Russa, questo lo sanno tutti…
— Sono stato varie volte a Riga, ma adesso là c’è un’altra cultura, la gente è diversa. Chieda alla gente di Riga se vuole far parte della Russia.
Non credo lo vogliano.
— Neanche io lo credo. Gli abitanti del Donbass, invece, loro lo vogliono!
Quindi, alla fine, è la lingua a stabilire i confini?
— La lingua è importante. Io parlo una lingua che fa parte di una cultura. Se adesso qui in Donbass la cultura è Russa si intende che il popolo aspira a diventare parte dello stato Russo e non a vivere sotto il caos di Kiev. A loro non interessa degli oligarchi o di Porošenko, loro vogliono entrare a far parte dello stato Russo, perché non possiamo aiutarli in questo? Non sono i primi ad essere insorti, poi, il colpo di stato in Ucraina non ha portato al caos e all’anarchia? Ecco che loro contro questi banditi nazisti, è l’unico termine appropriato, sono insorti. Perché no? Questo è un normale diritto umano, il diritto di rivolta! E noi, altri Russi, li aiutiamo come possiamo. È successo sì che io sia diventato un leader, e altri Russi sono arrivati coi fucili per stare dietro alle barricate.
Quanti sono venuti in aiuto?Сколько таких пришло сюда на помощь?
— La maggior parte degli insorti sono abitanti del luogo. Non le posso, purtroppo, dare una cifra statisticamente precisa, ma mi creda, ci sono molti pochi stranieri. Poi, deve capire che siamo un esercito partigiano: molte delle nostre unità sono composte da gente che difende i loro piccoli villagi natii, ed è difficile contare quanti siano, ma la gente combatte. Ad Artemovsk ci sono battaglie in corso, e a Slavjansk, anche se non così estese, ogni tanto si sentono spari ed esplosioni, e ogni notte qualcuno dei nostri nemici viene spedito nell’oltretomba. Chi pensate che faccia tutto questo? I volontari Russi o i partigiani? Ovviamente i secondi.

 

“Igor’ Ivanovič Girkin non ha alcuna ambizione politica”
Aleksandr Jur’evič, lei come coordina questi gruppi armati? Ci sono le divisioni partigiane, ci sono Strelkov-Girkin e i loro uomini, c’è Bes, c’è Chodakovskij. Si ha l’impressione che essi siano ciascuno indipendente da tutti gli altri, e che addirittura qualche volta si diano guerra l’un l’altro. È noto che tempo fa ci fu uno scontro a fuoco tra le truppe di Chodakovskij e quelle di Bes vicino all’edificio della polizia.
— Stronzate, tutte stronzate! Tra tutti i comandanti c’è stato modo di stabilire la comprensione. Io sono appena tornato da un incontro in cui c’erano Zacharšenko, Girkin Strelkov e un rappresentante di Chodakovskij (adesso lui è in missione speciale, ma mi sono messo in comunicazione telefonica)
Ma chi è il comandante supremo?
— A tutt’oggi questo sistema sta venendo costruito, sebbene per ora pare che il comandante supremo sia Zacharšenko. Si da il caso che egli sia un abitante del luogo, e una persona importante politicamente e diplomaticamente. Poiché la RPD è una biforcazione nella mappa del mondo, i contatti con l’estero si faranno sempre più frequenti, e la mia posizione è sempre la stessa: il capo della politica di Donetsk deve essere una persona di Donetsk, questione chiusa. Egli ha dimostrato la sua abilità a condurre le persone, e l’ha dimostrata in battaglia. Igor’ Strelkov, invece è il mio più vecchio amico e compagno; è assurdo dire che ci sia qualche opposizione tra me e lui. Anche con Chodakovskij mantengo delle strette relazioni.
Come ha conosciuto Girkin?
— Abbiamo combattuto insieme in Transnistria, anche se su diverse parti del fronte, tant’è che non abbiamo combattuto insieme, ma ci siamo conosciuti a guerra finita, negli anni ’90, non ricordo esattamente come.
Lei non prese parte alle rievocazioni storiche?
— Io non ne ho mai fatto parte. Spesso scherzo con Igor’ su questo tema. Sono comunque scettico su di esse. A Mosca sono sempre stato una persona molto occupata, e tutti i suoi tentativi di invitarmi alle rievocazioni sono stati vani, eppure lui mi ha sempre invitato; sia a quelle della battaglia di Borodino che a molte altre.
Per lui questi erano dei giochi o dei seri allenamenti?
— Non ci scherzi su, per favore. Igor’ Ivanovič Strelkov è sempre stato un soldato ben addestrato, la sua preparazione è a livelli eccezionali. Questo per lui era un hobby, niente di più; c’è chi colleziona francobolli, chi bambole, Igor’ Ivanovič invece partecipa alle rievocazioni, è un divertimento. Spero per lui che possa continuare, se sopravvive a questa situazione.
Ma c’è la possibilità che non sopravviva?
— Non mi va di rispondere a questa domanda.
Lei non nasconde il pensiero che molti, a Mosca, probabilmente non hanno bisogno che voi torniate? Né lei né Girkin.
— Aspettate. Che governo è questo? La società liberal-progressiva?
Parlo della situazione…
— Che giornale è il vostro? Ecco, io vedo solo questo governo, al quale non è necessario che noi torniamo con Igor’ Ivanovič.
Il nostro giornale è dalla parte della pace, e desidererebbe che Igor’ Ivanovič non debba occuparsi di guerra, ma delle sue amate rievocazioni storiche e conferenze stampa. Lei scrive libri, avete scritto tempo fa che vi interessate di giardinaggio.
— E allora scriviamo! Il vostro capo redattore, Muratov, ben supporta questo governo, e a lui non piace affatto il mio, né gli piace l’idea che Igor’ Ivanovič ritorni a Mosca. Ben lo capisco, ma io non ho paura di Dmitrij Muratov e non ho paura dei personaggi come lui. Così come non ho paura del signor Kurginjan, visto che lui e Muratov sono della stessa sostanza.
In che senso?
— A scapito di qualche differenza nelle loro vedute, entrambi sono dalla parte del liberalismo e dell’Occidente, chiaro e conciso. In particolare il vostro capo redattore; non dico che lavori per l’SBU, ma lavora per i suoi padroni. Le sue dichiarazioni per cui io avrei chiamato qualche manager mediatico a Mosca il giorno dell’incidente e che noi avremmo abbattuto qualche aereo erano una frode e una provocazione. Di fatto, se vi concedo questa intervista è per darvi la possibilità di far leggere alle persone oneste quello che dico adesso. Voglio vedere cosa sarà stampato, ho questo scopo personale.
Io non credo che lei abbia voluto costruirsi questi nemici
— Nessuno di noi vuole la guerra, né io né Igor’. Per quanto riguarda il giardinaggio, non ne sono molto portato. Al signor Muratov e a Bykov (leggete il suo articolo “per cosa Aleksandr Borodak rappresenta un pericolo” per capire) dico che essi vengono da quel gruppo di persone che rappresenta la quinta colonna nella Federazione Russa e lavora in Occidente. Lavora nel nostro oppositore geopolitico, che non vuole lo sviluppo del nostro paese.…
Io non parlo di questa vostra quinta colonna, Aleksandr Jur’evič. Ebbene, sorprendentemente, è successo che lei e Igor’ Ivanovič siete diventati due eroi in Russia. Potenzialmente, delle serie figure politiche. C’è l’idea che le elites politiche attuali non possano farvi concorrenza.
— Le commenterò le congetture di questi politologi. Per quanto riguarda Igor’ Ivanovič, come si dice ora a Donetsk, egli non ha ambizioni politiche. Non gli interessa la politica in nessun aspetto. Lui è un normale, e abituale, patriota Russo; tutto quello che lui vuol fare dopo la guerra è stare seduto in riva al lago con la canna da pesca e non disturbare nessuno. Forse farà le rievocazioni storiche dell’antica Roma. Non farà nient’altro di serio se non gli sarà imposto di farlo. Per quanto riguarda me, io non intendo far parte di attività politiche, tranne, se possibile, le consultazioni, delle quali mi sono occupato tempo addietro; lo so io e lo sanno anche a Mosca. Come vede ho qui un ritratto di Putin. Un miglior politico per la Federazione Russa nell’immediato futuro non mi viene in mente.

 

“Questo è il mio iPhone di Mosca, è dentro a molti strati di carta stagnola”
Lei va spesso a Mosca. Là cosa le dicono? Si sente supportato
— A volte sì a volte no.
Vi aiutano economicamente?
— Economicamente ci aiuta il nostro grande popolo Russo, ma questi soldi per me significano poco. Io personalmente non sono bravo a lavorare coi soldi, per questo ho degli specialisti che mi aiutano. I nostri finanziamenti arrivano da diverse parti del mondo, grazie ai patrioti Russi. Un po’ di soldi arrivano dall’Australia, ad esempio. I soldi finiscono tutti nelle casse della RPD, ma ci sono anche gli aiuti umanitari, per i quali ringrazio i cittadini e le organizzazioni Russe.
Gli affaristi Russi vi aiutano?
— Certo, ma non conosco i loro nomi e cognomi.
Spesso si parla di Konstantin Malofeev, lui vi sponsorizza?
— Lui è un filantropo, ma con lui, come ho detto sempre, non ho mai parlato della RPD. Sono un conoscente personale di questo individuo, e lo posso definire mio amico. È una brava persona, ho lavorato con lui, ma voglio mettere fine a certe voci: non lavoro per lui e mai l’ho fatto. Io ho la mia azienda, che ha lavorato con venti clienti, tra cui anche Konstantin Malofeev, cui abbiamo fatto consulenze. Dunque? Ho lavorato con una dozzina di aziende, di cui non riporto i nomi, alcune sono compagnie famose occidentali. Dov’è la sorpresa?
E ora? Lei si occupa di consulenze.
— Non lo so. Ora le do una dimostrazione. Ecco, qui c’è il mio iPhone di Mosca; è dentro a molti strati di carta stagnola. Una misura di sicurezza.
Per che cosa?
— Confonde i satelliti GPS e non permette di localizzarmi
Ma lo accendete quando siete in Russia?
— Esatto. Quando sono nella Federazione Russa lo accendo; ma quando sono qui non mi arriva nessuna chiamata da Mosca. Ecco tutto. Ho anche un telefono che ho comprato qui, con un numero locale.
Non capisco, quest’altro telefono non lo si può chiamare da Mosca?
— Si può, ma nessuno lo fa. Le spiego perché: sono stato molto turbato dalle dichiarazioni del vostro capo redattore circa la mia telefonata con un certo manager mediatico. Io dell’incidente aereo ho saputo non 40 minuti dopo, come ha detto lui, ma molto più tardi, poiché ero ad una riunione del Consiglio Supremo, che è andato avanti per circa due ore dopo l’incidente, proprio in questo edificio. Appena l’ho saputo mi sono recato sul posto con la mia guardia personale, è stata una notte tremenda.

 

“Il popolo Russo non è obbligato a fare solo quello che dà un profitto”
Perché nel luogo dell’incidente non sono stati ammessi gli esperti dell’OIAC? (Organizzazione Internazionale dell’Aviazione Civile ndr) Secondo loro, sarebbero stati fermati dai militari della RPD; mentre la vostra gente dice che è stata garantita la loro sicurezza, ma nessuno è venuto.
— Ancora: stronzate! Noi questi esperti li abbiamo convocati. Il giorno stesso dell’incidente erano arrivati gli osservatori dell’OSCE, diretti dal signor Hug. Li abbiamo protetti al meglio delle nostre capacità. La notte dopo, quando loro sono tornati, li abbiamo incontrati. Io dico: “Signor Hug! Fate qualcosa, cazzo! Fate venire qui questi esperti appena potete!” e lui risponde “sì, a Kiev c’è già un gruppo di 80 esperti” – “e che cosa stanno facendo a Kiev? A questo punto possono anche stare a Parigi o a Londra; fateli venire da noi, daremo loro cibo, alloggio e protezione; che cazzo, ma fateli venire!” Noi siamo sempre stati molto interessati in questo, poiché Alexander Hug non si stancava mai di dire che l’OSCE e tutti 57 paesi che lo compongono avrebbero avuto da ridire se avessimo rimosso i corpi. Per due giorni non li abbiamo toccati. Abbiamo iniziato solo al terzo giorno, perché altrimenti non si poteva fare; c’erano cadaveri in giro per le strade che iniziavano a decomporsi. Cercate di capire questa situazione: è colpa della junta di Kiev se tanti innocenti sono morti, e noi dovevamo…
Perché lei dà la colpa in questo modo alla junta di Kiev?
— Lei saprà che non c’è bisogno di prove… vede, c’è una semplice questione…
Cosa intende con “lei saprà”, Aleksandr Jur’evič?
— Per favore, non mi interrompa.
D’accordo.
— Grazie. Parlo di fatti noti per due ragioni. Primo: il diritto Romano ancora è valido, mi sembra. Ora, cui prodest [l'abbattimento del Boeing]? Alla junta! Secondo: noi non abbiamo armamenti in grado di colpire aerei di linea che volano a 10 chilometri di quota. Non li avevamo in quel momento e non li abbiamo ora. I nostri sistemi di difesa aerea possono al massimo colpire aerei che volano a 3 chilometri, e sì che gli aerei militari Ucraini volano su di noi a 4-5 chilometri di quota, senza che noi riusciamo a fare niente, possiamo solo fuggire da loro.
Aleksandr Jur’evič, sul cui prodest ne potremmo parlare molto a lungo. Per quanto riguarda gli armamenti: voi siete aiutati dai Russi, che hanno i Buk…
— Mi scusi, ma lei può dire quello che vuole. Noi non abbiamo questi Buk. I nostri alleati Russi non ci hanno dato né i Buk né nient’altro; noi usiamo le nostre armi contro i nostri nemici.
Ma concorderà che la presenza della RPD giova alla Russia.
— No, mettiamo fine a questa idea una volta per tutte. Gioverebbe alla Russia la presenza della RPD? Io non ne sarei così sicuro come lei. Il popolo Russo supporta la RPD, questo è ben noto, ma dove sta il beneficio? Lei sa che a me non dà nessun profitto essere primo ministro della Repubblica, assolutamente nessuno, ma lo sono diventato per ragioni più grandi. Io stesso potrei parlare della Russia, dove vivono il popolo Russo e altri popoli amici. Loro ci danno appoggio, anche se questo è per loro un sacrificio per via delle sanzioni e di altre ragioni; eppure ci appoggiano per ragioni puramente morali. Il popolo Russo non è obbligato a fare solo quello che dà un profitto. La quinta colonna ha una volta scritto “Guardate, abitanti della Russia (per loro non ci sono Russi, solo abitanti della Russia), come vi è difficile supportare Donetsk e Lugansk.” È arrivata a tanto, sì.
Perché lei si interessa tanto a questa quinta colonna? Ha detto lei stesso che si tratta di una minoranza, come può dunque interferire coi vostri grandiosi progetti?
— Glie lo spiego io perché: queste persone, questo 14%, purtroppo, ha un grande potere nelle attività sociali. Inoltre hanno molta disponibilità di mezzi materiali, e hanno molta influenza. Fosse anche questa quinta colonna non abbia sede in Russia, può benissimo vivere altrove, all’estero dove ha conti, yachts, mogli…
Non sta parlando dei nostri ministri e deputati, vero?
— Invece sì, parlo di loro. La quinta colonna da noi è potente. Conti in banca in Svizzera, case a Londra o in Costa Azzurra; ecco la nostra quinta colonna. Sono le persone che ne fanno parte e lavorano usando i social network. Faccio notare che io non li utilizzo; lo dico perché, quando vado a Mosca, vedo con stupore di avere rappresentanza su Facebook e Twitter. Ufficialmente continuo a ripetere di non essere io, che si tratta di fake. Io sono contrario all’uso di social network, perché significa avere la possibilità di manipolare l’opinione pubblica.
Come mai un consulente mediatico professionale come lei non si interessa di questo?
— Ben conosco tutta questa tecnologia, ma non me ne occupo. Cosa ne so io come professionista? Io so solo che tutto questo mi disgusta. Potrei parlare della venalità di gran parte dei mass media.
Quindi lei è un giusto e onesto PR?
— Esatto, un onesto specialista.
Lei ha spesso parlato di quinta colonna, ma in concreto? Ha delle idee?
— Idee e progetti no.
Allora perché questi discorsi?
— Constato i fatti, ma io sono un cittadino perfettamente rispettoso delle leggi della Federazione Russa e non farò niente come quinta colonna, se non in qualche momento. Io vorrei tanto prendere a pugni la faccia del vostro capo redattore e quella di Sergej Kurginjan, per esempio. So che prendere a pugni le persone in faccia è illegale, ma lo desidero e non posso farci niente.

 

“L’Ucraina non esiste più”
Perché lei ha dato le dimissioni?
— Le mie dimissioni sono state prese con gran riluttanza dal Consiglio Supremo come dal governo, ma io tengo il governo ben stretto, e il Consiglio stava per condurre una piccola rivolta.
Non volevano cacciarla?
— Non volevano, e infatti io non sono andato da nessuna parte. Non ho nemmeno cambiato ufficio, e da Donetsk non sono mai fuggito, come scrivevano alcuni su internet.
A cosa è servita questa messinscena?
— Questa non è una messinscena, ahah! Questa è un’ottima domanda. Le spiego: la gerarchia della Repubblica ancora sta venendo costruita, il governo più o meno, e la mia presenza, spero, sarà sempre più richiesta a Mosca. Là bisogna rispondere alle rischieste di supporto dalla Repubblica, e spero che ci sia del movimento serio a Mosca che voglia mettere un freno a questa folle guerra civile tra Slavi. Perché questo accada, però, è necessario che io sia là. Qui ci sarà un leader permanente, e se me ne andrò non farò certo cadere la gente nel panico, come a dire: “Borodaj è scappato! Tutto è perduto!”
Voi progettate di instaurare una qualche tregua con Kiev?
— Finché tutti i discorsi con i gruppi di consulenza mantengono questo carattere così fumoso, ma in nessun modo siamo disposti a stringere accordi di pace arrendendoci. Tutto ciò mentre queste stupidaggini ci vengono dette da una persona che fa parte di questi gruppi di consulenza, tale Leonid Kučma. Ieri, come abbiamo saputo, ha celebrato il suo compleanno; oggi doveva essere in video-conferenza con noi. Si vede che ha ritardato i festeggiamenti e non ha potuto parlare con noi.
Vi ha offerto una resa?
— Sì. Ci ha offerto di arrenderci e l’Ucraina sarebbe rimasta uno stato unitario. Dopodiché abbiamo tutti iniziato a sghignazzare, inclusi i rappresentanti dello stato Ucraino.
Medvedčuk?
— Sì, e anche Šufrič e Zubarov, tutti hanno iniziato a ridacchiare.
Quindi gli incontri con questi gruppi di consulenza non sono più rilevanti?
— Perché no? Non molto tempo fa dei nostri rappresentanti si sono incontrati con uno di questi gruppi a Mins per parlare di scambio di prigionieri di guerra. Inoltre, siamo sempre pronti a discutere l’apertura di canali umanitari. Tuttavia, negoziazioni serie ancora non ci sono state, e la fazione Ucraina fa di tutto perché non vengano intraprese. Fanno di tutto per spazzarci via dalla faccia della terra. Né loro né gli esperti dell’OIAC sono venuti da noi. È un miracolo se gli esperti Malesiani ci sono arrivati vivi: sono partiti in auto da Char’kov e sono hanno oltrepassato i posti di blocco Ucraini, e contro di loro sono sta.ti sparati colpi di Grad e di aviazione.
In quali condizioni lei pensa si potrà negoziare la pace?
— Anche adesso potremmo iniziare le negoziazioni se le truppe e le bande della junta di Kiev fossero ritirate dai territori della RPD e della RPL Le negoziazioni implicano compromessi, e da parte di Kiev non vedo disponibilità, ma solo una grande follia.
Qual’è il vostro scopo? Dividere in due l’Ucraina?
— L’Ucraina non esiste più. Lo stato è crollato; non c’è più un governo e non c’è più il paese.
Eppure il paese ha eletto un presidente
— Come l’avrebbe eletto se non ci sono state elezioni in Crimea, a Donetsk o a Lugansk? L’Ucraina si è divisa in tre regioni, e questo significa che non c’è più il paese. Quel governo che siede ora a Kiev, poi, è il risultato di un colpo di stato.
Lo si potrebbe dire anche di voi: a Donetsk c’è stata una presa di potere, avete organizzato una junta e voi stessi avete dei predoni e banditi. Ciò che è successo tra di voi è solo una guerra incostruttiva.
— Sia costruttiva o no, io considero loro dei terroristi, e loro considerano me tale. Qui parliamo solo di individui, però. Nei fatti sta succedendo che alcuni Slavi stanno attaccando altri Slavi; e gli Slavi che sono dalla parte opposta alla mia stanno usando la strategia del terrore e del genocidio. Intanto i loro alleati occidentali insistono che Donetsk e Lugansk debbano essere parte dell’Ucraina.
Eppure voi stesso avevate parlato, tempo fa, di federalizzazione. Ne aveva parlato anche il vostro collega Pušilin…
— El Che Pušilin, eheh… Bisogna capire che i tempi sono cambiati. Sì, tempo fa sembrava che ci fosse la possibilità di stringere qualche accordo, ma quando ha iniziato la guerra il tempo della non-violenza è finito.

 

“Non voglio dare fastidio a Putin. Quando vorrà incontrarmi ne sarò molto felice”
Pensate che Putin vi darà supporto personale?
— Eh… Lo spero sinceramente; però a Vladimir Vladimirovič non ho parlato di persona.
Vi piacerebbe?
— Ho paura, però, che quell’uomo sia molto impegnato.
Lei non è impegnato meno seriamente.
— Questo non lo obbliga a incontrarmi immediatamente.
Per i casi come quello in cui si trova lei ora credo si possa chiudere un occhio sulla subordinazione
— Lo credo anch’io, ma onestamente non voglio disturbarlo.
Dite che è meglio non incontrarvi?
— No, non ho detto questo. Ho detto solo: non voglio dare fastidio a Putin. Quando vorrà incontrarmi ne sarò molto felice.

 

“I predoni e i disertori, grazie a Dio, sono pochi e sono stati fucilati”
Aleksandr Jur’evič, cosa mi dite dei rapimenti di civili e attivisti da parte di rappresentanti della RPD e della RPD?
— Quando e dove?
C’è stato un caso abbastanza famoso di rapimento di giornalisti della TV Ucraina a Lugansl. Altri ripetuti casi di rapimenti di volontari e attivisti a Slavjansk e a Donetsk Molti casi.
— L’Ucraina ci accusa di tante cose, e sì io non escludo la possibilità che qualcuno dei nostri militari, in preda all’ira, abbia fatto qualcosa di deprecabile, ma cosa vi aspettate da parte di un’armata partigiana? Noi ora stiamo addestrando uomini a combattere e insegnando loro le regole di guerra. Per questo abbiamo fondato il Ministero per la Sicurezza di Stato. Catturiamo e arrestiamo predoni, e puniamo tutti coloro che attaccano i civili, inclusi quelli che ci esprimono ostilità.
Cosa significano quelle fucilazioni autorizzate da Girkin a Slavjansk secondo gli ordini di Stalin del 1941?
— Noi abbiamo un tribunale marziale, che autorizza periodicamente le fucilazioni. Perché? Perché noi nella nostra Repubblica abbiamo delle leggi marziali, con tutte le loro conseguenze. I predoni e i disertori, grazie a Dio, sono pochi e li abbiamo fucilati. Vi chiedete perché noi ci basiamo sull’ordine di Stalin?
Cosa fate ai prigionieri politici?
— Abbiamo il Ministero per la Sicurezza di Stato, ma non mi viene in mente nessun arresto che abbia avuto ragioni politiche. Se lei ne conosce vorrei conoscerli anch’io.
Oh, la prego, tutti questi casi di attivisti. Poi, i suoi colleghi di Donetsk mi hanno detto che alcuni militari della RPD, tempo fa, sono entrati una redazione chiedendo di modificare i resoconti dei fatti.
— Conosco solo un caso in cui uno dei nostri comandanti non si è trovato bene in amicizia con le sue conoscenze nei mass media, litigando di politica. Le voci di corridoio hanno distorto i fatti, tutto qui. Sono state prese delle risoluzioni ai posti di comando. Ora è tutto finito, e tutto va bene.
Significa che da voi c’è libertà di parola?
— Ecco, lei, rappresentante dei media nemici, siede qui, conducete un intervista, nessuno vi ha causato fastidi, nessuno vi ha arrestato. Ditemi, abbiamo libertà di parola o no?
In questo ufficio ora sì.
— Siamo accreditati da tutti i giornalisti Ucraini, che lavorano per chiunque. Che altro volete?


 
Traduzione di Edoardo Pasolini


Fonte: NOVAYAGAZETA

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