Tratto da: Stato e Potenza
Borodaj fuma una sigaretta dopo l’altra
nell’ufficio del governatore, che ora si trova all’undicesimo piano del
palazzo dell’amministrazione regionale. In maglietta nera e pantaloncini
kaki, con una fondina alla cintura.
Si intuisce che qui non lo disturbano in molti, sul tavolo c’è solo un
posacenere e un computer spento. Niente che attiri l’attenzione in
questo ufficio, salvo un ritratto di Putin. Durante la nostra
discussione il leader della RPD si siede di rado: cammina per l’ufficio,
si siede sul tavolo, infila e toglie la pistola dalla fondina. Sembra
che faccia fatica a stare tranquillo. Intanto “Che Borodaj” (come lo
chiamano, seri o faceti, i militari) parla in modo educato, anche se
rumoroso. Con lui c’è il collega Sergej Kavtaradze, anche lui fuma senza
sosta. Dalla strada si sentono esplosioni d’artiglieria: l’esercito
Ucraino sta colpendo i punti strategici della RPD nei territori sotto il
controllo di Kiev, qualche chilometro più in là. Si vedono dalla
finestra pilastri di fumo levarsi dai luoghi colpiti. La segretaria
Aleksandra porta nell’ufficio il caffé e il pane e burro con la
salsiccia, e Borodaj chiede dell’acqua minerale.
“Il nostro punto di forza è la nostra ottima fanteria”
—Si dice che l’esercito Ucraino sia sul punto di circondare Donetsk. L’artiglieria già è nelle periferie.
—Lei ha ricevuto delle informazioni
false. Il cosiddetto esercito Ucraino, tutti questi banditi, mercenari,
ogni tipo di feccia e sì, qualche militare, sta solo provando a
circondarci. Difficilmente ci riusciranno. Sì, tecnicamente sono
equipaggiati bene, li aiutano i loro alleati occidentali. Credo abbiano a
disposizione tutti i veicoli militari dei paesi dell’ex Patto di
Varsavia. Dalla Bulgaria e dalla Polonia, ad esempio. Pur tuttavia, non
riusciranno a circondarci; è una situazione molto pesante per loro, le
milizie della RPD glie le stanno dando. Il nostro punto di forza è la
nostra ottima fanteria.
— In questo momento non si vedono i vostri soldati in città…
— Non dimenticate che è il loro giorno libero
— L’esercito?
— Si combatte al fronte, perché dovrebbero esserci attività militari qui in città?
— Come all’aeroporto e alle stazioni ferroviarie, intendete?
— Esatto, infatti in città non si
combatte, solo in periferia. Ci sono tentativi di penetrare nelle linee
nemiche, ma falliscono. Proprio oggi c’è stato un tentativo di entrare
in città, in un’intervista non rivelerò da quale parte – informazioni
operative – però c’è stato un tentativo.
— Non le dispiace se le chiedo della sua sicurezza personale? Lei ha una piccola guardia
— Ciò le da fastidio? Strano
— No, non pensi che mi dia fastidio.
— Ah, grazie allora.
— È solo curioso che in questo
momento lei abbia una guardia personale così ridotta. Sarà al corrente
poi di alcune voci di corridoio secondo le quali i servizi segreti Russi
progettino di eliminare le cariche della RPD e della RPL.
— Le ricordo che sono cittadino Russo, e
mi riesce difficile pensare che i servizi segreti Russi stiano
conducendo qualche tipo di operazioni contro di me, come contro
qualsiasi altro leader delle repubbliche di Donetsk o di Lugansk… queste
sono stronzate. La mia guardia personale mi protegge dai miei nemici:
la junta di Kiev e i loro tirapiedi. Non mi protegge dai servizi segreti
Russi, perché non ne avrei bisogno.
Per quanto riguarda i confini dell’Impero
— Lei è un cittadino Russo; mi
interesserebbe sapere come fate a trovare un linguaggio comune con la
gente del posto, i cittadini dell’Ucraina.
— Perché dovrei cercare un linguaggio comune?
— Lei è un leader della RPD, cittadino Russo…
— E siamo tutti parte del popolo Russo!
Che altro mi serve per trovare un linguaggio comune con loro? Anche se
quelli che erano cittadini dell’Unione Sovietica sono poi, di colpo,
diventati cittadini di paesi diversi; in cosa differisce un abitante di
Donetsk da uno di Rostov? Glie lo dico io in cosa: in niente, vengono
tutti dallo stesso paese. Qui si snoda la questione. Spesso vengo
definito un separatista, ma io non lo sono, io sono opposto al
separatismo in tutte le sue forme!
— Chi, dunque, è un separatista?
— La junta di Kiev è composta da
separatisti; poiché esiste un gigantesco mondo Russo, formatosi millenni
fa. Questa è una civiltà comune, sia essa Russa, Bielorussa o
Malorussa. Per secoli abbiamo avuto un unico stato.
— Ottimo, e quali sarebbero i confini di questo stato?
— Ben si conoscono: dove risuona la lingua Russa, dove è entrata la cultura Russa e dove scorre sangue Russo.
— Ma allora ad esempio in Estonia…
— Mi lasci finire, se lei conduce
l’intervista non è lei che deve parlare. Ecco, io voglio dirle altro.
Ben si conoscono i confini del mondo Russo, e noi ora combattiamo contro
la junta di Kiev, che è per noi separatista. Loro vogliono separare
l’Ucraina dal nostro mondo Russo. L’Ucraina, che da sempre è parte di
questo mondo, Kiev è la madre delle città Russe! Pensi al Trattadi di
Perejaslavl’, un evento non casuale nella storia che ha unito la Russia
Moscovita all’Ucraina. Ecco, in questo modo noi combattiamo contro i
separatisti, partecipando a un naturale processo storico. Loro hanno
preso parte nel mondo Russo e si sono separati da esso per costruire un
bordello senza identità retto da una dozzina di oligarchi che niente
hanno a che vedere con l’Ucraina. Noi combattiamo per l’idea globale di
Russia. Il centro di questo mondo si trova a Mosca, che è la capitale
per Donetsk, per Lugansk, per Rostov, per Pietroburgo e per tante altre
città in cui si parla russo. Semplicemente.
— In questo senso, per quali altri territori dell’Europa combatterebbe?
— Ecco, a me non piace essere separato
dal popolo che si sta ribellando. Questo popolo si è ribellato alla
junta di Kiev. Tanti altri volontari sono venuti dalla Russia ad
aiutarci.
— Non parlo del Donbass o della
junta. Chiedevo se lei, come leader dei Russi insorti, avete qualche
altro luogo che considerate parte del mondo Russo. Riguardo Narva, ad
esempio, cos’ha da dirmi?
— Adesso sì potremmo parlare dei confini dell’Impero Russo nel 1913…
— Ma secondo la sua opinione, fin dove arrivano i confini?
— Secondo me questo tema non è molto
importante. Se parliamo di storia o filosofia della storia, ne dico che
il Baltico non mi sembra proprio Russia, è un posto molto diverso… là di
Russi in pratica non ce ne sono, sono molto pochi.
— Ma Riga è una città assolutamente Russa, questo lo sanno tutti…
— Sono stato varie volte a Riga, ma
adesso là c’è un’altra cultura, la gente è diversa. Chieda alla gente di
Riga se vuole far parte della Russia.
— Non credo lo vogliano.
— Neanche io lo credo. Gli abitanti del Donbass, invece, loro lo vogliono!
— Quindi, alla fine, è la lingua a stabilire i confini?
— La lingua è importante. Io parlo una
lingua che fa parte di una cultura. Se adesso qui in Donbass la cultura è
Russa si intende che il popolo aspira a diventare parte dello stato
Russo e non a vivere sotto il caos di Kiev. A loro non interessa degli
oligarchi o di Porošenko, loro vogliono entrare a far parte dello stato
Russo, perché non possiamo aiutarli in questo? Non sono i primi ad
essere insorti, poi, il colpo di stato in Ucraina non ha portato al caos
e all’anarchia? Ecco che loro contro questi banditi nazisti, è l’unico
termine appropriato, sono insorti. Perché no? Questo è un normale
diritto umano, il diritto di rivolta! E noi, altri Russi, li aiutiamo
come possiamo. È successo sì che io sia diventato un leader, e altri
Russi sono arrivati coi fucili per stare dietro alle barricate.
— Quanti sono venuti in aiuto?Сколько таких пришло сюда на помощь?
— La maggior parte degli insorti sono
abitanti del luogo. Non le posso, purtroppo, dare una cifra
statisticamente precisa, ma mi creda, ci sono molti pochi stranieri.
Poi, deve capire che siamo un esercito partigiano: molte delle nostre
unità sono composte da gente che difende i loro piccoli villagi natii,
ed è difficile contare quanti siano, ma la gente combatte. Ad Artemovsk
ci sono battaglie in corso, e a Slavjansk, anche se non così estese,
ogni tanto si sentono spari ed esplosioni, e ogni notte qualcuno dei
nostri nemici viene spedito nell’oltretomba. Chi pensate che faccia
tutto questo? I volontari Russi o i partigiani? Ovviamente i secondi.
“Igor’ Ivanovič Girkin non ha alcuna ambizione politica”
— Aleksandr Jur’evič, lei come
coordina questi gruppi armati? Ci sono le divisioni partigiane, ci sono
Strelkov-Girkin e i loro uomini, c’è Bes, c’è Chodakovskij. Si ha
l’impressione che essi siano ciascuno indipendente da tutti gli altri, e
che addirittura qualche volta si diano guerra l’un l’altro. È noto che
tempo fa ci fu uno scontro a fuoco tra le truppe di Chodakovskij e
quelle di Bes vicino all’edificio della polizia.
— Stronzate, tutte stronzate! Tra tutti i
comandanti c’è stato modo di stabilire la comprensione. Io sono appena
tornato da un incontro in cui c’erano Zacharšenko, Girkin Strelkov e un
rappresentante di Chodakovskij (adesso lui è in missione speciale, ma mi
sono messo in comunicazione telefonica)
— Ma chi è il comandante supremo?
— A tutt’oggi questo sistema sta venendo
costruito, sebbene per ora pare che il comandante supremo sia
Zacharšenko. Si da il caso che egli sia un abitante del luogo, e una
persona importante politicamente e diplomaticamente. Poiché la RPD è una
biforcazione nella mappa del mondo, i contatti con l’estero si faranno
sempre più frequenti, e la mia posizione è sempre la stessa: il capo
della politica di Donetsk deve essere una persona di Donetsk, questione
chiusa. Egli ha dimostrato la sua abilità a condurre le persone, e l’ha
dimostrata in battaglia. Igor’ Strelkov, invece è il mio più vecchio
amico e compagno; è assurdo dire che ci sia qualche opposizione tra me e
lui. Anche con Chodakovskij mantengo delle strette relazioni.
— Come ha conosciuto Girkin?
— Abbiamo combattuto insieme in
Transnistria, anche se su diverse parti del fronte, tant’è che non
abbiamo combattuto insieme, ma ci siamo conosciuti a guerra finita,
negli anni ’90, non ricordo esattamente come.
— Lei non prese parte alle rievocazioni storiche?
— Io non ne ho mai fatto parte. Spesso
scherzo con Igor’ su questo tema. Sono comunque scettico su di esse. A
Mosca sono sempre stato una persona molto occupata, e tutti i suoi
tentativi di invitarmi alle rievocazioni sono stati vani, eppure lui mi
ha sempre invitato; sia a quelle della battaglia di Borodino che a molte
altre.
— Per lui questi erano dei giochi o dei seri allenamenti?
— Non ci scherzi su, per favore. Igor’
Ivanovič Strelkov è sempre stato un soldato ben addestrato, la sua
preparazione è a livelli eccezionali. Questo per lui era un hobby,
niente di più; c’è chi colleziona francobolli, chi bambole, Igor’
Ivanovič invece partecipa alle rievocazioni, è un divertimento. Spero
per lui che possa continuare, se sopravvive a questa situazione.
— Ma c’è la possibilità che non sopravviva?
— Non mi va di rispondere a questa domanda.
— Lei non nasconde il pensiero che molti, a Mosca, probabilmente non hanno bisogno che voi torniate? Né lei né Girkin.
— Aspettate. Che governo è questo? La società liberal-progressiva?
— Parlo della situazione…
— Che giornale è il vostro? Ecco, io vedo solo questo governo, al quale non è necessario che noi torniamo con Igor’ Ivanovič.
— Il nostro giornale è dalla
parte della pace, e desidererebbe che Igor’ Ivanovič non debba occuparsi
di guerra, ma delle sue amate rievocazioni storiche e conferenze
stampa. Lei scrive libri, avete scritto tempo fa che vi interessate di
giardinaggio.
— E allora scriviamo! Il vostro capo
redattore, Muratov, ben supporta questo governo, e a lui non piace
affatto il mio, né gli piace l’idea che Igor’ Ivanovič ritorni a Mosca.
Ben lo capisco, ma io non ho paura di Dmitrij Muratov e non ho paura dei
personaggi come lui. Così come non ho paura del signor Kurginjan, visto
che lui e Muratov sono della stessa sostanza.
— In che senso?
— A scapito di qualche differenza nelle
loro vedute, entrambi sono dalla parte del liberalismo e dell’Occidente,
chiaro e conciso. In particolare il vostro capo redattore; non dico che
lavori per l’SBU, ma lavora per i suoi padroni. Le sue dichiarazioni
per cui io avrei chiamato qualche manager mediatico a Mosca il giorno
dell’incidente e che noi avremmo abbattuto qualche aereo erano una frode
e una provocazione. Di fatto, se vi concedo questa intervista è per
darvi la possibilità di far leggere alle persone oneste quello che dico
adesso. Voglio vedere cosa sarà stampato, ho questo scopo personale.
— Io non credo che lei abbia voluto costruirsi questi nemici
— Nessuno di noi vuole la guerra, né io
né Igor’. Per quanto riguarda il giardinaggio, non ne sono molto
portato. Al signor Muratov e a Bykov (leggete il suo articolo “per cosa
Aleksandr Borodak rappresenta un pericolo” per capire) dico che essi
vengono da quel gruppo di persone che rappresenta la quinta colonna
nella Federazione Russa e lavora in Occidente. Lavora nel nostro
oppositore geopolitico, che non vuole lo sviluppo del nostro paese.…
— Io non parlo di questa vostra
quinta colonna, Aleksandr Jur’evič. Ebbene, sorprendentemente, è
successo che lei e Igor’ Ivanovič siete diventati due eroi in Russia.
Potenzialmente, delle serie figure politiche. C’è l’idea che le elites
politiche attuali non possano farvi concorrenza.
— Le commenterò le congetture di questi
politologi. Per quanto riguarda Igor’ Ivanovič, come si dice ora a
Donetsk, egli non ha ambizioni politiche. Non gli interessa la politica
in nessun aspetto. Lui è un normale, e abituale, patriota Russo; tutto
quello che lui vuol fare dopo la guerra è stare seduto in riva al lago
con la canna da pesca e non disturbare nessuno. Forse farà le
rievocazioni storiche dell’antica Roma. Non farà nient’altro di serio se
non gli sarà imposto di farlo. Per quanto riguarda me, io non intendo
far parte di attività politiche, tranne, se possibile, le consultazioni,
delle quali mi sono occupato tempo addietro; lo so io e lo sanno anche a
Mosca. Come vede ho qui un ritratto di Putin. Un miglior politico per
la Federazione Russa nell’immediato futuro non mi viene in mente.
“Questo è il mio iPhone di Mosca, è dentro a molti strati di carta stagnola”
— Lei va spesso a Mosca. Là cosa le dicono? Si sente supportato
— A volte sì a volte no.
— Vi aiutano economicamente?
— Economicamente ci aiuta il nostro
grande popolo Russo, ma questi soldi per me significano poco. Io
personalmente non sono bravo a lavorare coi soldi, per questo ho degli
specialisti che mi aiutano. I nostri finanziamenti arrivano da diverse
parti del mondo, grazie ai patrioti Russi. Un po’ di soldi arrivano
dall’Australia, ad esempio. I soldi finiscono tutti nelle casse della
RPD, ma ci sono anche gli aiuti umanitari, per i quali ringrazio i
cittadini e le organizzazioni Russe.
— Gli affaristi Russi vi aiutano?
— Certo, ma non conosco i loro nomi e cognomi.
— Spesso si parla di Konstantin Malofeev, lui vi sponsorizza?
— Lui è un filantropo, ma con lui, come
ho detto sempre, non ho mai parlato della RPD. Sono un conoscente
personale di questo individuo, e lo posso definire mio amico. È una
brava persona, ho lavorato con lui, ma voglio mettere fine a certe voci:
non lavoro per lui e mai l’ho fatto. Io ho la mia azienda, che ha
lavorato con venti clienti, tra cui anche Konstantin Malofeev, cui
abbiamo fatto consulenze. Dunque? Ho lavorato con una dozzina di
aziende, di cui non riporto i nomi, alcune sono compagnie famose
occidentali. Dov’è la sorpresa?
— E ora? Lei si occupa di consulenze.
— Non lo so. Ora le do una
dimostrazione. Ecco, qui c’è il mio iPhone di Mosca; è dentro a molti
strati di carta stagnola. Una misura di sicurezza.
— Per che cosa?
— Confonde i satelliti GPS e non permette di localizzarmi
— Ma lo accendete quando siete in Russia?
— Esatto. Quando sono nella Federazione
Russa lo accendo; ma quando sono qui non mi arriva nessuna chiamata da
Mosca. Ecco tutto. Ho anche un telefono che ho comprato qui, con un
numero locale.
— Non capisco, quest’altro telefono non lo si può chiamare da Mosca?
— Si può, ma nessuno lo fa. Le spiego
perché: sono stato molto turbato dalle dichiarazioni del vostro capo
redattore circa la mia telefonata con un certo manager mediatico. Io
dell’incidente aereo ho saputo non 40 minuti dopo, come ha detto lui, ma
molto più tardi, poiché ero ad una riunione del Consiglio Supremo, che è
andato avanti per circa due ore dopo l’incidente, proprio in questo
edificio. Appena l’ho saputo mi sono recato sul posto con la mia guardia
personale, è stata una notte tremenda.
“Il popolo Russo non è obbligato a fare solo quello che dà un profitto”
— Perché nel luogo
dell’incidente non sono stati ammessi gli esperti dell’OIAC?
(Organizzazione Internazionale dell’Aviazione Civile ndr) Secondo loro,
sarebbero stati fermati dai militari della RPD; mentre la vostra gente
dice che è stata garantita la loro sicurezza, ma nessuno è venuto.
— Ancora: stronzate! Noi questi esperti
li abbiamo convocati. Il giorno stesso dell’incidente erano arrivati gli
osservatori dell’OSCE, diretti dal signor Hug. Li abbiamo protetti al
meglio delle nostre capacità. La notte dopo, quando loro sono tornati,
li abbiamo incontrati. Io dico: “Signor Hug! Fate qualcosa, cazzo! Fate
venire qui questi esperti appena potete!” e lui risponde “sì, a Kiev c’è
già un gruppo di 80 esperti” – “e che cosa stanno facendo a Kiev? A
questo punto possono anche stare a Parigi o a Londra; fateli venire da
noi, daremo loro cibo, alloggio e protezione; che cazzo, ma fateli
venire!” Noi siamo sempre stati molto interessati in questo, poiché
Alexander Hug non si stancava mai di dire che l’OSCE e tutti 57 paesi
che lo compongono avrebbero avuto da ridire se avessimo rimosso i corpi.
Per due giorni non li abbiamo toccati. Abbiamo iniziato solo al terzo
giorno, perché altrimenti non si poteva fare; c’erano cadaveri in giro
per le strade che iniziavano a decomporsi. Cercate di capire questa
situazione: è colpa della junta di Kiev se tanti innocenti sono morti, e
noi dovevamo…
— Perché lei dà la colpa in questo modo alla junta di Kiev?
— Lei saprà che non c’è bisogno di prove… vede, c’è una semplice questione…
— Cosa intende con “lei saprà”, Aleksandr Jur’evič?
— Per favore, non mi interrompa.
— D’accordo.
— Grazie. Parlo di fatti noti per due
ragioni. Primo: il diritto Romano ancora è valido, mi sembra. Ora, cui
prodest [l'abbattimento del Boeing]? Alla junta! Secondo: noi non
abbiamo armamenti in grado di colpire aerei di linea che volano a 10
chilometri di quota. Non li avevamo in quel momento e non li abbiamo
ora. I nostri sistemi di difesa aerea possono al massimo colpire aerei
che volano a 3 chilometri, e sì che gli aerei militari Ucraini volano su
di noi a 4-5 chilometri di quota, senza che noi riusciamo a fare
niente, possiamo solo fuggire da loro.
— Aleksandr Jur’evič, sul cui
prodest ne potremmo parlare molto a lungo. Per quanto riguarda gli
armamenti: voi siete aiutati dai Russi, che hanno i Buk…
— Mi scusi, ma lei può dire quello che
vuole. Noi non abbiamo questi Buk. I nostri alleati Russi non ci hanno
dato né i Buk né nient’altro; noi usiamo le nostre armi contro i nostri
nemici.
— Ma concorderà che la presenza della RPD giova alla Russia.
— No, mettiamo fine a questa idea una
volta per tutte. Gioverebbe alla Russia la presenza della RPD? Io non ne
sarei così sicuro come lei. Il popolo Russo supporta la RPD, questo è
ben noto, ma dove sta il beneficio? Lei sa che a me non dà nessun
profitto essere primo ministro della Repubblica, assolutamente nessuno,
ma lo sono diventato per ragioni più grandi. Io stesso potrei parlare
della Russia, dove vivono il popolo Russo e altri popoli amici. Loro ci
danno appoggio, anche se questo è per loro un sacrificio per via delle
sanzioni e di altre ragioni; eppure ci appoggiano per ragioni puramente
morali. Il popolo Russo non è obbligato a fare solo quello che dà un
profitto. La quinta colonna ha una volta scritto “Guardate, abitanti
della Russia (per loro non ci sono Russi, solo abitanti della Russia),
come vi è difficile supportare Donetsk e Lugansk.” È arrivata a tanto,
sì.
— Perché lei si interessa tanto a
questa quinta colonna? Ha detto lei stesso che si tratta di una
minoranza, come può dunque interferire coi vostri grandiosi progetti?
— Glie lo spiego io perché: queste
persone, questo 14%, purtroppo, ha un grande potere nelle attività
sociali. Inoltre hanno molta disponibilità di mezzi materiali, e hanno
molta influenza. Fosse anche questa quinta colonna non abbia sede in
Russia, può benissimo vivere altrove, all’estero dove ha conti, yachts,
mogli…
— Non sta parlando dei nostri ministri e deputati, vero?
— Invece sì, parlo di loro. La quinta
colonna da noi è potente. Conti in banca in Svizzera, case a Londra o in
Costa Azzurra; ecco la nostra quinta colonna. Sono le persone che ne
fanno parte e lavorano usando i social network. Faccio notare che io non
li utilizzo; lo dico perché, quando vado a Mosca, vedo con stupore di
avere rappresentanza su Facebook e Twitter. Ufficialmente continuo a
ripetere di non essere io, che si tratta di fake. Io sono contrario
all’uso di social network, perché significa avere la possibilità di
manipolare l’opinione pubblica.
— Come mai un consulente mediatico professionale come lei non si interessa di questo?
— Ben conosco tutta questa tecnologia,
ma non me ne occupo. Cosa ne so io come professionista? Io so solo che
tutto questo mi disgusta. Potrei parlare della venalità di gran parte
dei mass media.
— Quindi lei è un giusto e onesto PR?
— Esatto, un onesto specialista.
— Lei ha spesso parlato di quinta colonna, ma in concreto? Ha delle idee?
— Idee e progetti no.
— Allora perché questi discorsi?
— Constato i fatti, ma io sono un
cittadino perfettamente rispettoso delle leggi della Federazione Russa e
non farò niente come quinta colonna, se non in qualche momento. Io
vorrei tanto prendere a pugni la faccia del vostro capo redattore e
quella di Sergej Kurginjan, per esempio. So che prendere a pugni le
persone in faccia è illegale, ma lo desidero e non posso farci niente.
“L’Ucraina non esiste più”
— Perché lei ha dato le dimissioni?
— Le mie dimissioni sono state prese con
gran riluttanza dal Consiglio Supremo come dal governo, ma io tengo il
governo ben stretto, e il Consiglio stava per condurre una piccola
rivolta.
— Non volevano cacciarla?
— Non volevano, e infatti io non sono
andato da nessuna parte. Non ho nemmeno cambiato ufficio, e da Donetsk
non sono mai fuggito, come scrivevano alcuni su internet.
— A cosa è servita questa messinscena?
— Questa non è una messinscena, ahah!
Questa è un’ottima domanda. Le spiego: la gerarchia della Repubblica
ancora sta venendo costruita, il governo più o meno, e la mia presenza,
spero, sarà sempre più richiesta a Mosca. Là bisogna rispondere alle
rischieste di supporto dalla Repubblica, e spero che ci sia del
movimento serio a Mosca che voglia mettere un freno a questa folle
guerra civile tra Slavi. Perché questo accada, però, è necessario che io
sia là. Qui ci sarà un leader permanente, e se me ne andrò non farò
certo cadere la gente nel panico, come a dire: “Borodaj è scappato!
Tutto è perduto!”
— Voi progettate di instaurare una qualche tregua con Kiev?
— Finché tutti i discorsi con i gruppi
di consulenza mantengono questo carattere così fumoso, ma in nessun modo
siamo disposti a stringere accordi di pace arrendendoci. Tutto ciò
mentre queste stupidaggini ci vengono dette da una persona che fa parte
di questi gruppi di consulenza, tale Leonid Kučma. Ieri, come abbiamo
saputo, ha celebrato il suo compleanno; oggi doveva essere in
video-conferenza con noi. Si vede che ha ritardato i festeggiamenti e
non ha potuto parlare con noi.
— Vi ha offerto una resa?
— Sì. Ci ha offerto di arrenderci e
l’Ucraina sarebbe rimasta uno stato unitario. Dopodiché abbiamo tutti
iniziato a sghignazzare, inclusi i rappresentanti dello stato Ucraino.
— Medvedčuk?
— Sì, e anche Šufrič e Zubarov, tutti hanno iniziato a ridacchiare.
— Quindi gli incontri con questi gruppi di consulenza non sono più rilevanti?
— Perché no? Non molto tempo fa dei
nostri rappresentanti si sono incontrati con uno di questi gruppi a Mins
per parlare di scambio di prigionieri di guerra. Inoltre, siamo sempre
pronti a discutere l’apertura di canali umanitari. Tuttavia,
negoziazioni serie ancora non ci sono state, e la fazione Ucraina fa di
tutto perché non vengano intraprese. Fanno di tutto per spazzarci via
dalla faccia della terra. Né loro né gli esperti dell’OIAC sono venuti
da noi. È un miracolo se gli esperti Malesiani ci sono arrivati vivi:
sono partiti in auto da Char’kov e sono hanno oltrepassato i posti di
blocco Ucraini, e contro di loro sono sta.ti sparati colpi di Grad e di
aviazione.
— In quali condizioni lei pensa si potrà negoziare la pace?
— Anche adesso potremmo iniziare le
negoziazioni se le truppe e le bande della junta di Kiev fossero
ritirate dai territori della RPD e della RPL Le negoziazioni implicano
compromessi, e da parte di Kiev non vedo disponibilità, ma solo una
grande follia.
— Qual’è il vostro scopo? Dividere in due l’Ucraina?
— L’Ucraina non esiste più. Lo stato è crollato; non c’è più un governo e non c’è più il paese.
— Eppure il paese ha eletto un presidente
— Come l’avrebbe eletto se non ci sono
state elezioni in Crimea, a Donetsk o a Lugansk? L’Ucraina si è divisa
in tre regioni, e questo significa che non c’è più il paese. Quel
governo che siede ora a Kiev, poi, è il risultato di un colpo di stato.
— Lo si potrebbe dire anche di
voi: a Donetsk c’è stata una presa di potere, avete organizzato una
junta e voi stessi avete dei predoni e banditi. Ciò che è successo tra
di voi è solo una guerra incostruttiva.
— Sia costruttiva o no, io considero
loro dei terroristi, e loro considerano me tale. Qui parliamo solo di
individui, però. Nei fatti sta succedendo che alcuni Slavi stanno
attaccando altri Slavi; e gli Slavi che sono dalla parte opposta alla
mia stanno usando la strategia del terrore e del genocidio. Intanto i
loro alleati occidentali insistono che Donetsk e Lugansk debbano essere
parte dell’Ucraina.
— Eppure voi stesso avevate parlato, tempo fa, di federalizzazione. Ne aveva parlato anche il vostro collega Pušilin…
— El Che Pušilin, eheh… Bisogna capire
che i tempi sono cambiati. Sì, tempo fa sembrava che ci fosse la
possibilità di stringere qualche accordo, ma quando ha iniziato la
guerra il tempo della non-violenza è finito.
“Non voglio dare fastidio a Putin. Quando vorrà incontrarmi ne sarò molto felice”
— Pensate che Putin vi darà supporto personale?
— Eh… Lo spero sinceramente; però a Vladimir Vladimirovič non ho parlato di persona.
— Vi piacerebbe?
— Ho paura, però, che quell’uomo sia molto impegnato.
— Lei non è impegnato meno seriamente.
— Questo non lo obbliga a incontrarmi immediatamente.
— Per i casi come quello in cui si trova lei ora credo si possa chiudere un occhio sulla subordinazione
— Lo credo anch’io, ma onestamente non voglio disturbarlo.
— Dite che è meglio non incontrarvi?
— No, non ho detto questo. Ho detto solo: non voglio dare fastidio a Putin. Quando vorrà incontrarmi ne sarò molto felice.
“I predoni e i disertori, grazie a Dio, sono pochi e sono stati fucilati”
— Aleksandr Jur’evič, cosa mi dite dei rapimenti di civili e attivisti da parte di rappresentanti della RPD e della RPD?
— Quando e dove?
— C’è stato un caso abbastanza
famoso di rapimento di giornalisti della TV Ucraina a Lugansl. Altri
ripetuti casi di rapimenti di volontari e attivisti a Slavjansk e a
Donetsk Molti casi.
— L’Ucraina ci accusa di tante cose, e
sì io non escludo la possibilità che qualcuno dei nostri militari, in
preda all’ira, abbia fatto qualcosa di deprecabile, ma cosa vi aspettate
da parte di un’armata partigiana? Noi ora stiamo addestrando uomini a
combattere e insegnando loro le regole di guerra. Per questo abbiamo
fondato il Ministero per la Sicurezza di Stato. Catturiamo e arrestiamo
predoni, e puniamo tutti coloro che attaccano i civili, inclusi quelli
che ci esprimono ostilità.
— Cosa significano quelle fucilazioni autorizzate da Girkin a Slavjansk secondo gli ordini di Stalin del 1941?
— Noi abbiamo un tribunale marziale, che
autorizza periodicamente le fucilazioni. Perché? Perché noi nella
nostra Repubblica abbiamo delle leggi marziali, con tutte le loro
conseguenze. I predoni e i disertori, grazie a Dio, sono pochi e li
abbiamo fucilati. Vi chiedete perché noi ci basiamo sull’ordine di
Stalin?
— Cosa fate ai prigionieri politici?
— Abbiamo il Ministero per la Sicurezza
di Stato, ma non mi viene in mente nessun arresto che abbia avuto
ragioni politiche. Se lei ne conosce vorrei conoscerli anch’io.
— Oh, la prego, tutti questi
casi di attivisti. Poi, i suoi colleghi di Donetsk mi hanno detto che
alcuni militari della RPD, tempo fa, sono entrati una redazione
chiedendo di modificare i resoconti dei fatti.
— Conosco solo un caso in cui uno dei
nostri comandanti non si è trovato bene in amicizia con le sue
conoscenze nei mass media, litigando di politica. Le voci di corridoio
hanno distorto i fatti, tutto qui. Sono state prese delle risoluzioni ai
posti di comando. Ora è tutto finito, e tutto va bene.
— Significa che da voi c’è libertà di parola?
— Ecco, lei, rappresentante dei media
nemici, siede qui, conducete un intervista, nessuno vi ha causato
fastidi, nessuno vi ha arrestato. Ditemi, abbiamo libertà di parola o
no?
— In questo ufficio ora sì.
— Siamo accreditati da tutti i giornalisti Ucraini, che lavorano per chiunque. Che altro volete?
Traduzione di Edoardo Pasolini
Fonte: NOVAYAGAZETA
Traduzione di Edoardo Pasolini
Fonte: NOVAYAGAZETA
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