domenica 23 febbraio 2014

Intervista alla Segreteria del Partito Comunista di Serbia


CPS_logo A cura di Mario Forgione. Da Nomos V. Eurasia: grande spazio e superpotenza.
Proponiamo un’intervista a Vojislav Radojević e Ivica Kostić, i due membri della Segreteria del Partito Comunista di Serbia. Il Partito Comunista di Serbia, che ha stretto rapporti di collaborazione e intesa con Millennium, ne rappresenta il suo principale alleato politico nel settore balcanico.

Prima di addentrarci nell’analisi delle vostre proposte politiche, anche alla luce dell’intesa con il movimento Millennium, sarebbe interessante comprendere la genesi del vostro partito e i rapporti di forza con la vecchia classe dirigente della Lega dei Comunisti di Serbia: Esiste o meno una soluzione di continuità tra queste due forze politiche ed entro quale raggio di azione politica si inscrive il vostro partito?
Il Partito Comunista di Serbia (PCS) è stato creato verso la fine del 2007, come risultato di un vuoto politico lasciato in Serbia. Durante questo periodo, in Serbia vi erano molti partiti registrati con il prefisso “comunista”, ma nessuno di questi svolgeva un ruolo attivo. In aggiunta alla passività poi, molti di questi appartenevano alle più varie correnti revisioniste, come gli stalinisti, i titoisti e gli hodzisti, ma non vi era nessun partito che rappresentasse l’idea originale marxista-leninista. L’appena formatosi PCS ha subito sostenuto la fonte del marxismo e del leninismo, arricchita con le esperienze positive dei lavoratori sviluppatesi nella precedente unione statale della Yugoslavia. In accordo con gli impegni del suo programma, il PCS non è una continuazione dell’azione della Lega dei Comunisti di Serbia e della Lega Comunista Yugoslava, ma è il Partito Comunista la cui azione è basata sull’esperienza positiva dei partiti precedenti, traendo gli insegnamenti da questa esperienza e creando una moderna, efficiente e chiara affiliazione partitica marxista. Le attività del PCS sono basate sui principi della democrazia diretta e imperativa, quindi non vi è alcun presidente. Il Segretario Generale è eletto solo per 2 anni, ed egli cambia il Vice-Segretario, sempre in questi 2 anni. Il PCS è guidato dalla Segreteria, dove tutti i membri sono pienamente uguali in diritti e doveri. Noi crediamo che il principio della leadership collettiva riflette la vera essenza del marxismo dove tutti i membri della Segreteria sono contributori e non competitori.
Noi crediamo che la più alta forma di organizzazione dei lavoratori consista nella concezione marxista di produzione sociale, e con alcune modifiche minori essa può essere un esempio per il mondo intero. La maggiore differenza tra il sistema di produzione socialista e quello capitalista è che sotto il capitalismo la produzione è subordinata alla massimizzazione del profitto, mentre nel socialismo essa deve soddisfare i bisogni sociali. Il nostro obiettivo primario è quello di cambiare le menti delle persone in Serbia, per ottenere un chiaro obiettivo che perseguiamo, che è l’instaurazione di un sistema socio-economico socialista basato sui principi della democrazia diretta. Cambiare le coscienze equivale ad aprire gli occhi ai cittadini serbi su dove essi vengano portati dal modello capitalista che è stato imposto alla Serbia dall’Occidente.

I Balcani, per loro particolare conformazione storica e geografica, sono un centro nevralgico per la costituzione di un assetto geopolitico capace di integrare i paesi che gravitano o hanno interessi politico/economici nel Mediterraneo con i paesi dell’Est Europa. Dopo i noti rivolgimenti storici che hanno interessato la penisola balcanica, esiste ancora la possibilità di fare dei Balcani una cerniera geografica e culturale capace di rafforzare il blocco geopolitico europeo?
I Balcani, a causa del loro peculiare assetto geografico e storico, sono centro nevralgico per la costituzione di una struttura geopolitica capace di integrare i Paesi che circondano il Mediterraneo, che, insieme ai Paesi est-europei, hanno interessi politici ed economici in quest’area. Una volta conosciuti gli sconvolgimenti storici che hanno afflitto la penisola balcanica, pensate sia possibile che questa regione sia geograficamente e culturalmente più capace di rafforzare la regione geopolitica europea?
La storia recente dei Balcani – proprio come quella più antica – è stata estremamente difficoltosa per la sua intera popolazione. Questo fato è stato impossibile da sfuggire per il popolo serbo. Con la decisione dell’Occidente di distruggere la Yugoslavia, i Serbi furono lasciati alla mercé degli Stati recentemente indipendenti dell’ex Yugoslavia. L’ex Yugoslavia ha generato tre nuove nazioni quali i Montenegrini, i Macedoni e i Musulmani. Senza entrare nei motivi della loro creazione, tutti insieme non erano idonei a diventare una nazione. Questo è vero in particolar modo per i Musulmani, che sono diventati sempre di più a causa dei Serbi islamizzati, e durante i secoli hanno sempre contrastato i Serbi. Pressocché in nessuna guerra contro i Musulmani i Croati e i Serbi sono stati d’accordo. Lo stesso vale per gli Albanesi, che non sono mai stati dalla stessa parte dei Serbi. Le ferite profonde che il popolo serbo indossa, e che hanno lasciato un marchio indelebile sulla sua volontà, hanno determinato la posizione dei Serbi nei confronti delle altre nazioni della ex Yugoslavia quando essa è iniziata a cadere a pezzi. A tutte le persone della ex Yugoslavia è stato permesso di votare sul proprio futuro, solo al popolo serbo è stata negata questa possibilità. Con l’aiuto dell’Occidente, I Serbi, che erano uno dei popoli costituenti, sono diventati una minoranza nel nuovo Stato. Questa è la ragione principale dello scoppio del conflitto civile. Tutte le soluzioni imposte dall’Occidente, che non erano né giuste né intelligenti, rimasero cose irrisolte che potevano sempre degenerare in un sanguinoso conflitto nell’ex Yugoslavia. Pertanto, il territorio dell’ex Yugoslavia sarebbe un bariletto di polvere da sparo sul suolo dell’Europa, e non sarà mai un ponte di cooperazione. Dubitiamo sia possibile qualsiasi sincera cooperazione tra i popoli dell’ex Yugoslavia, poiché nessuna nazione mantiene la propria politica indipendente.

L’intellighenzia del blocco atlantico è stata sempre storicamente contraria alla creazione di una valida armonia tra le sfumature etnico-culturali che caratterizzano la penisola balcanica. La stessa Europa – si pensi alla partecipazione attiva dell’Italia all’attacco Nato ai danni di Serbia e Kosovo nel marzo del 1999 e al forte sostegno dato dai paesi europei alla Croazia e alla Slovenia per lo smembramento della Federazione balcanica – si è sempre caratterizzata per una politica di totale asservimento agli interessi di Washington. Oggi, anche alla luce dell’elezione di Tomislav Nikolić, esiste per la Serbia la possibilità di svincolarsi dalle ingerenze atlantiche pienamente accettate dal suo predecessore Boris Tadić?
Il popolo serbo nelle elezioni precedenti non ha avuto la possibilità di scegliere tra differenti opzioni politiche, ma solo di scegliere tra differenti servi dello stesso padrone. La scelta tra cose uguali non è un’opzione. La Serbia ha imposto il più atroce sistema di governo, un governo kleptocratico. Oggi, nel Parlamento serbo risiede l’opzione politica unipolare che esegue ciecamente le richieste dell’imperialismo plutocratico occidentale, e per il suo servizio essa è premiata con la possibilità di essere libera dalle interferenze o dalle conseguenze legali per saccheggiare illimitatamente il loro stesso Stato. Il cambio del partito dominante in Serbia è solo un cambio di cosmetici, destinato a rappresentare un nuovo inganno per il popolo, mentre l’essenza della politica estera e interna del governo di Tomislav Nikolić, con ogni probabilità, rimarrà immutata da quella del governo di Boris Tadić. La Serbia non è un Paese indipendente, ma un territorio indefinito occupato dentro e fuori. Sono incomprensibili per la Serbia le aspirazioni di entrata nell’Unione Europea, sapendo che essa è occupata dai Paesi occidentali ed è economicamente devastata. Ciò serve solo a dimostrare la disposizione dei collaborazionisti locali a diventare una colonia dell’Occidente. Il più grande “merito” in questa situazione è della politica di tradimento dell’ex Presidente serbo Boris Tadić e dei suoi partner di coalizione fino al 2000, quando hanno condotto i cittadini serbi verso la schiavitù occidentale moderna. La proprietà pubblica è stata prima di tutto sequestrata al Popolo per trasferirla nelle mani dello Stato (parliamo di circa 150 bilioni), quindi rubata per sé stessi o per le imprese occidentali attraverso una privatizzazione che ammontava all’incirca a 800 milioni di euro. Tutti coloro che hanno partecipato al furto perpetrato ai danni del popolo dovrebbero comparire davanti alla Corte e restituire tutto al loro legittimo proprietario – il Popolo.

L’operato politico di Boris Tadić si è caratterizzato per un’accettazione supina dei dettami politici di Washington e, la stessa candidatura ufficiale della Serbia per l’ingresso nell’Unione Europea presentata il 22 dicembre 2009, è stata accompagnata da forti pressioni politiche per fa sì che la Serbia perdesse la sua specificità culturale. La vittoria del leader del Partito progressista serbo, anche alla luce della sua esperienza politica con Slobodan Milosevic, può ridare vigore politico alla Sebia?
La nostra opinione è che Slobodan Milosević, anche se prima era un ufficiale dell’ex Partito Comunista, cambiò velocemente posizione e si accordò apertamente con il capitale occidentale, e che, grazie alla servile politica di Milosević, nei primi anni della transizione 3500 persone vennero in possesso delle più ricche e più forti compagnie serbe in via totalmente gratuita o a costi ridicoli, tanto che alla popolazione non era possibile acquistare nemmeno un chilo di pane. L’arrivo al potere di Slobodan Milosević è anche l’inizio della contro-rivoluzione in Serbia e del rovesciamento del socialismo. La maggior parte del lavoro è stata effettuata, e continua il saccheggio dell’appena create strutture DOS del 2000. Il culmine del collasso del governo si è raggiunto mettendo al potere Tomislav Nikolić. L’unica soluzione per la Serbia consiste nei cambi necessari nel sistema socio-politico, nell’arrestare l’erosione dello Stato, nel preservare l’esistenza fisica dei cittadini e finalmente nel ritornare a standard di vita normali. Guardiamo come promemoria i risultati del precedente sistema socialista oltre il presente capitalista: è mendace affermare che il socialismo fu un sistema inefficace, perché basterebbe guardare le statistiche del PIL del 1989 e quelle di oggi. L’ammontare del PIL del 2011 consisteva nel 64% di quello del 1989. Il PIL ammontava a 32 bilioni di euro, quando nel 1989 equivaleva a 50 bilioni. Se non fosse stato per l’imposizione della guerra, le sanzioni e i collaborazionisti del governo, il PIL serbo – considerando la media più bassa – avrebbe un tasso di crescita del 4% annuo, e nel 2011 sarebbe stato all’incirca di 120 bilioni di euro. Segnaliamo che l’industria costituiva il 30% del PIL nel 1989, e ora, nel 2011, solo il 13%. Questo è un ottimo “successo” della transizione dal socialismo al capitalismo. Tutti noi siamo caduti credendo ingenuamente che sotto il capitalismo avremmo vissuto meglio. Ora, con tutte le prove numeriche, possiamo dire che il capitalismo si è dimostrato inefficace in Serbia, e solo un cambio di sistema economico potrebbe sarebbe un bene per noi tutti. Questo sistema ci porterà tutti alla rovina. Le cause dell’abbassamento del PIL non possono essere spiegate in altro modo se non con il saccheggio dell’economia, la mancanza di sviluppo a lungo termine, la dominazione del consumo distruttivo e l’accumulato e l’acquisito dei mezzi di ricchezza sociale. Il risultato è la mancanza di novità e la drastica riduzione delle vere fonti esistenti di crescita economica. La produzione industriale nello stesso periodo lo illustra davvero bene e dimostra che la tendenza punta chiaramente verso il basso – dai 100 del 1989 ai 45 punti percentuali nel 2009. Non abbiamo intenzione di annoiare i lettori fornendo altre statistiche, ma vorremmo indicare il PIL dei Paesi limitrofi, comparandoli con quello serbo, così da rendere chiaro a tutti dove si posiziona la Serbia. La Croazia ha raggiunto un PIL di 60.9 bilioni di dollari, 40.9 bilioni la Slovenia, la Serbia 38.4 nel 2010. In ciò può essere visto tutto il furto, e possiamo dimostrare ai cittadini serbi quanto siano state genocide le politiche economiche dello scorso governo Tadić. Il ridicolo PIL pro capite serbo è causato dalla distruzione dell’industria e dell’agricoltura. La Serbia ha 7.3 milioni di abitanti, la Croazia ne ha 4.4, la Slovenia 2. Ovviamente, il risultato della distruzione dell’economia è la disoccupazione di massa dei cittadini serbi, che ha raggiunto la quota di un milione di disoccupati, oltre che il più basso salario medio d’Europa, di circa 300 euro.

Tomislav Nikolić, nelle sue prime esternazioni, ha chiarito che “non abbandonerà il cammino intrapreso da Boris Tadić verso l’Unione Europea, ma questo cammino non avverrà ad ogni costo”. Qual è sul punto la posizione del Partito Comunista di Serbia e quale ruolo intende ritagliare al suo partito nell’attuale sistema di forze che governa il paese?
Il PCS crede che l’Unione Europea è un’unione del capitale, non un unione del popolo, e questo è totalmente inaccettabile per noi. In questa Europa comanda la dominazione del capitale tedesco e l’indiscussa politica della Germania. L’Unione Europea è diventata la tomba delle nazioni europee, e si sta esaurendo mettendo in totale dipendenza economica la maggioranza dei suoi Stati membri, e in modo ancora peggiore quelli dell’Europa dell’Est. La Serbia è stata anch’essa in questa condizione, perdendo ogni anno circa 110.000 suoi cittadini, con il tasso del 47% di denatalità, il 50% che si spostavano in altri Stati e il 3% per i suicidi, rapimenti o morte per fame. Sono questi i valori europei imposti sulla Serbia? Il PCS è innanzitutto per l’indipendenza (politica e economica) ma, in caso debba scegliere un lato, sceglierà sempre un’alleanza con quei Paesi che non hanno mai compiuto aggressioni contro la Serbia o che in nessun modo abbiamo mai ucciso cittadini serbi.

Nonostante il “moderatismo” che ha caratterizzato l’operato politico di Boris Tadić la relazione tra Serbia e Kosovo – soprattutto dopo l’indipendenza proclamata unilateralmente dal governo di Prizren il 17 febbraio 2008 – non è stata aliena da tensioni e contrapposizioni frontali. Tomislav Nikolić acutizzerà il contrasto o concentrerà la sua azione politica più sul piano interno? Quale è sul punto la posizione del Partito Comunista di Serbia?
Tomislav Nikolić, in quanto vassallo dell’imperialismo occidentale, non è autorizzato a prendere qualsiasi decisione sul problema del Kosovo e della Metohija, né lo farà, eccetto forse una futile e mite azione politica per calmare le tensioni del popolo serbo. Noi crediamo anche che, in linea con l’agenda dell’apparato neoliberale, riconoscerà infine l’indipendenza del Kosovo e della Metohija.
La posizione del PCS sul Kosovo e la Metohija è: il Kosovo e la Metohija hanno occupato parte del territorio serbo e, di conseguenza, la Serbia ha il diritto legittimo di liberare il territorio e ri-annetterlo alla madrepatria. Quando questo sarà fatto dipende da vari fattori, ma è indiscutibile che verrà fatto. Ogni accordo, contratto o documento che sia stato firmato dal corrente o precedente governo, e che colpisce negativamente la popolazione serba, non è considerato valido dal PCS.

Sul piano interno, tenuto conto della complessa congiuntura economica che attraversa l’Europa, la Serbia vive una situazione non ottimale. Il tasso di disoccupazione è al 25%, l’inflazione è all’11% ed esiste una forte corruzione politica. Quali sono le proposte di politica economica del Partito Comunista di Serbia?
Solo per correggerla, in Serbia il livello di disoccupazione supera il 30% della popolazione, ed è un record europeo. Né il precedente né l’attuale governo sono interessati al problema, dato che secondo i postulati del liberal-capitalismo la disoccupazione non è un problema. La disoccupazione causa il più grande potenziale problema in una società, perché la stessa società affonda nella disperazione, nella criminalità e la rottura delle giunture sociali. Ogni riparazione del modello capitalista in Serbia non darà alcun risultato positivo, ma la Serbia scomparirà come Stato e il popolo serbo verrà distrutto o, al meglio, potrà divenire una versione moderna dei Curdi, un popolo senza Stato.solo un cambio radicale nell’ordinamento socio-politico e l’instaurazione del socialismo possono permettere prima di tutto la rivitalizzazione dei Serbi e la sopravvivenza dello Stato serbo, e poi il rapido sviluppo economico del Paese che garantirà a tutti i cittadini una vita umana. Solo un genuino Partito Comunista può guadagnare la fiducia dei cittadini, permettendo la sopravvivenza della Serbia, e questo è il PCS. Cambiare l’ordine socio-economico può liberare la Serbia dai crimini e dalla corruzione che hanno ferito il capitalismo, e sono direttamente connessi alla testa dei partiti politici che hanno governato la Serbia. Nessun cambio cosmetico nel sistema porterà nulla di buono ai cittadini della Serbia. La Serbia è una colonia dell’Occidente, e noi sappiamo bene che nelle colonie non si può vivere bene. Il socialismo quindi diviene una necessità esistenziale per la sopravvivenza dello Stato e dei suoi cittadini.

La Serbia è un’enclave del cristianesimo ortodosso e il dialogo privilegiato con Mosca è una costante della politica serba. L’Europa, nel momento attuale, oltre a vivere una crisi finanziaria di vastissima portata non è ancora capace di dar vita ad un blocco geopolitico forte, prima che monetario. La Federazione Russa, tenuto conto delle forti affinità culturali con Belgrado, può essere una valida alternativa per stimolare gli investimenti economici?
La Serbia deve dismettere l’idea veramente stupida di Boris Tadić secondo la quale l’UE non ha alternative. Solo la Serbia non ha alternative. La Serbia deve rivolgersi alle unioni ed ai Paesi che non l’hanno ricattata, che non sono in guerra contro di essa e contro il suo popolo, e che non riconosco l’indipendenza del falso Stato del Kosovo. La Serbia deve trovare nuovi mercati e fonti energetiche, e questi non sono sicuramente nei paesi dell’Unione Europea. Piuttosto questi sono in Russia, che dispone di un larghissimo mercato e di risorse energetiche. Nonostante la Serbia abbia eccezionalmente buoni accordi commerciali con la Russia, può essere usata solo una minima parte di questi accordi perché non vi è nulla da esportare in Russia. La produzione serba è distrutta, e ci vorrà del tempo per ripristinarla e trarre vantaggio dai benefici degli accordi economici con la Russia. Introducendo la Serbia nell’Unione Europea, essa perderebbe tutti i benefici che sono stati concordati con la Russia, e probabilmente perderebbe per sempre il Kosovo e la Metohija, dato che la condizione chiave per l’entrata della Serbia nell’UE sarebbe il riconoscimento del Kosovo come stato indipendente. Costi alti per piccoli benefici.

Millennium e il Partito Comunista di Serbia si pongono come movimenti capaci di dar vita ad un fronte articolato contro le derive connesse all’unilateralismo politico. Il discorso culturale occupa, nei due movimenti, un posto centrale e si pone come un corollario della piattaforma politica dell’Eurasia. Il Partito Comunista di Serbia intende continuare a stringere alleanze programmatiche con movimenti affini per giocare un ruolo da protagonista nelle dinamiche geopolitiche?
Il PCS intende stabilire una più stretta collaborazione con tutti gli Stati, i partiti e i movimenti del mondo che abbiano gli stessi interessi, così da poter risolvere i problemi con l’aiuto reciproco, non interferendo negli affari interni dello Stato, del partito politico o del movimento in questione. Intendiamo stabilire l’unità d’azione con loro per creare un fronte comune contro il capitalismo e scambiando le esperienze di questa lotta, poiché tutti noi abbiamo un comune nemico. Una eccezionale vicinanza di mentalità tra i popoli italiano e serbo fa sì che sia possibile capirvi davvero bene. La globalizzazione in Europa impone problemi davvero simili, che richiedono veramente simili soluzioni, e un’azione unitaria contro il capitale globale, poiché tutti noi viviamo sotto la stessa dittatura del grande capitale. Il combattimento richiede un’azione unitaria coordinata di tutte le forze progressiste dell’umanità. Il PCS è pronto per l’azione unitaria e per l’unità d’azione a livello globale con tutte le forze con simile orientamento ideologico.

Segreteria del Partito Comunista di Serbia

Fonte; Millennium

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