lunedì 28 luglio 2014

La quiete prima della tempesta: l’Europa pronta a unirsi alla guerra economica contro la Russia


di A.E. Pritchard Fonte: controinformazione
 
La quiete prima della tempesta: l'Europa pronta a unirsi alla guerra economica contro la Russia

 
A.E. Pritchard sul Telegraph commenta la più pericolosa confluenza di circostanze da trent’anni a questa parte: gli USA hanno dichiarato guerra economica alla Russia, l’Europa si accoda, compiacente, ed è altissimo il rischio che la Russia possa lanciare una rappresaglia sul terreno tentando di rovesciare l’assetto post guerra fredda… è la quiete prima della tempesta? Ma i Russi hanno interesse a far scoppiare la guerra?
A.E. Pritchard, Telegraph – La Russia sta correndo ai ripari. Questa mattina la banca centrale è stata costretta ad alzare i tassi di interesse all’8% per difendere il rublo e arginare la fuga di capitali, 75 miliardi di dollari finora quest’anno, e chiaramente di nuovo in crescita.
La strana calma sui mercati russi sta cominciando a cambiare come gli investitori prendono in considerazione la possibilità terribile che l’Europa alla fine imporrà le sanzioni, escludendo le banche russe dalla finanza globale.

I rendimenti delle obbligazioni in rubli a 10 anni sono saliti a 9.15%, il livello più alto dal “taper tantrum” dei mercati emergenti dell’anno scorso. Il costo dell’assicurazione contro il default russo dei contratti CDS è salito di 17 punti, a 225. L’indice azionario MICEX è sceso al minimo da tre mesi a questa parte.
Lars Christensen di Danske Bank ha detto che il punto di svolta arriverà se l’UE in effetti imporrà le misure “Tier III” volte a paralizzare il sistema bancario russo, come sembra ormai probabile. “Questo è l’evento che spegnerà la luce al mercato russo. Vedremo una fuga di capitali di natura completamente diversa” ha detto.
Questo momento della resa dei conti si sta improvvisamente avvicinando sempre più. Questa mattina (25 luglio) i 28 ambasciatori dell’Unione europea si sono riuniti per il secondo giorno per confrontarsi sulle proposte draconiane formulate dalla Commissione europea.
Essi sembrano aver raggiunto un ampio consenso. Un gruppo di incaricati dalla Commissione redigerà gli atti giuridici durante il fine settimana.
Quando il pacchetto arriverà ai ministri degli Esteri per la ratifica finale, all’inizio della prossima settimana, ci saranno dei mercanteggiamenti sul risarcimento per chi si trova in prima linea Le sanzioni possono ancora andare a monte. Ma il comunicato dei diplomatici questa mattina è stato che anche Cipro, Bulgaria e Ungheria sembrano essere d’accordo, anche se a malincuore.
Non c’è più nessuna spaccatura tra la Gran Bretagna e la Germania. Le due potenze stanno lavorando in tandem, sostenute da Olanda, Svezia, Danimarca, Polonia e dagli stati baltici. E i francesi non sono così colombe come si sarebbe potuto dedurre dopo la debacle della vendita delle navi da guerra Mistral alla Russia, vissuta da Parigi con un doloroso imbarazzo.
Sarebbe sciocco per chiunque supporre che queste sanzioni avranno scarse conseguenze. Un’azione drastica è ora assai probabile, e se succederà, le conseguenze saranno esplosive. Siamo in una fase pericolosa.
Le sanzioni previste prenderanno di mira sia il debito che il patrimonio netto delle principali banche della Russia, tagliando efficacemente l’accesso ai mercati dei capitali mondiali. Punteranno anche alla tecnologia per la perforazione nell’Artico e per l’apertura del bacino di shale di Bazhenov, entrambi necessari per sostituire le riserve di petrolio della Russia che si vanno riducendo.
La Russia ha un sacco di gas, ma in Europa il gas è scambiato al prezzo dell’equivalente in petrolio greggio di 60 dollari al barile. Non è molto redditizio. Gli analisti sospettano che l’accordo del gasdotto di Gazprom con la Cina sia pari o inferiore al costo di produzione, sempre che si realizzi davvero.
L’Agenzia internazionale per l’energia dice che la Russia ha bisogno di $ 750 miliardi di nuovi investimenti nei prossimi 20 anni solo per fermare il declino della produzione di petrolio e gas. Questo è già diventato impensabile. Chi andrà a scommettere così tanto denaro, per dei rendimenti discutibili, di fronte a tanto rischio politico?
I 478 miliardi di $ di riserve della Russia (meno se si detraggono gli swap) non sono così grandi come sembrano. La banca centrale ha bruciato 200 miliardi di dollari di riserve in sei settimane dopo la crisi Lehman alla fine del 2008, prima di abbandonare l’intervento sul Forex come irrimediabilmente sbagliato.
Le riserve si sono rivelate una linea Maginot, in ogni caso. Il loro impiego ha comportato una stretta monetaria automatica, provocando un crollo dell’approvvigionamento russo di moneta e un drastico calo del PIL (da cui la Russia non si è mai ripresa).
Gli ultimi dati della banca centrale mostrano che le aziende russe, le banche e gli enti pubblici devono 721 miliardi di $ in valuta estera, soprattutto dollari. Circa 10 miliardi di dollari devono essere rinnovati ogni mese. Il gruppo petrolifero Rosneft deve rimborsare $ 26 miliardi entro dicembre del prossimo anno, con picchi di rifinanziamento questo inverno.
Si potrebbe pensare che di fronte a così tanto rischio, il Cremlino avrebbe cercato di tagliare le sue perdite in Ucraina orientale, ma questo vuol dire fraintendere la natura essenziale di questa battaglia, e tutte le prove indicano il contrario, in ogni caso.
Le forze vicine a Putin continuano a abbattere aerei ucraini al ritmo di uno o due al giorno, nello sforzo sistematico di mettere a terra la forza aerea ucraina, anche dopo il disastro della Malaysia Airlines. Circa 20 aerei ed elicotteri sono stati abbattuti.
Né sono ormai soltanto le forze vicine a Putin. Convogli di artiglieria pesante, lanciarazzi e carri armati T64 sono fluiti da Novorossiya e la Repubblica popolare di Donetsk attraverso una frontiera che ormai non esiste più.
La regione è già un dipartimento militare della Federazione russa in tutto tranne che nel nome. I cosacchi e le milizie ribelli sono già parte integrante delle forze armate russe, sotto ufficiali militari russi, come è fin troppo chiaro dalle intercettazioni pubblicate dopo l’incidente aereo.
I capi dei ribelli sono per lo più cittadini russi, sia del vecchio KGB, l’FSB, o il GRU. Alexander Borodai, il capo della Repubblica popolare di Donetsk, è un agente politico di Mosca.
Tutta la Nato sa che questo movimento è un fronte del Cremlino. La Casa Bianca lo sa. Ogni diplomatico europeo a Kiev lo sa. L’invasione russa dell’Ucraina orientale, in un certo senso si è già verificata.
Sembra altamente improbabile che Putin ora possa permettere a Kiev di schiacciare la ribellione. I resistenti stanno già giurando su una “seconda Stalingrado”, una strenua difesa di Donetsk.
E’ ugualmente improbabile che Putin accetterà una Ucraina filo-occidentale sovrana che sfugga completamente al controllo russo. Se c’è un consenso su qualcosa in Russia in questo momento – dalla cima al fondo della scala sociale – è che il popolo russo è stato vittima di una sua propria forma di ingiustizia che ha provocato una diaspora alla fine della guerra fredda e che ora è vittima di un altro complotto occidentale. Che si pensi o no che questo punto di vista abbia un fondamento nella realtà – o una qualsiasi legittimità, dato che mezza Europa era sotto l’occupazione sovietica fino al 1989 – è irrilevante. Questo è il punto di vista nazionale.
L’Ucraina non è un membro della Nato. Essa non gode di alcuna protezione dell’articolo V (uno-per-tutti e tutti-per-uno). Putin sa che l’Occidente non andrà in guerra per l’Ucraina. E’ vero che Slobodan Milosevic ha fatto un calcolo simile in Bosnia/Kosovo e ha scoperto di essersi sbagliato, ma la Serbia è molto piccola e non ha armi nucleari.
L’unico vincolo in termini strettamente militari è quanto Putin reputi difficile occupare ulteriori territori (forse tutto il Donbass, forse fino al Dnieper, forse fino alla Moldavia), ed evitare di impantanarsi nella guerriglia.
C’è un altissimo rischio che il Cremlino possa sfidare le sanzioni occidentali e lanciare una “rappresaglia asimmetrica” sul terreno, rovesciando del tutto l’insediamento post-guerra fredda.
I mercati sembrano stranamente noncuranti mentre l’ordine geopolitico dell’Europa va a rotoli sotto i loro occhi. Una settimana fa gli Stati Uniti hanno lanciato una guerra economica contro la Russia. L’Europa tra pochi giorni ne seguirà l’esempio.
Si può plaudire alle azioni dell’Occidente, o condannarle, ma difficilmente si possono ignorare. Nei 30 anni o giù di lì che scrivo sulla geopolitica e l’economia internazionale, non ho mai visto una confluenza più pericolosa di circostanze, o una così notevole compiacenza.
Fonte: Voci dall’estero
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