Oblio selettivo delle informazioni
Tutti i giornalisti che danno queste informazioni non comunicano quella
più importante, di soli cinque giorni prima che contraddice tali
presunte informazioni. Il 27 marzo 2014, al Congresso degli Stati Uniti
d’America, il numero 1 dell’agenzia spaziale statunitense, la NASA,
Charles Bolden dice ad alcuni deputati e senatori statunitensi che se ci
saranno sanzioni tra Russia e Stati Uniti, gli Stati Uniti avranno più
da perdere. Spiega perché in realtà gli Stati Uniti non potrebbero
sostenere a lungo le sanzioni russe contro gli statunitensi nello
spazio. In conclusione, secondo le agenzie, da AP a Reuters via AFP, ai membri del Congresso “conferma
la fiducia nel partenariato spaziale con la Russia, da cui gli Stati
Uniti dipendono per inviare i loro astronauti sulla Stazione Spaziale
Internazionale (ISS), nonostante le tensioni per la crisi ucraina“.
Ecco le informazioni fornite dallo stesso direttore al Congresso degli
Stati Uniti. Ma perché i giornali occidentali ignorano queste
informazioni per concentrarsi invece su una nota interna del
vicedirettore di una sottocommissione? Ancora più inquietante: perché
Michael F. O’Brien può fare una dichiarazione in totale contraddizione
con le dichiarazioni del suo capo di cinque giorni prima? Ecco in
dettaglio la sua dichiarazione: “Data la violazione da parte della
Russia della sovranità e dell’integrità territoriale dell’Ucraina, fino a
nuovo avviso il governo statunitense ha deciso che qualsiasi contatto
tra la NASA e funzionari del governo russo dovrebbe essere sospeso,
salvo quanto diversamente ed espressamente previsto (…) L’agenzia
spaziale degli Stati Uniti pone termine ai voli dipendenti dalla Russia,
così come all’ospitalità data ai russi nei suoi edifici, e decreta il
congelamento dei contatti via e-mail, teleconferenze o videoconferenze“.
Chi ha ragione in questo gioco a poker truccato, dove entrambi i
giocatori giocano lo stesso ruolo al fine di confondere il cittadino
ignaro in una cortina di fumo e montature? In tutto ciò, vi sono due
statunitensi nello spazio con tre russi che volano sulle nostre teste
nella stazione spaziale internazionale, ISS. Dalla fine dei voli degli
Shuttle nel 2011 ad oggi, è la Russia che ha i mezzi tecnici per inviare
qualcuno su questa stazione. Il direttore della NASA cercava di
spiegare ai congressisti che se la Russia si arrabbia, i due astronauti
statunitensi rimarranno bloccati per sempre nello spazio.
E
l’Agenzia spaziale europea? Il suo caso è ancora più grave, perché per
inviare i propri cittadini nello spazio, gli europei sgomitano. E la
Russia ne approfitta. La tariffa per visitare la Stazione Spaziale
Internazionale ISS per qualsiasi cittadino non russo è di 71 milioni di
dollari, 53 milioni di euro andata e ritorno. E i posti sono limitati,
naturalmente. Nel caso di serie sanzioni contro la Russia, questa
potrebbe semplicemente rimborsare il Paese occidentale del biglietto di
ritorno chiedendogli di sbrogliarsela da solo nel far rientrare il suo
astronauta. Si può quindi immaginare l’effetto devastante sull’opinione
pubblica occidentale contro i propri capi politici che lasciano morire
i propri astronauti nello spazio. Non è finzione, questo è il piano B
che Mosca ha preparato in risposta agli occidentali, se superassero la
linea rossa. Per saperlo basta ascoltare il viceprimo ministro russo
Dmitrij Rogozin dopo la prima delle sanzioni del 28 aprile. Ecco cosa ha
detto all’agenzia russa Interfax: “Se vogliono colpire l’industria
dei missili russi, automaticamente abbandoneranno i loro cosmonauti
sulla Stazione Spaziale Internazionale (…) Onestamente, cominciano a
dare sui nervi con le loro sanzioni e non capiscono nemmeno che gli
ritorneranno come boomerang.(…)” E secondo l’agenzia Itar-Tass ecco cosa
aggiunge sul suo account Twitter: “Gli Stati Uniti hanno imposto
sanzioni contro la nostra industria spaziale. Ma abbiamo avvertito che
risponderemo dichiarazione per dichiarazione e azione per azione (…) Gli
statunitensi potranno inviare i loro astronauti sulla Stazione
Spaziale Internazionale (ISS) con un trampolino“. I due astronauti
statunitensi sono Rick Mastracchio e Steve Swanson e il loro rientro è
previsto per ottobre 2014. Salvo che nel frattempo la situazione si
aggravi tra i due Paesi e che i russi semplicemente decidano di
lasciarli morire nello spazio. Il presidente degli Stati Uniti Barack
Obama avrebbe dovuto seguire il consiglio di un detto popolare
akonolinga del Camerun, che recita: “Se vuoi entrare in lotta, per primo togliti il cesto di uova che hai sulla testa“.
Prima di fare dichiarazioni sensazionali sulle sanzioni contro la
Russia, si dovrebbe far prima rientrare gli astronauti. La Stazione
Spaziale Internazionale (ISS) è un investimento da 150 miliardi di
dollari forniti da diversi Paesi del mondo. Ma in realtà è gestita dalla
Russia, dato che essa solo ha i mezzi tecnici per portarvi personale.
Per ridurre la dipendenza dai voli del cargo da trasporti russo Progress,
il governo degli Stati Uniti ha concluso accordi miliardari per
inviarvi solo 40 tonnellate di carico con due società statunitensi, l’Orbital Sciences per 1,9 miliardi dollari (8 viaggi per consegnare 20 tonnellate di carico) e la SpaceX
per 1,6 miliardi dollari (12 viaggi per trasportare 20 tonnellate di
carico). Pertanto, senza i russi il programma spaziale degli Stati Uniti
è un’avventura piuttosto rovinosa, senza risultati convincenti.
L’uscita del 2 aprile 2014 della NASA, che denunciava la cooperazione
con la Russia per la crisi ucraina, è un vero e proprio bluff, perché
almeno in questo settore, gli statunitensi hanno bisogno dei russi e non
il contrario. Ci sono per esempio sempre due navette russe Sojuz nella
stazione spaziale, per evacuarne gli occupanti in caso di imprevisti o
d’emergenza (incendi, mancanza di ossigeno, prolungata assenza di
elettricità, ecc.). Tuttavia su ogni navetta ci sono solo tre posti. E
in caso d’incidente, come regola sono i russi i primi a prendervi posto e
Mosca poi decide il destino dei restanti occupanti, chi salvare e
sacrificare tra europei e statunitensi. E questo non è tutto. Nel
settore degli investimenti e dei lanci orbitali dei satelliti per
comunicazioni militari o civili, gli Stati Uniti dipendono dalla Russia.
Secondo il New York Times del 2 aprile 2014, il segretario della Difesa degli Stati Uniti d’America, Chuck Hagel, ha preteso rabbiosamente che l’US Air Force non si rivolga più alla Russia. Finge di dimenticare che i previsti satelliti militari statunitensi sono assegnati al vettore Atlas-5
della joint venture tra Boeing e Lockheed Martin. E queste due aziende
da anni usano per i loro lanciatori motori realizzati in Russia, tra
cui i famosi RD-180 che hanno superato tutti i record di lanci senza
incidenti dovuti a guasti del motore. Dire a Boeing o Lockheed Martin
di lasciare i motori russi, significa chiedergli di iniziare nel 2014
le ricerche su nuovi motori per equipaggiare i loro vettori. Tempo
necessario, almeno 10 anni per avere i primi motori. Si tratta puramente
e semplicemente di null’altro che stupidità strategica. Ma perché tale
improvviso odio contro la Russia? È per amore dell’Ucraina? Ne dubito.
La democrazia negli USA
Per comprendere la sequenza degli eventi in Ucraina negli ultimi mesi,
può essere importante tornare al 1835 per leggere un libro di 438
pagine, attuale punto di riferimento per comprendere la politica degli
Stati Uniti. Ecco cosa Alexis de Tocqueville scriveva nel primo volume
del suo libro, “
La democrazia negli Stati Uniti“: “
Sulla
terra oggi ci sono due grandi popoli che, partendo da diversi punti,
sembrano muoversi verso lo stesso obiettivo: i russi e gli
anglo-americani. Entrambi sono cresciuti nell’ombra; e mentre
l’attenzione degli uomini era rivolta altrove, improvvisamente sono tra
le prime nazioni, e il mondo ne ha appreso quasi allo stesso tempo
nascita e grandiosità. Tutti gli altri popoli sembrano aver raggiunto i
limiti che la natura gli ha tracciato non avendo che da conservare; ma
loro avanzano: tutti gli altri si sono fermati o avanzano con estrema
difficoltà; solo loro camminano con passo rapido e facile su un corso di
cui non si possono ancora vedere i limiti. (…) Per raggiungere
l’obiettivo, i primi puntano agli interessi personali e danno libero
corso alla forza e alla ragione individuali. I secondi concentrano in
qualche modo su un uomo tutto il potere della società. (…) Il loro punto
di partenza è diverso, i loro percorsi sono diversi; tuttavia,
ciascuno sembra chiamato a un disegno segreto della Provvidenza, che un
giorno terrà nelle sue mani i destini di mezzo mondo“.
Quando
analizziamo gli eventi in Ucraina, possiamo dire che dei due
protagonisti principali, gli Stati Uniti sembrano agire con maggiore
dilettantismo, nella mediocrità. Minacciare di sanzioni Putin, acclamato
dal suo popolo con quasi l’80% di popolarità per aver annesso la
Crimea, sperando che tremi come un bambino alla’asilo, è alquanto
ingenuo per non dire sciocco. Ma perché? Secondo le analisi e le
previsioni di Tocqueville, la democrazia statunitense è indebolita dalla
totale assenza di libertà intellettuale, per via di ciò che chiamava
“dispotismo delle masse” e “tirannia della maggioranza”. Dice che in
questo Paese gli “ignoranti si credono saggi”. Sul dilettantismo
statunitense nella politica internazionale sappiamo che non è dovuto a
mancanza d’intelligenza dei suoi strateghi, ma piuttosto dal bisogno di
compiacere e assoggettarsi alla “tirannia della maggioranza”, agli
ignoranti che non sanno nemmeno dove siano i propri interessi. E’ in
questo contesto che il presidente Obama annuncia e minaccia sanzioni
economiche contro la Russia, quando tutti sanno che tali sanzioni non
saranno mai messe in pratica senza colpire gli operatori economici degli
Stati Uniti. Ciò vale per gli Stati Uniti, ma anche per i loro
alleati. In termini puramente economici, si veda l’esempio di uno dei
Paesi occidentali che brandisce le sanzioni contro la Russia, la
Germania.
Germania
“I politici europei sono veramente incoscienti“.
Non lo dico io, ma è ciò che pensa e dice apertamente chi conta
nell’economia tedesca, soprattutto industriali chimici, automobilistici
e bancari riguardo le dichiarazione dei vari capi europei sulla crisi
ucraina. In un articolo del quotidiano economico francese “La Tribune” del 13 marzo, con il suggestivo titolo: “I padroni tedeschi riluttanti a punire la Russia“,
il giornalista Romaric Godin ci dice come praticamente tutti i boss
tedeschi siano in prima linea nel difendere Vladimir Putin e la sua
decisione di annettere la Crimea. E per non offendere il padrone
statunitense questo sostegno non apparirà mai sui giornali tedeschi che
all’unisono hanno condannato il malvagio Vladimir ed espresso il loro
sostegno ai manifestanti Euro-Majdan a Kiev, che entreranno nella storia
per aver attuato la rivoluzione più idiota regalando al nemico che
volevano umiliare, la Russia, una regione dalle dimensioni del Belgio.
Ci sono state delle eccezioni, tuttavia, nell’allineamento unanime della
stampa tedesca dietro il presidente Obama. Questo è il quotidiano “Handelsblatt“,
espressione della confindustria tedesca. Nel suo editoriale del 13
marzo, l’editore in persona, Gabor Steingart, denuncia gli occidentali
per il confronto fatto da Hillary Clinton tra Vladimir Putin e Hitler.
Va oltre, restituendo al mittente le accuse di espansionismo mosse
dall’occidente contro Putin. Risponde l’ex-vice di McCain nelle
presidenziali del 2008 degli Stati Uniti, Sara Palin, che ha trovato
Obama troppo morbido sul caso ucraino e ha suggerito la necessità di un
duro per bloccare un altro duro; Steingart si beffa completamente di
ciò che chiama la politica chiacchierona dei “pitbull” occidentali. Ma
in questa fase, c’è ancora qualcosa che intriga: perché diavolo la
confindustria tedesca sostiene Vladimir Putin, al punto da prendere in
giro i propri politici? Questi capi tedeschi hanno presentato alla
cancelleria Merkel il risultato di un sondaggio che dice che il 69% del
popolo tedesco è con Vladimir Putin e contro le sanzioni. Ciò ha spinto
il vicecancelliere Gabriel a cercare di calmare il malcontento degli
industriali tedeschi con promesse che contraddicono il comunicato finale
di Bruxelles che conferma le sanzioni contro i funzionari russi, in
questi termini: “La Germania farà di tutto per evitare nuove sanzioni contro la Russia“.
Il motivo di questo attendismo è più facile di quanto si possa
immaginare: il buon senso. I tedeschi hanno rinunciato all’energia
nucleare. Hanno bisogno di produrre energia termica, soprattutto
dall’energia fossile in cui il gas fa la parte del leone. Oggi il prezzo
del gas che la Russia applica per la Germania non è il risultato di un
negoziato, l’equilibrio di potere è completamente a favore della
Russia perché non vi è partita, la Germania non ha alcuna alternativa
credibile al gas russo, e i russi lo sanno. Quindi, indipendentemente
dal prezzo che i russi imporrebbero, i tedeschi dovrebbero pagare senza
batter ciglio. Ma la Russia non ne abusa. Sostenendo la competitività
tedesca la Russia mantiene il prezzo del gas in modo corretto,
sufficiente a che queste aziende possano soddisfare sempre più clienti e
quindi aver sempre più bisogno del gas russo. Ecco perché la quasi
unanimità degli industriali tedeschi nell’indignazione verso la
cancelliera Merkel che supporta la causa dell’opposizione ucraina
sostenendo apertamente i manifestanti anti-russi. Questo è anche il
motivo per cui gli industriali tedeschi, noti per la loro discrezione,
hanno gettato le loro riserve. Ad esempio, il 12 marzo 2014 Jürgen
Fitschen, presidente della federazione delle banche private BdB,
co-direttore della Deutsche Bank, ha fatto dichiarazioni
ufficiali mendicando dalla cancelliera Angela Merkel di smetterla
d’innervosire la Russia, perché dice “non si sa mai cosa può succedere nella testa di un Putin arrabbiato“.
E che la Germania non può permettersi il lusso di solleticarlo per
scoprirlo. In altre parole, prega i politici tedeschi di non aderire
all’unanimità europea contro il presidente Putin, e di fare tutto “per evitare assolutamente di far rivivere la Guerra Fredda”.
Quando ho provato a chiedere ad alcuni degli industriali tedeschi del
loro sostegno alla Russia, più o meno ho avuto l’essenza del loro
ragionamento assai pragmatico: la Germania versa ogni anno alla Russia
40 miliardi di euro per acquistare soprattutto gas. E la Germania non ha
risolto il problema del deficit commerciale per bilanciare i conti tra
i due Paesi. Ciò che dicono è facile da capire anche per i bambini
all’asilo: la Germania paga 40 miliardi di euro alla Russia. E’
responsabilità degli industriali tedeschi recuperare questi soldi con
tutti i mezzi, perché un deficit commerciale con un Paese significa
essere sempre più poveri rispetto a quel Paese. E ogni anno i risultati
sono incoraggianti, la Germania recupera dalla Russia circa l’8% annuo
del suo debito. E una crisi con la Russia rovinerebbe tutto il lavoro
degli industriali tedeschi per ridurre lo squilibrio tedesco nei
confronti della Russia, dove sono presenti 6000 aziende tedesche.
Si
comprende dunque perché il 12 marzo di quest’anno, il presidente della
Federazione degli esportatori tedeschi, BDA, ha convocato una riunione
di emergenza a Berlino seguita da una conferenza stampa per dire,
forte e chiaro, che gli industriali tedeschi sono con la Russia. Ha
continuato suggerendo al governo di prendere tempo. Ecco cosa ha detto
in una conferenza stampa: “l’essenziale obiettivo principale da
raggiungere nella crisi con la Russia è guadagnare tempo e non lanciare
immediatamente i missili delle sanzioni“. Per coloro che non
capiscono, dice che si deve fingere di condannare la Russia
ufficialmente, ma in sordina continuare gli affari, dopo tutto queste
aziende hanno investito 20 miliardi di euro in Russia.
I miliardi della Crimea
Si osservino i volti dei capi dell’Ucraina alle riunioni con i capi
occidentali. Notate qualcosa di strano? Osservate ancora con cura.
Ancora non vedete niente di strano? Beh, ci sono persone che hanno
appena preso il potere con un golpe nella rivoluzione popolare,
dovrebbero essere molto felici. Beh no, hanno una faccia da funerale.
Sono in lutto. Guardate Obama quando riceve il nuovo primo ministro
ucraino alla Casa Bianca. La si confronti con la conferenza stampa in
Olanda del mese prima. Sono in lutto, sì anche Obama è in lutto. Pensate
che il lutto sia per la Crimea? Bingo, indovinato. Ma ciò che non
sapete è che non si tratta solo della Crimea. E perché sono in lutto?
Per capirlo, indaghiamo con un po’ di brainstorming e dalle nostre
informazioni su alcune situazioni reali. Quando a Kiev vi è stato tale
sorta di passaggio di poteri da un governo legittimamente eletto dal
popolo dell’Ucraina a estremisti di destra sostenuti da Stati Uniti ed
Unione europea, in quel preciso momento il gigante russo del gas Gazprom
accelerava la costruzione del gasdotto South Stream che dovrebbe
bypassare l’Ucraina a sud rifornendo Paesi come l’Italia o l’Austria del
gas russo, aggiudicando l’appalto per la costruzione della prima delle
4 sezioni del gasdotto alla società italiana Saipem, per un importo di
2 miliardi di euro. Stessa cosa con due altre aziende, la tedesca
Wintershall già partner del progetto al 15% e la francese EDF che
possiede sempre il 15% del progetto, sei giorni prima dell’occupazione
della Crimea da parte delle cosiddette SDF russe. Ma questa informazione
non dice nulla. Per comprenderne la portata, scopriamo dalle notizie
pubblicate il giorno stesso dell’occupazione della Crimea da parte delle
truppe russe, su un giornale russo specializzato in questioni
energetiche del marzo 2014, il mensile “Ekspert” che titola: “Con la Crimea, la Russia risparmia 20 miliardi di dollari sul gasdotto South Stream“.
Per comprendere il significato di questa informazione, dobbiamo
ricordare che la Russia ha deciso di costruire due gasdotti, uno a Nord
attraverso il Mar Baltico, portando il gas in Germania, Paesi Bassi,
Belgio e Francia bypassando l’Ucraina, evitando la crisi del 2007 e i
ricatti che Kiev potrebbe imporre sulle forniture di gas russo
all’Unione europea. Quindi il secondo gasdotto denominato South Stream
che passa per Mar Nero, Turchia e Grecia, rifornendo Italia, Grecia,
ecc., sempre bypassando il territorio ucraino. Solo che quando il
progetto fu tracciato, si basava su una Crimea ucraina e quindi
l’evitava. Occupando la Crimea, ha ridotto la lunghezza della pipeline e
quindi il lavoro per completarlo. Risparmio totale: 20 miliardi di
dollari. Finora, e non dico sempre, Obama e i nuovi dirigenti a Kiev
sono in lutto per la perdita della Crimea. Ciò semplicemente perché la
Crimea era l’unica possibilità per l’Ucraina d’indipendenza energetica
dalla Russia da quando furono scoperti, su un’area di 1400 kmq al largo
della Crimea orientale, i giacimenti di gas e petrolio più importanti
della regione. Secondo il quotidiano economico italiano “Il Sole 24 ore” del 15 marzo 2014, le scoperte fatte dagli occidentali, tra cui ENI, Shell e Exxon,
sono fenomenali. Il quotidiano italiano spiega che l’ENI dovrebbe
controllare il 50% dell’operazione e la società pubblica ucraina Chornomornaftogaz, come spesso accade in Africa, solo il 10%.
Il progetto South Stream sarebbe costato ai russi 46 miliardi dollari.
Recuperando la Crimea, il costo passa a 25 miliardi di dollari. E
inoltre la Russia nega l’unica possibilità dell’Ucraina di produrre
petrolio e gas. La questione ora è come l’Ucraina senza la Crimea potrà
pagare i propri debiti con l’occidente. La Russia potrebbe anche
condonarglieli ma in ogni caso i giacimenti di gas e petrolio dalla
Crimea consoleranno i russi. Ecco perché le sanzioni pseudo-economiche
contro la Russia non fanno né freddo né caldo al Presidente Putin e al
Primo ministro Medvedev, cosa che quest’ultimo ha detto in una
dichiarazione del 22 aprile. Tornando al gasdotto South Stream e alla
Crimea. La Russia ha già steso una mano agli europei, offrendo alle
società Saipem, Wintershall ed EDF un buon prezzo. La
velocità della proposta dimostra che è una manovra per dividere gli
europei, e che funziona: da allora, da quando si parla di sanzioni
economiche dell’Unione Europea contro la Russia, non c’è unanimità su
una dura presa di posizione contro la Russia. E la statunitense Exxon e l’olandese Shell?
Anch’esse si sono rivoltate contro i loro rispettivi governi pur di
evitare il confronto con i russi per le sanzioni. Saranno escluse dalle
operazioni in Crimea su petrolio e gas? Il beneficio finanziario della
Crimea è troppo grande per la Russia per farsi emozionare dalle
sanzioni occidentali ed inoltre penalizzerà gli stessi investitori in
terra russa. La Russia attraverso Gazprom ha diviso le briciole del
progetto South Stream tra diversi Paesi, come Austria,
Bulgaria, Croazia, Grecia… Paesi che in sordina soffrono l’ira della
Commissione Europea, che si giustifica così: “Nella sua forma attuale, il gasdotto South Stream non opererà sul territorio dell’Unione europea”. Per la Commissione ci sono tre ragioni per non andare avanti: “nessuna separazione tra produzione e trasmissione, monopolio dei trasporti e opacità della struttura tariffaria“.
Conclusione parziale
Le eventuali sanzioni dell’occidente contro la Russia sono una spada a
doppio taglio che farà più danni all’occidente che alla Russia,
Continente-Stato di 17 milioni kmq che può tranquillamente vivere in
completa autarchia isolandosi dal mondo senza soffrirne indebitamente.
Meglio, viviamo nel ventunesimo, piuttosto che nel ventesimo secolo. Le
sanzioni economiche saranno solo simboliche perché i beni rifiutati a
un Paese vengono rapidamente sostituito da altri. E su questo punto i
cinesi non si fanno pregare sostituendo i Paesi che applicano sanzioni.
L’abbiamo visto in Iran, s’è visto anche in Corea democratica dove,
nonostante le sanzioni occidentali, non manca nulla. S’è visto anche in
Zimbabwe, dove quasi ci si dimentica che c’è un embargo economico
europeo contro questo Paese, perché lì i voli giornalieri da Harare per
Londra sono stati sostituiti dai voli giornalieri per Pechino. Seguendo
la strategia della Cina in occidente, la Russia mette le mani su tutti
i gioielli dell’economia occidentale, perché ha i soldi, un sacco di
soldi. La Russia ha una chiara strategia per controllare il mercato
azionario e comprare tutte le aziende che operano in Russia su aree
strategiche. Così, British Petroleum fu acquistata dai russi
per 55 miliardi di dollari, vale a dire 27500 miliardi di franchi CFA.
L’azienda dei trasporti francese GEFCO è ora di proprietà al 100% di una
società delle ferrovie russe. In Italia, Pirelli è
inghiottita dai miliardi russi. In un caso o nell’altro i russi non
sono africani. Sanno quali sono i loro interessi e sanno come
difenderli. Qualsiasi sanzione contro di loro riduce due volte in
ginocchio coloro che le impongono.
Quali lezioni per l’Africa?
Quando il 2 maggio 2014 49 ucraini chiamati dagli occidentali
“filo-russi” e dai russi “sostenitori del federalismo ucraino” sono
stati bruciati vivi in un edificio del sindacato a Odessa, nel sud
dell’Ucraina, dai “filo-occidentali” o “partigiani dell’unione”, le
reazioni più di ogni altro hanno chiarito che l’Ucraina gioca ancora una
parte nella Guerra Fredda tra gli Stati Uniti d’America e la Russia,
per interposti attori. Gli statunitensi sanno di essere stati ancora una
volta intrappolati dai russi nella famosa conferenza di Ginevra del 17
aprile 2014. Gli statunitensi credevano di avere i russi in pugno
facendoli sedere per la prima volta su un tavolo con coloro che
l’amministrazione Putin ha definito “
estremisti che hanno preso il potere a Kiev illegalmente“.
Gli statunitensi scoprirono, solo dopo la riunione, che in fondo hanno
dovuto convalidare l’annessione della Crimea alla Russia, dato che
tutto sarà discusso a Ginevra, ma senza alcuna traccia della Crimea,
formalizzando di fatto l’accettazione degli Stati Uniti dell’annessione
della Crimea alla Russia. E’ questa consapevolezza che frustra
Washington mettendo sotto pressione la sua gente al potere a Kiev per
sferrare l’attacco armato contro i separatisti in Ucraina orientale. In
fondo fu lo stesso Obama che chiese e ottenne la risoluzione al
Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, nel marzo 2011, per
proteggere gli abitanti di Bengasi in Libia perché, disse, “Gheddafi
spara al proprio popolo”. Forse il presidente degli Stati Uniti Obama
riesce a spiegarci la differenza tra il popolo di Bengasi in Libia, che
riceve il suo sostegno, e le popolazioni di Slavjansk, Odessa,
Kostantinovka, Marjupol, Kramatorsk, ecc., uccise e bruciate dai
militari del proprio Paese inviati dai golpisti di Kiev agli ordini di
Washington. Forse Obama è l’unico a spiegare la differenza tra le
dichiarazioni del capo dei servizi antiterrorismo ucraino, Vassilij
Krutov, in una conferenza stampa a Kiev il 3 maggio 2014: “
L’Ucraina
è ora in una situazione di guerra, perché ciò che accade nella regione
di Donetsk e nelle regioni orientali non è un evento passeggero, ma
una guerra“.
Le affermazioni della Guida libica Gheddafi, nel febbraio 2011, dicevano: “
Ciò
che succede a Bengasi non è una rivolta del popolo scontento, ma
terroristi stranieri di al-Qaida che ci hanno dichiarato guerra. E a
Bengasi c’è la guerra“. Su qualunque cosa Obama decide a geometria
variabile i buoni e definisce gli altri, i cattivi da combattere,
secondo gli interessi del momento degli Stati Uniti. Ma temo che questa
volta il presidente degli Stati Uniti non sia nemmeno in grado di
scoprire perché sostiene il caos in Ucraina o, peggio, sia incapace di
dire come i morti nella parte orientale e meridionale dell’Ucraina siano
utili agli interessi degli Stati Uniti. O tutti questi morti servono
solo a flettere i muscoli contro il nemico, la Russia? Oggi la
Repubblica del Sud Sudan creata da Obama con il fuoco e il sangue, con
il solito aiuto della razzista Corte penale internazionale che aveva
decretato che i malvagi si trovavano a Khartoum, il cui peggiore difetto
è avere accordi strategici con la Cina, escludendo le società
statunitensi dall’operare nel suo sottosuolo. L’ambasciata degli Stati
Uniti nella capitale del Sud Sudan aprì il giorno dell’indipendenza, al
fine di far godere al Sud Sudan i miracoli forniti dalla democrazia.
Obama non ha nemmeno lasciato un giorno di tregua a questi nuovi capi
nel decidere con quali Paesi avere relazioni diplomatiche, così come
hanno avuto l’indipendenza con il caos che gli statunitensi erano
riusciti a creare in Sudan con l’aiuto dei loto illustri attori di
Hollywood, che dalle loro sontuose ville in California scorgevano il
genocidio in Darfur. E quando hanno diviso il Sudan in due parti, il
miracolo s’è avverato: il genocidio in Darfur è improvvisamente
scomparso. La staffetta è passata al Sud Sudan sotto il controllo di
Washington. E se la Russia minacciasse sanzioni economiche e militari
agli Stati Uniti, se la pace non tornasse rapidamente in Sud Sudan?
Jean-Paul Pougala insegna Geostrategia Africana al Master II presso l’Istituto Superiore di Management,
ISMA, di Douala, Camerun